PROVVEDIMENTO:
l'erronea indicazione
dei riferimenti normativi
non inficia la legittimità
del provvedimento amministrativo
(Cons. St., Sez. V,
sentenza 26 maggio 2015, n. 2632)
Massima
1. L’erroneità dei richiami normativi di un atto amministrativo non integra di per sé un vizio di legittimità.
2. L’orientamento giurisprudenziale in proposito è, difatti, nel senso che la carente o erronea indicazione degli estremi della normativa di riferimento nel provvedimento impugnato non assume rilievo in termini di legittimità, laddove non impedisca di individuare i presupposti di fatto o le ragioni di diritto sottesi al provvedimento stesso (C.d.S., Sez. III, 18 luglio 2011, n. 4353; Sez. V, 17 maggio 2000, n. 2873; 18 settembre 1998, n. 1312).
Sentenza per esteso
INTESTAZIONE
Il
Consiglio di Stato
in
sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha
pronunciato la presente
SENTENZA
sul
ricorso numero di registro generale 842 del 2015, proposto dalla s.r.l. G.A.R.,
rappresentata e difesa dagli avvocati Mario Barretta e Daniele Marrama, con
domicilio eletto presso la Segreteria della Sezione Quinta del Consiglio di
Stato in Roma, piazza Capo di Ferro, n. 13;
contro
la
Regione Campania, rappresentata e difesa dall'avv. Angelo Marzocchella e
domiciliata in Roma, Via Poli 29;
nei
confronti di
il
Commissario straordinario dell'Ente d'Ambito Sele, rappresentato e difeso
dall'avv. Gaetano Paolino, con domicilio eletto presso il sig. Leopoldo Fiorentino
in Roma, piazza Cola di Rienzo, n. 92;
la s.p.a. Consac Gestioni Idriche, rappresentata e difesa dall'avv. Lorenzo Lentini, con domicilio eletto presso l’avv. Giuseppe Placidi in Roma, Via Cosseria, n. 2;
la s.p.a. Consac Gestioni Idriche, rappresentata e difesa dall'avv. Lorenzo Lentini, con domicilio eletto presso l’avv. Giuseppe Placidi in Roma, Via Cosseria, n. 2;
per
la riforma
della
sentenza del T.A.R. Campania – Napoli, Sezione I, n. 6337/2014, resa tra le
parti, concernente il trasferimento dell’Acquedotto Caggiano e l’affidamento
della gestione del relativo servizio idrico in house alla s.p.a. Consac
Gestioni Idriche.
Visti
il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti
gli atti di costituzione in giudizio della Regione Campania, del Commissario
straordinario dell'Ente d’Ambito Sele e della s.p.a. Consac Gestioni Idriche;
Viste
le memorie difensive;
Visti
tutti gli atti della causa;
Relatore
nell'udienza pubblica del giorno 16 aprile 2015 il Cons. Nicola Gaviano e uditi
per le parti l’avvocato Daniele Marrama, l’avvocato Rosanna Panariello su
delega dell'avvocato Angelo Marzocchella, l’avvocato Feliciana Ferrentino su
delega dell'avvocato Lorenzo Lentini e, infine, l’avvocato Leopoldo Fiorentino
su delega dell'avvocato Gaetano Paolino;
Ritenuto
e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
e DIRITTO
1
La s.r.l. G.A.R., nella dedotta qualità di gestore del complesso
acquedottistico denominato Caggiano, per essere subentrata mediante acquisto di
ramo d’azienda alla precedente affidataria del servizio, la s.p.a. GEA, con
ricorso al T.A.R. per la Campania notificato il 16 luglio 2014 impugnava:
-
la nota della Regione Campania del 17 giugno 2014 di convocazione di una
conferenza di servizi per la firma del verbale di trasferimento della gestione
delle infrastrutture acquedottistiche regionali ubicate nell’area del Parco del
Cilento e del Vallo di Diano, nel cui territorio ricadeva anche l’acquedotto di
Caggiano;
-
il verbale della detta conferenza;
-
il provvedimento regionale del 1° luglio 2014 con il quale veniva trasferita, a
decorrere dalla stessa data, la gestione della Centrale della rete idrica
dell’Acquedotto campano denominata Polla e Caggiano;
-
il regolamento deliberato dal commissario straordinario dell’Autorità di ambito
Sele con atto n. 50 del 16 ottobre 2013 per l’esercizio del controllo analogo
sulle società affidatarie del servizio idrico integrato.
A
sostegno dell’impugnativa la ricorrente deduceva due motivi.
Con
il primo mezzo si censurava il fatto che uno dei provvedimenti impugnati
richiamasse norme legislative ormai abrogate (tra le quali la legge n. 36 del
1994, e l’art. 148 del d.lgs. n. 152 del 2006, definitivamente abrogato
dall’art. 1 del decreto-legge n. 2 del 2010). Ad avviso della ricorrente,
inoltre, i poteri delle Autorità d’ambito, enti soppressi, erano cessati, per
cui il commissario straordinario nominato per l’ordinaria amministrazione e la
liquidazione dell’ATO locale non avrebbe potuto disporre del potere di affidare
servizi pubblici locali.
Con
il secondo motivo si prospettava una violazione del diritto dell’Unione
Europea, per essere stato affidato il servizio a una società che non
soddisfaceva i requisiti per un legittimo affidamento “inhouse” di un
servizio pubblico.
Resistevano
all’impugnativa la Regione Campania, l’Autorità di ambito Sele e la
controinteressata s.p.a. Consac Gestioni Idriche (di seguito, la CONSAC), tutte
deducendo, ancor prima dell’infondatezza del ricorso, vari profili di
inammissibilità del medesimo, e segnatamente:
-
difetto di legittimazione, poiché l’impugnazione proveniva da un soggetto che
svolgeva solo in via di fatto il servizio controverso, non essendo mai stato
stipulato alcun contratto di servizio con l’Amministrazione regionale;
-
mancata impugnazione del provvedimento n. 3 del 2011, con il quale l’assemblea
dell’Autorità di ambito Sele aveva disposto l’affidamento del servizio idrico
integrato nell’area del parco del Cilento e del Vallo di Diano, nel cui
territorio ricadeva anche l’acquedotto di Caggiano;
-
infine, gli atti impugnati sarebbero stati mere comunicazioni del
trasferimento, non dotate di autonoma lesività.
Veniva
altresì eccepita l’inammissibilità per indeterminatezza del secondo motivo di
gravame.
2
All’esito del giudizio il Tribunale adìto, con la sentenza n. 6337/2014 in
epigrafe, dichiarava il ricorso inammissibile per la mancata impugnazione della
delibera dell’A.T.O. n. 3/2011, che aveva affidato appunto alla CONSAC la
gestione del servizio idrico integrato nell’area.
3
Seguiva contro tale decisione la proposizione del presente appello alla Sezione
da parte dell’originaria ricorrente, che contestava sotto più profili la
declaratoria di inammissibilità emessa dal primo Giudice e reiterava le proprie
censure avverso gli atti impugnati.
Resistevano
all’appello la Regione, l’Autorità di ambito Sele e la CONSAC, riproponendo le
rispettive eccezioni e deduzioni di merito di prime cure e, la terza,
controdeducendo anche ai motivi d’appello.
Alla
pubblica udienza del 16 aprile 2015 la causa è stata trattenuta in decisione.
4
L’appello non può essere accolto.
La
Sezione, che in forza dell’effetto devolutivo dell’appello è investita della
cognizione dell’intera controversia, ritiene che sussistano i presupposti per
prescindere dall’esame del profilo di inammissibilità dell’originario ricorso
introduttivo sul quale si è soffermato il primo Giudice, e concentrarsi
piuttosto sul merito di causa.
Questa
prospettiva denota l’infondatezza del ricorso di prime cure.
5a
L’appellante con il primo motivo del suo ricorso al T.A.R. si è doluta che
l’atto regionale del 17 giugno 2014, rientrante tra quelli da essa impugnati,
richiamasse disposizioni normative ormai non più vigenti nell’ordinamento “a
seguito della tormentatissima evoluzione legislativa della disciplina dei
servizi pubblici locali”.
La
censura va respinta, perché l’atto regionale appena menzionato era un mero atto
preparatorio, recante la comunicazione dell’avvenuta indizione di una
conferenza di servizi, e pertanto costituiva una manifestazione amministrativa
dall’impugnabilità quantomeno dubbia, con la conseguenza che ai riferimenti
normativi in esso contenuti non può annettersi alcuna qualificata rilevanza giuridica.
Va
altresì rilevato, in via generale, che l’erroneità dei richiami normativi di un
atto amministrativo non integra di per sé un vizio di legittimità.
L’orientamento giurisprudenziale in proposito è, difatti, nel senso che la
carente o erronea indicazione degli estremi della normativa di riferimento nel
provvedimento impugnato non assume rilievo in termini di legittimità, laddove
non impedisca di individuare i presupposti di fatto o le ragioni di diritto
sottesi al provvedimento stesso (C.d.S., Sez. III, 18 luglio 2011, n. 4353;
Sez. V, 17 maggio 2000, n. 2873; 18 settembre 1998, n. 1312), condizione che
nel caso concreto è appunto soddisfatta.
5b
La ricorrente avrebbe potuto dedurre, pertanto, che il trasferimento dalla
Regione all’Autorità d’ambito della gestione delle infrastrutture sopra
menzionate sarebbe stato affetto da vizi intrinseci. Ciò essa ha assunto,
peraltro, unicamente sotto il profilo della condizione di liquidazione in cui
le Autorità d’ambito versavano.
Questa
deduzione, tuttavia, risulta infondata, poiché la soppressione, in forza
dell’art. 2, comma 186 bis, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, delle
Autorità d'ambito territoriale di cui all’art. 148 del d.lgs. n. 152/2008, non
ha fatto venire meno il dato per cui i servizi idrici continuano ad essere “organizzati
sulla base degli ambiti territoriali ottimali definiti dalle regioni”
(giusta l’art. 147 dello stesso d.lgs. tuttora vigente). Alle Regioni stesse
per l’individuazione dei nuovi enti di governo degli A.T.O. è stato assegnato,
tra l’altro, il termine perentorio del 31 dicembre 2014 (art. 147 cit.).
Va
poi rilevato, da altra angolazione, che l’art. 153 dello stesso d.lgs. n.
152/2008 (“Dotazioni dei soggetti gestori del servizio idrico integrato”)
dispone l’affidamento al gestore del servizio idrico integrato delle
infrastrutture idriche di proprietà degli enti locali in concessione d'uso
gratuita per tutta la durata della gestione.
5c
L’infondatezza di questo primo aspetto dell’impugnativa emerge anche dall’esame
dell’ulteriore, connesso rilievo di parte per cui il commissario straordinario
dell’Autorità di ambito Sele, nominato per l’ordinaria amministrazione e la
liquidazione dell’ATO locale, non avrebbe potuto disporre del potere di
affidare il servizio idrico, acquisendo dalla Regione la gestione delle
relative infrastrutture per conferirle all’affidataria.
Quanto
ai compiti spettanti alla detta figura commissariale, occorre ricordare che la
deliberazione della Giunta regionale n. 813/2012 - che ha disposto il
commissariamento delle Autorità d’ambito - ha puntualizzato che, poiché la
legge statale aveva soppresso esclusivamente i relativi soggetti giuridici, e
non anche il sistema delle competenze ad essi affidate, nelle more del
riassetto della legislazione regionale di settore occorreva “garantire la
continuità delle funzioni originariamente assegnate alle Autorità di Ambito”.
E’ quindi alla luce di questa esigenza di fondo che va intesa l’assegnazione
fatta dalla stessa delibera ai commissari straordinari delle Autorità del
compito di “assicurare lo svolgimento delle attività necessarie a garantire
l’ordinaria amministrazione”, attribuzione che non ha pertanto la
connotazione restrittiva presupposta dalla ricorrente.
Va
inoltre osservato che nella vicenda il commissario straordinario dell’ATO Sele
si è sostanzialmente limitato a dare seguito all’affidamento del servizio
idrico integrato che l’assemblea della stessa Autorità aveva già disposto, con
il proprio provvedimento n. 3 del 2011, in favore della CONSAC. Non pare pertanto
dubbio che, poiché il medesimo ha svolto attività esecutiva del precedente
deliberato assembleare, il suo intervento possa essere comunque agevolmente
inquadrato nell’ordinaria amministrazione.
5d
Né può accedersi al rilievo di eccesso di potere dedotto nell’ultima parte di
questo motivo.
La
censura è stata formulata sulla premessa che gli uffici regionali avrebbero
emanato i loro atti “al fine di evitare il commissariamento da parte della
Prefettura”.
Non
solo tale presupposto è rimasto tuttavia indimostrato, ma è rimasta parimenti
priva di dimostrazione l’esistenza di un effettivo profilo di sviamento che la
circostanza allegata avrebbe in tesi determinato a detrimento dell’interesse
pubblico o della causa del potere esercitato.
5e
Il primo motivo dell’originario ricorso risulta quindi infondato in tutte le
sue declinazioni.
6
Il secondo motivo del ricorso è invece inammissibile per l’indeterminatezza
della censura proposta.
Con
il motivo si prospettava una violazione del diritto comunitario europeo, per
essere stato affidato il servizio a una società che non avrebbe soddisfatto i
requisiti per un legittimo affidamento “inhouse” di un servizio
pubblico.
Il
Collegio deve però rilevare che la ricorrente con il proprio ricorso ha
allegato soltanto, in maniera del tutto generica, la violazione della normativa
comunitaria, evocando le “coordinate elaborate dalla giurisprudenza
comunitaria per il legittimo affidamento … in house di un servizio pubblico”
senza però indicare le precise regole e i requisiti cui l’Amministrazione
avrebbe in concreto violato, e quindi le esatte ragioni della propria censura,
le quali sarebbero emerse solo in occasione di successive note d’udienza.
E’
per contro pacifico che il ricorso introduttivo di un giudizio debba contenere
un’articolazione compiuta delle doglianze che la parte ricorrente muove avverso
gli atti oggetto d’impugnativa, con l’effetto di delimitare il thema
decidendum.
L’art.
40 del codice del processo amministrativo, al comma 1, nel regolare il “Contenuto
delricorso” dispone che esso debba contenere –tra l’altro- “i motivi
specifici” su cui è fondato; il successivo comma 2 puntualizza, inoltre,
che i motivi proposti in violazione di questa disposizione sono inammissibili.
Ciò
posto, non pare dubbio che la formulazione del motivo in discussione contenuta
nel ricorso contrastasse, per la sua genericità, con la regola appena detta,
dal momento che la parte si era limitata ad evocare la giurisprudenza
comunitaria formatasi in materia, senza però indicare la regola che l’Amministrazione
avrebbe violato.
7
Per le ragioni esposte l’appello deve essere disatteso.
Le
spese processuali sono liquidate secondo la soccombenza dal seguente
dispositivo.
P.Q.M.
Il
Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), pronunciando
sull'appello in epigrafe,
in
riforma della sentenza impugnata respinge il ricorso di primo grado.
Condanna
la società appellante al rimborso alle controparti costituite delle spese
processuali del presente grado, che liquida nella misura complessiva di euro
seimila, oltre gli accessori di legge, da dividere in parti uguali fra le tre
aventi diritto.
Ordina
che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così
deciso in Roma nella Camera di consiglio del giorno 16 aprile 2015 con
l'intervento dei magistrati:
Luigi
Maruotti, Presidente
Vito
Poli, Consigliere
Antonio
Amicuzzi, Consigliere
Nicola
Gaviano, Consigliere, Estensore
Raffaele
Prosperi, Consigliere
|
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L'ESTENSORE
|
IL PRESIDENTE
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DEPOSITATA
IN SEGRETERIA
Il
26/05/2015
IL
SEGRETARIO
(Art.
89, co. 3, cod. proc. amm.)
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