giovedì 18 aprile 2013

(1) AMBIENTE: la normativa e tutta la vicenda processuale che ha portato il Consiglio di Stato a "salvare" il "Piano Rifiuti" della Regione Lazio.



AMBIENTE:
la normativa e tutta la vicenda processuale che ha portato il Consiglio di Stato a "salvare" 
il "Piano Rifiuti" della Regione Lazio
(1.   Cons. St., Sez, V, ordinanza 16 aprile 2013 n. 1358)


Ordinanza ordinaria per esteso

INTESTAZIONE
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
ORDINANZA
sul ricorso in appello numero di registro generale 1862 del 2013, proposto da:

Regione Lazio in persona del Presidente, rappresentata e difesa dall'avvocato Francesco Saverio Marini, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via dei Monti Parioli n. 48; 
contro
Verdi Ambiente e Società Vas Onlus, Forum Ambientalista, Angelo Bonelli non costituiti in questo grado del giudizio;
nei confronti di
Provincia di Latina, Provincia di Viterbo, Provincia di Rieti, Provincia di Frosinone, Associazione Retuvasa, Rete per la Tutela della Valle del Sacco Onlus in persona dei rispettivi legali rappresentanti, non costituite in questo grado del giudizio;
Provincia di Roma in persona del Presidente, rappresentata e difesa dall'avv. Giovanna De Maio, elettivamente domiciliata presso il proprio Ufficio legale in Roma, via IV Novembre n. 119/A;
Presidenza del Consiglio dei Ministri in persona del Presidente, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata per legge presso i suoi uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo del Lazio, sede di Roma, Sezione I ter, n. 00121/2013, resa tra le parti, concernente approvazione del piano di gestione dei rifiuti del Lazio
Visti il ricorso in appello ed i relativi allegati;
Visto l'art. 98 cod. proc. amm.;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Provincia di Roma e di Presidenza del Consiglio dei Ministri;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Vista la domanda di sospensione dell'efficacia della sentenza del Tribunale amministrativo regionale di accoglimento del ricorso di primo grado, presentata in via incidentale dalla parte appellante;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 16 aprile 2013 il Cons. Manfredo Atzeni e udito l’avvocato Corea, per delega dell'avvocato Marini;

Ritenuto che l’appello presenta consistenti profili di “fumus” nella parte in cui contesta la presenza dell’interesse ad agire delle associazioni ambientaliste e del privato in relazione all’impugnativa di un atto generale che per il suo contenuto programmatorio non incide direttamente sulla sfera giuridica degli odierni appellati (cf. C. di S., V, 6261/12, IV, 4926/12, VI, 1371/02).
Ritenuta l’esistenza del danno grave ed irreparabile paventato dall’appellante in quanto l’annullamento del piano espone lo Stato italiano, e specificamente la Regione Lazio, a procedura comunitaria di infrazione.
Ritenuto, pertanto, di dover accogliere l’istanza cautelare.
Ritenuto che le spese della presente fase debbano essere integralmente compensate

P.Q.M.
il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) accoglie l'istanza cautelare (Ricorso numero: 1862/2013) e, per l'effetto, sospende l'esecutività della sentenza impugnata.
Compensa integralmente spese ed onorari della presente fase cautelare.
La presente ordinanza sarà eseguita dall'Amministrazione ed è depositata presso la segreteria della Sezione che provvederà a darne comunicazione alle parti.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 16 aprile 2013 con l'intervento dei magistrati:
Vito Poli, Presidente FF
Francesco Caringella, Consigliere
Manfredo Atzeni, Consigliere, Estensore
Doris Durante, Consigliere
Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere

L'ESTENSORE
                        IL PRESIDENTE


DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 16/04/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.
  

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2.    T.A.R. Lazio, Sez. I – ter
sentenza 9 gennaio 2013 n. 121

Normativa

1. La Comunità europea ha, nel corso del tempo, evidenziato la necessità di programmare le politiche e gli interventi in materia, adottando una specifica disciplina in tema di rifiuti: direttiva 75/442/Cee, modificata e integrata dalla direttiva 91/156/Cee; direttiva 91/689/Cee sui rifiuti pericolosi; direttiva 94/62/Ce sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggi; direttiva 99/31/Ce relativa alle discariche.
Per razionalizzare le disposizioni succedutesi nel corso del tempo è stata adottata la direttiva 2006/12/Ce, che ha sostituito la direttiva quadro precedente, riproducendone, sostanzialmente, i contenuti e, poi, la Dir. 19-11-2008 n. 2008/98/CE (Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive).
Dal complesso delle norme comunitarie, si evince l’ordine di priorità che si deve seguire nel trattamento dei rifiuti: - prevenzione della produzione dei rifiuti; - recupero; - lo smaltimento (come ultima opzione).
Tra i principi cardine contenuti nella normativa comunitaria dedicata ai rifiuti, va ricordato quello di ‘programmazione’, da cui si desume che il ciclo integrato dei rifiuti impone, per la sua complessità, una metodologia di pianificazione rigorosa, al fine di garantire il raggiungimento degli obiettivi fissati con il consenso più ampio possibile. Ciò comporta, anzitutto, una descrizione in termini precisi dell'oggetto dell'attività pianificatoria e degli ambiti ecologici, sociali ed economici in cui il Piano deve sviluppare la sua influenza.
Accanto al principio di programmazione, si pongono quelli di ‘prossimità’ (in base al quale, ogni bacino deve gestire, riciclare, recuperare e smaltire i rifiuti che ha prodotto presso impianti il più possibile vicini al luogo di produzione) e quello di ‘autosufficienza’ (che tende a far si che la dotazione impiantistica garantisca, tendenzialmente, la completa autosufficienza dei bacini, anche al fine di affermare il principio di responsabilità nella produzione dei rifiuti).
2. A livello nazionale, per quel che interessa in questa sede, va rilevato che la disciplina generale in tema di rifiuti è contenuta nel D.lgs. 3 aprile 2006 n. 152, il quale, nella Parte IV, contiene disposizioni in materia di gestione dei rifiuti e di bonifica dei siti inquinati, recando nel Titolo I (Gestione dei rifiuti), tra le altre, disposizioni generali (cfr. Capo I: artt. 177 - 194), norme in tema di competenze (cfr. Capo II: artt. 195 – 198) e la disciplina del Servizio di gestione integrata dei rifiuti (cfr. Capo III: artt. 199 – 207) recante regole inerenti specificatamente il Piano di gestione dei rifiuti regionale.
Per ciò che interessa in questa sede, va, altresì, citato il D.Lgs. 13 gennaio 2003, n. 36, recante norme di attuazione della direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti.
3.  A livello regionale, poi, la legge della Regione Lazio del 9.7.1998 n. 27 , contiene la disciplina regionale della gestione dei rifiuti.
Con specifico riferimento ai Piani di gestione dei rifiuti, va ricordato che, ai sensi dell'art. 199, D.Lgs. n. 152/2006, cosi come modificato dal D.Lgs. n. 205/2010, i piani regionali di gestione dei rifiuti comprendono l'analisi della gestione dei rifiuti esistenti nell'ambito geografico interessato, le misure da adottare per migliorare l'efficacia ambientale delle diverse operazioni di gestione dei rifiuti, nonché una valutazione del modo in cui i piani contribuiscono all'attuazione degli obiettivi e delle disposizioni della parte quarta del decreto legislativo n. 152/2006.
4.  Ai sensi di quanto stabilito dall’art. 199 del codice dell’ambiente, i piani di gestione dei rifiuti devono obbligatoriamente prevedere: 
a) tipo, quantità e fonte dei prodotti all'interno del territorio, suddivisi per ambito territoriale ottimale per quanto riguarda i rifiuti urbani, rifiuti che saranno prevedibilmente spediti da o verso il territorio nazionale e valutazione dell'evoluzione futura dei flussi di rifiuti, nonché la fissazione degli obiettivi di raccolta differenziata da raggiungere a livello regionale, fermo restando quanto disposto dall'articolo 205; 
b) i sistemi di raccolta dei rifiuti e gli impianti di smaltimento e recupero esistenti, inclusi eventuali sistemi speciali per oli usati, rifiuti pericolosi o flussi di rifiuti disciplinati da una normativa comunitaria specifica; 
c) una valutazione della necessita di nuovi sistemi di raccolta, della chiusura degli impianti esistenti per i rifiuti, di ulteriori infrastrutture per gli impianti per i rifiuti in conformità del principio di autosufficienza e prossimità di cui agli articoli 181, 182 e 182-bis e, se necessario, degli investimenti correlati; 
d) informazioni sui criteri di riferimento per l'individuazione dei siti e la capacità dei futuri impianti di smaltimento o dei grandi impianti di recupero, se necessario; 
e) politiche generali di gestione dei rifiuti, incluse tecnologie e metodi di gestione pianificata dei rifiuti, o altre politiche per i rifiuti che pongono problemi particolari di gestione; 
f) la delimitazione di ogni singolo ambito territoriale ottimale sul territorio regionale, nel rispetto delle linee guida di cui all'articolo 195, comma 1, lettera m), d.lgs. n. 152/2006;
g) il complesso delle attività e dei fabbisogni degli impianti necessari a garantire la gestione dei rifiuti urbani secondo criteri di trasparenza, efficacia, efficienza, economicità e autosufficienza della gestione dei rifiuti urbani non pericolosi all'interno di ciascuno degli ambiti territoriali ottimali di cui all'articolo 200 del d.lgs. n. 152/2006, nonché ad assicurare lo smaltimento e il recupero dei rifiuti speciali in luoghi prossimi a quelli di produzione al fine di favorire la riduzione della movimentazione di rifiuti; 
h) la promozione della gestione dei rifiuti per ambiti territoriali ottimali, attraverso strumenti quali una adeguata disciplina delle incentivazioni, prevedendo per gli ambiti più meritevoli, tenuto conto delle risorse disponibili a legislazione vigente, una maggiorazione di contributi; a tal fine, le regioni possono costituire nei propri bilanci un apposito fondo; i) la stima dei costi delle operazioni di recupero e di smaltimento dei rifiuti urbani;
l) i criteri per l'individuazione, da parte delle province, delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di recupero e smaltimento dei rifiuti nonché per l'individuazione dei luoghi o impianti adatti allo smaltimento del rifiuti, nel rispetto del criteri generale di cui all'articolo 195, comma 1, lettera p), d.lgs. n. 152/2006;
m) le iniziative volte a favorire, il riutilizzo, il riciclaggio ed il recupero dai rifiuti di materiale ed energia, ivi incluso il recupero e lo smaltimento dei rifiuti che ne derivino; n) le misure atte a promuovere la regionalizzazione della raccolta, della cernita e dello smaltimento dei rifiuti urbani; 
o) la determinazione, nel rispetto delle norme tecniche di cui all'articolo 195, comma 2, lettera a), d.lgs. n. 152/2006, di disposizioni speciali per specifiche tipologie di rifiuto;
p) le prescrizioni in materia di prevenzione e gestione degli imballaggi e rifiuti di imballaggio di cui all'articolo 225, comma 6, d.lgs. n. 152/2006; 
q) il programma per la riduzione dei rifiuti biodegradabili da collocare in discarica di cui all'articolo 5 del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36; 
r) un programma di prevenzione della produzione dei rifiuti, elaborato sulla base del programma nazionale di prevenzione dei rifiuti di cui all’art. 180, che descriva le misure di prevenzione esistenti e fissi ulteriori misure adeguate. Il programma fissa anche gli obiettivi di prevenzione. Le misure e gli obiettivi sono finalizzati a dissociare la crescita economica dagli impatti ambientali connessi alla produzione dei rifiuti. Il programma deve contenere specifici parametri qualitativi e quantitativi per le misure di prevenzione al fine di monitorare e valutare i progressi realizzati, anche mediante la fissazione di indicatori.
Costituiscono parte integrante del piano regionale i piani per la bonifica delle aree inquinate.
Rappresentano oggetto di specifica attività di pianificazione, le fasi della gestione dei rifiuti che riguardano la produzione e la raccolta dei rifiuti urbani, il trattamento meccanico biologico dei rifiuti urbani indifferenziati, nonché lo smaltimento dei rifiuti urbani non pericolosi e dei rifiuti derivanti dal loro trattamento.
Con riferimento alle discariche ove vengono conferiti gli scarti da trattamento meccanico-biologico e da termovalorizzazione, il Piano descrive la situazione della produzione di rifiuti ed il relativo fabbisogno di impianti.
5. Per completezza, quanto allo smaltimento in discarica dei rifiuti urbani, va ricordato che l'art. 7, D.Lgs. n. 36/2003, prevede che i rifiuti possono essere collocati in discarica solo dopo trattamento, a meno che non si tratti di rifiuti inerti il cui trattamento non è tecnicamente fattibile o non si tratti di rifiuti il cui trattamento non contribuisce a ridurre il più possibile le ripercussioni negative sull'ambiente ed i rischi per la salute umana, non risultando, pertanto, indispensabile ai fini del rispetto dei limiti fissati dalla normativa vigente.


Massima


1. L'art. 7, del D.Lgs. n. 36/2003 prevede che i rifiuti possono essere collocati in discarica solo dopo trattamento, a meno che non si tratti di rifiuti inerti il cui trattamento non è tecnicamente fattibile o non si tratti di rifiuti il cui trattamento non contribuisce a ridurre il più possibile le ripercussioni negative sull'ambiente ed i rischi per la salute umana. Nella definizione di "trattamento" sono ricompresi "i processi fisici, termici, chimici, o biologici, inclusa la cernita, che modificano le caratteristiche dei rifiuti allo scopo di ridurne il volume o la natura pericolosa e di facilitarne il trasporto o favorirne il recupero".
Ai sensi dell'art. 2, comma 1, lett. h), D. Lgs. 36/2003 il trattamento può essere anche finalizzato a favorire lo smaltimento in condizioni di sicurezza. Il trattamento meccanico biologico, la bioessiccazione e la digestione anaerobica previa selezione, rappresentano a tutti gli effetti forme di trattamento, in quanto si tratta di processi finalizzati sia a modificare le caratteristiche merceologiche e chimico-fisiche del rifiuto urbano, sia a consentire l'avvio delle frazioni in uscita a circuiti di valorizzazione.
La tritovagliatura, quale trattamento fisico finalizzato a ridurre il volume dei rifiuti e a separare alcune frazioni merceologiche come i metalli è da considerarsi pretrattamento del rifiuto indifferenziato ai fini dell'assolvimento dell'obbligo di cui all'art. 7, comma 1, D. Lgs. 36/2003,
2.  Nella lettera di messa in mora del 16 giugno 2011, la Commissione Europea ha svolto una serie di contestazioni afferenti, anzitutto, la violazione dell’art. 1, par.1, e degli artt. 2 lett. h) e 6 lett. a) della Direttiva 1999/31/CE, evidenziando che nella Regione Lazio i rifiuti sono collocati in discarica non preventivamente trattati negli impianti di trattamento meccanico biologico (TMB), contrariamente a quanto previsto dal citato articolo 1, il quale stabilisce che lo scopo della normativa comunitaria è quello di prevedere, mediante rigidi requisiti operativi e tecnici per i rifiuti e le discariche, misure, procedure e orientamenti volti a prevenire o a ridurre il più possibile le ripercussioni negative sull'ambiente, ed, in particolare, l’inquinamento delle acque superficiali, delle acque freatiche, del suolo e dell'atmosfera e sull'ambiente globale, compreso l'effetto serra, nonché i rischi per la salute umana risultanti dalle discariche di rifiuti, durante l'intero ciclo della vita della discarica, al fine di adempiere alle disposizioni della Direttiva 75/ 442/CEE, ed in particolare degli artt. 3 e 4, oggi trasfusi negli artt. 4 e 13 della Direttiva 08/98/CE.
Al riguardo, oltre a quanto sopra ricordato, va considerato che con nota prot. 2012042381 del 10 giugno 2012, quanto alla procedura di infrazione n.2011/4021, la Commissione Europea ha inviato un parere motivato rivolto alla Repubblica Italiana, ai sensi dell'art.258 TFUE (ex art.226 TCE) – che, per quanto interessa in questa sede, menziona il Piano Rifiuti della Regione Lazio alle pagine 5 e 6, in relazione alle problematiche afferenti il deficit di trattamento e la non adeguatezza delle soluzioni adottate -, con il quale ha integralmente confermato quanto già dettagliatamente espresso nella citata lettera di messa in mora, affermando che nel Piano impugnato si registra la violazione degli artt. 1 par.1, 2 lett.h) e 6 lett. a) della Direttiva 1999/31/CE.
La Commissione Europea ha confermato, in particolare, che il cd. scenario di controllo, previsto dal Piano Rifiuti, disegna un quadro non corrispondente a quanto richiesto dalle citate Direttive comunitarie.
Sul punto, va considerato che l'art. 7, comma 1, del D.lgs. 13 gennaio 2003 n.36, recante "Attuazione della Direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti", in ordine ai rifiuti ammessi in discarica, prevede che i "rifiuti possono essere collocati in discarica solo dopo trattamento. Tale disposizione non si applica; a) ai rifiuti inerti il cui trattamento non sia tecnicamente fattibile; b) ai rifiuti il cui trattamento non contribuisce al raggiungimento delle finalità di cui all'art. 1, riducendo la quantità dei rifiuti o i rischi per la salute umana e l'ambiente, e non risulta indispensabile ai fini del rispetto dei limiti fissati dalla normativa vigente".
Come correttamente rilevato dalla Commissione Europea negli atti richiamati, l'art. 4 della Direttiva 08/98/CE (cd. Direttiva Quadro Rifiuti) impone agli Stati Membri, nell'applicare la gerarchia dei rifiuti ivi indicata, di adottare misure volte ad incoraggiare le opzioni che offrano il miglior risultato ambientale complessivo. Il livello di trattamento dei rifiuti destinati a discarica costituisce una delle misure efficaci per garantire il rispetto della gerarchia dei rifiuti.
Sotto i descritti profili, il Collegio ritiene che la Regione Lazio abbia violato la normativa di riferimento indicata.
3.  Sotto altro profilo, va rilevato che la Regione Lazio, pur avendo preso atto della posizione assunta al riguardo dalla Commissione Europea, si è orientata in senso opposto, facendo leva su una circolare ministeriale. Infatti, nel Piano impugnato si legge che: "Per le considerazioni espresse relativamente al conferimento dei rifiuti indifferenziati in discarica e alla previsione dell'utilizzo della tritovagliatura come trattamento preliminare allo smaltimento in discarica si specifica che in coerenza con il D.Lgs. 36/2003 ed in linea con quanto chiarito dal Ministero dell'Ambiente con la circolare Prot. GAB-2009-0014963 del 30/06/2009 la tritovagliatura con deferrizzazione è considerabile come trattamento idoneo a ridurre il volume specifico dei rifiuti, separando alcune frazioni merceologiche come i metalli. In particolare, l’Art. 7, com. 1, del D.Lgs 36/2003 prevede che: ‘I rifiuti possono essere collocati in discarica solo dopo trattamento. Tale disposizione non si applica: ai rifiuti inerti il cui trattamento non sia tecnicamente fattibile; b) ai rifiuti il cui trattamento non contribuisce al raggiungimento delle finalità di cui all'Art. 1, riducendo la quantità dei rifiuti o i rischi per la salute umana e l'ambiente, e non risulta indispensabile ai fini del rispetto dei limiti fissati dalla normativa vigente’ intendendo, per "trattamento", in linea con quanto stabilito dalla direttiva europea relativa alle discariche 1999/31/CE: i processi fisici, termici, chimici o biologici, incluse le operazioni di cernita, che modificano le caratteristiche dei rifiuti, allo scopo di ridurne il volume o la natura pericolosa, di facilitarne il trasporto, di agevolare il recupero o di favorirne lo smaltimento in condizioni di sicurezza".
La citata circolare ministeriale (del 2009), però, oltre ad essere anteriore all'apertura della procedura di infrazione 2011/4021 e ad apparire in contrasto con la normativa indicata, era chiara nel precisare (come, del resto, ammesso dalla Regione Lazio a pag.46 del Piano impugnato) che, in ogni caso, la soluzione della tritovagliatura avrebbe dovuto essere considerata un'opzione del tutto transitoria, proprio alla luce della circostanza che tale soluzione impiantistica non garantisce la riduzione dei rifiuti biodegradabili in discarica e non consente di raggiungere gli obiettivi dettati dalla normativa comunitaria e dal D.lgs. n.36/03.
E’ chiaro che il concetto di ‘transitorità’ non può essere dilatato fino al punto di consentire l’adozione e l’approvazione di un Piano quale quello contestato, a distanza di anni dall’affermazione contenuta dalla circolare richiamata, posto che la Regione Lazio ha approvato l’atto di pianificazione impugnato prevedendo, in presenza di una procedura di infrazione comunitaria pendente, il conferimento fino al 2015 dei rifiuti indifferenziati in discarica utilizzando la tritovagliatura.


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