lunedì 4 novembre 2013

ADUNANZE PLENARIE & ELEZIONI: le questioni di costituzionalità o i rinvii pregiudiziali alla CGUE possono sollevarsi nel rito "ex" art. 130 e non in quello "ex" art. 129 C.p.A. (Ad. Plen., sentenza 9 ottobre 2013 n. 2013 n. 22).


ADUNANZE PLENARIE & ELEZIONI:
 le questioni di costituzionalità 
o i rinvii pregiudiziali alla CGUE 
possono sollevarsi nel rito "ex" art. 130
 e non in quello "ex" art. 129 C.p.A. 
(Ad. Plen., sentenza 9 ottobre 2013 n. 2013 n. 22). 



Massima e Commento tratti da "Giustizia Amministrativa".


Massima

1.  Il Consiglio di Stato – qualora decida un appello proposto ai sensi dell’art. 129 del C.p.A. o, avverso una sentenza che abbia deciso un ricorso proposto contro l’esclusione di una lista da una competizione elettorale – non può sollevare questioni di costituzionalità o pregiudiziali, poiché vi sono esigenze di massima celerità della definizione della controversia, mentre l’esplicazione piena delle garanzie difensive connesse ad eventuali fasi incidentali resta riservata alle impugnazioni degli atti successivi, secondo il rito disciplinato dagli artt. 130 ss. del C.p.A..
2.  Il giudice di pace è legittimato ad autenticare le firme i sottoscrittori delle liste elettorali solo all’interno del territorio di competenza dell’ufficio di cui è titolare.


Commento

L’ordinanza di rimessione (Sez. VI, 8 ottobre 2013, n. 4958) aveva evidenziato come l’art. 14 della legge 21 marzo 1990, n. 53, non abbia espressamente previsto se – per la legittimità dell’autenticazione delle sottoscrizioni - sia sufficiente lo status di giudice di pace o se occorra anche lo svolgimento delle sue funzioni all’interno del territorio di competenza del suo ufficio.
L’ordinanza aveva dunque prospettato o l’attuale rilevanza del principio – risalente al diritto romano – per cui il titolare di una funzione pubblica non è titolare di poteri, quando si trova al di fuori del territorio di propria competenza (D. 1.12.3: praefectus urbi, cum terminos urbis exierit, potestatem non habet), ovvero l’applicazione del principio di legalità, nonché del principio di tutela dell’affidamento, per cui – in assenza di una espressa norma limitativa – il potere di autenticazione vada riferito allo status.
L’Adunanza Plenaria ha espresso il principio enunciato nella seconda massima, traendo un decisivo argomento dalla definizione dell’atto pubblico, prevista dall’art. 2699 del codice civile, da interpretare nel senso che esso “stabilisce un preciso nesso di collegamento tra competenza territoriale (e per materia) del pubblico ufficiale e luogo di esercizio del potere di autenticazione”.


Sentenza per esteso

INTESTAZIONE
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale Adunanza Plenaria n. 39 del 2013 (rispettivamente, Sesta Sezione, n. 7223 del 2013), proposto da Holzmann Giorgio, quale presentatore e candidato della lista elettorale “Fratelli d’Italia”, rappresentato e difeso dagli avvocati Giuseppe Avolio e Stefano Ascioni, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo, in Roma, viale Giulio Cesare, 95;
contro
Provincia autonoma di Bolzano, Ufficio elettorale centrale, Commissariato del Governo per la Provincia di Bolzano;
per la riforma
della sentenza del T.R.G.A. - SEZIONE AUTONOMA DELLA PROVINCIA DI BOLZANO, n. 296/2013, resa tra le parti e concernente: esclusione di una lista di candidati dalle elezioni provinciali del 27 ottobre 2013;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nell'udienza pubblica del giorno 9 ottobre 2013, il Cons. Bernhard Lageder e uditi, per le parti, gli avvocati Abate, per delega di Ascioni, ed Avolio;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO
1. Con l’atto impugnato in primo grado, l’Ufficio elettorale centrale, costituito per lo svolgimento delle elezioni per il rinnovo del Consiglio della Provincia autonoma di Bolzano (fissate, con decreto del Presidente della Provincia del 16 maggio 2013, n. 127/2.1, alla data 27 ottobre 2013), non ha ammesso la lista dei candidati “Fratelli d’Italia”, determinandone l’esclusione dalle elezioni provinciali, con la seguente, testuale motivazione di cui al verbale del 26 settembre 2013: «Considerato che 218 sottoscrizioni della lista “Fratelli d’Italia” sono state autenticate in Bolzano dal Giudice di pace di Mezzolombardo e che pertanto lo stesso ha adempiuto alle proprie funzioni di autenticatore al di fuori del proprio territorio di competenza, la lista viene esclusa; ciò in considerazione del fatto che effettuata la sottrazione delle 218 sottoscrizioni non è più garantito il numero minimo necessario di sottoscrizioni previste per legge».
2. Con la sentenza in epigrafe, il T.r.g.a, Sezione autonoma di Bolzano, ha respinto il ricorso n. 258 del 2013, proposto dai presentatori della lista avverso la sua mancata ammissione, rilevando – per quanto qui interessa, tenuto conto dei limiti deldevolutum – che i pubblici ufficiali (tra cui il giudice di pace), ai quali l’art. 18, comma 4, l. reg. Trentino-Alto Adige/Südtirol (Testo unico delle leggi regionali per la elezione del Consiglio regionale) 8 agosto 1983, n. 7, con disposizione a contenuto sostanziale omologo all’art. 14 l. 21 marzo 1990, n. 53, attribuisce il potere di autenticare le sottoscrizioni delle liste dei candidati, dispongono di tale potere esclusivamente nell’ambito del territorio di competenza dell’ufficio, di cui gli stessi sono titolari, sicché riteneva legittima l’esclusione della lista, in quanto le 218 sottoscrizioni erano state autenticate dal giudice di pace di Mezzolombardo a Bolzano, al di fuori della circoscrizione territoriale del suo ufficio.
3. Avverso tale sentenza interponevano appello i ricorrenti soccombenti, deducendo, quale unico, complesso motivo la violazione dell’art. 18 della citata l. reg. n. 7 del 1983, in quanto la limitazione del potere di autenticazione del giudice di pace – da esercitare esclusivamente all’interno della circoscrizione territoriale del proprio ufficio – non troverebbe alcun riscontro nella legge elettorale applicabile alla fattispecie in esame, dovendosi comunque considerare che lo stesso avrebbe agito entro i confini regionali.
4. All’esito dello svolgimento dell’udienza pubblica dell’8 ottobre 2013, la Sesta Sezione, investita della causa d’appello, pronunciava ordinanza, con la quale, ritenuta l’ammissibilità del deferimento all’adunanza plenaria di questioni inerenti a cause assoggettate al rito speciale ex art. 129 cod. proc. amm., rilevava un possibile contrasto giurisprudenziale sulla questione centrale di diritto afferente la sussistenza, o meno, di limiti di competenza territoriale in capo ai pubblici ufficiali muniti del potere di autenticazione, in particolare in capo ai giudici di pace, e di conseguenza rimetteva la questione all’adunanza plenaria.
In particolare, la Sezione rimettente rilevava che l’orientamento giurisprudenziale, ripetutamente espresso dal Consiglio di Stato – sebbene con obiter dicta in relazione a fattispecie riguardanti i limiti territoriali e funzionali del potere di autenticazione attribuito ai consiglieri comunali e provinciali, con riferimento all’ordinamento statale – e richiamato nell’appellata sentenza (Cons. Stato, Sez. V, 20 marzo 2012, n. 1889; Cons. Stato, Sez. V, 16 febbraio 2011, n. 999; Cons. Stato, Sez. I, parere n. 2671 del 2013), secondo cui i pubblici ufficiali menzionati nell’art. 14 l. 21 marzo 1990, n. 53, tra cui il giudice di pace, sono titolari del potere di autenticare le sottoscrizioni esclusivamente all’interno del territorio di competenza dell’ufficio di cui sono titolari o ai quali appartengono, appariva contrastare con i principi di legalità dell’azione amministrativa, secondo cui la legge determina il contenuto degli atti, i suoi effetti e le conseguenze che si verificano in caso di violazione delle normative di settore, nonché con il principio di tassatività dei vizi di nullità. Inoltre, tale orientamento non avrebbe considerato l’eventuale applicabilità dell’istituto di cui all’art. 21-octies della legge n. 241 del 1990, né appariva configurabile un’ipotesi di difetto di attribuzione, trattandosi, invero, di rilevare, se la normativa attributiva del potere certificativo avesse dato rilievo alla titolarità dello status, nella specie di giudice di pace, ovvero avesse implicitamente richiesto anche che il suo titolare esercitasse il proprio potere intramoenia. La Sezione prospettava, inoltre, un’eventuale contrasto con il principio dell’affidamento incolpevole dei sottoscrittori della lista esclusa dalla competizione elettorale.
5. All’odierna udienza pubblica, la causa è stata trattenuta in decisione.
6. Giova premettere, in via pregiudiziale di rito, che la procedura disciplinata dall’art. 129 cod. proc. amm., in considerazione delle esigenze di certezza e di celerità immanenti all’assetto d’interesse sostanziale connotante gli atti di esclusione dal procedimento per le elezioni comunali, provinciali e regionali, sia incompatibile con qualsiasi tipo di fase incidentale (tra cui la rimessione all’adunanza plenaria ex art. 99 cod. proc. amm.) che possa comportare il differimento dell’udienza o la sospensione del giudizio, poiché ogni esplicazione piena delle garanzie difensive connesse ad eventuali fasi incidentali resta riservata alle impugnazioni degli atti successivi, secondo il rito disciplinato dagli artt. 130 ss. cod. proc. amm., la cui proposizione è rimessa alla scelta processuale della parte interessata (v. sul punto, ex plurimis, Cons. Stato, sez. V, 23 febbraio 2012, n. 1058). Ciò non di meno, l’adunanza plenaria ritiene opportuno pronunciarsi sul merito della questione ad essa deferita e, al contempo, dell’intera controversia, ai sensi dell’art. 99, comma 4, cod. proc. amm., in quanto nel caso di specie risulta garantita, in concreto, la coordinazione con i termini connotanti la fase preparatoria delle operazioni elettorali.
6.1. Il testo dell’art. 18, commi 3 e 4, l. reg. 8 agosto 1983, n. 7, che reca la disciplina della formazione delle liste delle candidature e che trova applicazione alle elezioni per la Provincia autonoma di Bolzano anche dopo la riforma costituzionale varata con l. cost. 31 gennaio 2001, n. 2, in forza del rinvio operato dalle leggi provinciali 8 maggio 2013, n. 5 (Disposizioni sull’elezione del Consiglio della Provincia autonoma di Bolzano per l’anno 2013 e sulla composizione e formazione della Giunta provinciale), 9 giugno 2008, n. 3 (Disposizioni sull’elezione del Consiglio della Provincia autonoma di Bolzano per l’anno 2008), e 14 marzo 2003, n. 4 (Disposizioni sull’elezione del Consiglio della Provincia autonoma di Bolzano per l’anno 2003), emanate in esplicazione della potestà legislativa primaria attribuita alle Province autonome dall’art. 47 d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), testualmente recita:
«(3) La firma del sottoscrittore deve essere debitamente autenticata.
(4) Gli elettori sono elencati con cognome , nome e data di nascita; la loro firma deve essere autenticata, anche cumulativamente, da un notaio, o dal cancelliere di un ufficio giudiziario, o dal segretario comunale, o dal giudice conciliatore, e per ogni elettore deve essere indicato il Comune nelle cui liste elettorali figura iscritto. ».
Quanto alla figura del «giudice conciliatore», la stessa, in virtù della disposizione di coordinamento contenuta nell’art. 39 l. 21 novembre 1991, n. 374 (Istituzione del giudice di pace), deve ritenersi sostituita da quella del «giudice di pace», il quale esercita le proprie funzioni giurisdizionali e conciliative nell’ambito della circoscrizione territoriale (ex-mandamenti delle Preture) di cui all’art. 2 l. n. 374 del 1991, nella versione applicabile ratione temporis alla fattispecie sub iudice.
Ritiene, al riguardo, l’adunanza plenaria di confermare il consolidato principio giurisprudenziale, secondo cui i pubblici ufficiali, ai quali la legge elettorale (nella specie, l’art. 18 l. reg. n. 7 del 1983, a contenuto in parte qua sostanzialmente omologo alla disciplina prevista dall’art. 14 l. n. 53 del 1990) conferisce il potere di autenticare le sottoscrizioni delle liste di candidati, siano legittimati ad esercitare il potere certificativo esclusivamente nel territorio di competenza dell’ufficio di cui sono titolari o al quale appartengono, in quanto:
- l’individuazione dei soggetti, ai quali la citata disposizione della legge elettorale conferisce la menzionata pubblica funzione certificativa, da cui deriva la fede privilegiata dell’attestazione proveniente dal pubblico ufficiale, propria dell’atto pubblico (art. 2699 cod. civ.), implica un rinvio allo statuto proprio delle singole figure di pubblici ufficiali, e dunque anche ai limiti territoriali, entro i quali i medesimi esercitano, in via ordinaria, le proprie funzioni;
- i limiti alla competenza territoriale dell’ufficio di appartenenza integrano, dunque, un elemento costitutivo della fattispecieautorizzatoria;
- peraltro, l’art. 2699 cod. civ. – secondo cui «l’atto pubblico è il documento redatto, con le richieste formalità, da un notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato ad attribuirgli pubblica fede nel luogo dove l’atto è formato» – stabilisce un preciso nesso di collegamento tra competenza territoriale (e per materia) del pubblico ufficiale e luogo di esercizio del potere di autenticazione (si precisa, al riguardo, che l’indicazione del luogo di attestazione della sottoscrizione, nella relazione di autentica, costituisce non già elemento estrinseco, bensì parte essenziale dell’atto pubblico);
- il successivo art. 2701 cod. civ. prevede che il documento formato da pubblico ufficiale incompetente non ha l’efficacia di fede privilegiata di atto pubblico, attribuendo allo stesso, qualora sottoscritto dalle parti, la mera efficacia probatoria della scrittura privata, con conseguente inidoneità autenticatoria nell’ambito delle operazioni elettorali;
- resta, con ciò, superata ogni questione sull’inquadramento della patologia sub specie di nullità, annullabilità, mera irregolarità o altra figura, poiché la richiamata, espressa previsione di legge sancisce l’inefficacia dell’atto pubblico formato da pubblico ufficiale incompetente;
- a favore dell’orientamento qui confermato milita, inoltre, l’argomento interpretativo di ordine letterale, secondo cui la disposizione in esame, nell’elencazione della figura del notaio, avente competenza a livello distrttuale, impiega l’articolo indeterminato «un», mentre, nell’elencazione degli altri pubblici ufficiali ivi contemplati, è impiegato l’articolo determinato «il», con evidente riferimento al pubblico ufficiale del luogo dell’autenticazione;
- peraltro, l’attribuzione del potere certificativo delle sottoscrizioni delle liste di candidati a una pluralità di figure di pubblico ufficiale persegue la finalità di facilitare gli elettori e i presentatori delle liste, senza che a tal fine fosse necessario un ampliamento e/o un’abolizione dei limiti territoriali di esercizio delle rispettive funzioni, per contro contrastante con esigenze di certezza e di un’ordinata e trasparente raccolta delle sottoscrizioni;
- né, infine, a fronte della consolidata prassi amministrativa (v. circolare del Ministero dell’Interno - Direzione centrale servizi elettorali, 20 aprile 2006, n. 79/2006, e varie istruzioni emanate dallo stesso Ministero in occasione di ripetute tornate elettorali) e del richiamato consolidato orientamento della giurisprudenza amministrativa, può configurarsi un’ipotesi di incolpevole affidamento dei presentatori della lista.
Per le esposte ragioni, deve essere riaffermato il principio enunciato dal consolidato orientamento di questo Consiglio di Stato (Cons. Stato, Sez. V, 20 marzo 2012, n. 1889; Cons. Stato, Sez. V, 16 febbraio 2011, n. 999; Cons. Stato, Sez. I, parere n. 2671 del 2013), secondo cui i pubblici ufficiali menzionati nell’art. 14 l. 21 marzo 1990, n. 53 (e, per quanto qui interessa, nell’art. 18 l. reg. n. 7 del 1983), tra cui il giudice di pace, sono titolari del potere di autenticare le sottoscrizioni esclusivamente all’interno del territorio di competenza dell’ufficio di cui sono titolari o ai quali appartengono.
6.2. Nel merito, le enunciate ragioni impongono la reiezione dell’appello e la conferma dell’impugnata sentenza, essendo pacifico che le sottoscrizioni sono state raccolte dal giudice di pace di Mezzolombardo fuori dai limiti territoriali del suo ufficio.
7. Si ravvisano i presupposti di legge per dichiarare le spese del presente grado di giudizio interamente compensate tra tutte le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma l’appellata sentenza; dichiara le spese del presente grado di giudizio interamente compensate tra tutte le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 ottobre 2013 con l'intervento dei magistrati:
Giorgio Giovannini, Presidente
Riccardo Virgilio, Presidente
Stefano Baccarini, Presidente
Alessandro Pajno, Presidente
Gianpiero Paolo Cirillo, Presidente
Marzio Branca, Consigliere
Aldo Scola, Consigliere
Vito Poli, Consigliere
Francesco Caringella, Consigliere
Nicola Russo, Consigliere
Salvatore Cacace, Consigliere
Bruno Rosario Polito, Consigliere
Bernhard Lageder, Consigliere, Estensore






IL PRESIDENTE
GIORGIO GIOVANNINI









L'ESTENSORE

IL SEGRETARIO
BERNHARD LAGEDER

ANTONIO SERRAO












DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il      09/10/2013     
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)


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