APPALTI:
l'obbligo di indicare le "parti" servizio
da parte delle ATI
ai sensi dell'art. 37 co. del D.Lgs. n. 163/06
(Cons. St., Sez. III,
sentenza 18 ottobre 2013 n. 5069).
Massima
1. Questo Consiglio (vd. Ad.Plen. n. 22 del 2012) ha chiarito nell'art. 37, co. 4 del Dlg
163/2006, l'obbligo d'indicare, in sede di presentazione dell'offerta, le
"parti" di servizio imputate a ciascun operatore raggruppato persegua
lo scopo di permettere alla stazione appaltante di verificare la serietà dell'impegno
e dell'idoneità delle imprese raggruppate a svolgere effettivamente le
"parti" di servizio indicate.
2. Si è stabilito inoltre che, proprio per gli appalti
diversi da quelli di lavori, l'obbligo di esatta corrispondenza tra quote di
partecipazione all'ATI e quote di esecuzione già vigeva solo per la fase
esecutiva dell'appalto.
3. In definitiva, l'obbligo di cui al citato art. 37, co. 4, circa
la specificazione delle parti del servizio che saranno eseguite dalle singole
imprese raggruppate o raggruppande, si deve considerare legittimamente assolto
in caso sia d'indicazione, in termini descrittivi, delle singole parti del
servizio da cui sia evincibile il riparto di esecuzione tra loro, sia
d'indicazione, in termini percentuali, della quota di riparto delle prestazioni
che saranno eseguite tra le singole imprese. E ciò in ossequio al principio
della tassatività delle cause di esclusione, oggidì sancito dal successivo art.
46, c. 1-bis, donde l'impossibilità di
reputare incongrue o illegittime le dichiarazioni di riparto tra le predette
imprese sol perché non ne rechino la puntigliosa suddivisione in valori ed in
percentuali, dovendo tener conto anche dell'oggetto del servizio e della
complessità, o meno, della relativa esecuzione.
Sentenza per esteso
Intestazione
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
(Sezione Terza)
ha pronunciato la
presente
SENTENZA
[…]
FATTO e
DIRITTO
1. - Con bando pubblicato
nella G.U., V s. spec., n. 95 del 12 agosto 2012, il Ministero delle politiche
agricole, alimentari e forestali ha indetto una procedura aperta, da
aggiudicarsi con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, per
la scelta di una società specializzata o di un raggruppamento di imprese, cui
affidare la realizzazione di "...azioni di informazione e comunicazione
rivolte ai cittadini consumatori sulla valorizzazione e la
promozione del consumo dell'olio italiano extravergine di oliva di qualità...".
L'art. 14 del
capitolato d'oneri ha stabilito che le offerte sarebbero state valutate, ai
sensi dell'art. 83 del Dlg 12 aprile 2006 n. 163, con l'attribuzione di un
punteggio massimo di punti 100, di cui punti 45 (max.) per la qualità dell'offerta
tecnica e punti 55 (max.) per l'offerta economica. Quest'ultima, a sua volta,
sarebbe stata "...valutata in relazione al valore percentuale del compenso
di agenzia richiesto dal concorrente, espresso in conformità a quanto previsto
al precedente art. 11...". A tal fine, il capitolato ha indicato la
formula matematica per assegnare il punteggio per l'offerta economica, che è la
seguente: Ca min x 55 / Ca off. In particolare, Ca min rappresenta il valore
percentuale del compenso complessivo d'agenzia richiesto più basso e Ca off è
il compenso complessivo d'agenzia inerente all'offerta presa in esame.
2. - A detta gara ha
inteso partecipare, tra le altre imprese, pure la costituenda ATI tra la Y
& R Italia s.r.l. (capogruppo mandataria) e la Pomilio Blumm s.r.l.
S.r.l. (mandante), proponendo rituale offerta.
Detta ATI dichiara
d'aver superato positivamente la valutazione, a seguito del sorteggio ex art.
48 del Dlg 163/2006, del possesso dei requisiti tecnici ed economici. Detta ATI
rende noto altresì che, nella seduta pubblica del 2 giugno 2012, il seggio di
gara ha proceduto ad aprire le buste contenenti l'offerta tecnica.
Tuttavia, prima di
aprire quelle dell'offerta economica, la Commissione stessa ha chiesto alla
P.A. aggiudicatrice di fornire chiarimenti circa la predetta formula matematica
di valutazione dell'offerta economica. Tanto perché, a suo dire, la mera
applicazione della formula come scritta nel capitolato non avrebbe consentito
un risultato logico ed attendibile, essendo il Ca indicato in percentuale al
numeratore ed in valore assoluto al denominatore. Il Ministero, con nota n.
15090 del 4 luglio 2012, ha precisato che, per mero errore, nella predetta
formula non fu indicato un valore percentuale di Ca anche al denominatore,
donde la valutazione delle offerte economiche in base alla formula esatta.
In esito alla gara,
detta ATI s'è collocata al primo posto della graduatoria di merito, con punti
92, seconda graduata essendo la Assist Group s.r.l., con punti 91,74063. Con
decreto n. 18002 del 2 agosto 2012, il servizio è stato aggiudicato in via
definitiva alla predetta ATI.
Avverso tal statuizione
e gli atti di gara è insorta allora la Assist Group s.r.l. innanzi al TAR
Lazio, deducendo vari profili di censura ed affermando che, se la formula de
qua non fosse stata modificata, essa sarebbe stata l'aggiudicataria del
servizio.
L'adito TAR, con
sentenza n. 66 del 7 gennaio 2013, ha accolto il ricorso della Assist Group
s.r.l. per tre aspetti, perché: A) - la P.A. aggiudicatrice ha indebitamente modificato
in corso di gara la formula matematica di calcolo per l'attribuzione del
punteggio relativo all'offerta economica mediante un decreto pubblicato solo
sul sito WEB del Ministero e non in G.U. o nella GUCE; B) - la P.A. stessa ha
illegittimamente omesso d'escludere della gara detta ATI, per non aver questa
dichiarato la distribuzione interna delle quote di partecipazione al
raggruppamento; C) - l'ATI non ha indicato gli oneri di sicurezza fin dalla
fase di formulazione dell'offerta, non potendosi ritenere a tal fine
equivalente la dichiarazione come riportata a pag. 2 del verbale della seduta
di gara n. 8 del 10 luglio 2012.
3. - Appella allora
detta ATI, con il ricorso in epigrafe, deducendo in punto di diritto
l'erroneità della sentenza impugnata, in quanto: 1) - ad onta dei vocaboli
adoperati, il Ministero non ha modificato la lex specialis di gara, ma ha
operato la doverosa rettifica della formula matematica per riportarla al suo
effettivo e corretto significato, correggendo un mero errore, tanto evidente
che, se la formula stessa fosse rimasta quella originaria, in pratica tutte le
imprese avrebbero ottenuto un risultato identico, così vanificando la ratio
dell'art. 83 del Dlg 163/2006; B) - il decreto di correzione ha solo
specificato il senso della formula e, dunque, non è soggetto al principio del
contrarius actus, né a pubblicazione in G.U. o in GUCE e non ha violato la
regola della par condicio perché tutti i partecipanti conoscevano la stessa
formula, ma non anche le offerte di ciascuno degli altri; C) - l'obbligo di
esatta corrispondenza tra quote di partecipazione all'ATI e quote di esecuzione
vige, per gli appalti diversi da quelli di ll.pp., solo nella fase esecutiva,
fermo restando che, nella specie, l'ATI ha indicato le parti di servizio che
ciascun'impresa partecipante avrebbe realizzato, con ciò chiaramente esprimendo
pure le corrispondenti quote di partecipazione al raggruppamento; D) - l'ATI
appellante, e di ciò dà atto lo stesso TAR, ha esattamente adempiuto
all'obbligo, posto dalla lex specialis di gara, laddove non ha inteso chiedere,
a pena d'esclusione, l'esatta indicazione degli oneri di sicurezza e s'è
limitata a prescrivere una mera dichiarazione sulla valutazione dei relativi
importi e la loro considerazione ai fini della formulazione dell'offerta
economica, donde l'assenza dei presupposti per l'eterointegrazione della
predetta normativa, invece assunta dalla sentenza per la pretesa violazione
dell'art. 86, c. 3bis e dell'art. 87 del Dlg 163/2006.
Resiste in giudizio il
Ministero intimato, che propone a sua volta appello incidentale, contestando la
sentenza impugnata e deducendo: 1) - l'evidente errore nella primigenia stesura
della formula di calcolo del punteggio sull'offerta economica e la legittimità
della relativa correzione, da intendersi non come un quid novi, ma il
chiarimento d'un dato implicito ma esistente nella norma di gara, di cui s'è
fornita alle imprese partecipanti adeguata pubblicità; 2) - l'assenza d'ogni
sanzione espulsiva sulla dichiarazione delle quote di partecipazione all'ATI,
d'altronde pleonastica a fronte a fronte della dichiarazione sulle quote del
servizio e sui relativi valori.
S'è costituita nel
presente giudizio pure l'appellata Assist Group s.r.l., che conclude per il
rigetto dell'appello principale. Essa replica altresì i motivi assorbiti in
primo grado, deducendo anzitutto il mancato possesso, in capo alla capogruppo
mandataria dell'ATI appellante, del requisito economico specifico, il cui
fatturato è stato conseguito non nel triennio di riferimento (2008 - 2009 -
2010), bensì solo nell'anno 2011. La Società rende noto che la P.A.
aggiudicatrice ha reputato irrilevante il mancato possesso di tal requisito,
essendo questo soddisfatto interamente dalla mandante, ma ciò è erroneo in
quanto la legge di gara si limita a ribadire la regola generale per cui per le
ATI il possesso dei requisiti è soddisfatto mediante il cumulo di quelli delle
imprese associate e, dunque, vale l'art. 275 del
DPR 5 ottobre 2010 n. 207, in forza del quale la capogruppo
mandataria li deve possedere in misura maggioritaria. Detta Società deduce
inoltre: I) - in via subordinata, ove la disposizione sul requisito de quo si
debba interpretare nel senso che il relativo possesso si riferisca al triennio
precedente alla data di presentazione dell'offerta, tale norma è illegittima e
va impugnata per violazione dell'art. 41, c. 1, lett. c) del Dlg 163/2006; II)
- l'omissione della sottoposizione, da parte del seggio di gara, dell'offerta
dell'ATI appellante a verifica d'anomalia, pur in presenza dei relativi
presupposti ex art. 86 del Dlg 163/2006; III) - l'omessa indicazione, nel
decreto recante l'aggiudicazione definitiva, dell'avvenuta verifica dei
requisiti dichiarati ai sensi dell'art. 38 del Dlg 163/2006; IV) - l'assenza
del requisito, in capo alla capogruppo mandataria, del certificato di qualità
ISO 9001/ 9002, non potendo essa profittare del fatto che quest'ultimo sia
posseduto da una società controllata senza un avvalimento formale ai sensi
dell'art. 49 del Dlg 163/2006.
Alla pubblica udienza
del 12 aprile 2013, su conforme richiesta delle parti, il ricorso in epigrafe è
assunto in decisione dal Collegio.
4.1 - Per evidenti
ragioni di pregiudizialità, il Collegio procede anzitutto alla disamina dei
dianzi citati motivi di primo grado, ritualmente proposti dall'attuale
controinteressata Assist Group s.r.l. e ribaditi in questa sede, giacché
l'eventuale loro accoglimento renderebbe inammissibili gli appelli in epigrafe.
4.2. - In primo luogo,
tale Società lamenta il mancato possesso, da parte della capogruppo mandataria
Y & R s.r.l., del requisito inerente al fatturato specifico (attività
di comunicazione istituzionale per conto della P.A.).
Ebbene, la Y &
R s.r.l. non smentisce tale dato, in quanto essa ha conseguito il relativo
importo (= Euro 1.000.000,00) nel solo 2011. Anzi, come dice la
controinteressata (cfr. pag. 27 della memoria del 27 febbraio 2013), la
fatturazione è intervenuta "...nell'arco temporale che va dal 16 maggio...
al 21 settembre 2011...", per cui tali fatture, con ogni evidenza,
competono all'esercizio 2011. Ad avviso di detta controinteressata, ciò sarebbe
al di fuori del triennio di riferimento indicato dal bando, ossia fuori dagli
ultimi tre esercizi finanziari il cui bilancio sia stato approvato al momento
della pubblicazione del bando, che essa (si badi, e non l'art. 8 del capitolato
d'oneri) indica negli anni 2008, 2009 e 2010. Poiché, però, il bando de quo è
stato pubblicato nella G.U. del 12 agosto 2012, non v'è dimostrazione seria, da
parte della medesima controinteressata, che l'esercizio 2011 della Y &
R s.r.l. risulti non ancora approvato a quella data o abbia un'altra scansione
temporale. Da tanto discende, per un verso, che l'assunto, per cui il triennio
di riferimento indicato dal capitolato non contempli pure l'esercizio 2011,
s'appalesa allo stato mera petizione di principio e, per altro verso, non
sussiste in tal modo la paventata violazione dell'art. 41, c. 1, lett. c) del
Dlg 163/2006.
Del pari erronea è la
mancata considerazione di tali fatturazioni, da parte della stazione appaltante
(recte, l'argomento difensivo da essa adoperato innanzi al TAR), sol perché il
requisito de quo sarebbe stato già soddisfatto per intero dalla Pomilio Blumm
s.r.l.
Tal dato non consta
esser stato in realtà consacrato in atti ufficiali della stazione appaltante,
talché resta solo il contenuto di un suo scritto difensivo non inserito nella
sequenza procedimentale della gara. Esso nulla aggiunge o toglie alla corretta
e dianzi definita interpretazione della lex specialis, in mancanza d'altro o
diverso dato testuale evincibile da quest'ultima o da contraria dimostrazione
della controinteressata. Scolora quindi la questione sul soddisfacimento del
requisito stesso da parte della mandante, onde non giova più alla tesi della
controinteressata invocare la violazione dell'art. 275,
c. 2 del DPR 207/2010 o
del principio di necessaria corrispondenza tra quote di possesso dei requisiti
e quote di esecuzione dell'appalto.
4.3. - Neppure convince
la doglianza della Assist Group s.r.l. sulla circostanza che il seggio di gara,
pur avendo sospettato d'anomalia l'offerta dell'ATI Y & R, non le ha
poi chiesto i giustificativi, in base a quanto prevede l'art. 88 del Dlg
163/2006.
Al riguardo, non ha
difficoltà il Collegio ad escludere che la lettura dell'art. 14 del capitolato,
ove precisa che il seggio di gara "... procederà... all'individuazione
delle offerte anormalmente basse, le quali, se del caso, saranno sottoposte a
verifica...", conceda al seggio stesso una discrezionalità sull'an
dell'attivazione della procedura per la verifica dell'anomalia. Più
semplicemente, i termini "se del caso" indicano solo che, ove
individuata l'offerta anomala, essa sarà sottoposta a verifica ai sensi degli
artt. 87 e 88 del Dlg 163/2006, tranne che l'impresa non abbia già giustificato
aliunde la propria offerta.
Ma tutto questo non è
realmente in discussione, giacché nella specie il seggio di gara non ha affatto
esercitato la paventata "discrezionalità", come si vede non prevista
dal capitolato, almeno non nel senso indicato dalla controinteressata.
Invece, il seggio di
gara, così esprimendo solo un giudizio tecnico in sé non erroneo, né
irrazionale, ha preso le mosse dalla valutazione del compenso complessivo di
agenzia, fissato come minimo dal capitolato al 5% (Ca min). In concreto, questo
è stato esposto in offerta con valori simili da tutte le imprese partecipanti,
comprese l'ATI appellante (5%) e la controinteressata (5,7%), onde v'è stata sì
equivalenza sostanziale tra tali offerte, ma pure corrispondenza dei relativi
valori rispetto al compenso minimo stabilito dal capitolato. Rettamente,
quindi, il seggio di gara non ha ritenuto di sottoporre ad ulteriore e pignola
valutazione il compenso dell'ATI appellante, in assenza di altri, evidenti e
sicuri indici d'anomalia, appunto perché questo s'è appalesato la mera
ribadizione di ciò che la lex specialis ritenne congruo quale remunerazione per
il servizio appaltando.
Insomma, detto
riferimento al valore minimo di capitolato è in sé giustificato e, come tale,
non necessita di ulteriori spiegazioni, donde l'inutilità dell'effusione d'una
verifica il cui risultato non sarebbe stato altro che la conferma del valore
già a priori stabilito e riconosciuto come congruo.
5.3. - Va respinto pure
il sesto motivo del ricorso di primo grado, con cui la controinteressata denuncia
l'omessa attivazione, da parte della stazione appaltante, della verifica sul
possesso dei requisiti ex art. 38 del Dlg 163/2006.
Invero e come consta in
atti, il Ministero ha acquisito il DURC e ha richiesto i certificati del
casellario giudiziale relativi all'ATI appellante, poi acquisiti alla procedura
ai fini della stipulazione del contratto. Nei riguardi di tali documenti così
depositati, la controinteressata nulla deduce se non l'omessa, pignola
indicazione di essi nel decreto n. 18002/2012, però in realtà così non è. Le
imprese dell'ATI appellante hanno sì confermato il predetto possesso, ma perché
già v'avevano provveduto a seguito del sorteggio di cui all'art. 48 del Dlg
163/2008.
Sicché, a fronte di tal
conferma, non basta predicare l'omissione nella citazione o il ritardo nella
richiesta da parte della stazione appaltante, occorrendo piuttosto argomentare
in ordine alla rilevanza, o no degli stessi e ciò non è accaduto in primo grado
e men che mai nella memoria di replica del 30 marzo 2013.
Da rigettare è ancora
il settimo motivo del ricorso al TAR, con cui l'odierna controinteressata si
duole della violazione del Par. III.2.3, lett. c) del bando originario.
Quest'ultimo dispose, tra le necessarie informazioni per valutare la conformità
ai requisiti di capacità tecnica, di dar contezza di "... eventuali
certificati rilasciati da organismi indipendenti attestanti che il concorrente
osserva le norme in materia di garanzia della qualità...". Come si vede,
la presentazione di tali certificati, bene lo dice l'ATI appellante, non è
stata ritenuta obbligatoria o, meglio, parte necessaria ed indefettibile del
possesso del requisito di capacità tecnica, ma solo uno dei dati di
informazione su cui basare la valutazione della conformità al predetto requisito.
In altri termini, se il certificato c'è ed è sottoposto alla stazione
appaltante, questa lo valuta e ne verifica la coerenza con il requisito di
capacità tecnica commisurata all'oggetto dell'appalto; in caso contrario, no,
senza che ciò implichi qualsivoglia esclusione dalla gara in parola. Anche in
tal caso scolorano le questioni sulla necessità, o meno dell'avvalimento, da
parte della Y & R Italia s.r.l., del certificato ISO 9001/2008
posseduto dalla controllata Y & R Roma s.r.l.
5. - Ciò posto, nel
merito, sono da accogliere il primo motivo sia dell'appello principale, sia di
quello incidentale.
In particolare,
rettamente l'appellante principale afferma che la stazione appaltante, nella
specie e su richiesta del seggio di gara, non ha modificato o, come ha ritenuto
l'impugnata sentenza, innovato in modo radicale la formula di calcolo dei
punteggi sull'offerta economica.
È stato per vero
adoperato il vocabolo "modifica", però non nel significato
d'abrogazione e di contestuale innovazione in parte qua della legge di gara.
Infatti, la serena lettura combinata del testo sia della formula matematica de
qua, sia del decreto n. 15090/2012 porta a concludere, per semplice
constatazione, che il secondo ha apportato alla prima la doverosa correzione,
in virtù di criteri di evidente ragionevolezza, di un errore rilevante e
riconoscibile in cui la P.A. incorse nella concreta scritturazione della
formula stessa.
Tanto perché
quest'ultima, espressa in forma di rapporto, ha esposto al numeratore un valore
percentuale e al denominatore un valore assoluto. In tal modo, la formula
originaria ha fornito due dati numerici, se non impossibili da dividere, tra
loro manifestamente incoerenti per logica e, soprattutto, secondo l'art. 83, c.
5, I per. del Dlg 163/2006. Donde l'impossibilità d'interpretare il decreto a
guisa d'innovazione della lex specialis di gara, come ha invece inteso il
Giudice di prime cure, appunto perché essa si riferisce (art. 11 del
capitolato) solo alla "... percentuale del compenso complessivo di
agenzia...". Rettamente il Ministero appellante incidentale ravvisa nel
proprio decreto null'altro che il chiarimento, anche sulla scorta delle
indicazioni rese dal seggio di gara, d'un dato sì implicito, ma già esistente
nella norma di gara stessa.
Né vale obiettare
l'astratta possibilità che detto rapporto, nella sua formulazione originaria ed
in sé erronea, potesse giungere ad un qualunque risultato.
Al contrario, pare al
Collegio ben dedotta la tesi dell'appellante, per cui la prova di tal erroneità
sia nella specie inferibile dalla sostanziale identità di punteggi che sarebbe
derivata dalla mera applicazione della formula originaria a tutte le offerte in
gara. Non nega il Collegio che l'identità ravvisata, peraltro esposta in una
tabella esemplificativa nell'atto d'appello (pag. 9), stia pure nel fatto, in
sé materialmente vero, che tutti i compensi complessivi di agenzia offerti
furono tra loro uguali o con minimi scostamenti. Ma non è questo il punto:
l'incoerenza evidente degli elementi del rapporto, come esposto nel suo testo
originario, discende piuttosto, dalla necessità, indicata nel citato art. 83,
c. 5, che l'offerta economica sia individuabile in base ad un unico parametro
numerico, in ogni suo aspetto ed in sé immediatamente intelligibile. Sicché non
basta affermare che una formula matematica dia un risultato utile purchessia,
in quanto l'utilità dev'essere conforme all'unitarietà posta dalla legge quale
regola sul metodo di valutazione delle offerte e, soprattutto, non deve
condurre a punteggi bizzarri, irragionevolmente complicati e, quindi, non ben
prevedibili secondo la normale diligenza.
Del pari, non
condivisibile è l'obiezione per cui la controinteressata avrebbe subito, a
causa della correzione della formula erronea, una violazione della par
condicio. Ciò perché essa, per quanto abbia potuto toto corde confidare nel
testo originario della formula e così confezionare la propria offerta, non ha
avuto contezza se non solo di quest'ultima e non certo di quelle di tutte le
altre imprese. E tale situazione è stata quella in cui versavano pure gli altri
partecipanti al momento in cui, chiuse ancora le buste delle offerte
economiche, la P.A. ha provveduto a tal correzione, onde tutti e ciascuno di
questi avevano espresso le loro offerte confezionandole allo stesso modo e
nelle medesime condizioni della controinteressata. È solo da precisare che la
correzione è promanato da un organo competente, secondo l'ordinamento proprio
dell'ente aggiudicatore, in base non solo all'art. 11, c. 2 del Dlg 163/2006,
ma soprattutto alle attribuzioni che l'art. 16, c. 1 del Dlg 30 marzo 2001 n.
165 assegna ai dirigenti di uffici dirigenziali generali.
6. - Ancora da
condividere è il secondo motivo d'appello, ove si lamenta l'accoglimento, da
parte della sentenza impugnata, della questione della necessaria dichiarazione,
nella specie omessa, circa la distribuzione interna alla costituenda ATI delle
quote di partecipazione.
Al riguardo, l'art. 11
del capitolato, relativamente all'offerta economica, ha disposto che "...
nel caso di raggruppamento di imprese, l'offerta dovrà...contenere una
dichiarazione in cui saranno indicate le parti del servizio eseguite dai
singoli componenti, nonché una dichiarazione...con la quale... (questi
ultimi)...si impegnano ad ottemperare a quanto previsto dall'art. 37 del
D. Lgs. n. 163/2006...".
Ora, questo Consiglio
(cfr. Cons. St.,
ad. plen., 13 giugno 2012 n. 22) ha chiarito come già sotto
l'imperio dell'art. 11, c. 2 del Dlg 17 marzo 1995 n. 157, poi trasfuso nel
citato art. 37, c. 4 del Dlg 163/2006, l'obbligo d'indicare, in sede di
presentazione dell'offerta, le "parti" di servizio imputate a ciascun
operatore raggruppato persegua lo scopo di permettere alla stazione appaltante
di verificare la serietà dell'impegno e dell'idoneità delle imprese raggruppate
a svolgere effettivamente le "parti" di servizio indicate. Ed è fatto
presente altresì che, proprio per gli appalti diversi da quelli di lavori,
l'obbligo di esatta corrispondenza tra quote di partecipazione all'ATI e quote
di esecuzione già vigeva solo per la fase esecutiva dell'appalto. Questo
Consiglio ha precisato quindi (cfr. Cons. St.,
ad. plen., 5 luglio 2012 n. 26) che l'obbligo di cui al citato art.
37, c. 4, circa la specificazione delle parti del servizio che saranno eseguite
dalle singole imprese raggruppate o raggruppande, si deve considerare
legittimamente assolto in caso sia d'indicazione, in termini descrittivi, delle
singole parti del servizio da cui sia evincibile il riparto di esecuzione tra
loro, sia d'indicazione, in termini percentuali, della quota di riparto delle
prestazioni che saranno eseguite tra le singole imprese. E ciò in ossequio al
principio della tassatività delle cause di esclusione, oggidì sancito dal
successivo art. 46, c. 1bis, donde l'impossibilità di reputare incongrue o
illegittime le dichiarazioni di riparto tra le predette imprese sol perché non
ne rechino la puntigliosa suddivisione in valori ed in percentuali, dovendo
tener conto anche dell'oggetto del servizio e della complessità, o meno, della
relativa esecuzione.
Ebbene, nella specie,
l'ATI appellante ha adempiuto alla prescrizione dell'art. 11 del capitolato, in
quanto essa ha indicato, nella propria offerta economica, le parti del servizio
appaltando che ciascuna delle imprese partecipanti avrebbe svolto e
dettagliando i relativi costi con le percentuali di competenza d'ognuna di
esse.
Sicché, a fronte del
modo in cui l'offerta dell'ATI appellante è stata confezionata in concreto,
quest'ultima non è irretita da illegittimità e non può formare oggetto di
esclusione, appunto in coerenza con il predetto art. 46, c. 1bis. Scolora
dunque ogni considerazione sul fatto che il procedimento di gara sia nella
specie regolato dal testo dell'art. 37, c. 13 del Dlg 163/2006, previgente alla
novella del 2012 ed in virtù del quale "... i concorrenti riuniti in
raggruppamenti temporanei devono eseguire le prestazioni nella percentuale
corrispondente alla quota di partecipazione al raggruppamento...".
Infatti, non è chi non veda come l'indicazione delle parti del servizio, anche
relativamente ai costi ripartiti tra le imprese dell'ATI appellanti, manifesti
l'apporto di rispettiva responsabilità nell'esecuzione dell'appalto e la
correlata serietà del relativo impegno negoziale, non potendo la stazione
appaltante esigere da tutte e da ciascuna di esse altra prestazione che quella
dedotta nell'offerta e secondo la ripartizione da loro così evidenziata. Ogni
altra pretesa s'appalesa, ancor prima che infondata, pleonastica e priva di
senso logico, giacché l'ATI ha indicato le parti di servizio che
ciascun'impresa partecipante avrebbe realizzato, con ciò esprimendo in modo
chiaro e facilmente intelligibile pure le corrispondenti quote di
partecipazione a siffatto raggruppamento.
7. - Si duole ancora
l'ATI appellante che la sentenza impugnata, pur avendo lealmente riconosciuto
come l'offerta economica di essa fosse stata redatta in conformità del
capitolato, l'ha ritenuta pur sempre illegittima e, dunque, da escludere per
violazione dell'art. 86, c. 3ter e dell'art. 87, c. 4 del Dlg 163/2006, idonei
in sé ad eterointegrare la lex specialis anche nel caso, come nella specie, nel
quale si limitò a chiedere un generico impegno sulla considerazione degli oneri
di sicurezza.
A tal riguardo, l'art.
11 del capitolato, nel disciplinare la confezione dell'offerta economica,
chiese tra l'altro che "... l'offerta economica dovrà contenere anche la
dichiarazione che l'offerta tiene conto degli obblighi connessi alle
disposizioni in materia di sicurezza e protezione dei lavoratori nonché alle
condizioni di lavoro...". Sul punto, è pacifico che l'offerta dell'ATI
appellante s'è strettamente attenuta a tal prescrizione, la quale non ha inteso
chiedere, a pena d'esclusione, una ripartizione esatta e predefinita dei costi
per la sicurezza. Tale prescrizione, però, è stata impugnata espressamente in
primo grado ed il TAR l'ha reputata illegittima per violazione dei citati artt.
86 e 87, applicabili senza limiti anche agli appalti di servizi.
Ora, il Collegio è ben
consapevole dell'orientamento della Sezione sull'efficacia immediatamente
precettiva dei ripetuti artt. 86 e 87, che s'inseriscono nel regolamento di
gara (e, quindi, dello stesso contratto) in via d'integrazione automatica ex art. 1339
c.c. In particolare, sussiste la necessità di indicare i costi
relativi alla sicurezza nell'offerta economica, ferma la nota distinzione tra
oneri di sicurezza per le interferenze, nella misura predeterminata dalla
stazione appaltante con il DUVRI e non soggetta a ribasso ed oneri di sicurezza
da rischio specifico o aziendale, la cui quantificazione spetta a ciascuno dei
concorrenti in rapporto alla propria offerta economica. Ebbene, la Sezione
(cfr., per tutti, Cons. St.,
III, n. 212/2012) ha chiarito che gli "... atti di gara...
(oltre agli oneri non soggetti a ribasso)... devono poi prevedere che, nell'offerta
economica, siano indicati gli altri oneri per la sicurezza (da rischio
specifico) che sono variabili perché legati all'offerta economica delle imprese
partecipanti alla gara...". Sicché la Sezione riconosce "... ai costi
per la sicurezza da rischio specifico la valenza di un elemento essenziale
dell'offerta a norma dell'art. 46 co. 1 bis del Codice dei contratti, la cui
mancanza rende la stessa incompleta e come tale, già di per solo, suscettibile
di esclusione...".
Pur tuttavia, reputa
opportuno il Collegio ricostruire la vicenda dell'eterointegrazione alla luce
del combinato disposto dell'art. 1339 (e non dell'art. 1374)
e dell'art. 1341
c.c. -anche per la peculiare posizione della P.A. nella
solitaria ed autonoma predisposizione delle clausole del procedimento di gara e
del contratto, e ciò per un duplice ordine di ragioni.
Per un verso, pare al
Collegio che non si possa prescindere, come pare evincersi dalla pronuncia
della Sezione n. 212/2012 quando rivolge alla stazione appaltante l'obbligo di
rispettare (e, quindi, di predisporne le conseguenti clausole) le prescrizioni
in tema di costi per la sicurezza da rischio specifico, dalla constatazione che
le regole dell'appalto pubblico sono nelle esclusive disponibilità e
responsabilità dell'ente aggiudicatore. In sostanza, i principi ex art. 1341
c.c. sono in sé applicabili alle procedure d'evidenza pubblica
ed ai contratti della P.A. in veste di predisponente, dal che, a nò di
corollario, la tutela dell'impresa partecipante e stipulante quale soggetto non
predisponente, che confida nell'intera correttezza del regolamento negoziale.
Tanto perché la predetta norma non si limita alla mera tutela del contraente
debole -per vero non sempre coincidente con chi aderisce ad uno schema
negoziale da altri confezionato, ma la sua ratio si sostanzia in una garanzia
di contrattualità effettiva di tutti e di ciascun aspetto di tal regolamento.
Sicché l'applicabilità di detta norma prescinde sia dalla mera forza economica
dell'impresa partecipante, sia dalla circostanza che l'operato della P.A. è
retto istituzionalmente da finalità di interesse generale e dai principi di
buon andamento ed imparzialità, sia dalla procedura di gara per la scelta del
contraente, procedura che, di per sé sola, non comporta la partecipazione
dell'aggiudicatario alla determinazione del contenuto del regolamento stesso.
Per altro verso, si può
forse discettare su qual possa essere l'effetto dell'eterointegrazione ex art. 1339
c.c., se sul piano del rapporto e non su quello dell'accordo o, più
propriamente, se essa sia uno strumento di integrazione del regolamento
negoziale, incidente appunto sulla qualità e sulla misura degli effetti di
quest'ultimo. Tanto perché, come pare evincersi dai precedenti della Sezione,
l'art. 1339 c,c. riguarda soltanto le norme imperative e dunque la propria
efficacia a sostituire con esse la (difforme) volontà delle parti, a differenza
ciò che accade con l'integrazione di cui al successivo art. 1374, operante
anche per le norme meramente dispositive ed in assenza d'una contraria volontà
delle parti.
Allora, ciò che qui più
importa, se si leggono insieme gli artt. 1339 e 1341 nella risoluzione del caso
in esame, è che non ogni eterointegrazione è possibile in modo automatico, in
difetto del clare loqui della stazione appaltante su qual debba essere il
parametro vincolante per tutte le imprese partecipanti. Infatti, il meccanismo
sostitutivo ex art. 1339 riesce ad operare solo in presenza di norme imperative
recanti una rigida predeterminazione dell'elemento destinato a sostituirsi alla
clausola difforme. Viceversa, esso non trova applicazione laddove siano
comunque affidati alle parti la quantificazione e l'esatto corrispettivo,
nonché il metodo e la concreta manifestazione dell'elemento (i costi della
sicurezza da rischio specifico) in questione. La serena lettura della clausola
contenuta nel citato art. 11 del capitolato consente di concludere non certo
per un invito all'omissione, né tampoco per il divieto della manifestazione dei
costi per la sicurezza de quibus, ma per la loro incorporazione nel complesso
dell'offerta economica. Non illegittima è allora la clausola di cui al medesimo
art. 11 che, in relazione alla complessiva semplicità della prestazione oggetto
d'appalto che s'appalesa non certo concettualmente innovativa o tale da
smuovere masse di operatori pubblicitari (p.es., comunicazione pubblicitaria,
promozione dell'olio d'oliva ed eventi connessi, segnatamente presso la grande
distribuzione ed anche con comunicazione istituzionale), scelga di semplificare
le modalità di manifestazione dell'offerta economica per tali attività.
A tutto concedere,
comunque, impone la tutela del non predisponente una siffatta clausola, ove se
ne accerti (ma così non è nella specie) la totale distonia di essa con il
complessivo tenore dell'art. 86, c. 3bis del Dlg 163/2006, che essa sia
interpretata contro la P.A. ed a favore di chi vi s'è adeguato e non certo
l'esclusione di questi dalla gara. Infatti, la mera e formale osservanza della
lex specialis, se di per sé sola non può dirsi adempimento diligente per
operatori qualificati come le imprese partecipanti ad una gara ad evidenza
pubblica, neppure si può pretenderne, fuori da errori rilevanti e riconoscibili,
comportamenti che forzino le regole di gara. Del pari, quest'ultima e, in
particolar modo, l'affidamento che ingenera verso il non predisponente non sono
manifestamente irrilevanti, onde la sanzione espulsiva dalla gara, appunto per
la sua gravità in sé e per il rigoroso sistema d'accertamento dei relativi
presupposti ex art. 46, c. 1bis del Dlg 163/2006, va irrogata non in via
automatica ma, dopo un altrettanto rigoroso vaglio della fattispecie, alla luce
degli artt. 1341, 1367 e 1370 c.c.
Né appare così
infondata, a differenza di ciò che opina la controinteressata, la doglianza di
cui al quarto motivo d'appello. Essa contesta al TAR, una volta accertata
l'illegittimità della clausola de qua per violazione degli artt. 86 e 87 del
Dlg 163/2006, di non aver statuito l'annullamento della procedura per intero.
In apparenza, l'effetto
d'eterointegrazione del regolamento negoziale con le due disposizioni citate
sembra addirittura anodino, nel senso che potrebbe bastare, in presenza della
nullità della predetta clausola per sua difformità rispetto ad una norma
cogente, la sostituzione con la disposizione legale attraverso la regola
contenuta nell'art. 1339, anziché comminarne la nullità sic et simpliciter. In
realtà, nei contratti ad evidenza pubblica l'unico effetto negativo sarebbe
solo quello espulsivo, nella costruzione del TAR comunque irrimediabile, verso
l'impresa che, pur confidando nella possibilità di semplificare
l'evidenziazione dei costi per la sicurezza da rischio specifico, resterebbe
esclusa dalla gara come se ne fosse unica e diretta responsabile. Sennonché,
già nei contratti a prestazioni sinallagmatiche, l'effetto discendente
dall'applicazione dell'art. 1339, qualora le parti contraenti agiscano in
violazione di una norma imperativa, è non già il residuo di consenso, né la
sopravvivenza di un equilibrio oggettivo tra le reciproche prestazioni
purchessia, bensì la totale nullità del negozio stesso. A più forte ragione,
l'aver indotto un partecipante non predisponente, senza colpa di questi e senza
possibilità per lui di porvi rimedio ex post, a confezionare un'offerta secondo
una regola di gara poi rivelatasi illegittima, non può risolversi con la mera
eliminazione del soggetto incolpevole. Al contrario, poiché la clausola
illegittima va interpretata contro il soggetto che l'ha predisposta,
quest'ultimo è tenuto, in applicazione della par condicio verso tutte le
imprese partecipanti, ad eliminare gli effetti nocivi della violazione
bilaterale della norma imperativa, se del caso, come nella specie perché ad
offerte già aperte e conosciute, con la ripetizione di detta gara.
8. - In definitiva,
l'appello va accolto nei sensi fin qui visti, ma la complessità della questione
e giusti motivi suggeriscono la compensazione integrale, tra le parti, del
doppio grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (sez. III), definitivamente pronunciando sul ricorso n.
811/2013 RG in epigrafe, accoglie l'appello principale e l'appello incidentale
del Ministero delle politiche agricole e per l'effetto, in riforma della
sentenza impugnata, respinge integralmente il ricorso di primo grado.
Spese del doppio grado
compensate.
Ordina che la presente
sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma,
nella Camera di consiglio del 12 aprile 2013, con l'intervento dei sigg.
Magistrati:
Pier Giorgio Lignani,
Presidente
Bruno Rosario Polito,
Consigliere
Angelica Dell'Utri,
Consigliere
Hadrian Simonetti,
Consigliere
Silvestro Maria Russo,
Consigliere, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 18 OTT. 2013
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