ADUNANZA PLENARIA:
la nozione di "atti prodromoci"
tra "swaps" e riparto di giurisdizione
(Ad. Plen. 5 maggio 2014 n. 13).
E' stata depositata ieri.
Gran bella sentenza peraltro.
Molto "crossover".
A presto!
Massima
1. Non può accogliersi la tesi della Regione Piemonte, secondo cui agli atti prodromici alla stipula dei contratti derivati, contenuti nella deliberazione n. 135-3655 del 02.07.2006 (recante la determinazione di procedere alla emissione obbligazionaria) andrebbe riconosciuta la stessa natura provvedimentale propria della deliberazione che li contiene: gli stessi sarebbero, pertanto suscettibili di annullamento in autotutela, sindacabile davanti al giudice amministrativo.
2. E' erroneo anche il corollario desunto dalla difesa pubblica, secondo il quale i motivi di illegittimità che hanno giustificato l’intervento in autotutela, benché riferiti ai diversi contratti derivati posti in essere, rifluirebbero sugli atti prodromici, che sarebbero annullabili anche in caso di successiva stipula dei contratti, purché ricorra il requisito dell’interesse pubblico, in applicazione dell’art. 21- nonies e 21-quinquies, comma 1-bis della legge n. 241 del 1990, e dell’art. 1, comma 136, della legge 30 dicembre 2004 n. 311 (finanziaria per il 2005).
3. Privo di pregio giuridico è anche l'asserito difetto di giurisdizione dichiarato dal TAR anche con riguardo alla domanda di accertamento dell’inefficacia dei contratti derivati, avanzata dalla Regione in primo grado con ricorso incidentale si porrebbe in contrasto con gli artt. 7, 120, 122 e 133, co. 1, lett. e) n. 1 d C.p.A., che attribuisce al giudice amministrativo la giurisdizione in materia di contratti stipulati in attuazione di affidamenti di servizi pubblici.
4. Invero, affinché un determinazione amministrativa possa assumere la natura dell’atto prodromico, occorre che sia individuabile nell’atto stesso il compimento di un processo decisionale ossia la formazione della volontà di compiere un atto di diritto privato, di cui l’ente abbia valutato ed approvato il contenuto, e che ciò risulti verificabile in base al procedimento seguito. In tal caso l’atto assume dignità provvedimentale e può essere autonomamente valutato sul piano della legittimità, e formare oggetto di impugnazione in sede giurisdizionale ovvero di autotutela. In tal senso la Corte di Cassazione a SS.UU. 27 luglio 2013, n. 17780, che ha affermato la giurisdizione su un atto perché da considerarsi prodromico in quanto assunto a conclusione di un procedimento amministrativo e indirizzato a sintetizzare le valutazioni discrezionali dell’amministrazione.
5. Ne consegue che va affermata la giurisdizione del giudice ordinario sui contratti derivati in esame, e che non può riconoscersi alcun potere d'autotutela alla Regione che possa, tramite il meccanismo della c.d. invalidità caducante, travolgere i predetti contratti.
Sentenza per esteso
INTESTAZIONE
Il
Consiglio di Stato
in
sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 40
di A.P. del 2013, proposto da:
Regione Piemonte, in persona del Presidente pro-tempore, rappresentata e difesa dagli avv. Franco Gaetano Scoca, Mauro Renna, con domicilio eletto presso Franco Gaetano Scoca in Roma, via Giovanni Paisiello 55;
Regione Piemonte, in persona del Presidente pro-tempore, rappresentata e difesa dagli avv. Franco Gaetano Scoca, Mauro Renna, con domicilio eletto presso Franco Gaetano Scoca in Roma, via Giovanni Paisiello 55;
contro
Dexia Crediop Spa, in persona del legale
rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dagli avv. Francesco
Cardarelli, Filippo Lattanzi, con domicilio eletto presso Filippo Lattanzi in
Roma, via P.G.Da Palestrina N47;
per
la riforma
della sentenza del T.A.R. PIEMONTE -
TORINO: SEZIONE I n. 01390/2012, resa tra le parti, concernente la sentenza del
T.A.R. PIEMONTE - TORINO: SEZIONE I n. 01390/2012, resa tra le parti, con cui è
stato dichiarato il difetto di giurisdizione sulla impugnativa proposta avverso
il provvedimento regionale di annullamento in autotutela dell’autorizzazione
alla sottoscrizione di contratti di derivati, cd. swap;
Visti il ricorso in appello e i relativi
allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio
di Dexia Crediop Spa;
Viste le memorie difensive;
Relatore nella camera di consiglio del
giorno 26 marzo 2014 il Cons. Marzio Branca e uditi per le parti gli avvocati
Stefano Salvatore Scoca per delega di Mauro Renna e di Franco Gaetano Scoca, e
Francesco Cardarelli.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto
quanto segue.
FATTO
1. Con l’appello n.1758 del 2013 la
Regione Piemonte ha impugnato la sentenza n. 1390 del 21 dicembre 2012, con la
quale il TAR del Piemonte ha dichiarato inammissibile per difetto di
giurisdizione del giudice amministrativo il ricorso proposto dalla Dexia
Crediop S.p.A. avverso la deliberazione della Giunta regionale 23 gennaio 2012
n. 24-3305, e le conseguenti determinazioni dirigenziali, con le quali era
stata parzialmente annullata d’ufficio, ai sensi dell’art. 21 nonies della
L. 7 agosto 1990 n. 241, la precedente deliberazione della stessa Giunta 2
agosto 2006 n. 135-3655, recante – fra l’altro - l’autorizzazione alla
stipulazione di contratti di derivati – cosiddetti swaps.
In breve, la Regione aveva emesso nel 2006
due tranches di prestito obbligazionario, l’una del valore nominale di €. 1.800
milioni riservato ad investitori istituzionali con scadenza trentennale e tasso
di interesse variabile, l’altra del valore nominale di €. 56 milioni, destinata
a fondazioni bancarie italiane, con durata di sette anni e tasso d’interesse
fisso. Ai sensi della normativa vigente – art. 41, comma 2, L. 28 dicembre 2001
n. 448 - la Regione e gli istituti bancari, selezionati mediante una gara
informale per l’organizzazione ed il collocamento sul mercato della prima
emissione obbligazionaria, avevano appunto concordato di affiancare ai due
prestiti la stipula di contratti derivati al fine di consentire sia l’accantonamento
periodico delle somme necessarie al rimborso alla scadenza, sia di disporre
delle risorse necessarie a pagare le cedole, proteggendo così sia l’emittente
dalle fluttuazioni dei tassi di interesse, sia gli istituti bancari dal rischio
di default dello Stato.
Nel corso del 2011, la Regione ha maturato
la convinzione dell’illegittimità dei contratti derivati posti in essere, per
violazione sotto diversi profili della normativa vigente, per l’inidoneità a
realizzare un contenimento del costo dell’indebitamento e quindi a coprire il
rischio, per l’esistenza di costi impliciti e la violazione da parte delle
banche degli obblighi di corretta e completa informazione, con pregiudizio
dell’interesse pubblico ad evitare ulteriori esborsi fortemente lesivi dell’equilibrio
finanziario regionale, prevalente sul sacrificio imposto alle banche.
Su dette basi, la Regione procedeva quindi
al rammentato annullamento d’ufficio.
Dexia Crediop, uno degli istituti bancari
incaricato del collocamento del prestito, con cui erano stati stipulati i
contratti derivati, impugnava allora gli atti di autotutela davanti al TAR del
Piemonte, deducendo una serie di illegittimità ed inoltre la nullità degli atti
adottati per carenza assoluta di potere e la loro inidoneità a determinare la caducazione
degli effetti contrattuali.
2. Il TAR ha ritenuto di dover
preliminarmente verificare la sussistenza della propria giurisdizione, e a
tanto ha proceduto, in applicazione di noti indirizzi giurisprudenziali, in
base al criterio del petitum sostanziale, ossia individuando la “consistenza
effettiva” delle situazioni giuridiche che le parti intendevano tutelare con le
pretese dedotte in lite.
Nella decisione ha assunto rilievo la
circostanza che nella fattispecie sia mancato un procedimento amministrativo di
evidenza pubblica “a monte” della stipula dei contratti di finanza derivata,
finalizzato alla valutazione dei contenuti dei medesimi, e in ciò è stato
ravvisato un elemento di decisiva diversità rispetto al caso relativo allo swap
stipulato dalla Provincia di Pisa deciso da TAR Toscana, I, 11 novembre 2010,
n. 6579 e in sede di appello da Cons. Stato, V, 7 settembre 2011, n. 5032 e 27
novembre 2012, n. 5962. Si è osservato che, in quel caso, la Provincia di Pisa
aveva selezionato l’impresa fornitrice degli strumenti finanziari derivati all’esito
di una procedura di gara, condotta sulla base delle proposte avanzate dalle
concorrenti in merito ai derivati, laddove nel caso in esame l’unica procedura
svolta dalla Regione ha riguardato la scelta degli istituti cui affidare
l’incarico di “arrangers”, consistente nel coordinamento e la collocazione dei
titoli relativi al prestito obbligazionario.
A conclusione della disamina della
fattispecie i primi giudici hanno ritenuto che “con i provvedimenti
impugnati nel presente giudizio la Regione Piemonte abbia rivestito di forma
pubblicistica e autoritativa atti che, nella sostanza esprimono nulla più che
la volontà dell’amministrazione di sciogliersi unilateralmente da un vincolo
contrattuale ritenuto invalido”.
Data la natura prettamente civilistica del
rapporto, concernente contratti di diritto privato, sulla validità degli atti
impugnati e sulla loro idoneità ad incidere sulla sorte dei contratti stipulati
– ha affermato la sentenza - “deve necessariamente pronunciarsi il
giudice civile (nel caso di specie, il giudice inglese, per espressa
pattuizione delle parti)”.
Di conseguenza, nella pronuncia di
inammissibilità è stato ricompreso il ricorso incidentale con il quale la
Regione aveva domandato che, accertata la caducazione dei contratti in questione,
la ricorrente principale fosse condannata alla restituzione di quanto
indebitamente percepito per tali titoli.
3. Con una lunga esposizione in fatto e in
diritto la Regione Piemonte contestava in appello le statuizioni della sentenza
impugnata, sostenendo in sintesi la natura pubblicistica del procedimento di
selezione degli istituti bancari chiamati a progettare e collocare il prestito
obbligazionario e la inclusione all’interno della stessa procedura di gara
della stipula dei contratti sui derivati; il tutto, del resto, in fedele
esecuzione della normativa in materia di contabilità pubblica di cui ai rr.dd.
nn. 2440/1923 e 827/1924, i quali impongono l’utilizzo di procedure concorsuali
aperte per la selezione dei contraenti in caso di spese a carico dell’erario
oppure nel caso di previsioni di entrate nel rispetto dell’art. 19, comma 1,
lett. d), del D. Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, il quale ricomprende
espressamente i servizi finanziari tra i settori esclusi.
L’autotutela in sostanza sarebbe stata
esercitata non sui rapporti contrattuali in essere, ma sull’originaria fase
prodromica, in cui, secondo l’assunto, emergevano vizi inerenti il contenimento
del costo dell’indebitamento e mancate previsioni sulla struttura dei contratti
derivati, elementi che portavano ad oneri finanziari gravosi, non previsti e
contrari alla legge.
Quanto al ricorso incidentale, la Regione
ribadiva le proprie tesi inerenti la dipendenza dei contratti derivati
dall’originaria deliberazione della Giunta che aveva promosso il procedimento
di gara e ciò anche ai sensi degli artt. 120 e seguenti del c.p.a., che
affidano al giudice amministrativo, in sede di giurisdizione esclusiva, la
potestà di dichiarare la caducazione dei contratti pubblici conseguenti a
procedure di affidamento.
La Regione Piemonte concludeva per la
dichiarazione della giurisdizione del giudice amministrativo e per la
rimessione al TAR della causa, con vittoria di spese.
4. Dexia Crediop S.p.A. si è costituita
nel giudizio di appello, eccependo, preliminarmente, la carenza di interesse al
ricorso della Regione, poiché:
a) gli atti adottati in assunto esercizio
del potere di autotutela sarebbero inidonei a determinare la caducazione
automatica dei contratti derivati;
b) la giurisdizione spetterebbe al giudice
inglese.
Dexia Crediop S.p.A. ha sostenuto,
inoltre, l’infondatezza delle tesi sollevate con l’appello in esame e ha
chiesto la conferma della sentenza impugnata.
5.1.La Sezione V, ha esaminato l’appello
nella camera di consiglio del 23 luglio 2013, e, valutata la possibilità di
contrasti giurisprudenziali e la rilevanza anche economica della questione di
giurisdizione, ne ha rimesso l’esame all’Adunanza Plenaria ai sensi dell’art.
99, comma 1, c.p.a..
La Sezione, infatti, osserva come, sebbene
la soluzione seguita dai primi giudici debba considerarsi coerente con una
ricostruzione degli atti impugnati che ne impedisce la qualificazione come
esercizio di potestà pubblica, non possa escludersi un diverso approccio alla
fattispecie che tenga conto dei principi, anche di rango comunitario, vigenti
comunque in materia di procedimenti selettivi per l’affidamento a privati di
attività nell’interesse della pubblica amministrazione, a norma dell’art. 27
del d.lgs. n. 163 del 2006.
In tale prospettiva assumerebbe rilievo l’orientamento
giurisprudenziale consolidato secondo cui la pubblica amministrazione può
sempre procedere, in presenza di riscontrate irregolarità della procedura di
gara, all’annullamento in autotutela dell’aggiudicazione, cui consegue la
caducazione automatica del contratto successivamente stipulato (Sez. III 23
maggio 2013 n. 2802; sez. V, 7 settembre 2011 n. 5032; 14 gennaio 2011, n. 11).
Pertanto, qualificandosi, in tali controversie, la posizione del privato come
di interesse legittimo, non sarebbe contestabile la giurisdizione del giudice
amministrativo.
5.2. Né potrebbe trascurarsi – osserva
ancora la Sezione remittente, così ipotizzando una terza soluzione -
l’orientamento giurisprudenziale, confermato di recente dall’Adunanza Plenaria
n. 10 del 2011, secondo cui la determinazione dell’ente pubblico, che
costituisce il presupposto di successiva attività contrattuale posta in essere
dall’amministrazione, va configurata come esercizio di pubblico potere, il cui
sindacato compete al giudice amministrativo, fermo restando che le conseguenze
dell’eventuale annullamento dell’atto prodromico sui conseguenti contratti
debbono essere riservate alla cognizione del giudice ordinario.
5.3.L’ordinanza avverte, infine, che sulla
soluzione della questione proposta incide la peculiarità della fattispecie,
rappresentata dalla deroga alla giurisdizione del giudice italiano in favore
del giudice inglese, sottoscritta dalle parti contendenti nell’ambito delle
pattuizioni ISDA relative ai contratti derivati.
E, se è vero che, ai sensi dell'art. 4
della l. 31 maggio 1995, n. 218, la deroga alla giurisdizione italiana può
riguardare solo le cause vertenti su diritti disponibili e quindi solo le
questioni di interpretazione ed esecuzione dell'accordo (agreement), e non può
quindi estendersi fino a comprendere anche il sindacato sul corretto esercizio
del potere amministrativo, non può trascurarsi che il giudice inglese è stato
già investito della controversia portata davanti al giudice amministrativo, ed
ha già deciso, in senso positivo, sulla validità e sull’efficacia dei contratti
di cui trattisi. Così che una soluzione opposta a quella seguita dal primo
giudice potrebbe portare a un contrasto di giudicati.
6. La Adunanza Plenaria ha trattato la
questione nella camera di consiglio 26 marzo 2014, e, uditi i difensori delle
parti, ha trattenuto la causa in decisione.
DIRITTO
1.1. Come riferito nell’esposizione del
fatto, la sentenza di primo grado ha affermato il difetto di giurisdizione del
giudice amministrativo ritenendo che l’Amministrazione non disponesse del
potere di procedere all’annullamento in autotutela, in quanto il petitum sostanziale
emergente dagli atti portava a concludere nel senso della natura privatistica
del rapporto controverso. Ne è seguita la dichiarazione della giurisdizione del
giudice ordinario, “(nel caso di specie, il giudice inglese, per
espressa pattuizione delle parti)”.
1.2. In relazione alla detta dichiarazione
della sussistenza della giurisdizione inglese, merita di essere esaminato
innanzi tutto l’appello della Regione Piemonte, nella parte in cui ha sostenuto
l’irrilevanza della clausola di deroga alla giurisdizione italiana in favore
del giudice inglese (punto 13 del documenti ISDA – International Swap Dealers
Association Ic. – Master Agreement), facendo leva sull’art. 4, comma 2, della
legge 31 maggio 1995, n. 218, a norma del quale la giurisdizione italiana può
essere convenzionalmente derogata a favore di un giudice straniero solo se la
causa verte su diritti disponibili, e tali non potrebbero qualificarsi le
posizioni tutelate dalla ricorrente-appellata Dexia Crediop s.p.a., posto che
nella specie si verterebbe su una domanda di annullamento di atti esercizio di
potestà pubblica, cui pacificamente fanno riscontro interessi legittimi. In tal
senso, si aggiunge, si è pronunciata la stessa Sezione remittente con la
sentenza n. 5032 del 7 settembre 2011, concernente fattispecie analoga, sulla
quale si tornerà più avanti.
1.3. La parte appellata ha osservato,
invece, che l’appello dovrebbe dichiararsi inammissibile o infondato proprio a
causa del rilievo preliminare ed assorbente che andrebbe attribuito alla, non
contestata, sottoscrizione della deroga alla giurisdizione del giudice
italiano; alla prevalenza da riconoscere sulla materia alla normativa di rango
comunitario, dettata dal Regolamento (CE) 22 dicembre 2000 n. 44/2001 (in
seguito Regolamento); alla circostanza che il giudice inglese è già stato
investito della medesima controversia e ha emesso pronunce che hanno accertato
la sussistenza sulla vertenza della giurisdizione inglese, come anche ricordato
dall’ordinanza di rimessione.
In particolare la banca appellata ha
sostenuto che:
a) il Regolamento CE n. 44 del 2001, che
ha sostituito la Convenzione di Bruxelles 27 settembre 1968, ratificata con la
legge 21 giugno 1971 n. 804, è pienamente applicabile nella specie, posto che,
come richiesto dall’art. 1, la presente vicenda concerne materia civile e non
materia amministrativa, dovendosi tener conto, a tal fine, non dell’organo
giurisdizionale investito ma della natura del rapporto controverso;
b) non potrebbe allegarsi, per negare la
giurisdizione inglese, l’art. 22 del detto Regolamento, a norma del quale il
giudice dello Stato membro ha competenza esclusiva in materia di validità delle
deliberazioni delle persone giuridiche aventi sede in quello Stato, dovendo
tenersi conto della giurisprudenza della Corte di giustizia (C-144/10, BVG
–J.P.Morgan 12 maggio 2011), secondo cui
“Ogni decisione vertente sulla validità
della decisione di concludere il detto contratto, presa precedentemente dagli
organi sociali deve considerarsi accessoria. Sebbene essa possa costituire
parte dell’analisi che deve essere effettuata a tale riguardo, non ne
costituisce cionondimeno l’unico e neppure il principale oggetto.”;
c) conseguentemente, dovrebbe applicarsi
l’art. 23 del Regolamento secondo cui se, come nella specie, le parti hanno
stipulato una clausola di deroga alla giurisdizione nazionale a favore di
quella di un altro Stato membro, quest’ultimo ha giurisdizione esclusiva sulla
controversia;
d) inoltre, nella specie dovrebbe trovare
applicazione l’art. 27 del Regolamento, posto che il giudice inglese è stato
adito per primo sulla identica vicenda, ed ha accertato la propria
giurisdizione con due successive pronunce. Recita infatti la norma invocata: “1.
Qualora davanti a giudici di Stati membri differenti e tra le stesse parti
siano state proposte domande aventi il medesimo oggetto e il medesimo titolo,
il giudice successivamente adito sospende d'ufficio il procedimento finché sia
stata accertata la competenza del giudice adito in precedenza. 2. Se la
competenza del giudice precedentemente adito è stata accertata, il giudice
successivamente adito dichiara la propria incompetenza a favore del primo.”.
1.4. L’appellata, in fine, considera
erronea la motivazione con la quale la Sezione V, nella sentenza n. 5032 del
2011, citata dalla Regione Piemonte e ricordata sopra, ha affermato
l’irrilevanza della deroga alla giurisdizione stipulata dalle parti, argomentando
dal disposto di cui all’art. 4 della legge n. 218 del 1995, che ne riserva la
praticabilità alle vertenze su diritti disponibili. Si sostiene che il
Regolamento (art. 1) esclude la applicabilità delle disposizioni in esso
dettate alla “materia amministrativa”, con ciò superando la distinzione,
propria degli ordinamenti interni, tra diritti soggettivi e interessi
legittimi. In altri termini, sarebbe la legge italiana, e precisamente l’art. 4
della legge n. 218 del 1995, a doversi considerare derogata dal Regolamento, in
forza della riconosciuta prevalenza della norma comunitaria sul diritto
interno.
1.5. Ad avviso del Collegio, le
contrapposte tesi svolte sul punto dalle due parti non colgono il nodo centrale
della presente controversia e quindi non hanno portata dirimente.
La prevalenza della fonte comunitaria
sulla normativa interna, anche di fonte legislativa, infatti, non esplica nella
specie alcun effetto concreto, posto che, anche ammesso, in ipotesi, il
superamento dell’art. 4 della legge n. 218 del 1995 ad opera del Regolamento n.
44 del 2001, la invalidità del patto sulla deroga alla giurisdizione italiana
sulla presente controversia, ove risultasse fondata la tesi della Regione
appellante, discenderebbe comunque dall’art. 1 del Regolamento nella parte in
cui menziona, tra quelle escluse dall’efficacia del medesimo, la materia
amministrativa.
E’ la stessa parte appellata a citare la
pronuncia della Corte di Giustizia 1 ottobre 2002 in C-167/00 Henkel, secondo
cui, “…esulano dall’ambito di applicazione della Convenzione di
Bruxelles solamente le cause tra una pubblica amministrazione e un soggetto di
diritto privato, in quanto detta autorità agisca nell’esercizio della sua
potestà di imperio.” . E nello stesso senso viene menzionata la
Relazione esplicativa della Convenzione sulla competenza giurisdizionale, il
riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale,
conclusa a Lugano il 30 ottobre 2007, dove è detto che non è esclusa la
applicazione della convenzione a controversie tra pubblica amministrazione e
privati, “purché l’amministrazione non abbia agito nell’esercizio di un
potere di imperio.” (pag. 18 della memoria per la c.c. del 18 dicembre
2013).
Il quesito sulla applicabilità alla
fattispecie del Regolamento n. 44 del 2001, dunque, rimanda a quello che
logicamente lo precede, e che consiste nella corretta individuazione della
materia oggetto della controversia, sostenendosi dall’appellante che si verte
in materia di impugnazione di atti autoritativi emessi nell’esercizio del
potere di autotutela, mentre la parte appellata, con tesi condivisa dai primi
giudici, configura gli atti impugnati come determinazioni volte a recedere
unilateralmente dai contratti in essere al di fuori di un contesto idoneo a
connotare l’adozione di atti di imperio.
Né, d’altra parte, è stato oggetto di
contestazione il principio del petitum sostanziale applicato dai primi giudici,
in ossequio al costante insegnamento delle Sezioni Unite della Corte di
Cassazione, secondo cui la giurisdizione si determina non solo e non tanto in
funzione della concreta statuizione che si chiede al giudice, ma anche, e
soprattutto, della causa petendi, ossia della oggettiva natura della situazione
soggettiva giuridicamente tutelata dedotta in giudizio e individuata con
riguardo ai fatti allegati e al rapporto giuridico di cui essi sono
rappresentazione.” (ord. 20 novembre 2013 n. 26032; ord. 27 febbraio 2012, n.
2926).
2.1. Gli argomenti svolti dall’appellante,
già sinteticamente accennati sopra, possono così riassumersi:
A) la deliberazione n.135-3655 del 2
agosto 2006, recante la determinazione di procedere alla emissione
obbligazionaria, conteneva anche atti prodromici alla stipula dei contratti
derivati, posto che tale stipula è espressamente prevista nella detta delibera;
B) a tali atti prodromici va riconosciuta
la stessa natura provvedimentale propria della deliberazione che li contiene,
e, pertanto gli stessi erano suscettibili di annullamento in autotutela,
sindacabile davanti al giudice amministrativo;
C) i motivi di illegittimità che hanno
giustificato l’intervento in autotutela, benché riferiti ai diversi contratti
derivati posti in essere, rifluirebbero sugli atti prodromici, che sarebbero
annullabili anche in caso di successiva stipula dei contratti, purché ricorra
il requisito dell’interesse pubblico, in applicazione dell’art. 21- nonies e
21-quinquies, comma 1-bis della legge n. 241 del 1990, e
dell’art. 1, comma 136, della legge 30 dicembre 2004 n. 311 (finanziaria per il
2005);
D) il difetto di giurisdizione dichiarato
dal TAR anche con riguardo alla domanda di accertamento dell’inefficacia dei
contratti derivati, avanzata dalla Regione in primo grado con ricorso
incidentale si porrebbe in contrasto con gli artt. 7, 120, 122 e 133, comma 1,
lett. e) n. 1 del codice del processo amministrativo, che attribuisce al
giudice amministrativo la giurisdizione in materia di contratti stipulati in
attuazione di affidamenti di servizi pubblici.
A sostegno delle tesi svolte nell’atto di
appello e nelle successive memorie, nonché in sede di trattazione orale, la
Regione ha allegato il precedente, ad esse tesi favorevole, costituito dalla
sentenza 7 settembre 2011, n. 5032, con la quale la Sezione V di questo
Consiglio, investita di una vicenda per molti aspetti analoga a quella in
esame, ha concluso per la sussistenza della giurisdizione del giudice
amministrativo.
2.2. La parte appellata ha contrastato le
posizioni della Regione sostenendo: a) l’inammissibilità dell’appello per
difetto di interesse, assumendo che l’annullamento dell’atto impugnato non
soddisferebbe l’effettivo interesse della Regione, da individuare nella
caducazione dei contratti, posto che il giudice amministrativo non potrebbe
comunque pronunciarsi sui vizi dei medesimi; b) la correttezza della pronuncia
di primo grado, e sottolineando come il richiamo alla ricordata decisione n.
5032 del 2011, per le ragioni che verranno esaminate più avanti, non sia idoneo
a scalfire la sentenza appellata.
3.1. Le tesi della Regione non possono
essere condivise, e tale conclusione assorbe l’esame della eccezione di difetto
di interesse avanzata dall’appellata.
Il contestato annullamento ha riguardato:
la deliberazione della Giunta n. 135-3655
del 2 agosto 2006 nella parte del dispositivo in cui l'Amministrazione
prevedeva che
- in caso di rimborso in un'unica
soluzione alla scadenza finale, verrà attivata in conformità a quanto previsto
dall'articolo 41 della legge 448/2001 e dal D.M. 380/2003, un'operazione in
derivati che consenta alla Regione di ricreare un e etto ammortamento
attraverso la stipula di uno swap di ammortamento, prevedendo costituzione di
adeguate garanzie a favore della Regione »;
- approvava la sottoscrizione di «
altre operazioni in derivati: eventuali operazioni di interest rate swap per la
gestione del rischio derivante dall'andamento dei tassi di interesse od altre
operazioni che si rendano opportune per la gestione dei rischi correlati
all'operazione di provvista »;
deliberava di « approvare la
stipulazione con Dexia, Merrill Lynch - o società appartenente al gruppo
Merrill Lynch……. dei contratti ISDA Master Agreement quale documentazione
legale standard sui mercati internazionali dei capitali, al fine del
perfezionamento delle operazioni in derivati descritte nella presente delibera;
- identificare quali controparti
delle eventuali operazioni in derivati Dexia, Merrill Lynch (o società
appartenente al gruppo Merrill Lynch…., banche di comprovato standing nazionale
ed internazionale e dotate di adeguato merito di credito e di rating superiore
alla singola 'A", alle condizioni e secondo i termini che saranno di volta
in volta concordati tra la Regione e Dexia, Merrill Lynch;
autorizzare, altresì, il conferimento di
mandato irrevocabile di pagamento al tesoriere regionale a favore delle
controparti delle eventuali operazioni in derivati, da concludersi per
l'ammortamento del debito (in caso di emissione con rimborso in un'unica
soluzione alla scadenza finale), per la gestione del rischio da tasso di
interesse, rischio di cambio e degli altri eventuali rischi connessi
all'operazione di provvista;
…dare mandato al Responsabile della
Direzione Bilancio e Finanze, a tali fini attribuendogli i più ampi poteri[...J
per la negoziazione e sottoscrizione dei contratti ISDA Master Agreement"
e la negoziazione ed il perfezionamento, nell'ambito di tale contratto, delle
operazioni in derivati esaminate in delibera che dovessero rendersi opportune
in relazione all'emissione obbligazionaria»).
Sono state anche annullate le
determinazioni dirigenziali n. 61, 72 (riguardante l’appellata ) e 174 del
2007, con le quali il Responsabile della Direzione Bilancio e Finanze approvò
la documentazione ISDA e “le condizioni e i termini delle operazioni di
derivato, come meglio descritte nella Confirmation allegata al presente
provvedimento”.
3.2. La Regione sostiene la sussistenza
del potere di intervenire in autotutela sugli atti sopra trascritti
affermandone la natura prodromica rispetto ai contratti perché “la gara
condotta dalla Regione Piemonte ha avuto ad oggetto anche la stipulazione dei
contratti derivati.” (pag.19 appello).
L’assunto non trova riscontro negli atti
di causa.
Sebbene possa definirsi non del tutto
precisa l’espressione, che figura nella sentenza impugnata, che la
deliberazione 135-3655 “non conteneva alcuno specifico riferimento alla
sottoscrizione dei contratti derivati qui in esame”, non per questo può
negarsi che la menzione dei contratti derivati, quale risulta dai testi
trascritti, è assolutamente generica e riferita a mere eventualità di cui si
sarebbe valutata la convenienza e l’opportunità nel successivo percorso
attuativo dell’operazione riguardante il prestito obbligazionario.
Non era affatto stabilito, alla data di
adozione della deliberazione ( 2 agosto 2006), se si sarebbe deciso di
procedere alla restituzione del prestito in unica soluzione alla scadenza, e,
anche in tal caso, la scelta poteva cadere, secondo quanto prescritto dall’art.
41 della legge n. 448 del 2001, sulla creazione di un fondo per l’ammortamento
oppure sulla stipula diswaps.
Le tre banche selezionate, infatti, con
una nuova proposta presentata il 28 settembre 2006 (doc.7 allegato
all’appello), quindi a circa due mesi dalla delibera del 2 agosto oggetto di
parziale annullamento, ancora si diffondevano sulla dimostrazione della
convenienza di optare per una forma di ammortamento mediante derivati,
piuttosto che mediante costituzione di un apposito fondo. Se ne può desumere
che ancora nessuna decisione era stata assunta al riguardo.
E, allo stesso modo, non vi fu la motivata
consapevolezza che sarebbero stati necessari altri contratti derivati
finalizzati a garantire dalle oscillazioni dei tassi di interesse o da rischi
di altra natura (“…operazioni in derivati esaminate in delibera che
dovessero rendersi opportune in relazione all’emissione obbligazionaria.”).
La deliberazione n. 135-3655, dunque, ad
onta delle espressioni usate, non conteneva, e non poteva contenere, alcuna “descrizione”
delle eventuali operazioni in derivati. E questo spiega perché la deliberazione
abbia demandato (comprensibilmente con i più ampi poteri) al
Responsabile della Direzione Bilancio e Finanza, la negoziazione e il
perfezionamento delle operazioni in derivati. Ed infatti “le condizioni e i
termini finali delle operazioni di derivati” furono descritte, come risulta
testualmente dalle determinazioni n. 61, 72 e 174 del 2007, nella Confirmation
approvata dal Responsabile della Direzione, molti mesi dopo l’adozione della
deliberazione annullata, in esito alle intervenute negoziazioni.
3.3. Neppure è possibile reperire elementi
documentali che inducano a convenire sulla tesi che la gara espletata “ha
avuto ad oggetto anche la stipulazione dei contratti derivati.”.
Si assume che la gara, indetta per la
scelta degli istituti bancari cui affidare l’incarico della collocazione del
prestito e il coordinamento delle connesse operazioni, venne condotta anche in
base alla capacità dei concorrenti di gestire operazioni in derivati.
Di tale circostanza non v’é alcuna traccia
nella lettera di invito.
Il documento enuncia: a) condizioni di
partecipazione, in primo luogo “dichiarazione attestante il possesso di almeno
un rating di lungo termine non inferiore a AA – (Standard e Poor’s e Ficht) o
Aa3 (Moody’s); b) criteri per la valutazione della capacità tecnica, con
attribuzione fino a 90 punti in relazione all’entità ed al numero dei Programmi
di Medium Term Notes (come quello progettato dalla Regione) e altre forme,
analiticamente specificate, di prestiti obbligazionari; c) attribuzione di 10
punti per l’offerta economica, secondo l’entità delle commissioni richieste; ma
non menziona affatto l’esperienza in contratti del tipo qui in contestazione.
Sul punto tace anche del tutto lo schema
di contratto tra la Regione e le banche selezionate, allegato alla deliberazione
n. 72-2946 del 22 maggio 2006, recante la prima determinazione di procedere
all’affidamento dell’incarico.
Né può riconoscersi alcun rilievo alla
circostanza, allegata dalla Regione, che una delle concorrenti (Leheman Brothers) fu esclusa dalla gara
“perché in possesso di rating più basso di quello richiesto”, come dal verbale
del 15 novembre 2005. Se ne dovrebbe dedurre, secondo l’appellante, che, poiché
secondo il d.m. n. 389 del 2003, le operazioni degli enti pubblici in derivati
potevano essere concluse solo con “intermediari contraddistinti da adeguato
merito di credito, così come certificato da agenzie di rating riconosciute a
livello internazionale”, l’imposizione di tale condizione di partecipazione
alla gara costituirebbe la prova che la Regione aveva progettato e deciso, fin
dalla scelta degli “arrangers”, di porre in essere operazioni in derivati.
Ne sarebbe l’ulteriore prova il contenuto
dell’offerta presentata dall’appellata, (congiuntamente agli altri due istituti
selezionati) come ipotesi di emissione obbligazionaria, nella quale è
prefigurato l’ammortamento mediante contratti swaps, sicché dovrebbero
considerarsi valutate in gara anche le caratteristiche essenziali dei contratti
derivati.
Il Collegio deve osservare che l’argomento
desumibile dal rating richiesto costituisce una ricostruzione del tutto
opinabile, non sorretta da argomenti concreti, mentre quello riferito al
contenuto dell’ipotesi di offerta è smentito per tabulas. La
cosiddetta “offerta”, allegata dalla Regione come documento 5 all’appello, è
indicata come prodotta il 12 gennaio 2006: della stessa non può aver tenuto
conto la commissione di gara per la selezione degli “arrangers”, che ha
concluso i suoi lavori il 15 novembre 2005 con la proclamazione dei vincitori
(v. verbale in pari data).
4.1. Con diversa censura l’appellante
osserva che – “anche laddove la stipulazione dei contratti non si ritenga
propriamente riconducibile alla gara” – l’iniziativa di riesame posta in essere
dall’Amministrazione sarebbe egualmente espressione di autotutela, perché gli
atti prodromici, o comunque preliminari, alla conclusione di un contratto da
parte dell’Amministrazione avrebbero natura pubblicistica, perché il
procedimento di formazione della volontà contrattuale della p.a. non si svolge
integralmente ed esclusivamente sul piano del diritto privato. E ciò in ragione
del fatto che nell’attività contrattuale delle pubbliche Amministrazioni
vengono inevitabilmente in giuoco interessi patrimoniali pubblici, oltre che
imprescindibili esigenze di imparzialità negli affidamenti.
4.2.L’argomentazione, invero, sembra
trovare autorevole conforto nelle proposizioni che si leggono nella sentenza
dell’Adunanza Plenaria n. 10 del 2011, in cui, a proposito della deliberazione
di un ente di pubblico di costituire una società, è detto che gli “..atti
prodromici vanno, sul piano logico, cronologico e giuridico, tenuti nettamente
distinti dai successivi atti negoziali, sempre imputabili all’ente pubblico,
con cui l’ente, spendendo la sua capacità di diritto privato, pone in essere un
contratto societario. Gli atti prodromici attengono al processo decisionale,
che da ultimo si esterna nel compimento di un negozio giuridico societario.
Mentre per un soggetto privato il processo decisionale resta ordinariamente
relegato nella sfera interna del soggetto, e ciò che rileva è solo il negozio
giuridico finale, per un ente pubblico esso assume la veste del procedimento
amministrativo, …”.
4.3. Il principio testé riferito, da cui
il Collegio non avrebbe motivo di discostarsi, non può trovare applicazione
nella presente fattispecie.
Affinché un determinazione amministrativa
possa assumere la natura dell’atto prodromico, nel senso tecnico considerato
dalla giurisprudenza, occorre che sia individuabile nell’atto stesso il
compimento di un processo decisionale ossia la formazione della volontà di
compiere un atto di diritto privato, di cui l’ente abbia valutato ed approvato
il contenuto, e che ciò risulti verificabile in base al procedimento seguito.
In tal caso l’atto assume dignità provvedimentale e può essere autonomamente
valutato sul piano della legittimità, e formare oggetto di impugnazione in sede
giurisdizionale ovvero di autotutela. In tal senso la Corte di Cassazione a
SS.UU. 27 luglio 2013, n. 17780, che ha affermato la giurisdizione su un atto
perché da considerarsi prodromico in quanto assunto a conclusione di un
procedimento amministrativo e indirizzato a sintetizzare le valutazioni
discrezionali dell’amministrazione.
Nella vicenda in esame, come si è visto, non
è possibile ravvisare nelle determinazioni cui si vorrebbe attribuire la natura
di atti prodromici, né alcuna veste procedimentale e neppure la precisa volontà
di procedere ad una stipula di derivati, salva la generica possibilità di farvi
ricorso, ove se ne ravvisasse l’opportunità, e salvo il rinvio alle future
negoziazioni che ne stabilissero i concreti contenuti.
A tal proposito è utile verificare come la
vicenda in esame differisca radicalmente da quella decisa, in senso favorevole
alla giurisdizione amministrativa su provvedimento di autotutela, con la
sentenza della Sezione V, 7 settembre 2011, n. 5032, ripetutamente invocata
dall’appellante.
“…deve rilevarsi – ha
osservato il Collegio - che la gara ufficiosa bandita
dall’amministrazione provinciale di Pisa per la ristrutturazione di una parte
dei propri debiti aveva previsto che l’individuazione dei soggetti cui affidare
la complessiva operazione di ristrutturazione del debito sarebbe dovuta
avvenire sulla base dell’offerta migliore, articolata in una parte tecnica,
contenente la proposta di ristrutturazione del debito, distinta per ciascuno
dei quattro lotti e con l’indicazione di tutte le componenti di spesa e di
entrata influenti sull’operazione, in modo da determinare il valore finanziario
delle passività totali a carico dell’ente, e di una parte economica (inserita
in una busta piccola e sigillata). ………
Da ciò si evince che il bando di gara non
prevedeva affatto una attività di negoziazione successiva del contenuto dei
contratti attraverso cui si sarebbe concretamente realizzata l’operazione di
ristrutturazione del debito dell’amministrazione, né aveva ad oggetto la
conclusione di una sorta di accordo quadro con l’individuazione delle banche
con le quali sarebbe stato poi negoziato il peculiare contenuto del predetto
contratto, giacché proprio il contenuto fondamentale della complessiva
operazione di ristrutturazione del debito (almeno nei suoi contenuti
essenziali, tra cui non possono non ricomprendersi tutti gli effetti anche di
natura economico- finanziaria) dovevano essere contenuti nella c.d. offerta
tecnica.
E’ pertanto priva di qualsiasi fondamento
la tesi della negoziazione (del contenuto) dei contratti swap, che si sarebbe
svolta successiva all’aggiudicazione e prima della loro stipulazione, in
ragione della quale la mancata conoscenza dei “costi impliciti” dell’operazione
configurerebbe un vizio della volontà negoziale, con conseguente natura
negoziale (con valore di unilaterale dichiarazione di invalidità del contratto)
degli atti impugnati.”(§ VI.1.3.4.).
E’ pacifico, invece, che nella vicenda ora
in esame non vi fu la richiesta (né la presentazione) di una offerta tecnica su
cui valutare i contenuti economici dell’operazione in derivati, e ne fu invece
espressamente prevista la negoziazione successiva, ai cui esiti,
inevitabilmente, sono state imputate le criticità degli swps posti in essere.
Ed infatti, come è ben noto, nessuno dei vizi di legittimità addotti a
motivazione dell’intervento in autotutela riguarda le diverse proposizioni della
deliberazione n.135-3655 colpite dall’annullamento, essendo tutti riferiti
invece ai diversi contratti derivati posti in essere.
4.4.Né, d’altra parte, potrebbe
attribuirsi natura provvedimentale alle tre determinazioni con le quali il
Responsabile della Direzione Bilancio e Finanze ha “approvato” l’insieme dei
documenti relativi ai contratti in questione. Tali atti infatti rappresentano
la presa d’atto della intervenuta conclusione della negoziazione svoltasi sul
piano privatistico tra la Regione e le banche, ai fini della obbligatoria
comunicazione al Ministero dell’Economia e delle Finanze ai sensi dell’art. 1
comma 737 della legge 27 dicembre 2006 n. 296, “quale elemento costitutivo
dell’efficacia” della documentazione approvata.
5. Le considerazioni esposte depongono nel
senso dell’infondatezza dell’appello della Regione Piemonte e della conferma
della sentenza appellata.
L’indagine condotta ha messo in evidenza
che nella vicenda in esame non è ravvisabile una determinazione autoritativa
con riferimento alla stipula dei contratti derivati a corredo dell’emissione
obbligazionaria pari a euro 1 miliardo e 800 milioni. Le decisioni assunte al
riguardo, pur genericamente ipotizzate nella deliberazione n. 135-3655 del 2006
riguardante l’operazione finanziaria principale, non hanno assunto carattere di
concretezza ed effettiva determinatezza fino a quando, nel corso delle
negoziazioni privatistiche aventi ad oggetto la definizione dell’emissione
obbligazionaria, non si è ritenuto che il rimborso del prestito sarebbe
avvenuto alla scadenza in unica soluzione, rendendosi necessario costituire un
fondo di ammortamento ovvero ricorso agli swaps, in osservanza di quanto
prescritto dall’art. 41 della legge n. 448 del 2001 e del D.M. n. 389 del 2003.
Nelle trattative tra le parti contraenti si è anche raggiunto in condiviso
convincimento che i contratti derivati rappresentassero lo strumento più
adeguato ad assicurare il contenimento del costo dell’indebitamento e la
copertura dalle varie forme di rischio connesse ad operazioni finanziarie del
genere in questione.
Consegue da tali circostanze che lo scopo
dell’annullamento dei contratti in questione, a carico dei quali le Regione
aveva ravvisato, secondo gli esiti di apposita consulenza, molteplici cause di
illegittimità, doveva essere perseguito tenendo conto della natura privatistica
degli atti di cui assume l’invalidità e della conseguente posizione paritaria
rivestita dall’ente pubblico che si sia vincolato contrattualmente al soggetto
privato (art. 1, comma 1-bis l. n. 241 del 1990). La Regione, invece, ha ritenuto
di poter perseguire lo stesso scopo annullando –in parte qua - la
deliberazione n. 135-3655 del 2006, puntando sull’effetto caducante (o
viziante) che può prodursi a carico del contratto per effetto dell’annullamento
dell’atto presupposto. Ma affinché tale scelta risultasse praticabile occorreva
che l’atto presupposto assumesse il carattere dell’atto realmente prodromico
rispetto alla successiva contrattazione, ossia si configurasse come
determinazione autoritativa procedimentalizzata e riferita ai contenuti
essenziali dell’operazione da porre in essere (Sez. V. sent. n. 5032 del 2001,
§ citato). L’atto di annullamento impugnato reca, bensì, l’imputazione dei vizi
dei contratti alla deliberazione del 2006, ma si tratta di un mero artificio
che non impedisce di riconoscere che la materia del contendere nella presente
controversia è costituita, non dal sindacato sulla legittimità di un atto di
imperio, ma dal giudizio sulla fondatezza dei vizi addebitati ai contratti,
che, secondo il fondamentale principio affermato dalla Corte costituzionale con
la sent. n. 204 del 2004, esula dalla giurisdizione amministrativa.
Per la stessa ragione, va rigettato
l’appello nella parte in cui chiede la riforma della sentenza che ha dichiarato
inammissibile il ricorso incidentale proposto dalla Regione Piemonte in primo
grado, e volto all’accertamento dell’inefficacia dei contratti swap e la
condanna della banca appellata a restituire quanto incassato per effetto dei
detti contratti.
6. Le spese del presente appello, secondo il
principio della soccombenza vanno poste a carico della Regione appellante, come
in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede
giurisdizionale (Adunanza Plenaria)
definitivamente pronunciando sull'appello,
come in epigrafe proposto, lo rigetta;
condanna la Regione Piemonte al pagamento
delle spese, competenze e onorari del presente giudizio in favore della parte
appellata e ne liquida l’importo in Euro 10.000,00 (diecimila), oltre gli
accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita
dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di
consiglio del giorno 26 marzo 2014 con l'intervento dei magistrati:
Giorgio Giovannini, Presidente
Riccardo Virgilio, Presidente
Pier Giorgio Lignani, Presidente
Stefano Baccarini, Presidente
Alessandro Pajno, Presidente
Marzio Branca, Consigliere, Estensore
Aldo Scola, Consigliere
Vito Poli, Consigliere
Francesco Caringella, Consigliere
Maurizio Meschino, Consigliere
Nicola Russo, Consigliere
Michele Corradino, Consigliere
Salvatore Cacace, Consigliere
IL PRESIDENTE
|
||
L'ESTENSORE
|
IL SEGRETARIO
|
|
DEPOSITATA
IN SEGRETERIA
Il
05/05/2014
(Art.
89, co. 3, cod. proc. amm.)
Il
Dirigente della Sezione
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