CONCORSI PUBBLICI:
non esiste un diritto all’assunzione
per il vincitore del concorso pubblico
(Cons. St., Sez. VI,
sentenza 3 luglio 2014, n. 3359)
Un ringraziamento al Collega Fillippo De Luca per aver segnalato la sentenza e per aver redatto la massima.
Massima
1. Risulta inammissibile la richiesta di
accertamento di un diritto alla nomina, in base al consolidato indirizzo
giurisprudenziale che non riconosce ai vincitori di concorso, per servizi da
svolgere presso pubbliche amministrazioni, un diritto incondizionato
all’assunzione, in quanto l’Amministrazione ha il potere di non procedere alla
nomina in presenza di valide e motivate ragioni di interesse pubblico, che
facciano venire meno la necessità o l’opportunità di copertura del posto,
disponibile al momento della pubblicazione del bando, pur dovendosi valutare la
ragionevolezza e la coerenza delle scelte successivamente compiute (cfr. in tal
senso, fra le tante, Cons. Stato, IV, 30 novembre 2009, n. 7497;, 1 marzo 2005,
n. 794 e 1 aprile 1999, n. 367; VI, 18 marzo 2003, n. 1412).
2. Il diverso indirizzo della giurisprudenza
della Corte di Cassazione, che configura il bando di concorso – per i lavori a
contratto anche presso pubbliche amministrazioni – come “offerta al pubblico”,
idonea a costituire presupposto di un vero e proprio diritto all’assegnazione
del posto (Cass., sez. lav., 28 novembre 2011, n. 25045 e Cass., SS.UU., 29
settembre 2003, n. 14529) non rileva nel caso di specie, in quanto il posto da
assegnare richiedeva un atto unilaterale di nomina, implicante, per quanto
risulta dagli atti, la stabile collocazione in ruolo della dipendente
interessata, in base ai posti disponibili nella pianta organica per la
qualifica di riferimento. Detta collocazione poteva quindi essere
controbilanciata, nei termini sopra chiariti, da ragioni di interesse pubblico,
da cui derivasse – come appunto avvenuto – una rideterminazione dell’organico
per talune qualifiche.
Sentenza per esteso
INTESTAZIONE
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale
1383 del 2012, proposto da
Iannantuono Anna Maria, rappresentata e difesa dall'avv. Vincenzo Colalillo, con domicilio eletto presso l’avv. Clementino Palmiero in Roma, via Albalonga, 7;
Iannantuono Anna Maria, rappresentata e difesa dall'avv. Vincenzo Colalillo, con domicilio eletto presso l’avv. Clementino Palmiero in Roma, via Albalonga, 7;
contro
Ministero dell'istruzione, dell'università
e della ricerca, Usp - Ufficio scolastico provinciale di Campobasso, Istituto
professionale statale per l'agricoltura e l’ambiente di Campobasso,
rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura generale dello Stato e presso
la medesima domiciliati in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la riforma della sentenza del t.a.r.
molise – campobasso, sezione i, n. 00712/2011, resa tra le parti, concernente
soppressione di due posti di assistente tecnico;
Visti il ricorso in appello e i relativi
allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio
del Ministero dell'istruzione dell'università e della ricerca, dell’Ufficio
scolastico provinciale di Campobasso e dell’Istituto professionale statale per
l'agricoltura e l’ambiente di Campobasso;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno
10 giugno 2014 il Cons. Gabriella De Michele e uditi per le parti l’avv. Luigi
Cecinato per delega dell'avv. Colalillo e l'avvocato dello Stato Paola
Palmieri;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto
quanto segue:
FATTO e DIRITTO
Con sentenza del Tribunale amministrativo
regionale per il Molise n. 712 del 3 novembre 2011, notificata il 21 dicembre
2011 è stato respinto il ricorso proposto dalla signora Anna Maria Iannantuono,
avverso i provvedimenti dell’Istituto professionale per l’agricoltura e
l’ambiente di Campobasso nn. 152, 154 e 155 del 1997, con i quali venivano
soppressi due posti di assistente tecnico, nonché per la declaratoria del
diritto della ricorrente alla nomina, corrispondente alla predetta qualifica, a
seguito di concorso indetto il 6 giugno 1996, con graduatoria approvata il 5
marzo 1997.
Nella citata sentenza si sottolineava
come, con provvedimento della Giunta esecutiva del predetto Istituto n. 152 del
13 marzo 1997, fosse stata disposta la soppressione di due sui quattro posti in
organico, corrispondenti alla qualifica di assistente tecnico presso le sedi di
Campobasso e di Termoli, a decorrere dall’anno scolastico 1997/1998. Nel citato
provvedimento si rappresentavano ragioni di scarsa utilità del personale in questione,
in assenza di “preparazione specifica”dello stesso, nonché per avvenuta
eliminazione di lavori, in precedenza connessi alla presenza di “bestiame da
stalla e da cortile”; le economie realizzate a seguito della soppressione
delle figure professionali in questione, inoltre, sarebbero state più utilmente
utilizzabili per “obiettive esigenze di personale veramente specializzato”,
in rapporto ad altre esigenze puntualmente indicate. Con successivo
provvedimento (n. 154 del 31 maggio 1997, emesso a seguito di specifica
richiesta del Provveditorato) veniva altresì specificato che, con la disposta
riorganizzazione della pianta organica, le ore settimanali di esercitazioni
pratiche avrebbero potuto comunque essere coperte, presso le varie sedi, dal
personale in servizio. L’ultima nota impugnata (n. 155, emessa in via di
urgenza su richiesta trasmessa via fax del 10 giugno 1997) precisava in
dettaglio le ore settimanali di impegno degli assistenti tecnici. Detti
provvedimenti erano ritenuti nella medesima sentenza – dopo una fase
istruttoria – coerenti e adeguatamente motivati, con riferimento alle ragioni
di interesse pubblico, sottostanti alla scelta operata dall’Istituto.
Avverso la predetta sentenza è stato
proposto l’atto di appello in esame (n. 1383/12, notificato il 17 febbraio
2012), in base alle seguenti, articolate censure: error in iudicando,
circa l’interpretazione dei provvedimenti amministrativi nn. 152, 154 e 155 del
1997; violazione o falsa applicazione dell’ordinanza ministeriale n. 354 del 22
luglio 1996 e del CCNL del comparto scuola, pubblicato nel supplemento
ordinario n. 109 alla Gazzetta Ufficiale n. 207 del 5 settembre 1995;
violazione della legge n. 1282 del 22 novembre 1961 e del d.lgs. n. 297 del
1994; violazione o falsa applicazione dell’art. 112 Cod. proc. civ. e della
legge n. 241 del 1990; irragionevolezza e illogicità evidenti, in relazione
alla valutazione degli interessi coinvolti; erronea o travisata individuazione
del petitum e della causa petendi; travisamento
dei fatti e difetto di motivazione.
In particolare, si ribadiva come non fosse
in contestazione una presunta contraddittorietà dei provvedimenti impugnati, ma
il “deviato esercizio del potere caducatorio attraverso tali atti”, in
rapporto a provvedimenti antecedenti (predisposizione della pianta organica e
indizione del concorso di cui trattasi). La soppressione dei posti di
assistente tecnico, inoltre, avrebbe avuto carattere di “ritiro in
autotutela” dell’intera procedura concorsuale e della stessa pianta
organica, “senza che ciò fosse necessario in applicazione dell’ordinanza
ministeriale n. 354 del 1996”, alle cui prescrizioni non si farebbe alcun
riferimento, sotto i profili della “opportuna motivazione” e dei “criteri
di rigorosa indispensabilità”. La soppressione di cui si discute
risulterebbe, peraltro, affetta da sviamento, in quanto diretta a fini diversi
da quelli, sottostanti alla soppressione stessa (assunzione di personale
diverso e specializzato, in rapporto al quale non verrebbe tuttavia operata una
effettiva previsione).
La rideterminazione organica, pertanto,
sarebbe stata operata “in assenza di mutamenti di fatto ed in contrasto con
le disposizioni della o.m. n. 354/1996”, ovvero in assenza di valide
ragioni per disattendere il potere-dovere dell’Amministrazione di procedere
alla nomina conseguente al concorso espletato. All’indizione di prove
concorsuali, d’altra parte, dovrebbero corrispondere “ben ponderate esigenze”,
che non potrebbero essere disattese “una volta affrontati gli oneri e i
costi di una procedura….non solo avviata, ma conclusa”. Nel caso di specie,
l’Amministrazione avrebbe omesso di coprire posti previsti in pianta organica,
senza che nessun mutamento o rivalutazione di interesse pubblico prevalente
fosse intervenuto. La mancata nomina in contestazione violerebbe quindi i principi,
di cui agli articoli 2, 21-quinquies e 21-octies della
legge n. 241 del 1990, tenuto conto anche della avvenuta rideterminazione della
pianta organica con motivazione postuma, ovvero solo “su segnalazione e
richiesta del Provveditorato”, peraltro senza avere adeguatamente presenti
tutte le mansioni attribuite all’assistente tecnico, anche quale supporto
dell’attività di docenza e addetto alla conduzione dei laboratori ed alla
preparazione degli strumenti. Detta soppressione sarebbe stata disposta, pertanto,
in assenza di circostanze sopravvenute, impeditive della nomina in questione,
senza bilanciamento dell’interesse pubblico ad una diversa definizione della
pianta organica con quello dell’odierna appellante ad essere nominata in esito
al superamento della prova concorsuale (prova, quest’ultima, che avrebbe dovuto
sopperire anche all’affermata carenza di preparazione degli assistenti
tecnici). Erroneamente, pertanto, non sarebbe stata riconosciuta
l’illegittimità del provvedimento per mancata istruttoria, carenza di
motivazione ed eccesso di potere sotto il profilo del travisamento dei fatti,
con conseguente necessità di riconoscimento del diritto dell’appellante alla
nomina retroattiva nel posto, vinto a seguito della selezione bandita.
L’Amministrazione appellata, costituitasi
in giudizio, produceva memoria e documentazione già depositate in primo grado,
resistendo all’accoglimento dell’impugnativa.
Premesso quanto sopra, il Collegio ritiene
necessari alcuni chiarimenti preliminari in ordine alla vicenda dedotta in
giudizio.
Deve essere rilevata, in primo luogo,
l’inammissibilità delle censure riferite alla motivazione della sentenza
appellata: quest’ultima, infatti, non è censurabile in appello se non per vizi
propri (come nel caso che siano state sollevate d’ufficio questioni di rito),
ma non anche per la valutazione dei singoli motivi di gravame, in quanto
l’effetto devolutivo, proprio del secondo grado di giudizio, impone al giudice
di valutare nuovamente detti motivi ove riproposti, rendendo gli stessi,
comunque, oggetto di rinnovata motivazione (cfr. in tal senso Cons. Sttato, IV,
20 dicembre 2005, n. 7201; V, 13 febbraio 2009, n. 824 e 19 novembre 2009, n.
7259; VI, 25 settembre 2009, n. 5797, 28 giugno 2010, n. 4135 e 8 ottobre 2013,
n. 4934).
Ugualmente inammissibile risulta il
richiesto accertamento di un diritto alla nomina, in base al consolidato
indirizzo giurisprudenziale che non riconosce ai vincitori di concorso, per
servizi da svolgere presso pubbliche amministrazioni, un diritto incondizionato
all’assunzione, in quanto l’Amministrazione ha il potere di non procedere alla
nomina in presenza di valide e motivate ragioni di interesse pubblico, che
facciano venire meno la necessità o l’opportunità di copertura del posto,
disponibile al momento della pubblicazione del bando, pur dovendosi valutare la
ragionevolezza e la coerenza delle scelte successivamente compiute (cfr. in tal
senso, fra le tante, Cons. Stato, IV, 30 novembre 2009, n. 7497;, 1 marzo 2005,
n. 794 e 1 aprile 1999, n. 367; VI, 18 marzo 2003, n. 1412). Il diverso
indirizzo della giurisprudenza della Corte di Cassazione, che configura il
bando di concorso – per i lavori a contratto anche presso pubbliche
amministrazioni – come “offerta al pubblico”, idonea a costituire
presupposto di un vero e proprio diritto all’assegnazione del posto (Cass.,
sez. lav., 28 novembre 2011, n. 25045 e Cass., SS.UU., 29 settembre 2003, n.
14529) non rileva nel caso di specie, in quanto il posto da assegnare
richiedeva atto unilaterale di nomina, implicante, per quanto risulta dagli
atti, la stabile collocazione in ruolo della dipendente interessata, in base ai
posti disponibili nella pianta organica per la qualifica di riferimento: detta
collocazione poteva quindi essere controbilanciata, nei termini sopra chiariti,
da ragioni di interesse pubblico, da cui derivasse – come appunto avvenuto –
una rideterminazione dell’organico per talune qualifiche.
Nella situazione in esame, la soppressione
di due posti di assistente tecnico risultava puntualmente motivata in rapporto
alle seguenti circostanze: a) scarsa preparazione specifica del personale, in
servizio con le funzioni di cui trattasi e conseguente, “trascurabile” apporto
dello stesso alle funzioni dell’Istituto; b) diminuito ambito delle attività,
cui tale personale poteva essere addetto; c) possibilità di realizzare un
risparmio di spesa, implicante accresciuta disponibilità di risorse da
impiegare anche per ottenere servizi diversi, corrispondenti a specifiche
specializzazioni presenti nel mercato libero del lavoro. Con un successivo
atto, su precisa richiesta del Provveditorato, il medesimo istituto precisava
in dettaglio come le unità di assistenti tecnici già in servizio fossero del
tutto sufficienti per supportare l’attività didattica. Su tale base appare
difficile negare che l’iniziativa assunta fosse in sé ragionevole e, in
effetti, rispondente a quelle superiori ragioni di interesse pubblico, che
consentivano la ridefinizione degli organici, con le modalità precisate
nell’ordinanza ministeriale n. 354 del 22 luglio 1996 (cfr. in particolare art.
11 e disposizioni legislative ivi richiamate).
I provvedimenti impugnati non appaiono,
pertanto, censurabili sotto i profili prospettati nell’impugnativa, sotto il
profilo sia della violazione di legge che dell’eccesso di potere per
irragionevolezza, illogicità, travisamento dei fatti e difetto di motivazione.
Risulta infatti che l’Amministrazione
abbia puntualmente seguito le modalità procedurali, di cui alla citata
ordinanza n.354/1996 (che non risulta impugnata) e che era, a sua volta,
applicativa della legge 22 novembre 1961 (Riordinamento dei servizi di
vigilanza contabile e delle carriere del personale non insegnante delle scuole
e degli Istituti di istruzione tecnica e professionale), con particolare
riguardo, deve ritenersi, agli articoli 2 e 8, ma con inammissibilità, in ogni
caso, di censure formulate in modo del tutto generico, attraverso il richiamo
agli interi testi normativi e di contrattazione collettiva sopra indicati,
senza puntuale indicazione delle norme specifiche, che si ritenessero violate
(cfr. in tal senso, fra le tante, Cons. Stato, VI, 2 settembre 2011, n. 4910 e
27 luglio 2010, n. 4899; IV, 27 ottobre 2005, n. 6031). I più specifici
riferimenti all’art. 112 Cod. proc. civ. ed alla legge n. 241 del 1990
(articoli 2, 21-quinquies e 21-octies) non appaiono invece
condivisibili. Quanto alla citata norma di procedura, va in primo luogo
osservato che il vizio di non corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato
viene riferito alla motivazione della sentenza appellata: vizio, come già in
precedenza esposto, non rilevante nella presente sede; va inoltre osservato che
– se la parte ricorrente intendeva far valere la mancata enunciazione delle
ragioni, per cui sarebbe stata esercitata una potestà caducatoria, in rapporto
all’indizione del concorso ed alla originaria predisposizione della pianta
organica – tale assunto non trova conferma nei fatti, risultando espletate due
distinte procedure: una di indizione, da parte del Provveditore agli Studi di
Campobasso, in data 6 giugno 1996, di concorso interno per titoli e prova
pratica, con finale approvazione della graduatoria il 5 marzo 1997 da parte del
medesimo Provveditore; l’altra procedura avviata e conclusa, fra il 13 marzo
1997 e il successivo mese di giugno, dalla Giunta esecutiva dell’Istituto
professionale statale per l’agricoltura e l’ambiente di Campobasso, al fine di
modificare in via auto-organizzativa i posti da destinare al profilo
professionale di assistente tecnico. La seconda di tali procedure, resa oggetto
di gravame, non implicava necessariamente, ai fini della relativa validità, che
venisse preso in considerazione il concorso già bandito, dovendo la motivazione
riguardare esclusivamente le esigenze sottese alla prevista diminuzione dei
posti, nel presupposto che tali ragioni – ove sussistenti e ragionevolmente
rappresentate – prevalessero sull’interesse privato del singolo vincitore di
concorso. Nel caso di specie, le ragioni prospettate dall’appellante per
contrastare detto presupposto non appaiono convincenti. Non è specificamente
contestato, infatti, che le puntualizzazioni fornite dall’Istituto, circa il
sufficiente supporto all’attività didattica, che poteva essere fornito dagli
assistenti tecnici già in servizio, fossero corrette, né costituisce vizio
delle medesime il carattere integrativo di tali puntualizzazioni, in quanto
successivamente esposte su richiesta dal Provveditorato. L’attuale
insussistenza di alcune esigenze operative, in precedenza affidate al personale
in questione e la sufficienza del personale già in servizio costituivano,
comunque, ragioni sufficienti per la contestata modifica della pianta organica.
Una ragione ulteriore (il risparmio di risorse, utilizzabili anche per
acquisire nel mercato del lavoro diverse, più utili professionalità) non appare
– come rappresentato dall’appellante – indice di sviamento, costituendo
soltanto rappresentazione di una circostanza reale (realizzazione di un
risparmio, in corrispondenza dei posti soppressi), con mera enunciazione di un
possibile futuro impiego più conveniente dei fondi restati disponibili. Appare
infine condivisibile quanto affermato nella sentenza appellata, circa il
carattere superfluo dell’osservazione, riferita a presunto scarso livello di
competenza del personale in servizio, trattandosi di annotazione non influente
sulla effettiva necessità della figura professionale in questione (anche a
prescindere dalla non riferibilità di tale presunta incompetenza a chi avesse
superato una procedura concorsuale appena espletata).
La diversa procedura avviata col bando di
concorso, a sua volta, era stata regolarmente conclusa con l’approvazione della
graduatoria, né tale approvazione risulta formalmente revocata: non appaiono
invocabili, pertanto, l’art. 2 (sull’obbligo di conclusione del procedimento),
21-quinquies (sulla revoca) e 21-octies (sulla non annullabilità
degli atti vincolati per vizi di forma) della legge 7 agosto 1990, n. 241. Non
risulta, inoltre, che non siano state prese in considerazione tutte le mansioni
dell’assistente tecnico, con particolare riguardo a quelle di supporto
dell’attività di docenza: proprio su queste ultime, infatti, sono stati forniti
al Provveditorato dettagliati chiarimenti, al fine di dimostrare come gli
assistenti già in servizio coprissero interamente il fabbisogno delle
prestazioni in questione, mentre per altre possibili modalità di impiego (come
la cura del bestiame) il personale di tale qualifica in parte avrebbe visto
venire meno l’oggetto del proprio intervento, in parte non sarebbe stato in
possesso di adeguata specializzazione (l’Istituto richiamava, a quest’ultimo
riguardo, attività di potatura e innesti, ovvero di “laboratorio di
ricevimento presso la sezione alberghiera”). Le valutazioni effettuate
dall’Amministrazione, per quanto concerne la soppressione dei posti di cui
trattasi, non risultano pertanto affette dai segnalati vizi di violazione di
legge ed eccesso di potere. Meritano qualche ulteriore riflessione, in effetti,
solo le argomentazioni difensive riferite all’indizione delle prove
concorsuali, concluse con pressoché coeva soppressione del posto, che avrebbe
dovuto essere assegnato all’attuale appellante: soppressione intervenuta in
rapporto ad una situazione, che non sembra avere subito mutamenti fattuali
rispetto alla fase di avvio della procedura concorsuale. A tali ragionevoli
osservazioni, tuttavia, non corrisponde un vizio dell’apprezzamento
tecnico-discrezionale, che l’Amministrazione era chiamata ad effettuare in sede
di esercizio della contestata potestà auto-organizzativa, né il Collegio – che
non può sostituirsi all’Amministrazione in tale apprezzamento – è stato
chiamato a valutare un’istanza risarcitoria, riferita appunto a detta procedura
concorsuale, per violazione del principio comunitario di ragionevolezza (da
intendere anche come perseguimento dell’interesse pubblico col minimo possibile
sacrificio di quello privato: cfr. per il principio, in fattispecie diverse,
Corte giust. CE, causa 265/87, sentenza 11 luglio 1989, Schroder e C-96-97/03,
sentenza 10 marzo 2005, Tempelman e Van Schaijk), tenuto oggi conto anche della
europea Carta dei diritti fondamentali (c.d. Carta di Nizza,
sottoscritta il 7 dicembre 2000 e avente ha il valore giuridico dei trattati,
ai sensi dell’art. 6 del Trattato sull'Unione europea). Con riferimento
all’oggetto specifico del presente giudizio, pertanto, il Collegio stesso
ritiene che l’appello debba essere respinto; quanto alle spese giudiziali,
tuttavia, si ravvisano giusti motivi per disporne la compensazione.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede
giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando, respinge il
ricorso in appello indicato in epigrafe.
Compensa le spese giudiziali.
Ordina che la presente sentenza sia
eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di
consiglio del giorno 10 giugno 2014 con l'intervento dei magistrati:
Giuseppe Severini, Presidente
Sergio De Felice, Consigliere
Vito Carella, Consigliere
Gabriella De Michele, Consigliere,
Estensore
Giulio Castriota Scanderbeg, Consigliere
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L'ESTENSORE
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IL PRESIDENTE
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 03/07/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3,
cod. proc. amm.)
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