RESPONSABILITA' DELLA P.A.:
la natura speciale dell'illecito della p.a.
da provvedimento illegittimo
(Cons. St., Sez. VI,
sentenza 29 maggio 2014, n. 2792)
Una sentenza imprescindibile per capire l'evoluzione giurisprudenziale in materia di responsabilità della p.a. da provvedimento illegittimo.
Certo, va sottolineato che il carattere "speciale" attribuito dai giudici di Palazzo Spada ha come conseguenza un restringimento della tutela del cittadino verso la P.A., il che un po' mi sembra in contrasto con l'art. 24 Cost. e l'ordinamento comunitario, per cui la natura delle situazioni giuridiche (interesse legittimi, diritto soggettivo, etc.), le ricostruzioni dogmatiche (natura speciale o generale rispetto all'illecito aquiliano) et similia hanno un valore nei limiti in cui non pregiudichino il pieno diritto potestativo - ce lo insegna Jellinek - alla tutela giurisdizionale, che veramente "pieno" soltanto se tale tutela ha la medesima disciplina sul piano effettuale sia se invocata contro i pubblici poteri che contro le pretese di un privato (nella giurisdizione esclusiva non si ripete sempre che i diritti soggettivi devono godere della medesima tutela processuale propria della giurisdizione ordinaria, pena la violazione dell'art. 24 Cost., dal momento che un uguale situazione giuridica non può esser tutelata diversamente in base al giudice che si adisce?) ...
Massima
1. La responsabilità extracontrattuale, che rinviene il fondamento della sua disciplina nell’art. 2043 cod. civ., presuppone che l’agente non abbia normalmente alcun rapporto o contatto con la parte danneggiata. La norma citata, infatti, impone, con clausola generale dotata di autonomia precettiva, il rispetto del dovere generale del neminem laedere a tutela di qualunque posizione soggettiva meritevole di protezione giuridica.
2. La responsabilità contrattuale è conseguenza della violazione di un dovere di prestazione o di protezione inserito nell’ambito di un rapporto giuridico che sorge non solo da un contratto ma, esprimendo l’espressione impiegata una sineddoche, anche dalla legge o da contatto tra le parti che può generare un rapporto contrattuale di fatto. Le posizioni soggettive sono riconducibili alla categoria del diritto soggettivo relativo.
3. La responsabilità della pubblica amministrazione da provvedimento illegittimo ha natura speciale non riconducibile agli indicati modelli normativi di responsabilità per le seguenti ragioni:
3.1 In primo luogo, rispetto alla responsabilità civile, quella in esame presuppone che il comportamento illecito si inserisca nell’ambito di un procedimento amministrativo. L’amministrazione, in ossequio al principio di legalità, deve rispettare predefinite regole, procedimentali e sostanziali, che scandiscono le modalità di svolgimento della sua azione. L’esistenza di un contatto tra le parti, pubbliche e private, impedisce di ritenere che si sia in presenza della responsabilità di un soggetto non avente alcun rapporto con la parte danneggiata.
3.2 In secondo luogo, rispetto alla responsabilità contrattuale, sono diverse le posizioni soggettive che si confrontano: da un lato, dovere di prestazione o di protezione e diritto di credito, dall’altro, potere pubblico e interesse legittimo o, nelle materie di giurisdizione esclusiva, diritto soggettivo.
3.3 Infine, rispetto ad entrambe le responsabilità civilistiche, la stretta connessione esistente tra sindacato di validità sul potere discrezionale e sindacato di responsabilità sul comportamento impone al giudice amministrativo, nel caso in cui sia proposta anche l’azione di annullamento o di nullità, di non sovrapporre, nell’accertare la sussistenza del fatto illecito, proprie valutazioni a quelle riservate alla pubblica amministrazione.
In definitiva, la peculiarità dell’attività amministrativa – che deve svolgersi nel rispetto di determinate regole procedimentali, sostanziali e processuali – rende speciale, per le ragioni indicate, anche il sistema della responsabilità da attività illegittima.
4. Gli elementi costitutivi della responsabilità della p.a., sul piano della fattispecie, sono: i) l’elemento oggettivo; ii) l’elemento soggettivo; iii) il nesso di causalità materiale o strutturale; iv) il danno ingiusto, inteso come lesione della posizione di interesse legittimo e, nella materie di giurisdizione esclusiva, di diritto soggettivo.
Sul piano delle conseguenze e, dunque, delle modalità di determinazione del danno, il fatto lesivo, così come sopra individuato, deve essere collegato, con un nesso di causalità giuridica o funzionale, con i pregiudizi subiti dalla parte danneggiata (Cass., 17 settembre 2013, n. 21255, ritiene, invece, che anche tale fase, avendo rilevanza causale, debba essere inserita nell’ambito della fattispecie).
5. In questa sede interessa soffermarsi sul rapporto di causalità.
5.1 Nel modello di responsabilità civile il rapporto di causalità materiale, non sussistendo alcun legame tra danneggiante e danneggiato, è finalizzato ad individuare l’autore del fatto illecito e, in particolare, colui che ha cagionato la lesione della posizione giuridica protetta e dunque il danno ingiusto.
La giurisprudenza e la dottrina civilistica, mutuando l’elaborazione penalistica e le regole contenute negli articoli 40 e 41 cod. pen., hanno fatto applicazione della cosiddetta teoria condizionalistica. Tale teoria presuppone l’effettuazione di un giudizio controfattuale finalizzato a stabilire se, eliminando o, negli illeciti omissivi, aggiungendo, quella determinata condotta l’evento si sarebbe ugualmente verificato.
La suddetta ricostruzione deve essere integrata con la teoria della sussunzione sotto leggi scientifiche di copertura nelle ipotesi in cui, alla luce delle conoscenze specialistiche di quel determinato momento storico, non è dato sapere se quella condotta possa avere efficacia causale nella determinazione del danno.
Il rapporto di causalità, così ricostruito, deve essere, poi, delimitato, in applicazione della teoria della causalità adeguata, in modo da assegnare valenza eziologica soltanto a quelle condotte che sono idonee, secondo un giudizio prognostico ex ante, a cagionare quel determinato evento. In altri termini, occorre verificare se vi sia una relazione di regolarità causale tra condotta ed evento.
Il giudice civile dovrà, infine, nel corso del giudizio, accertare, applicando le teorie sopra esposte, l’esistenza di un rapporto di causalità secondo la regola probatoria del “più probabile che non” (cfr. Cass., sez. un., 11 gennaio 2008, n. 581).
La modalità di svolgimento dell’accertamento istruttorio costituisce la principale differenza rispetto alla responsabilità penale, nell’ambito della quale la diversità di beni giuridici tutelati impone che l’autore del reato venga individuato “al di là di ogni ragionevole dubbio” (Cass. pen., sez. un., 11 settembre 2002, n. 30328, Franzese).
Così ricostruito il rapporto di causalità materiale occorre poi valutare, sul piano della causalità giuridica, quali siano le conseguenze patrimoniali derivanti dal fatto lesivo posto in essere.
5.2. Nel modello della responsabilità contrattuale non è necessario ricorrere alle teorie elaborate per ricostruire il nesso di causalità materiale, in quanto, sussistendo un rapporto giuridico tra creditore e debitore, si conosce già l’autore dell’illecito. In questo ambito rileva soltanto il nesso di causalità giuridica finalizzato a determinare i pregiudizi effettivamente subiti dal danneggiato (art. 1223 cod. civ.).
5.3. Nel modello della responsabilità della pubblica amministrazione la sua specialità incide sulla ricostruzione del rapporto di causalità assegnandogli una valenza non del tutto riconducibile alla teorie elaborate in ambito civilistico.
La normale esistenza di un rapporto, che si instaura nell’ambito di un procedimento amministrativo, tra pubblica amministrazione e privato induce a ritenere che anche in questo caso, come in presenza di illeciti contrattuali, non sia necessario individuare l’autore del fatto lesivo.
La rilevanza delle teorie della causalità materiale si apprezza sotto altro aspetto: la ricostruzione del nesso eziologico è necessaria al fine di valutare se la condotta della pubblica amministrazione sia stata idonea a ledere la posizione soggettiva di interesse legittimo. L’accertamento della lesione dell’interesse legittimo – in ragione della stretta connessione con il potere pubblico – richiede, infatti, l’effettuazione di un giudizio prognostico mediante il ricorso alla teoria condizionalistica, integrata, ove occorra, dal modello della sussunzione sotto leggi scientifiche e corretta dalla teoria della causalità adeguata.
Chiarito ciò, occorre distingue due diverse fattispecie.
5.3.1 La prima fattispecie ricorre nel caso in cui la parte abbia proposto sia l’azione di invalidità sia l’azione di responsabilità e l’esito del giudizio amministrativo di annullamento di un determinato provvedimento consente il riesercizio di poteri amministrativi discrezionali. In queste ipotesi la giurisprudenza del Consiglio di Stato ha costantemente ritenuto che il giudice amministrativo non possa effettuare, per evitare di invadere sfere di valutazione che la Costituzione riserva alla pubblica amministrazione, il predetto giudizio prognostico. Si ritiene, infatti, necessario attendere che l’amministrazione rinnovi il procedimento emendato dal vizio riscontrato in sede giudiziale e soltanto se all’esito di tale giudizio si accerta che il privato aveva “diritto” a quel determinato bene della vita sarà possibile ottenere, ricorrendo gli altri presupposti, il risarcimento del danno. In questo caso, pertanto, svolgendosi un giudizio di spettanza, la regola probatoria applicata è quella della “certezza”.
5.3.2 La seconda fattispecie, rilevante in questa sede, ricorre nel caso in cui la parte abbia proposto un’autonoma azione di responsabilità ovvero nel caso in cui l’attività amministrativa sia vincolata e pertanto la rinnovazione procedimentale si svolge nel solo rispetto di quanto stabilito dal giudice ovvero determinato, in tutti i suoi profili, dalla legge. In queste ipotesi il giudice amministrativo, senza il rischio di sovrapporre il proprio giudizio alle valutazioni dell’autorità pubblica, può effettuare un giudizio prognostico applicando, con gli esposti adattamenti, le regole elaborate in ambito civilistico per ricostruire il nesso di causalità. Occorre, pertanto, accertare se vi è stato danno ingiusto valutando se, in applicazione della teoria condizionalistica e della causalità adeguata, è “più probabile che non” che l’azione o l’omissione della pubblica amministrazione siano state idonee a cagionare l’evento lesivo.
Sentenza per esteso
INTESTAZIONE
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha
pronunciato la presente
SENTENZA
sul
ricorso numero di registro generale 8825 del 2007, proposto da:
Il Tuo Viaggio s.r.l., in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso dagli avvocati Domenico Callea e Roberto Giovanni Aloisio, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Pasquale Gallo in Roma, via Calabria, 17;
Il Tuo Viaggio s.r.l., in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso dagli avvocati Domenico Callea e Roberto Giovanni Aloisio, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Pasquale Gallo in Roma, via Calabria, 17;
contro
Presidenza
del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente del Consiglio pro tempore, Ministero delle Infrastrutture e dei
Trasporti, Ministero degli Affari Esteri, in persona dei Ministeri pro tempore, rappresentati e difesi per legge
dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi,
12;
per la riforma
della
sentenza 31 luglio 2007, n. 7278, del Tribunale amministrativo regionale del
Lazio, Roma, Sezione I, a seguito dell’annullamento, con sentenza 19 ottobre
2011, n. 2158124 della Corte di Cassazione, della sentenza 24 dicembre 2009, n.
8719 del Consiglio di Stato, Sezione sesta, avente ad oggetto la domanda di
risarcimento del danno per mancata attuazione delle misure di protezione
diplomatica da parte dello Stato italiano nei confronti dello Stato marocchino
che non ha consentito alla ricorrente lo svolgimento dell’ attività marittima
di collegamento tra i due Paesi.
Visti
il ricorso in appello e i relativi allegati;
viste
le memorie difensive;
visti
tutti gli atti della causa;
relatore
nell’udienza pubblica del giorno 11 marzo 2014 il Cons. Vincenzo Lopilato e
uditi per le parti l’avvocato Aloisio e l’avvocato dello Stato Meloncelli.
FATTO
1.–
Il “Il Tuo Viaggio” s.r.l. (d’ora innanzi anche solo Società) ha proposto,
nell’anno 2001, al Consolato del Marocco di Milano un progetto volto a
realizzare un collegamento marittimo, con navi traghetto, tra il porto di
Savona e quello di Tangeri.
La
società, a tale fine, ha iniziato una trattativa con le autorità marocchine e
italiane per potere attuare tale progetto. Le autorità italiane non avrebbero,
però, si rileva, adottato le misure necessarie affinché le autorità marocchine
consentissero tale collegamento. In particolare, all’atteggiamento
ostruzionistico del Marocco non è seguito eguale trattamento nei confronti
della società di Stato marocchina “Comanav”, che gestiva un collegamento
marittimo tra il Marocco e l’Italia.
Il
“Tuo Viaggio” s.r.l., per le ragioni sin qui indicate, è stata costretta ad
interrompere l’iniziativa economica intrapresa, con conseguenti ingenti danni
economici.
1.1.–
La Società ha proposto ricorso innanzi al Tribunale amministrativo regionale
del Lazio, rilevando l’illegittimità dell’attività posta in essere dalle
autorità italiane per (si riporta in sintesi): i)
violazione della legge 24 luglio 1985, n. 433 (Ratifica ed esecuzione
dell'accordo in materia di marina mercantile tra il Governo della Repubblica
italiana ed il Governo del Regno del Marocco, firmato a Rabat il 15 aprile
1982), per la mancata convocazione della commissione mista italo - marocchina
al fine di risolvere la questione in esame; ii)
violazione della legge 3 marzo 1987, n. 69 (Disposizione per la difesa della
Marina mercantile), la quale prevede che lo Stato italiano, in virtù del
principio della reciprocità di trattamento nell’ambito dei traffici marittimi,
deve garantire una tutela specifica in favore delle navi di proprietà italiana
o noleggiate da società di navigazione italiane, soggette a trattamenti
discriminatori; iii) eccesso di potere, in quanto non sarebbero state
spiegate le ragioni per le quali risultava difficile provvedere nel senso
richiesto dalla Società.
Per
questi motivi è stata chiesta la condanna dell’amministrazione statale al
risarcimento dei danni quantificato in euro 10.000.000,00 o nella diversa somma
da determinare mediante consulenza tecnica o in via equitativa.
1.2.–
Il Tribunale amministrativo, con sentenza 31 luglio 2007, n. 7278, ha rigettato
il ricorso, rilevando la mancanza del nesso di causalità tra la condotta e il
danno. In particolare, si rileva come, «anche attraverso un diverso modus operandi» delle parti coinvolte, l’interesse
sostanziale cui aspirava il “Tuo Viaggio” non sarebbe stato comunque
conseguibile in ragione della mancanza del necessario consenso da parte delle
autorità marocchine.
2.–
La ricorrente in primo grado ha proposto appello, impugnando la predetta
sentenza.
3.–
Il Consiglio di Stato, con sentenza 24 dicembre 2009, n. 8719, ha rigettato
l’appello.
In
particolare, nella sentenza si premette che «se uno Stato non rispetta le norme
sul trattamento degli stranieri (…) compie un illecito internazionale nei
confronti dello Stato al quale lo straniero appartiene». Ne consegue che lo
Stato dello straniero «maltrattato» deve esercitare la protezione diplomatica
ossia «assumere la difesa del proprio cittadino sul piano internazionale,
adottando le contromisure necessarie al fine di fare cessare la violazione».
Svolta questa premessa, si è affermato che: i)
«il Governo non è obbligato, nei confronti del cittadino che la invoca, ad
esercitare la protezione diplomatica contro lo Stato straniero»; ii) «gli atti compiuti da uno Stato nel regolamento
delle relazioni internazionali sono (…) atti politici e, come tali, sottratti
al sindacato giurisdizionale, sia ordinario che amministrativo».
Il
Consiglio di Stato, dopo avere puntualizzato che quanto esposto è sufficiente a
ritenere priva di fondamento la pretesa azionata, ha aggiunto che: i) la protezione diplomatica è subordinata al previo
esaurimento dei ricorsi interni, che, nella specie, non risultavano essere
stati proposti; ii)
non è stato neanche «provato che vi sia un rapporto di causalità tra il danno
lamentato (interruzione del collegamento marittimo tra Italia e Marocco) e
l’illegittimità imputata allo Stato italiano (avere omesso di intervenire in
via diplomatica nei confronti dello Stato marocchino)».
4.–
L’appellante ha proposto ricorso per Cassazione, per avere il Consiglio di
Stato negato la tutela giurisdizionale.
5.–
La Corte di cassazione, con sentenza 19 ottobre 2011, n. 21581, ha accolto il
ricorso. In particolare, con tale decisione si è affermato che i poteri che il
Consiglio di Stato ha ritenuto essere espressione di attività politica, «sono
esercitati, su proposta (non di un organo politico, bensì) di una commissione
tecnica al fine di difendere la marina mercantile nazionale e di disciplinare i
traffici commerciali marittimi per la tutela dell’interesse nazionale, poteri
il cui contenuto esula del tutto dal novero degli atti politici stricto sensu, trattandosi viceversa di atti di alta
amministrazione rientranti nell’esercizio di una più specifica politica
marittimo-mercantile nazionale». Si è, inoltre, puntualizzato che «gli
ulteriori argomenti spesi in sentenza (in ordine alla causalità e al danno) non
possono costituire, nel caso di specie, idonea e autosufficiente ratio decidendi, degradando piuttosto, ipso facto, a rango di meri obiter dicta, attesa la pregiudiziale declinatoria
assoluta di potestas iudicandi».
La
Cassazione, per le indicate ragioni, ha annullato la sentenza impugnata e ha
dichiarato la sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo, cui
la causa è stata rinviata per la sua trattazione nel merito.
6.–
La Società ha proposto ricorso per riassunzione, prospettando, sostanzialmente,
anche alla luce di quanto affermato dalla Cassazione, le medesime censure
contenute nei precedenti atti difensivi.
7.–
La causa è stata decisa all’esito della camera di consiglio dell’11 marzo 2014.
DIRITTO
1.–
La questione posta all’esame della Sezione, descritta nella parte in fatto,
richiede che vada valutata la fondatezza della domanda di risarcimento dei
danni che la ricorrente assume di avere subito in conseguenza della
interruzione del collegamento marittimo, con navi traghetto, tra l’Italia e il
Marocco.
La
Corte di cassazione, con sentenza 19 ottobre 2011, n. 21581, ha annullato, con
rinvio, la sentenza 24 dicembre 2009, n. 8719 del Consiglio di Stato, Sezione
sesta, la quale aveva rigettato il ricorso in ragione della riconducibilità
dell’attività posta in essere dalle autorità italiane nell’ambito delle
funzioni politiche.
2.–
La risoluzione della controversia impone, in via preliminare, mediante una
comparazione con il sistema civilistico di responsabilità, di individuare la
natura della responsabilità della pubblica amministrazione, i suoi elementi
costitutivi e, in particolare, il rapporto di causalità.
3.–
La responsabilità extracontrattuale, che rinviene il fondamento della sua disciplina
nell’art. 2043 cod. civ., presuppone che l’agente non abbia normalmente alcun
rapporto o contatto con la parte danneggiata. La norma citata, infatti, impone,
con clausola generale dotata di autonomia precettiva, il rispetto del dovere
generale del neminem laedere a tutela di qualunque posizione soggettiva meritevole
di protezione giuridica.
La
responsabilità contrattuale è conseguenza della violazione di un dovere di
prestazione o di protezione inserito nell’ambito di un rapporto giuridico che
sorge non solo da un contratto ma, esprimendo l’espressione impiegata una
sineddoche, anche dalla legge o da contatto tra le parti che può generare un
rapporto contrattuale di fatto. Le posizioni soggettive sono riconducibili alla
categoria del diritto soggettivo relativo.
La
responsabilità della pubblica amministrazione da provvedimento illegittimo ha
natura speciale non riconducibile agli indicati modelli normativi di
responsabilità (Cons. Stato, VI, 27 giugno 2013, n. 3521; id. 14 marzo 2005, n.
1047), per le seguenti ragioni.
In
primo luogo, rispetto alla responsabilità civile, quella in esame presuppone
che il comportamento illecito si inserisca nell’ambito di un procedimento
amministrativo. L’amministrazione, in ossequio al principio di legalità, deve
rispettare predefinite regole, procedimentali e sostanziali, che scandiscono le
modalità di svolgimento della sua azione. L’esistenza di un contatto tra le
parti, pubbliche e private, impedisce di ritenere che si sia in presenza della
responsabilità di un soggetto non avente alcun rapporto con la parte
danneggiata.
In
secondo luogo, rispetto alla responsabilità contrattuale, sono diverse le
posizioni soggettive che si confrontano: da un lato, dovere di prestazione o di
protezione e diritto di credito, dall’altro, potere pubblico e interesse
legittimo o, nelle materie di giurisdizione esclusiva, diritto soggettivo.
Infine,
rispetto ad entrambe le responsabilità civilistiche, la stretta connessione
esistente tra sindacato di validità sul potere discrezionale e sindacato di
responsabilità sul comportamento impone al giudice amministrativo, nel caso in
cui sia proposta anche l’azione di annullamento o di nullità, di non
sovrapporre, nell’accertare la sussistenza del fatto illecito, proprie
valutazioni a quelle riservate alla pubblica amministrazione.
In
definitiva, la peculiarità dell’attività amministrativa – che deve svolgersi
nel rispetto di determinate regole procedimentali, sostanziali e processuali –
rende speciale, per le ragioni indicate, anche il sistema della responsabilità
da attività illegittima.
4.–
Gli elementi costitutivi della responsabilità della p.a., sul piano della
fattispecie, sono: i)
l’elemento oggettivo; ii)
l’elemento soggettivo; iii) il nesso di causalità materiale o strutturale; iv) il danno ingiusto, inteso come lesione della
posizione di interesse legittimo e, nella materie di giurisdizione esclusiva,
di diritto soggettivo.
Sul
piano delle conseguenze e, dunque, delle modalità di determinazione del danno,
il fatto lesivo, così come sopra individuato, deve essere collegato, con un
nesso di causalità giuridica o funzionale, con i pregiudizi subiti dalla parte
danneggiata (Cass., 17 settembre 2013, n. 21255, ritiene, invece, che anche
tale fase, avendo rilevanza causale, debba essere inserita nell’ambito della
fattispecie).
5.–
In questa sede interessa soffermarsi sul rapporto di causalità.
5.1.–
Nel modello di responsabilità civile il rapporto di causalità materiale, non
sussistendo alcun legame tra danneggiante e danneggiato, è finalizzato ad
individuare l’autore del fatto illecito e, in particolare, colui che ha
cagionato la lesione della posizione giuridica protetta e dunque il danno
ingiusto.
La
giurisprudenza e la dottrina civilistica, mutuando l’elaborazione penalistica e
le regole contenute negli articoli 40 e 41 cod. pen., hanno fatto applicazione
della cosiddetta teoria condizionalistica. Tale teoria presuppone
l’effettuazione di un giudizio controfattuale finalizzato a stabilire se,
eliminando o, negli illeciti omissivi, aggiungendo, quella determinata condotta
l’evento si sarebbe ugualmente verificato.
La
suddetta ricostruzione deve essere integrata con la teoria della sussunzione
sotto leggi scientifiche di copertura nelle ipotesi in cui, alla luce delle
conoscenze specialistiche di quel determinato momento storico, non è dato
sapere se quella condotta possa avere efficacia causale nella determinazione
del danno.
Il
rapporto di causalità, così ricostruito, deve essere, poi, delimitato, in
applicazione della teoria della causalità adeguata, in modo da assegnare
valenza eziologica soltanto a quelle condotte che sono idonee, secondo un
giudizio prognostico ex ante, a cagionare quel determinato evento. In altri
termini, occorre verificare se vi sia una relazione di regolarità causale tra
condotta ed evento.
Il
giudice civile dovrà, infine, nel corso del giudizio, accertare, applicando le
teorie sopra esposte, l’esistenza di un rapporto di causalità secondo la regola
probatoria del “più probabile che non” (cfr. Cass., sez. un., 11 gennaio 2008,
n. 581).
La
modalità di svolgimento dell’accertamento istruttorio costituisce la principale
differenza rispetto alla responsabilità penale, nell’ambito della quale la
diversità di beni giuridici tutelati impone che l’autore del reato venga
individuato “al di là di ogni ragionevole dubbio” (Cass. pen., sez. un., 11
settembre 2002, n. 30328, Franzese).
Così
ricostruito il rapporto di causalità materiale occorre poi valutare, sul piano
della causalità giuridica, quali siano le conseguenze patrimoniali derivanti
dal fatto lesivo posto in essere.
5.2.–
Nel modello della responsabilità contrattuale non è necessario ricorrere alle
teorie elaborate per ricostruire il nesso di causalità materiale, in quanto,
sussistendo un rapporto giuridico tra creditore e debitore, si conosce già
l’autore dell’illecito. In questo ambito rileva soltanto il nesso di causalità
giuridica finalizzato a determinare i pregiudizi effettivamente subiti dal
danneggiato (art. 1223 cod. civ.).
5.3.–
Nel modello della responsabilità della pubblica amministrazione la sua
specialità incide sulla ricostruzione del rapporto di causalità assegnandogli
una valenza non del tutto riconducibile alla teorie elaborate in ambito
civilistico.
La
normale esistenza di un rapporto, che si instaura nell’ambito di un
procedimento amministrativo, tra pubblica amministrazione e privato induce a
ritenere che anche in questo caso, come in presenza di illeciti contrattuali,
non sia necessario individuare l’autore del fatto lesivo.
La
rilevanza delle teorie della causalità materiale si apprezza sotto altro
aspetto: la ricostruzione del nesso eziologico è necessaria al fine di valutare
se la condotta della pubblica amministrazione sia stata idonea a ledere la
posizione soggettiva di interesse legittimo. L’accertamento della lesione
dell’interesse legittimo – in ragione della stretta connessione con il potere
pubblico – richiede, infatti, l’effettuazione di un giudizio prognostico
mediante il ricorso alla teoria condizionalistica, integrata, ove occorra, dal
modello della sussunzione sotto leggi scientifiche e corretta dalla teoria
della causalità adeguata.
Chiarito
ciò, occorre distingue due diverse fattispecie.
La
prima fattispecie ricorre nel caso in cui la parte abbia proposto sia l’azione
di invalidità sia l’azione di responsabilità e l’esito del giudizio
amministrativo di annullamento di un determinato provvedimento consente il
riesercizio di poteri amministrativi discrezionali. In queste ipotesi la
giurisprudenza del Consiglio di Stato ha costantemente ritenuto che il giudice
amministrativo non possa effettuare, per evitare di invadere sfere di
valutazione che la Costituzione riserva alla pubblica amministrazione, il
predetto giudizio prognostico. Si ritiene, infatti, necessario attendere che
l’amministrazione rinnovi il procedimento emendato dal vizio riscontrato in
sede giudiziale e soltanto se all’esito di tale giudizio si accerta che il privato
aveva “diritto” a quel determinato bene della vita sarà possibile ottenere,
ricorrendo gli altri presupposti, il risarcimento del danno. In questo caso,
pertanto, svolgendosi un giudizio di spettanza, la regola probatoria applicata
è quella della “certezza” (cfr. Cons. Stato, sez. V, 27 dicembre 2013, n. 6260;
sez. IV, 4 settembre 2013, n. 4452; V, 27 marzo 2013, n. 1781; V, 8 febbraio
2011, n. 854).
La
seconda fattispecie, rilevante in questa sede, ricorre nel caso in cui la parte
abbia proposto un’autonoma azione di responsabilità ovvero nel caso in cui
l’attività amministrativa sia vincolata e pertanto la rinnovazione
procedimentale si svolge nel solo rispetto di quanto stabilito dal giudice
ovvero determinato, in tutti i suoi profili, dalla legge. In queste ipotesi il
giudice amministrativo, senza il rischio di sovrapporre il proprio giudizio
alle valutazioni dell’autorità pubblica, può effettuare un giudizio prognostico
applicando, con gli esposti adattamenti, le regole elaborate in ambito
civilistico per ricostruire il nesso di causalità. Occorre, pertanto, accertare
se vi è stato danno ingiusto valutando se, in applicazione della teoria
condizionalistica e della causalità adeguata, è “più probabile che non” che
l’azione o l’omissione della pubblica amministrazione siano state idonee a
cagionare l’evento lesivo.
6.–
La ricostruzione sin qui svolta deve essere applicata alla fattispecie oggetto
del presente giudizio mediante l’analisi della normativa rilevante di
disciplina dei rapporti internazionali marittimi e delle modalità di
svolgimento degli accadimenti.
6.1.–
In relazione al primo aspetto, la legge 24 luglio 1985, n. 433 (Ratifica ed
esecuzione dell'accordo in materia di marina mercantile tra il Governo della
Repubblica italiana ed il Governo del Regno del Marocco, firmato a Rabat il 15
aprile 1982) persegue lo scopo «di organizzare i traffici marittimi tra i porti
italiani e i porti marocchini e di definire le condizioni alle quali le navi
delle Parti contraenti potranno accedere al traffico marittimo dei due Paesi»
(art. 2).
L’art.
3 della predetta legge stabilisce che «le Parti contraenti si impegnano a
cooperare per eliminare gli eventuali ostacoli che potrebbero rendere più
difficile lo sviluppo dei traffici marittimi tra i porti dei due Paesi e a
prendere ogni disposizione necessaria ad assicurare il coordinamento dei
traffici e l’organizzazione di un servizio adeguato per proteggere gli
interessi in materia di commercio estero di ciascuno dei due Paesi».
L’art.
19 della stessa legge dispone, al primo comma, che, per garantire
l’applicazione dell’accordo internazionale ratificato «facilitare le
consultazioni sui principali problemi di reciproco interesse e contribuire alla
risoluzione delle controversie eventualmente risultanti da tale applicazione,
una Commissione mista permanente sarà creata dalle due Part». Tale commissione
«si riunirà una volta l’anno, alternativamente in uno dei due Paesi, o più di
frequente su richiesta dell’una o dell'altra Parte». Il secondo comma della
stessa disposizione prevede che «per qualsiasi controversia che dovesse
derivare dall’applicazione del presente Accordo e che non potesse risolversi
mediante le vie di cui qui sopra, le Parti contraenti si riservano la
possibilità di adire, di comune accordo, un arbitro che abbia il gradimento di
ambedue».
La
legge 3 marzo 1987, n. 69 (Disposizione per la difesa della Marina mercantile)
prevede, all’art. 1, che il Ministero della marina mercantile possa adottare
una serie di misure nel settore del trasporto marittimo, anche valutando le
misure contemplate in accordi internazionali. L’art. 2 della stessa legge
dispone che, con decreto del Ministero, è istituita una commissione composta da
rappresentanti di diversi Ministeri, da quattro rappresentanti dell’armamento
pubblico e privato designati dalle rispettive organizzazioni, da un
rappresentante del Consiglio nazionale dei caricatori, nonché da due esperti in
materia tecnico-giuridica.
6.2.–
In relazione alle modalità di svolgimento dei fatti, dalla stessa esposizione
che di essi fa il ricorrente risultata quanto segue:
-
con nota del 2 aprile 2002 la società ha informato dell’iniziativa l’Ambasciata
d’Italia in Marocco affinché effettuasse i necessari interventi di supporto;
-
con nota del 3 aprile 2002 la società ha posto al Ministero un quesito volto a
conoscere la natura delle relazioni internazionali intercorrenti con il
Marocco;
-
con nota del 15 aprile 2002 il Ministero, in risposta al quesito, ha comunicato
di avere chiesto al Ministero degli esteri di acquisire gli elementi
conoscitivi per la risoluzione della controversia;
-
in data 14 maggio 2002, il Ministero dei trasporti e della marina mercantile
marocchino ha dato parere favorevole e nonostante ciò le autorità marocchine,
secondo la ricorrente, hanno continuato «a boicottare l’impresa italiana»;
- a
tale atteggiamento, sempre secondo la ricorrente, non è seguito eguale
trattamento nei confronti della società di Stato marocchina “Comanav”, che
gestiva un collegamento marittimo tra l’Italia e il Marocco;
- a
seguito di una persistente inerzia delle autorità italiane, la società ha
chiesto la convocazione della commissione mista italo-marocchina al fine di
ottenere il rispetto degli accordi internazionali e la tutela dell’attività di
impresa, verificando la natura discriminatoria dell’attività posta dalle
autorità marocchine;
-
con lettere del 25 novembre 2002 e del 16 dicembre 2002 la società ha informato
della vicenda il Presidente della Repubblica e il Ministro per gli italiani nel
mondo;
-
con nota del 20 dicembre 2002 il Ministero degli affari esteri ha rilevato che
fosse necessario chiedere una nuova autorizzazione e solo successivamente «si
sarebbe potuto prendere in esame, da parte italiana, l’azione di eventuali
contromisure»;
-
con note del 13 dicembre 2002 e del 27 gennaio 2003 il Capo di Gabinetto del
Ministero per gli italiani nel mondo, in risposta alle precedenti note, ha
ribadito che fosse necessario ottenere un nuova autorizzazione.
7.–
Alla luce di quanto esposto è necessario stabilire se sussiste un nesso di
causalità tra la condotta tenuta dalle autorità nazionali e il danno lamentato.
Lo
svolgimento dell’attività marittima di collegamento tra Italia e Marocco
presuppone che vi sia l’assenso, manifestato nelle modalità previste dal
relativo ordinamento, da parte delle autorità marocchine.
Risulta
dagli atti del processo e dalla stessa descrizione degli accadimenti, sopra
svolta, che l’autorità marocchina ha sempre ritenuto di non dare il proprio
assenso allo svolgimento di tale attività.
Occorre,
pertanto, accertare se le lamentate omissioni da parte delle autorità italiane
abbiano avuto, in applicazione delle regole generali sopra esposte, una valenza
causale in relazione alla lesione della posizione giuridica di interesse
legittimo pretensivo.
In
particolare, la condotta che, secondo il giudizio controfattuale,
l’amministrazione nazionale avrebbe dovuto tenere si sarebbe dovuto articolare
secondo le seguenti modalità.
In
primo luogo, lo Stato italiano sarebbe stato obbligato, secondo quanto
affermato dalla Corte di Cassazione, a convocare la commissione tecnica di cui
alla legge n. 69 del 1987. Anche a volere ritenere che sussistesse un obbligo
giuridico, non vi sono, agli atti, elementi per affermare che la proposta che
la commissione avrebbe formulato sarebbe stata nel senso dell’adozione di
misure di protezione diplomatica. La norma attributiva del potere contempla,
come riconosce la stessa Cassazione, un atto, non politico, ma di alta
amministrazione che, in quanto tale, si connota per un ampio contenuto
discrezionale rimesso alla valutazione dell’autorità amministrativa e
sindacabile nei limiti dell’eccesso di potere.
In
secondo luogo, fermo il grado elevato di discrezionalità che connota l’attività
della commissione, anche qualora la stessa si fosse determinata nel senso che
occorresse adottare misure di protezione diplomatica, sarebbe spettato poi ai
titolari del relativo potere politico decidere, in ragione degli esiti degli
accertamenti, se porre in essere la relativa attività. L’esistenza anche in
questo ambito di un elevato margine di apprezzamento è insita nella natura
della predetta attività.
Infine,
fermo tale margine di apprezzamento, anche qualora l’autorità italiana avesse
adottato misure di protezione diplomatica, non è dato sapere se ciò avrebbe
integrato gli estremi di una condotta idonea ad indurre le autorità marocchine
ad adottare gli atti necessari per consentire lo svolgimento dell’attività in
esame.
L’analisi
contestuale di tutti i passaggi sopra riportati e le stesse proposizioni
condizionali impiegate per descriverne il contenuto dimostra come il giudizio
prognostico non supera la soglia probatoria del “più probabile che non”. In
altri termini, non può dirsi che se nella vicenda in esame si “aggiungono” le
indicate condotte delle autorità italiane le stesse, in applicazione della
regola processuale di tipo probabilistico, sarebbero state adeguate ad evitare
il danno ingiusto e dunque la lamentata lesione della posizione soggettiva.
8.–
Il ricorso proposto va, pertanto, respinto.
9.–
La novità delle questioni trattate giustifica l’integrale compensazione tra le
parti delle spese del giudizio.
P.Q.M.
Il
Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, definitivamente
pronunciando:
a)
rigetta il ricorso, indicato in epigrafe, proposto dalla “Tuo Viaggio s.r.l.”;
b)
dichiara integralmente compensate tra le parti le spese del presente grado di
giudizio.
Ordina
che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così
deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 marzo 2014 con
l'intervento dei magistrati:
Stefano
Baccarini, Presidente
Maurizio
Meschino, Consigliere
Gabriella
De Michele, Consigliere
Roberta
Vigotti, Consigliere
Vincenzo
Lopilato, Consigliere, Estensore
|
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L'ESTENSORE
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IL PRESIDENTE
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DEPOSITATA
IN SEGRETERIA
Il
29/05/2014
IL
SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc.
amm.)
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