Massima
Sussiste difetto di legittimazione attiva, e come tale è inammissibile il ricorso, qualora si contesti un provvedimento che incida sul principio di concorrenza. La causa petendi, basandosi su un mero interesse di fatto e non su un interesse legittimo, non può pertanto sorreggere alcun valido petitum demolitorio.
Più in particolare, secondo il recente insegnamento della Sezione che il Collegio pienamente
condivide, la disciplina nazionale relativa all’installazione di impianti di
carburante e, in particolare, quella relativa agli obblighi di distanze minime
(D.lgs. n. 32 del 1998 e legislazione regionale attuativa cui è rimessa ai
sensi dell’art. 1, comma 2, del medesimo decreto, l’adozione di norme di
indirizzo programmatico attraverso le quali sono introdotti gli obblighi di
rispetto delle distanze minime) è stata sottoposta ad un severo scrutinio del
giudice comunitario in relazione alle norme ed ai principi posti a tutela della
libertà di stabilimento (cfr. Corte Giustizia Unione Europea, 11 marzo 2010, n.
384/08, Attanasio Group).
L’art. 43 CE (ora art. 49 TFUE), letto in combinato disposto con l’art. 48
CE (ora art. 54 TFUE), è stato interpretato nel senso che una normativa di
diritto interno, come quella italiana, che prevede distanze minime obbligatorie
fra gli impianti stradali di distribuzione di carburanti, costituisce una
restrizione della libertà di stabilimento sancita dal trattato; una disciplina
del genere, infatti, applicandosi unicamente ad impianti nuovi e non ad
impianti già esistenti prima della sua entrata in vigore, pone condizioni
all’accesso all’attività della distribuzione di carburanti e, favorendo gli
operatori già presenti sul territorio italiano, è idonea a scoraggiare, se non
ad impedire, l’accesso al mercato da parte di imprenditori comunitari.
Né sono stati riconosciuti seriamente applicabili i motivi imperativi di
interesse generale idonei a giustificare restrizioni alla concorrenza e ciò per
diversi ordini di ragioni.
È stato, infatti, evidenziato che:
a) i limiti rinvenibili nella normativa italiana a tutela della salute,
dell’ambiente, della sicurezza stradale non sono adeguati e proporzionati posto
che si applicano solo ai nuovi impianti di distribuzione e non a quelli
preesistenti;
b) i controlli per la tutela dei su indicati interessi pubblici possono
essere efficacemente demandati al concreto riscontro dell’autorità competente,
senza inadeguate limitazioni generali basate sul calcolo delle distanze;
c) la tutela dei consumatori, sub specie di <<razionalizzazione del
servizio reso agli utenti della rete distributiva>>, costituisce un
motivo economico e non un motivo imperativo di interesse generale;
d) in ogni caso tale <<razionalizzazione>> si rivela, su piano
pratico, un espediente per favorire gli operatori già presenti sul territorio
(cfr. in termini sez. V, 23 maggio 2011, n. 3084).
Per un verso infatti, come già precisato, la concorrenza di per sé non è fattore legittimante secondo i parametri comunitari quando, come nella specie, è preordinata ad inibire l’esercizio della medesima attività ad altri operatori del settore.
Per altro verso, l’invocato rispetto della normativa di settore non sostanzia un interesse autonomamente apprezzabile essendo, nella specie, sostanzialmente preordinato a limitare la concorrenza e come tale non meritevole di tutela.
Sentenza per esteso
INTESTAZIONE
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1298 del 2012, proposto da:
Icm S.n.c., rappresentato e difeso dagli avv. Emilio Festa, Pasquale Di Rienzo,
con domicilio eletto presso Pasquale Di Rienzo in Roma, viale Giuseppe Mazzini
N.11;
contro
Silca Srl, rappresentato e difeso dagli avv. Alarico Mariani Marini,
Goffredo Gobbi, con domicilio eletto presso Goffredo Gobbi in Roma, via Maria
Cristina 8;
nei confronti di
Anas Spa, rappresentato e difeso per legge dall'Marco Stigliano Messutti,
domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12; Provincia di Perugia, Comune di
Foligno;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. UMBRIA - PERUGIA: SEZIONE I n. 00026/2012, resa
tra le parti, concernente annullamento autorizzazione per l'installazione e
l'esercizio di un impianto di distribuzione di carburanti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Anas Spa e di Silca Srl;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 ottobre 2012 il Cons. Antonio
Bianchi e uditi per le parti gli avvocati Pasquale Di Rienzo, Emilio Festa,
Goffredo Gobbi e l'avvocato dello Stato Luca Ventrella;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. La società Energia Petroli 2000 S.r.l. (in seguito EP) era titolare di
una stazione di servizio carburanti nel Comune di Foligno, lungo la SS 75
-Centrale Umbra-, direzione Perugia –Foligno.
Tale società nel 2008 comunicava all’Amministrazione comunale di Foligno la
propria intenzione di chiudere l’impianto.
Peraltro, nel mese di novembre 2009, a tale società subentrava un altro
operatore, la ICM S.n.c..
A seguito del subentro, la predetta ICM presentava al Comune un piano di
smantellamento del distributore di carburanti, chiedendo di mantenere le opere
sopra il suolo per il loro riutilizzo e riservandosi di presentare il relativo
progetto.
In data 20 luglio 2010 , quindi , la ICM presentava al Comune di Foligno
una nuova domanda di autorizzazione per l’installazione e ripristino
dell’impianto di carburanti , che veniva rilasciata dal Comune stesso in data 7
marzo 2011.
Medio tempore, veniva altresì richiesta all’ANAS la voltura dell’esistente
concessione tra ANAS stesso e EP , che veniva rilasciata il 30 aprile 2010.
2. La società Silca S.r.l., titolare di una stazione di servizio -
autogrill nel Comune di Spello nella stessa direzione di marcia e a circa 2
chilometri di distanza dalla stazione di EP, impugnava nanti il TAR Umbria gli
anzidetti provvedimenti ritenendoli illegittimi e lesivi dei suoi legittimi interessi.
Si costituivano in giudizio la ICM, eccependo l’inammissibilità del gravame
per difetto di interesse della Silca, oltre che l’infondatezza di tutti i
motivi di ricorso.
Si costituivano, altresì, il Comune di Foligno e l’ANAS, chiedendo
parimenti la reiezione del ricorso.
Il TAR , con sentenza n. 26/2012 , respingeva l’eccezione di
inammissibilità per difetto di interesse sollevata da ICM e accoglieva il
ricorso.
Avverso la predetta sentenza, ICM ha interposto l’odierno appello
chiedendone l’integrale riforma.
In giudizio si sono costituiti la Silca chiedendo la reiezione
dell’appello, siccome infondato, nonchè l’Avvocatura Generale di Stato per
l’ANAS chiedendo, viceversa, l’accoglimento dell’appello medesimo.
Con successive memorie nei termini le parti hanno insistito nelle
rispettive tesi giuridiche.
Alla pubblica udienza del giorno 23 ottobre 2012, la causa è stata
trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. L’appello è fondato sotto l’assorbente profilo del difetto di
legittimazione della Silca alla impugnativa dei provvedimenti oggetto della
presente controversia., dedotto in primo grado e riproposto in sede di appello
.
Assume al riguardo l’appellante che la Silca non avrebbe la legittimazione
al ricorso sul presupposto che la disciplina nazionale relativa alle distanze
tra impianti di distribuzione carburanti costituisce una restrizione alla
libertà di stabilimento, violando così le norme sulla concorrenza sancite a
livello comunitario.
2. Il rilievo è da condividere.
Ed invero , secondo il recente insegnamento della Sezione che il Collegio
pienamente condivide, la disciplina nazionale relativa all’installazione di
impianti di carburante e, in particolare, quella relativa agli obblighi di
distanze minime (D.lgs. n. 32 del 1998 e legislazione regionale attuativa cui è
rimessa ai sensi dell’art. 1, comma 2, del medesimo decreto, l’adozione di
norme di indirizzo programmatico attraverso le quali sono introdotti gli
obblighi di rispetto delle distanze minime) è stata sottoposta ad un severo
scrutinio del giudice comunitario in relazione alle norme ed ai principi posti
a tutela della libertà di stabilimento (cfr. Corte Giustizia Unione Europea, 11
marzo 2010, n. 384/08, Attanasio Group).
L’art. 43 CE (ora art. 49 TFUE), letto in combinato disposto con l’art. 48
CE (ora art. 54 TFUE), è stato interpretato nel senso che una normativa di
diritto interno, come quella italiana, che prevede distanze minime obbligatorie
fra gli impianti stradali di distribuzione di carburanti, costituisce una
restrizione della libertà di stabilimento sancita dal trattato; una disciplina
del genere, infatti, applicandosi unicamente ad impianti nuovi e non ad
impianti già esistenti prima della sua entrata in vigore, pone condizioni
all’accesso all’attività della distribuzione di carburanti e, favorendo gli
operatori già presenti sul territorio italiano, è idonea a scoraggiare, se non
ad impedire, l’accesso al mercato da parte di imprenditori comunitari.
Né sono stati riconosciuti seriamente applicabili i motivi imperativi di
interesse generale idonei a giustificare restrizioni alla concorrenza e ciò per
diversi ordini di ragioni.
È stato, infatti, evidenziato che:
a) i limiti rinvenibili nella normativa italiana a tutela della salute,
dell’ambiente, della sicurezza stradale non sono adeguati e proporzionati posto
che si applicano solo ai nuovi impianti di distribuzione e non a quelli
preesistenti;
b) i controlli per la tutela dei su indicati interessi pubblici possono
essere efficacemente demandati al concreto riscontro dell’autorità competente,
senza inadeguate limitazioni generali basate sul calcolo delle distanze;
c) la tutela dei consumatori, sub specie di <<razionalizzazione del
servizio reso agli utenti della rete distributiva>>, costituisce un
motivo economico e non un motivo imperativo di interesse generale;
d) in ogni caso tale <<razionalizzazione>> si rivela, su piano
pratico, un espediente per favorire gli operatori già presenti sul territorio
(cfr. in termini sez. V, 23 maggio 2011, n. 3084).
3. Orbene, nella fattispecie in esame, emerge che nessuna posizione di
interesse legittimo è astrattamente enucleabile dall’esame della causa petendi
dell’originario ricorso della Silca perché esso si risolve, all’evidenza, nel
mero interesse materiale di quest’ultima ad impedire l’esercizio dell’attività
della società concorrente e , come tale , non meritevole di tutela se messo in
relazione alle norme ed ai principi comunitari testè enunciati.
In altri termini , il ricorso si sostanzia in un palese tentativo della
Silca di impedire l’esercizio di distribuzione carburanti da parte di ICM e,
quindi, in una ingiustificata limitazione della concorrenza, la cui tutela non
può trovare ingresso nell’odierno giudizio.
4. Erroneamente, quindi, il primo giudice ha disatteso l’eccezione
formulata da ICM ritenendo che la Silca abbia interesse al gravame sia perché
“due stazioni di servizio (...) si pongono intrinsecamente in concorrenza tra
loro”, sia perché la Silca stessa “ha interesse a pretendere il rispetto da
parte dell’operatore concorrente di tutte le disposizioni di legge che regolano
l’attività esercitata”.
Per un verso infatti, come già precisato, la concorrenza di per sé non è
fattore legittimante secondo i parametri comunitari quando, come nella specie,
è preordinata ad inibire l’esercizio della medesima attività ad altri operatori
del settore.
Per altro verso, l’invocato rispetto della normativa di settore non
sostanzia un interesse autonomamente apprezzabile essendo, nella specie,
sostanzialmente preordinato a limitare la concorrenza e come tale non
meritevole di tutela.
Le asserite illegittimità, infatti, non incidono in alcun modo
sull’attività svolta dalla Silca, ma si riferiscono unicamente all’adeguatezza
dell’impianto di ICM sotto taluni specifici profili di sicurezza pubblica, la
cui verifica è affidata alla competenza esclusiva dell’Anas.
5. Conclusivamente ,per le ragioni esposte il ricorso in appello si
appalesa fondato nei sensi sopra precisati e, come tale, da accogliere.
Sussistono giusti motivi per compensare fra le parti le spese nei due gradi
di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta,
definitivamente pronunciando sul ricorso in appello, di cui in epigrafe, lo
accoglie e per l’effetto, in riforma della gravata sentenza, dichiara
inammissibile per difetto di legittimazione il ricorso proposto in primo grado
dalla Silca.
Spese compensate nei due gradi.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 23 ottobre 2012
con l'intervento dei magistrati:
Pier Giorgio Trovato, Presidente
Vito Poli, Consigliere
Paolo Giovanni Nicolo' Lotti, Consigliere
Doris Durante, Consigliere
Antonio Bianchi, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE
|
IL PRESIDENTE
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 15/02/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3,
cod. proc. amm.)
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