APPALTI:
non è illegittima ex sé quella clausola del bando che prevede l’esclusione delle ATI c.d. sovrabbondanti
(Cons. St., Sez. III, 12 febbraio 2013, n. 842)
non è illegittima ex sé quella clausola del bando che prevede l’esclusione delle ATI c.d. sovrabbondanti
(Cons. St., Sez. III, 12 febbraio 2013, n. 842)
Massima
"Si parla di ATI “sovrabbondanti" nelle ipotesi in cui le imprese
in grado siano già in grado, singolarmente, di soddisfare i requisiti economici
e tecnici di partecipazione. Taluni bandi di gara possono vietare le offerte
presentate dalle predette ATI per favorire la concorrenza. La giurisprudenza
considera tali clausole non immediatamente lesive, quindi non impugnabili dalla
conoscenza del bando (ma soltanto
successivamente con la tecnica della c.d. doppia impugnativa,ndr).
Il divieto, come d’altronde ogni limite
quantitativo di operatori in un dato mercato competitivo, anche regolato,
serve quindi a garantire che non si verifichi un’indebita, sproporzionata o
irragionevole compressione della concorrenza nella specifica gara. Di converso,
il divieto va interpretato secondo gli ordinari canoni di valutazione di
coerenza della fonte con le regole ed i principi costituzionali e comunitari,
ossia precludendo siffatta partecipazione con riguardo alle evidenze del
mercato proprio dell’appalto e nei soli limiti in cui ciò è necessario.
Pertanto, se è in sé legittima l’inserzione della citata
clausola nel bando, negli ovvi limiti della proporzionalità e della
ragionevolezza, la relativa applicazione, per esser reputata legittima, non può
mai prescindere dal concreto accertamento dell’effetto anticoncorrenziale che quella
e solo quella ATI sovrabbondante possa produrre in quella ed in quella singola
procedura di gara.
Sentenza per esteso
Il
Consiglio di Stato
in
sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso n. 6111/2012 RG, proposto
dalla Regione Lazio, in persona del Presidente pro tempore della
Giunta regionale, rappresentata e difesa dall'avv. Rodolfo Mazzei, con
domicilio eletto in Roma, via XX Settembre n. 1,
contro
la American Laundry Ospedaliera s.p.a.,
corrente in Melito di Napoli (NA), in persona del legale rappresentante pro
tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Fabio Francario e Massimo
Scalfati, con domicilio in Roma, via della Mercede n. 11 e
nei
confronti di
Azienda Usl Roma B, Azienda Usl Roma C,
Azienda Usl Roma D, Azienda Usl Roma H, Azienda Usl di Frosinone, INMI Lazzaro
Spallanzani – IRCSS ed IRCSS Istituti fisioterapici ospedalieri – IFO,
in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, non
costituiti nel presente giudizio,
per
la riforma
della sentenza breve del TAR Lazio – Roma,
sez. III-quater, n. 7250/2012, resa tra le parti e concernente la gara
comunitaria centralizzata, a procedura aperta, finalizzata all'acquisizione del
servizio di lavanolo occorrente alle Aziende sanitarie della Regione Lazio;
Visti il ricorso in appello e i relativi
allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio
della sola Società appellata;
Visti tutti gli atti della causa;
Visti gli artt. 74 e 120, c. 10, c.p.a.;
Relatore nell'udienza pubblica del 7
dicembre 2012 il Cons. Silvestro Maria Russo e uditi altresì, per le parti
costituite, gli avvocati Mazzei e Francario;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto
quanto segue:
FATTO
e DIRITTO
1. – La Regione Lazio rende noto che, in
forza dell’art. 1, c. 455 della l. 27 dicembre 2006 n. 296 e dell’art. 1, c. 68
, lett. c) della l. reg. Lazio 11 agosto 2008 n. 14, ha assunto, su loro
delega, la funzione di centrale di committenza per le Aziende sanitarie
regionali per indire e gestire a loro favore alcune gare centralizzate per
l’acquisizione di beni e servizi.
Tra tali gare, la Regione Lazio fa
presente d’aver indetto una procedura aperta europea, da aggiudicarsi con il
criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, per il servizio
quadriennale di lavanolo della biancheria piana e confezionata, dei materassi,
dei guanciali, del vestiario e delle divise per il personale di dette Aziende.
Con determinazione dirigenziale n. B02371 del 24 aprile 2012, la Regione Lazio
ha aggiudicato cinque degli otto lotti appaltandi alla SOGESI s.p.a., mentre le
procedure inerenti ai restanti tre sono andate deserte. Sicché per questi
ultimi (lotti nn. 3, 5 e 7) la Regione, con bando spedito alla GUCE il 12
giugno 2012 e pubblicato in GU del successivo giorno 15, ha indetto una nuova
gara centralizzata per aggiudicare il servizio di lavanolo, per la durata di 48
mesi e per un importo complessivo a base d’asta pari a € 42.686.791,00 oltre
IVA ed al netto di € 38.400,00 per rischi da interferenza.
Il bando di gara ha previsto, tra l’altro,
la possibilità di proporre offerte in ATI, con esclusione, però (art. 7 del
bando), di quelle tra le imprese in grado, già singolarmente, di soddisfare i
requisiti economici e tecnici di partecipazione (c.d. ATI “sovrabbondanti”). In
particolare, la Regione ha reputato opportuno, per evitare un uso improprio ed
anticoncorrenziale, di non consentire in linea di massima tale tipo di ATI,
tranne che non associno anche imprese non ipoqualificate, in coerenza con i
principi sul punto da ultimo sanciti dalle deliberazioni dell’Autorità garante
della concorrenza e del mercato – AGCM, nonché dall’AVCP (deliberazioni n. 79
del 7 ottobre 2009, n. 13 dell’11 marzo 2010, ecc.).
2. – Avverso la clausola in questione, la
American Laundry Ospedaliera s.p.a., corrente in Melito di Napoli (NA), è
insorta innanzi al TAR Lazio il quale, con la sentenza breve n. 7250 del 3
agosto 2012, ne ha accolto il ricorso annullando il divieto di partecipazione
delle ATI sovrabbondanti.
Appella quindi la Regione Lazio, deducendo
in punto di diritto: A) – il difetto di legittimazione in capo alla Società
appellata, non avendo inteso partecipare in qualunque forma alla procedura per
cui è causa e, come tale, priva della titolarità di un’autonoma e differenziata
situazione soggettiva tutelabile in via d’azione; B) – l’irrilevanza al
riguardo del preliminare di ATI con un’impresa terza, sia perché l’appellata
non ha inteso, senza ragione, rivelarne il nominativo e non essendo chiaro se
ed a quale gara tale futura ATI avrebbe inteso partecipare, sia perché non si
dimostra la ragione per cui all’appellata sarebbe dovuta occorrere solo un’ATI
“sovrabbondante” per partecipare in modo efficace alle gare stesse; C) – la
conformità della clausola ai principi pro-concorrenziali delle ATI non
sovrabbondanti, come da ultimo suggerito dalla segnalazione dell’AGCM n. AS-880
del 28 settembre 2011, in virtù della quale l’inserimento della clausola stessa
può senz’altro contribuire a scongiurare i rischi derivanti da comportamenti
opportunistici o collusivi delle imprese, con effetti nocivi sulla gara cui
esse partecipano; D) – il principio per cui le clausole di non ammissione delle
predette ATI, non essendo basate su norme imperative e non potendo esser
desunte in via pretoria, soggiacciono agli ordinari canoni di proporzionalità e
di ragionevolezza, in sé e con riguardo allo specifico oggetto dell’appalto; E)
– la necessità nella specie della clausola impugnata, in relazione allo
specifico ed attuale assetto del mercato relativo, a livelli nazionale e
regionale, al lavanolo ed all’entità ed alla complessità della gara
centralizzata regionale; F) – in ogni caso, l’assenza d’ogni automatismo, come
da ultimo chiarito dall’AVCP e quand’anche l’appellata intendesse partecipare
in ATI sovrabbondante, dell’esclusione di quest’ultima senza un accertamento
specifico, da parte della stazione appaltante, del concreto effetto
anticoncorrenziale d’un tal raggruppamento. Resiste nel presente giudizio la
sola Società appellata, concludendo per il rigetto del ricorso in epigrafe.
Con decreto cautelare n. 3233 del 7 agosto
2012, poi confermato con ordinanza cautelare n. 3158 del 1° settembre 2012, la
Sezione ha sospeso la sentenza appellata.
Alla pubblica udienza del 7 dicembre 2012,
su conforme richiesta delle parti costituite, il ricorso in epigrafe è assunto
in decisione dal Collegio.
3. – Per una miglior comprensione della
situazione di fatto, preme al Collegio far presente che la Società appellata,
dopo il citato preliminare di ATI con un’impresa terza, ha poi proposto istanza
di partecipazione, appunto in raggruppamento “sovrabbondante” con tale imprese
almeno per un lotto, alla gara per cui è causa. Allo stato, sul lotto de
quo, il seggio di gara, dopo l’esame della documentazione amministrativa,
ha ammesso l’ATI sovrabbondante alle ulteriori fasi della procedura medesima.
Ciò posto, l’appello della Regione è
meritevole di condivisione e va accolto, per le ragioni ed con i limiti qui di
seguito indicati.
4. – Ora, il Collegio non ritiene di poter
seguire la tesi dell’appellante in ordine all’insufficienza della dimostrazione,
da parte della predetta Società, d’un interesse qualificato all’impugnazione
immediata della clausola in questione.
A tal riguardo, a fronte della
prospettazione di primo grado sull’efficacia immediatamente escludente della
clausola de qua, la Società appellata ha inteso dare un principio
di prova sul proprio interesse all’impugnazione, partendo proprio dalla volontà
di partecipare alla gara in ATI sovrabbondante. La Sezione ha avuto modo di
precisare sul punto (cfr. Cons. St., III, 11 giugno 2012 n. 3402, resa su
vicenda consimile) come, a fronte d’una clausola non ictu oculi preclusiva
alla partecipazione, l’impresa, già in sé qualificata ma che volesse fornire
una offerta in ATI “sovrabbondante”, dovesse chiarire che, avuto riguardo allo
specifico oggetto dell’appalto, solo tal forma di aggregazione le desse una
seria chance di positivo risultato. Nella specie, la Società
appellata, che, si badi, non era certo onerata a produrre un progetto di
offerta per dimostrare il purpose of business da perseguire con
l’ATI sovrabbondante, s’è sì limitata a depositare in atti il preliminare di
ATI, ma ciò non è manifestamente insufficiente, servendo già a far comprendere
la volontà di partecipazione come tale e nella forma aggregativa preferita. Tal
sufficienza ben si può evincere sia dal concreto comportamento di buona fede
delle parti nell’esecuzione di detto accordo, sia dall’intento effettivamente
perseguito nel partecipare in siffatta aggregazione alla gara de qua,
sia dalla circostanza che l’impugnata clausola di non ammissione delle predette
ATI non consente, in assenza d’una norma imperativa conforme e di principi
solidi da cui desumerla in via d’interpretazione, alcun automatismo in danno
alle imprese partecipanti.
5. – Per le ragioni spiegate è, dunque,
erroneo l’assunto da cui parte l’impugnazione di primo grado e che il TAR ha
inteso accogliere.
Il Collegio osserva che la clausola in
parola, nel riferirsi a pronunciamenti dell’AVCP sui possibili effetti
anticoncorrenziali della partecipazione a gara delle ATI sovrabbondanti,
assolve appunto a tal funzione, discendente dall’obbligo della stazione
appaltante d’assicurare la maggior concorrenzialità possibile nella specifica
procedura di gara.
Ma, come rettamente osserva la Regione
appellante, un divieto di tal tipo di ATI non è posto in assoluto, né sarebbe
legittimamente possibile, stante l’evidentefavor del diritto
comunitario alla partecipazione alle gare ad evidenza pubblica anche dei
soggetti riuniti, al di là della forma giuridica di tale loro aggregazione. Il
divieto, come d’altronde ogni limite quantitativo all’ingresso di operatori in
un dato mercato competitivo, anche regolato, serve a garantire che non si
verifichi un’indebita, sproporzionata o irragionevole compressione della
concorrenza nella specifica gara. Di converso, il divieto va interpretato
secondo gli ordinari canoni di valutazione di coerenza della fonte con le
regole ed i principi costituzionali e comunitari, ossia precludendo siffatta
partecipazione con riguardo alle evidenze del mercato proprio dell’appalto e
nei soli limiti in cui ciò è necessario. Da ciò discende il carattere non
immediatamente escludente della clausola, a nulla rilevando che la Società
appellata la intenda in modo differente, giacché non v’è evidenza, né a
priori, né a seguito dell’effettiva partecipazione di essa alla gara nella
forma aggregativa prescelta, che l’ATI sovrabbondante stia creando
un’aggregazione anticoncorrenziale.
Pertanto, se è in sé legittima
l’inserzione della citata clausola nel bando, negli ovvi limiti della
proporzionalità e della ragionevolezza, la relativa applicazione, per esser
reputata legittima, non può mai prescindere dal concreto accertamento
dell’effetto anticoncorrenziale che quella e solo quella ATI sovrabbondante
possa produrre in quella ed in quella singola procedura di gara.
6. – Le spese del presente giudizio,
sussistendone giusti motivi, possono esser compensate in modo integrale tra
tutte le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(sez. III), definitivamente pronunciando sull'appello (ricorso n. 6111/2012 RG
in epigrafe), lo accoglie nei sensi di cui in motivazione e, per l’effetto ed
in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso di primo grado.
Spese compensate.
Ordina che il presente dispositivo sia
eseguito dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella Camera di
consiglio del 7 dicembre 2012, con l'intervento dei sigg. Magistrati:
Gianpiero Paolo Cirillo, Presidente
Bruno Rosario Polito, Consigliere
Angelica Dell'Utri, Consigliere
Roberto Capuzzi, Consigliere
Silvestro Maria Russo, Consigliere,
Estensore
L'ESTENSORE
|
IL PRESIDENTE
|
|
DEPOSITATA
IN SEGRETERIA
Il
12/02/2013
IL
SEGRETARIO
(Art.
89, co. 3, cod. proc. amm.)
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