Consiglio
di Stato, Sez. III, 12 settembre 2012, n. 4831 – Pres. Cirillo – Est. Orsola
Spiezia – S. s.r.l. (avv.ti Manzi, Caruso) c. Società Regionale per la
Sanità-Soresa s.p.a. (avv. Di Bonito), S. s.r.l. (n.c.).
1. Contratti pubblici –
Ottemperanza – Subentro – “Per l’intera durata programmata dell’appalto” –
Interpretazione – Inefficacia “ex tunc” – Motivi – Dato letterale.
2. Contratti pubblici –
Ottemperanza – Subentro – “Per l’intera durata programmata dell’appalto” –
Interpretazione – Inefficacia “ex tunc” – Motivi – Dato comparativo – Appalto
di servizio pluriennale ed a natura permanente - Prevalenza (anche)
dell’interesse pubblico – Necessità di rinnovo alla scadenza – Irrilevanza della
mancanza di copertura finanziaria attuale.
1. Una sentenza passata in giudicato
che ha ordinato alla P.A. di aggiudicare il servizio alla impresa ricorrente
"con subentro nel contratto per l’intera durata programmata
dell’appalto", senza statuire espressamente in ordine alle sorti del precedente
contratto di appalto, facendo riferimento al "subentro nel contratto per
l’intera durata programmata dell’appalto", ha implicitamente statuito
l’inefficacia ex tunc della convenzione in corso tra la
stazione appaltante e la precedente aggiudicataria; è infatti evidente che
soltanto la caducazione della suddetta convenzione fin dalla data della stipula
può essere logicamente compatibile con la contestuale statuizione di affidare
alla ricorrente il servizio "per l’intera durata programmata
dell’appalto".
Ottemperanza ed
appalti: il “perdurante” problema dell’ampiezza dei poteri del Giudice
amministrativo sulla sorte del contratto.
Nota
a Consiglio di Stato, Sez. III, sentenza 12 settembre 2012 n. 4831.
di
Federico Frasca
(Avvocato
e dottorando di diritto amministrativo presso la facoltà di Giurisprudenza –
“Tor Vergata”),
Sommario. 1. Introduzione. 2. La fattispecie concreta. 3.
Breve excursus sulle posizioni giurisprudenziali più
recenti in materia. 4. Le questioni problematiche sottese. 5.
Posizioni dottrinali a confronto. 5.1 La dottrina maggioritaria 5.2 (segue): ed alcune due varianti. 5.3 La
dottrina minoritaria. 6. Conclusioni
(e prospettive).
1.
Introduzione
Il tentato superamento della struttura
bifasica per la tutela in forma specifica negli appalti ad opera del D.Lgs. n.
53/10[1]
non ha comportato affatto l’irrilevanza della fase dell’ottemperanza[2]
in subiecta materia, tanto sul piano
fenomenologico che in quello dogmatico-ricostruttivo, e sia quale rimedio
tipico all’inesatta esecuzione del decisum
da parte della P.A. sia in relazione agli aspetti “cognitori” insiti nella
stessa. L’analisi dell’ottemperanza in materia di appalti non esclude affatto,
quindi, la disamina delle problematiche sottese alla decisione del Giudice
amministrativo sulla “sorte del contratto”, la cui sedes materiae è (rectius dovrebbe
essere) la fase di cognizione.
La stessa giurisprudenza del Consiglio
di Stato, invero, definisce un continuum la
relazione tra le due fasi[3],
rimandando al concetto di fattispecie complessa a formazione progressiva di
stampo procedimentale.
La sentenza che si annota - Consiglio di
Stato, Sez. III, sentenza 12 settembre 2012 n. 4831 – emanata al termine del
giudizio d’ottemperanza, non può dunque che sollevare le medesime aporie che
avrebbe prodotto nell’interprete se fosse stata emanata al termine della fase
cognitoria e, più in particolare, spingerlo a riflettere sul “perdurante
problema dell’ampiezza dei poteri del Giudice amministrativo sulla sorte del
contratto”[4].
I presupposti delle decisioni dei
Giudici amministrativi nella materia in esame[5]
rappresentano il punto di partenza di tale ricerca ermeneutica.
Più in particolare: il problema dei
poteri del Giudice, sub specie dei
limiti che ne devono delineare il perimetro operativo, permane anche nella fase
dell’ottemperanza. Il principio di effettività della tutela giurisdizionale,
inteso come rapida soluzione della controversia in una materia fondamentale
quale quella degli appalti, è risultato quindi sostanzialmente disatteso perché
non realizzato nella soltanto fase cognitoria, ma anche in quella esecutiva. Lo stesso è stato allora declinato dal
Giudice amministrativo come potenziamento della reintegrazione in forma
specifica (ossia il subentro nel contratto), nelle forme dell’inefficacia ex tunc del contratto, a prescindere da
una completa e corretta ponderazione di tutti gli altri interessi e principi
coinvolti. Quanto sostenuto traspare dal decisum
della sentenza che si annota, ma riluce da un’analisi più ampia della
produzione giurisprudenziale più recente nella materia in esame[6].
Tali primi rilievi si saldano, quindi, con
un primo bilancio sul rito super-accellerato delineato dal legislatore
comunitario prima (direttiva 2007/66/CE) e nazionale poi (artt. 120-125 c.p.a.):
introdotto per garantire la tutela della concorrenza tramite il principio di
effettività della tutela giurisdizionale, non si è rilevato pienamente
satisfattivo delle esigenze del “mercato unico” di tutela del principio di
concorrenzialità tra operatori economici (anche) negli affidamenti di lavori,
servizi e forniture. La permanente rilevanza dell’ottemperanza è un indice
sintomatico particolarmente pregnante di quanto sostenuto.
La vera quaestio è ad ogni modo soltanto collegata al problema della rapidità
del giudizio (il ricorso all’ottemperanza, nei fatti frequente, è ex se l’antitesi della concentrazione
processuale); il vero punctum dolens è
la permanente incertezza della latitudine e del fondamento dei poteri del G.A.
in materia d’appalti. Non è casuale che tale problema risulta a tal punto
stringente da aver spinto il Consiglio di Stato a sollevare recentemente davanti
alla Corte di Giustizia la questione pregiudiziale relativa agli artt. 121 co.
5 e 122 c.p.a.[7] proprio
in relazione alla dedotta incertezza ermeneutica applicativa, seppure in
un’ottica di ulteriore “ampliamento” della discrezionalità giurisdizionale.
Il sostanzialismo comunitario[8]
ha portato difatti la nostra giurisprudenza amministrativa ad esercitare un
decisionismo criticabile non tanto ex se quanto
perché privo di un quadro normativo-assiologico, di una ricostruzione sistemica
o di un quadro giurisprudenziale costante, condiviso e condivisibile.
In altre parole, il Giudice
amministrativo italiano considera la materia degli appalti nella fase
cognitoria come di fatto attratta non solo alla giurisdizione esclusiva ma
anche a quella di merito, in evidente distonia ex multis con il dettato positivo[9].
In maniera speculare, la stessa fase dell’ottemperanza, che è invece ipotesi
paradigmatica di giurisdizione di merito, nelle pronunce più recenti in subiecta materia, è interpretata come
fase surrogatoria da parte del Giudice della (mancata) attività di parte della
fase cognitoria.
Tale fenomenologia impone di
rintracciare i fondamenti assiologici che ne sono alla base, e, soprattutto, se
dalle premesse se ne siano tratte le coerenti conseguenze o se all’usum si sia sostituito l’abusum.
La sentenza che si annota, almeno ad
opinione di chi scrive, rappresenta un esempio plastico di tale “patologica”
distorsione del potere giurisdizionale in materia di appalti. La visione
sanzionatoria che la connota ed il principio di effettività della tutela
giurisdizionale[10] hanno
portato il Giudice, in concreto, a fornire un’opinabile interpretazione delle
pronunce “generiche”, ossia prive della specifica statuizione sul efficacia ex tunc o ex nunc, sull’inefficacia del contratto. Il decisum, dal “sapore” vagamente nomofilattico, così recita: “devono sempre intendersi come ex tunc, a prescindere dalla previa valutazione degli interessi
pubblico alla certezza del diritto ed al minor impegno finanziario della P.A. e
di quello (altresì pubblico”) di tutela della concorrenza”. E questo in
violazione dello stesso sostanzialismo giurisprudenziale comunitario, che
considera il principio di effettività della tutela giurisdizionale come
strettamente strumentale a quello di tutela della concorrenza[11],
sottoposto ai principio di proporzionalità o del minimo mezzo
[1] Trattasi di normativa
processuale, applicabile quindi anche ratione
temporis ai processi pendenti alla relativa data di entrata in vigore, il
27 aprile 2010; cfr. ex multis Cons.
St., Sez. V, sent. 23 maggio 2011 n. 3070; Cons. St., Sez. VI, sent. 15 giugno
2012 n. 3759. In
dottrina: R. DE NICTOLIS, Il recepimento della direttiva
ricorsi nel codice appalti e nel nuovo codice del processo amministrativo, www.giustizia-amministrativa.it.
[2]
Come dimostrato
dalla recente pronuncia dell’Ad. Plen., 15 gennaio 2013 n. 2 (che segue alle
pronunce 2, 14 e 18 della Plenaria del 2012) con cui il Supremo Consesso
amministrativo ha preso di nuovo posizione sull’istituto tracciandone un breve excursus legislativo e
giurisprudenziale, vagliandone i diversi presupposti ed obiettivi (quattro) e
chiarendo la portata dell’art. 121 co. 5 c.p.a., relativo al ricorso per “ottenere chiarimenti in ordine alle modalità
dell’ottemperanza” e considerato come rimedio non riconducibile stricto iure all’istituto in esame. Vd. www.giustizia-amministrativa.it.
[3] Ex plurimis: Cons. St., Sez. III, sent. 19 dicembre 2011 n. 6638.
[4] La migliore dottrina ha
chiaramente percepito ed affrontato tale vexata
quaestio: M. LIPARI, Il recepimento
della “direttiva ricorsi”: il nuovo rito super-accellerato in materia di
appalti e l’inefficacia “flessibile” del contratto, 14 aprile 2010, www.federalismi.it; E. FOLLIERI, I poteri del Giudice amministrativo nel
decreto legislativo 20 marzo 2010 n. 53 e negli artt. 120-124 del Codice del
Processo amministrativo, su Dir.
Proc. Amm., 2010, 04, 1067; E. STICCHI DAMIANI, Annullamento dell’aggiudicazione e inefficacia funzionale del contratto,
sulla Rivista Dir. Proc. Amm., 2011,
01, 240; P. CARPENTIERI, Sorte del
contratto (nel nuovo rito degli appalti), su Dir. Proc. Amm., 2011, 02, 664; Ge. FERRARI, L’annullamento del provvedimento di aggiudicazione dell’appalto
pubblico e la sorte del contratto già stipulato nella disciplina detta dal
C.p.A., su Giur. merito, 2011,
04, 919; A. GRAZIANO, Note minime in tema
di inefficacia del contratto di appalto nel Codice del Processo amministrativo,
consultabile su www.giustizia-amministrativa.it; F. CINTIOLI, Le innovazioni del Processo amministrativo sui contratti amministrativi
(ancora in difesa del processo di parti), su Dir. Proc. Amm., 2012, 01, 3; E. STICCHI DAMIANI, Brevi note in tema d’annullamento
dell’aggiudicazione ed effetti sul contratto: i poteri del Giudice alla luce
del Codice del Processo amministrativo, reperibile su Ius publicum – Network Review – www.ius-publicum.com;
[5]
V. LOPILATO, Esecuzione e cognizione nel giudizio
d’ottemperanza, dicembre 2012,
consultabile su www.giustizia-amministrativa.it.
Il testo riprende la relazione tenuta all’incontro di
studio «Il Processo amministrativo nella giurisprudenza», che si è
svolto presso il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, Roma, il 3
ottobre 2012. Una versione più estesa è in corso di pubblicazione nella rivista
il Nuovo diritto
amministrativo, n. 1, 2013, edizione Dike.
[6] La stessa
dottrina ha ben percepito come la nuova disciplina sia rilevante non tanto per
il rito, quanto per i presupposti relativi alla giurisdizione, ossia, più in
particolare, ai poteri affidati al G.A. nella materia in esame. E. FOLLIERI, op. cit., 1, afferma difatti che “La disciplina dettata dal
d.lgs. 20 marzo 2010, n. 53 e dagli artt. 120-124 del d.lgs. 2 luglio 2010, n.
104 (1) disegna sul piano processuale un rito speciale che non si limita a
misure solo accelleratorie del processo, come stabilito dall'art. 23-bis della l. n. 1034/71, e ora
dall'art. 119 d.lgs. n. 104/2010, ma investe aspetti qualificanti e
caratterizzanti della giurisdizione, con riferimento precipuo al giudice che si
arricchisce di poteri di cognizione e di decisione e, quindi, anche di cautela,
per la strumentalità della misura urgente in relazione ai tipi di sentenze che
può adottare il giudice, e di istruzione per la funzionalità dei mezzi di prova
all'accertamento da eseguire ed alle decisioni da prendere.
La specialità del rito è
tale non solo per i ritmi del tempo del processo scanditi da termini
particolarmente contenuti, ma soprattutto per la tipologia dei poteri
cautelari, cognitori, istruttori e decisori del giudice amministrativo rispetto
a quelli previsti in via ordinaria nel processo amministrativo […].
È opportuno, però, in via
preliminare, individuare le ragioni della specialità perché, altrimenti, le
regole, assai numerose e puntuali dettate da questo diverso rito, le dovremmo
mandare giù a memoria come le tabelline delle moltiplicazioni; inoltre, il
perché della diversità può costituire utile criterio guida nell'interpretazione”.
[7]
Si tratta di
Cons. St., Sez. III, ord. 7 gennaio 2013 n. 25. Quanto ai due questi posti alla
C.G.U.E., si leggano le successive note nn. .
[8] G. FALCON, Separazione e
coordinamento tra giurisdizioni europee e giurisdizioni nazionali nella tutela
avverso gli atti lesivi di situazioni soggettive europee, in Riv. dir.
pubbl. comun., 2004, 02, 1153 ss.; DE PRETIS D., La tutela
giurisdizionale amministrativa in Europa fra integrazione e diversità, in Riv.
it. dir. pubbl. comunit., 2004, 2 ss.; A. SANDULLI, La Corte di
giustizia europea ed il dialogo competitivo tra le corti, in www.irpa.eu; G. DELLA CANANEA, La “lingua”
dei diritti nel dialogo tra le corti nazionali ed europee: permanenze o
discontinuità? in http://www.grupposanmartino.it/
dellaCananaeaBarcelona.pdf; S. CASSESE, I tribunali di Babele. I giudici alla ricerca di un nuovo
ordine globale, , 2009. S. FOA’, Il
Giudice amministrativo tra effettività della tutela e suggestioni della Corte
di Giustizia: ipotesi di annullamento ex nunc del provvedimento illegittimo, 16 maggio 2012, pubblicato sulla
rivista telematica www.federalismi.it.
[9] G. ZANOBINI, L’attività amministrativa e la legge in Scritti vari di diritto pubblico,
Milano, 1955, 203; A. TRAVI, Giurisprudenza amministrativa e principio di
legalità, in Dir. pubbl. 1995,
01, 91 ss; A. TRAVI, Il principio di legalità nel diritto amministrativo che
cambia, presentazione al convegno Varenna, 20-22 settembre 2007,
consultabile anche in www.giustamm.it.
[10] Un Maestro come G. CHIOVENDA
definiva il principio di effettività della tutela giurisdizionale “vivida stella che irradia con la sua luce
sull’interso sistema”.
Fondamentale
al riguardo è la Corte di Giustizia, che ha introdotto nell’ordinamento
comunitario il principio con le due note pronunce Heylens (C.G.C.E, sentenza 15 ottobre 1987, causa C-222/86) e Johnston
(C.G.C.E., sentenza15 maggio 1986, Causa C-222/84), partendo dagli
artt. 6 e 7 CEDU e definendolo come “principio comune alle tradizioni
costituzionali degli Stati Membri”. Oggi è consacrato tra i principi generali
del diritto comunitario, con valore pari ai Trattati comunitari. E’ stato
recepito nel nostro ordinamento ex multis
dall’art. 11 Cost., dall’art. 1 della l. n. 241/1990 e dall’art. 1 del
c.p.a. (nell’incipit quindi; nel
codice di procedura civile è soltanto a partire dall’art. 99 che si enunciano i
principi processuali). Si trovava comunque già espresso a livello apicale negli
artt. 2, 3, 24 e 103 Cost..
Il
principio de quo può declinarsi sia
come la garanzia del rimedio giurisdizionale nella realizzazione dei diritti e sia come
parametro valutativo dell’idoneità dei
metodi e delle tecniche di tutela a perseguire l’obiettivo verso cui la
giurisdizione è preordinata. La sua portata non può quindi limitarsi al diritto
d’azione o al diritto alla speditezza processuale; va interpretata piuttosto
sulla base del noto
motto chiovendiano del “tutto quello e proprio quello” che il
mezzo processuale deve assicurare al
titolare del diritto. Diviene allora principio strumentale, ma informato del
canone del due process of law alla
realizzazione degli obiettivi generali dell’ordinamento proprio nella
dialettica processuale, ossia più in particolare nella contrapposizione
dell’interesse privato a quello pubblico tipica del processo amministrativo.
La
concezione rimediale di matrice comunitaria non può quindi, anche sotto questo
profilo, accogliersi tout court: il
rimedio, oltre a postulare i valori predeterminati che tende a realizzare, ne è
anche informato. Se non lo fosse, sfumerebbe il principio di legalità e
rimarrebbe una discrezionalità giurisdizionale pura non più ammissibile neanche
per l’attività amministrativa della P.A., con l’ulteriore rischio di violare
quegli stessi principi che la giurisdizione si proponeva di rispettare.
[11] L. PRINCIPATO, L’ipostatizzazione della concorrenza: da
situazione giuridica soggettiva ed ambito di competenza legislativa a strumento
di politica economica, in Giur. Cost.,
2012, 2, 728 (nota a Corte Cost. sent. 9 marzo 2012 n. 52) paventa il rischio
opposto, ossia l’enfasi parossistica conferita dal legislatore nazionale al
principio di concorrenza: “I giudici delle leggi rendono manifesto il nuovo volto
della concorrenza ed il significato assiologico che essa assume, quale
strumento indispensabile di politica economica. Ma proprio tale lettura, in
realtà, lascia intendere a quale uso alternativo sia andata e vada soggetta la tutela della
concorrenza: non più situazione giuridica soggettiva attiva né solo ambito
materiale di competenza, bensì chiave attuativa di una nuova strategia di gestione
politica dell'economia che - a questo punto, irrimediabilmente - legittima iuris ac de iure qualsiasi
intervento normativo statale, siccome funzionale alla strutturazione
dell'equilibrio macroeconomico, dinanzi alla quale ogni altro interesse diviene
recessivo”.
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