APPALTI:
art. 84 co. 4 e 10 e relativa applicabilità
agli appalti di servizi
(Ad. Plen., 7 maggio 2013 n. 13)
Massima
“In sede di affidamento di una concessione di servizi con
il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, sono applicabili le
disposizioni di cui all’art. 84, comma 4 (relativo alle incompatibilità dei
componenti della commissione giudicatrice) e 10 (relativo ai tempi di nomina
della commissione) del d.lgs. n. 163 del 2006, in quanto espressive dei
principi di trasparenza e di parità di trattamento, richiamati dall’art. 30,
comma 3, del medesimo d.lgs.”.
Sentenza per esteso
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Adunanza
Plenaria)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8 di A.P. del
2013, proposto da:
Acsm - Agam Reti Gas Acqua S.r.l., rappresentato e difeso dagli avv. Danilo Tassan Mazzocco, Giorgio Lezzi, Angelo Clarizia, con domicilio eletto presso Angelo Clarizia in Roma, via Principessa Clotilde, 2;
Acsm - Agam Reti Gas Acqua S.r.l., rappresentato e difeso dagli avv. Danilo Tassan Mazzocco, Giorgio Lezzi, Angelo Clarizia, con domicilio eletto presso Angelo Clarizia in Roma, via Principessa Clotilde, 2;
contro
G6 Rete Gas Spa, rappresentato e difeso dall'avv.
Giuseppe Franco Ferrari, con domicilio eletto presso Giuseppe Franco Ferrari in
Roma, via di Ripetta, 142;
nei confronti di
Comune di Lomazzo;
per la riforma
della sentenza breve del T.A.R. LOMBARDIA - MILANO:
SEZIONE I n. 01171/2012, resa tra le parti, concernente affidamento in
concessione del servizio pubblico locale di distribuzione del gas naturale
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di G6 Rete
Gas Spa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 aprile
2013 il Cons. Sergio De Felice e uditi per le parti gli avvocati Tassan
Mazzocco e Ferrari.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto
segue.
FATTO
In primo grado la G6 Rete gas s.p.a., concessionaria
del servizio di distribuzione del gas naturale per il Comune di Lomazzo,
impugnava davanti al TAR Lombardia – sede di Milano, il bando pubblicato in
data 22 febbraio 2011 con cui l’amministrazione comunale aveva indetto una gara
per l’affidamento di detto servizio, nonché, con motivi aggiunti,
l’aggiudicazione definitiva del servizio a favore della ditta Acsm-Agam Reti
Gas Acqua s.r.l.
La ricorrente deduceva che la commissione di gara era
stata illegittimamente formata in violazione dell’art. 84, comma 10, d.lgs. 163
del 2006, per essere stata nominata prima dello spirare del termine stabilito
per la presentazione delle offerte; deduceva altresì violazione del comma 4
dell’art.84 su menzionato, in quanto un componente del predetto organo, ing.
Nicola Bufalo, aveva prestato la sua opera professionale per la predisposizione
degli atti della procedura di gara, redigendo il relativo disciplinare ed
individuando i sub-criteri di aggiudicazione.
Il primo giudice accoglieva entrambe le censure ed
annullava la gara.
Superata l’eccezione di inammissibilità, dedotta per
mancata specifica impugnazione del disciplinare di gara, nella parte in cui
aveva escluso il rinvio alle norme del codice dei contratti pubblici non
richiamate dal citato art. 84, perché tale regola aveva funzione integrativa
della legge speciale, il Giudice di primo grado reputava le norme invocate
dalla società ricorrente espressive dei principi di imparzialità e trasparenza.
In particolare, al comma 10 veniva attribuita la
funzione di prevenire “possibili contatti fra imprese interessate a partecipare
alla gara ed i commissari” in sede di formulazione dell’offerta tecnica, a
presidio quindi del leale confronto concorrenziale che deve attuarsi anche
nelle gare per l’affidamento di concessioni, ed a nulla rilevando in contrario
che la nomina dell’organo era avvenuta quando le manifestazioni di interesse
erano in fatto già tutte pervenute all’amministrazione aggiudicatrice.
In relazione alla regola di cui al quarto comma, se ne
desumeva la generale operatività dal testuale riferimento a “qualsiasi attività
in grado di interferire con il giudizio di merito sull'appalto”, e pertanto
applicabile al caso di specie, visto che il citato professionista era stato
incaricato dal Comune di predisporre la legge di gara.
Con l’appello la Acsm-Agam riproponeva l’eccezione di
inammissibilità dell’impugnativa rispetto ai contenuti della legge speciale e,
nel merito, deduceva l’erronea applicazione del comma 10 del ridetto art. 84,
avendo la sentenza reputato decisivo ai fini della legittimità il momento della
nomina della commissione di gara, e, sotto l’altro profilo, perchè il predetto
ing. Bufalo si era limitato alla predisposizione del bando e del disciplinare
di gara. Inoltre, lamentava l’erroneità della sentenza per avere disposto la
rinnovazione della gara senza previa formale dichiarazione di inefficacia del
contratto nel frattempo stipulato.
L’appellata G6 Rete Gas dal canto suo riproponeva ex
art. 101, comma 2, cod. proc. amm.: 1) la censura di violazione del principio
di concentrazione delle sedute di gara (oltre quattro mesi impiegati dalla
commissione per le valutazione delle offerte, dei quali oltre due per le
offerte tecniche), che il primo giudice aveva ritenuto assorbita in ragione
dell’accoglimento delle altre censure; 2) la domanda di inefficacia ex art. 122
cod. proc. amm. del contratto stipulato dall’amministrazione resistente con la
controinteressata.
Su quest’ultima riproposizione la società appellante
prendeva posizione eccependone a sua volta l’inammissibilità, a causa della sua
mancata riproposizione in questo grado di giudizio a mezzo di appello
incidentale, in base al principio secondo cui la dichiarazione di inefficacia
non sarebbe conseguenza automatica dell’annullamento dell’aggiudicazione, con
conseguente impossibilità per il giudice d’appello di pronunciarla in assenza
di relativa devoluzione a mezzo di rituale impugnazione.
A ciò l’appellata G6 Rete Gas replicava facendo leva
sulla nota in data 21 giugno 2012, con cui il Comune di Lomazzo si era
determinato nel senso di riattivare il procedimento di gara in seguito
all’annullamento giurisdizionale (salvo poi riferire di una successiva
sospensione in ragione del presente giudizio d’appello), argomentando da tale
comportamento che l’amministrazione aggiudicatrice aveva “annullato e/o
dichiarato inefficace” il contratto concluso con la controinteressata
Acsm-Agam.
Con la ordinanza di rimessione a questa Adunanza
Plenaria, la Quinta Sezione ha esaminato dapprima il motivo di appello
consistente nella deduzione di inammissibilità del ricorso di primo grado a
causa dell’omessa specifica impugnativa da parte della GG Rete Gas del
disciplinare, nella parte in cui non ha fatto richiamo all’art. 84 del codice
dei contratti pubblici.
La sezione rimettente ha rigettato tale motivo sul
rilievo che la clausola della legge di gara in questione è in realtà
riproduttiva del disposto di legge.
Il paragrafo 1 del disciplinare contiene infatti la
precisazione che, in quanto preordinata all’affidamento di una concessione di
servizi, la gara è assoggettata agli artt. 30 e 216 del codice dei contratti,
con esclusione delle restanti disposizioni di tale testo normativo “salvi gli
espressi richiami al medesimo d.lgs. n. 163/2006 contenuti nel presente
disciplinare”.
La previsione, secondo la ordinanza di rimessione, è
dunque sovrapponibile a quella di legge, visto che anche il predetto art. 30
sancisce la non applicabilità delle disposizioni del codice dei contratti,
mentre la salvezza di quelle richiamate altro non sarebbe che la esplicitazione
di una pacifica facoltà della amministrazione aggiudicatrice di conformare la
legge di gara attraverso il rinvio a precetti normativi puntuali.
Con riguardo alla domanda volta alla declaratoria di
inefficacia del contratto, la Sezione rimettente ha osservato come essa fosse
stata formulata dalla G6 Rete Gas in modo perplesso, ivi prospettandosi come
fatto meramente eventuale la stipula del contratto con la controinteressata
odierna appellante; inoltre, vengono trovati condivisibili i rilievi secondo
cui tale domanda avrebbe dovuto essere proposta con appello incidentale, a
fronte di una espressa statuizione del TAR che demanderebbe alla “rinnovazione
parziale” della procedura di gara il conseguimento del bene della vita anelato
con l’impugnativa di primo grado.
Con l’ordinanza di rimessione, la Quinta Sezione ha
quindi deferito l’esame dell’appello all’Adunanza plenaria, evidenziando il
contrasto tra due opposti orientamenti interpretativi, emersi di recente nella
giurisprudenza di questo Consiglio, in ordine al campo di applicazione dei
commi 4 e 10 dell’articolo 84 del codice dei contratti pubblici anche alle
concessioni di servizi.
Secondo la tesi dell’appellante, l’art. 84, commi 10 e
comma 4, del d.lgs n. 163 del 2006 non sarebbe applicabile alla gara oggetto di
giudizio, tanto perché la relativa lex specialis non lo richiama (in
particolare il citato art. 1 del disciplinare), quanto perché le relative
prescrizioni non potrebbero essere ritenute dei precipitati dei principi di
trasparenza, adeguata pubblicità, non discriminazione, parità di trattamento,
principi dichiarati (solo essi) applicabili alle concessioni di servizi dal
comma 3 dell’art. 30.
Secondo la ordinanza di rimessione, in caso di
soluzione del quesito in senso affermativo, sarebbe necessario poi ancora
stabilire, con riguardo al comma 10, se sia illegittima anche la commissione
costituita dopo la presentazione effettiva della domanda di partecipazione ma prima
della scadenza del termine per la presentazione dell’offerta; mentre, in merito
alla fattispecie di cui al comma 4, se determini la preclusione a far parte
della commissione aggiudicatrice la predisposizione del progetto posto a base
della gara da parte di uno dei commissari.
La rimessione espone quindi gli orientamenti
contrastanti della giurisprudenza del Consiglio di Stato
Un primo indirizzo (sentenza della III Sezione n. 5547
del 2011) ha negato l’esistenza di un nesso di inscindibilità tra il criterio
dell’offerta economicamente più vantaggiosa e le regole di cui all’art. 84
sulla nomina della commissione di gara. Ancorché resa in una procedura di
affidamento di servizi di cui all’all. II B del codice del contratti, detto
precedente rileva nel presente giudizio, in quanto l’art. 27 opera per detta
tipologia di contratti un richiamo ai principi generali non dissimile da quello
dell’art. 30.
La sentenza della quinta sezione n. 4311 del 2010 ha
perentoriamente escluso che l’art. 84, comma 10, sia applicabile alle
concessioni di servizi in generale (e con riguardo all’art. 84 in generale, la
pronuncia 3 maggio 2012, n. 2552 della quinta sezione; v. anche sent. 4 gennaio
2011, n. 2 della medesima sezione).
In senso contrario, la stessa quinta sezione, oltre a
ritenere applicabile l’art. 84 nel suo complesso alle concessioni di servizi
pubblico (con sentenza 17 gennaio 2011, n. 224), dapprima a livello di obiter
dictum (con sentenza 22 marzo 2011, n. 1784), poi con statuizione
pienamente rientrante nella ratio decidendi (con sentenze 23
maggio 2011, n. 3086 e 27 ottobre 2011, n. 5740), ha giudicato operante nelle
procedure di affidamento di detti contratti la regola della posteriorità della
nomina della commissione di gara rispetto alla presentazione delle offerte
stabilita dall’art. 84, comma 10.
Con l’ordinanza di rimessione n.803 del 2013, la
quinta sezione, nel rimettere la soluzione del contrasto alla Adunanza
Plenaria, conclude propendendo chiaramente nel senso della più ampia
applicazione delle regole contenute nei commi 4 e 10 dell’art. 84 anche alle
procedure di affidamento nelle concessioni di servizi, in quanto entrambe da
ritenere riconducibili al principio di trasparenza testualmente richiamato
dall’art. 30 del medesimo codice, sulla base di argomenti sia letterali, sia
logici e sistematici.
Alla udienza pubblica del 22 aprile 2013 la causa,
dopo discussione orale, è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1.Per risolvere la controversia, occorre esaminare
dapprima l’istituto della concessione di servizi e la disciplina scarna che ad
essa riserva il codice, distinguendo tra principi e disposizioni ad esso
istituto applicabili e tenendo conto, quanto ai primi, che alle concessioni di
pubblici servizi sono applicabili sia i principi desumibili dal Trattato, sia i
principi generali relativi ai contratti pubblici.
Successivamente, sulla base della ragione intrinseca
delle due disposizioni relative alla nomina della commissione giudicatrice,
contenute nei commi 4 e 10 dell’art. 84, occorrerà valutarne la estensibilità o
meno alle commissioni di gara per l’affidamento di concessioni di pubblici
servizi, argomentando sulla natura di norme di principio o esplicative di
principi generali oppure di mere disposizioni, applicabili soltanto
specificamente alle fattispecie richiamate.
1.1.Nell’ordinamento comunitario il tratto distintivo
della concessione viene individuato nelle modalità di remunerazione del
soggetto affidatario e nella attribuzione o meno in capo al soggetto stesso del
rischio economico connesso alla gestione economico-funzionale dell’opera o del
servizio.
Con riguardo alla definizione, la concessione di
servizi viene definita dalla direttiva 2004/18/CE, nonché dal Codice dei
contratti pubblici (art. 3, comma 12) come «il contratto che presenta le stesse
caratteristiche di un appalto pubblico di servizi, ad eccezione del fatto che
il corrispettivo della fornitura di servizi consiste unicamente nel diritto di
gestire i servizi o in tale diritto accompagnato da un prezzo».
Più specificamente, l'art. 30 del medesimo Codice al
comma 2 afferma che nella concessione di servizi la controprestazione a favore
del concessionario consiste unicamente nel diritto di gestire funzionalmente e
di sfruttare economicamente il servizio.
La distinzione attiene alla struttura del rapporto,
che nell’appalto di servizi intercorre tra due soggetti (la prestazione è a
favore dell’amministrazione), mentre nella concessione di servizi pubblici
intercorre tra tre soggetti, nel senso che la prestazione è diretta al pubblico
o agli utenti.
Sebbene le direttive appalti abbiano tendenzialmente
escluso dal proprio ambito di applicazione le concessioni di servizi,
l’affidamento delle stesse, secondo la giurisprudenza comunitaria e nazionale,
non può essere sottratto ai principi espressi dal Trattato in tema di
concorrenza.
Tale regola viene codificata nell’articolo 30, comma
3, il quale, unitamente alla definizione dell’istituto stesso (al comma 2),
recepisce gli orientamenti espressi dalla Comunicazione interpretativa della
Commissione sulle concessioni nel diritto comunitario del 12 aprile 2000 (in
GUCE C-121 del 29 aprile 2000) nonché, nell’ordinamento interno, dalle
circolari della Presidenza del Consiglio dei Ministri n.3944 del 1 marzo 2002 e
n.8756 del 6 giugno 2002 (rispettivamente in GURI n.102 del 3 maggio 2002 e
n.178 del 31 luglio 2002).
2. Sulla base di quanto prevede il primo comma del
menzionato articolo 30 – “Salvo quanto disposto nel presente articolo, le
disposizioni del codice non si applicano alle concessioni di servizi” –
l’interprete deve porsi il problema della differenza tra principi e
disposizioni (principi desumibili, come si è accennato, dal Trattato ma anche
principi generali relativi ai contratti pubblici), certamente applicabili anche
alle concessioni di servizi e disposizioni del codice, viceversa espressamente
escluse dal campo di applicazione.
Per effettuare in modo compiuto tale distinzione tra
principi generali e disposizioni, non può trascurarsi di rilevare che i
principi non sono soltanto quelli che il codice definisce, di massima nelle sue
parti iniziali (v. in specie l’art. 2), come principi generali di una data
materia, nel senso di superprincipi o valori o finalità teleologiche del
sistema.
Come è infatti noto, l’aspetto rilevante di un codice,
anche nel senso ristretto della nuova codificazione moderna secondo codici di
settore, è la sua aspirazione ad essere un “sistema”; il sistema consente di
spostare l’attenzione anche su principi, che rendono possibile la comprensione
delle singole parti connettendole al tutto e che, finalmente, rendono
intellegibile il disegno armonico, organico ed unitario sotteso rispetto alla
frammentarietà delle parti.
I principi generali di un settore esprimono valori e
criteri di valutazione immanenti all’ordine giuridico, che hanno una memoria
del tutto che le singole e specifiche disposizioni non possono avere e ai quali
esse sono riconducibili; sono inoltre caratterizzati da una eccedenza di
contenuto deontologico in confronto con le singole norme, anche ricostruite nel
loro sistema, con la conseguenza che essi, quali criteri di valutazione che
costituiscono il fondamento giuridico della disciplina considerata, hanno anche
una funzione genetica (“nomogenetica”) rispetto alle singole norme.
Sotto tale profilo, sulla base di quanto dispone
l’art. 30, non potrebbe sostenersi l’applicabilità di tutte le disposizioni del
codice, in quanto tutte le norme di dettaglio costituiscono una più o meno
immediata applicazione di principi generali.
E’ evidente, tuttavia, che i principi generali
comunitari o di rilievo nazionale, secondo gli articoli 2 e 30 del codice dei
contratti pubblici, abbisognano anche di declinazioni in disposizioni
specifiche legislative, che trovano la propria ratio immediata
nei medesimi principi, sia pure calati rispetto ad esigenze più particolari e
che a loro volta si caratterizzano, questo è il punto centrale, per essere
tradizionalmente considerati principi generali della specifica materia (nella
specie, dei contratti pubblici).
Secondo il terzo comma dell’art. 30, la scelta del
concessionario deve avvenire nel rispetto dei principi desumibili dal Trattato
e dei principi generali relativi ai contratti pubblici e, in particolare, dei
principi di trasparenza, adeguata pubblicità, non discriminazione, parità di
trattamento, mutuo riconoscimento, proporzionalità, previa gara informale a cui
sono invitati almeno cinque concorrenti, se sussistono in tale numero soggetti
qualificati in relazione all’oggetto della concessione, e con predeterminazione
dei criteri selettivi.
Sulla base di tali principi, è pacifico, per esempio,
che la scelta del concessionario debba essere conseguente ad una procedura
competitiva e concorrenziale ispirata ai principi dettati dal Trattato
istitutivo.
L’art. 2 comma 1 del codice prevede che l’affidamento
e l’esecuzione di opere e lavori pubblici, servizi e forniture, ai sensi del
presente codice, deve garantire la qualità delle prestazioni e svolgersi nel
rispetto dei principi di economicità, efficacia, tempestività e correttezza;
l’affidamento deve altresì rispettare i principi di libera concorrenza, parità
di trattamento, non discriminazione, proporzionalità, nonché quello di
pubblicità con le modalità indicate nello stesso codice.
Inoltre nella interpretazione della giurisprudenza
comunitaria la normativa di principio di derivazione comunitaria trova
applicazione non limitatamente agli appalti di lavori, servizi e forniture ma
presenta una valenza pressoché generalizzata nel settore dei contratti
pubblici.
3. Occorre ora esaminare la funzione (sia la ratio che
il fine) delle disposizioni che l’articolo 84 riserva alla formazione della
commissione, al momento della nomina e alle specifiche incompatibilità.
Nella fattispecie vengono in rilievo le disposizioni
di cui ai commi 4 e 10 dell’articolo 84, dedicati alla commissione giudicatrice
nel caso di aggiudicazione con il criterio dell’offerta economicamente più
vantaggiosa.
Il quarto comma prevede che i commissari diversi dal
Presidente non devono aver svolto né possono svolgere alcun’altra funzione o
incarico tecnico o amministrativo relativamente al contratto del cui
affidamento si tratta.
Il decimo comma prevede che la nomina dei commissari e
la costituzione della commissione devono avvenire dopo la scadenza del termine
fissato per la presentazione delle offerte.
Occorre ora individuare le intrinseche rationes di
tali disposizioni, al fine di qualificarne la natura di principio generale, o
di stretta derivazione da tali principi, oppure, alternativamente, di mere
disposizioni procedurali che, ove ritenute tali, non possono applicarsi tout
court alle procedure per le concessioni di servizi, alle quali non si
applica il codice inteso nella sua interezza.
La tesi della sentenza appellata è nel senso della
applicabilità delle su indicate regole alle concessioni di servizi come
conseguenza della loro riconducibilità ai principi generali del codice dei
contratti pubblici e dei principi generali del procedimento amministrativo,
quali l’imparzialità e trasparenza, espressamente contemplati anche dal comma 3
dell’art. 2 del codice dei contratti.
L’articolo 30, come detto, stabilisce che alle
concessioni di servizi, salvo quanto disposto dallo stesso articolo, non si
applicano le disposizioni del codice.
L’appellante argomenta a contrario, per esempio,
dall’articolo 206 del codice, che, riferendosi ai contratti pubblici di cui al
capo interessato (nei settori speciali, più precisamente), nel richiamare un
lungo elenco di parti e di articoli, richiama, tra i tanti, anche l’articolo
84, che qui interessa.
Pertanto, ad un ragionamento puro e semplice, che
dovesse far riferimento al richiamo o meno della disciplina specifica
riguardante, tra l’altro, le regole sulla nomina e sui componenti della
commissione giudicatrice, l’interprete dovrebbe rispondere in senso negativo e
cioè nel senso che tali disposizioni non sono applicabili alle concessioni di
servizi, alle quali il codice non si applica e perché non sono espressamente
richiamate (salva l’ipotesi del richiamo o autolimite nella legge di gara).
Tuttavia, il problema consiste nel verificare, come
propone la ordinanza di rimessione, se tali regole siano in qualche modo
corrispondenti o almeno riconducibili a taluno dei principi comunitari o
nazionali (“desumibili dal Trattato e…relativi ai contratti pubblici”) o
espressione di principi generali e quindi da ritenere applicabili e da
applicare anche nella specie.
Come ha osservato l’ordinanza di rimessione,
nell’ottica della possibile natura imperativa – nel caso fossero individuate
come disposizioni inderogabili – delle regole contenute nei commi su
richiamati, non sarebbe rilevante una eventuale mancanza di impugnativa
rispetto alla lex specialis che nulla avesse stabilito al
riguardo o che non avesse provveduto a richiamare ad hoc l’articolo
84 o le sue regole – e in tal senso pertanto non sarebbero decisivi
orientamenti che argomentassero sulla base della previsione o omissione della
regola di gara oppure della sua tempestiva impugnazione -, proprio perché su
tale mancato richiamo prevarrebbe, secondo la tesi della ordinanza di
rimessione, la imperatività o inderogabilità del precetto normativo.
Con riguardo alla funzione e agli obiettivi di tali
disposizioni, deve osservarsi quanto segue.
La previsione di legge di cui al comma 4, come il
precedente storico contenuto nell’art. 21 comma 5 legge n.109 del 1994, è
evidentemente destinata a prevenire il pericolo concreto di possibili effetti
disfunzionali derivanti dalla partecipazione alle commissioni giudicatrici di
soggetti (progettisti, dirigenti che abbiano emanato atti del procedimento di
gara e così via) che siano intervenuti a diverso titolo nella procedura
concorsuale.
Tale regola mira ad impedire la partecipazione alla
Commissione di soggetti che, nell’interesse proprio o in quello privato di
alcuna delle imprese concorrenti, abbiano assunto o possano avere assunto
compiti di progettazione, di esecuzione o di direzione di lavori oggetto della
procedura di gara e ciò a tutela del diritto delle parti del procedimento ad
una decisione amministrativa adottata da un organo terzo ed imparziale.
Tale motivo di incompatibilità riguarda soltanto i
commissari diversi dal presidente.
La ratio consiste nella volontà di
conservare, almeno in parte, la distinzione tra i soggetti che hanno definito i
contenuti e le regole della procedura e quelli che ne fanno applicazione nella
fase di valutazione delle offerte.
L’interesse pubblico rilevante diventa quindi non
tanto e non solo quello della imparzialità, cui è in ogni caso riconducibile,
(anche se la deroga per il presidente ne costituisce evidente attenuazione), ma
anche la volontà di assicurare che la valutazione sia il più possibile “oggettiva”
e cioè non “influenzata” dalle scelte che la hanno preceduta, se non per ciò
che è stato dedotto formalmente negli atti di gara.
A sua volta la regola della posteriorità della nomina
della commissione rispetto alla scadenza del termine di presentazione delle
offerte risponde alla convinzione diffusa che tale vincolo temporale sia posto
a presidio della trasparenza (intesa in senso più lato rispetto al senso della
generale accessibilità alla attività amministrativa) e della imparzialità della
procedura, tanto che l’orientamento più rigoroso ne fa discendere dalla
inosservanza la invalidità (per annullabilità) degli atti successivi alla
nomina (tra tante, Cons. Stato, V, 29 aprile 2009, n.2738).
In pratica, la posticipazione della nomina dovrebbe evitare
situazioni in cui le offerte siano influenzate dalle preferenze, anche solo
presunte o supposte, dei commissari, o da loro suggerimenti e che vi possano
essere tentativi di collusione o anche solo di contatti con imprese “amiche”.
Tale regola deve essere ritenuta, dunque, pur essa
espressione di un principio generale della materia dei contratti pubblici,
inerente il corretto funzionamento delle procedure selettive di scelta
dell’affidatario.
4.Esaminate la ragione e la funzione di tali precetti
normativi, non si può non concludere nel senso che, in quanto tese ad evitare
il pericolo concreto di violazione della imparzialità della commissione e
quindi poste a tutela della correttezza del procedimento, della trasparenza e
imparzialità dell’azione amministrativa, tali regole possano ben essere intese
come imperative e come tali inderogabili e nel sistema applicabili, perché
implicitamente richiamate, anche per la disciplina delle concessioni di
servizi, sulla base di canoni di interpretazione sistematica, letterale (solo
in apparenza di segno contrario, per la mancanza di un espresso richiamo) e
logica.
Il principio generale nel quale sussumere le
disposizioni interessate è quindi quello della trasparenza e imparzialità, a
maggior ragione considerando che l’articolo 2 al comma 3 prevede che debbano
essere rispettate – “Per quanto non espressamente previsto nel presente codice,
le procedure di affidamento e le altre attività amministrative si espletano nel
rispetto delle disposizioni sul procedimento amministrativo…” - anche le
disposizioni sul procedimento amministrativo di cui alla legge 7 agosto 1990,
n.241, a sua volta contenente all’art. 1 i principi generali dell’azione
amministrativa (art.1 Principi generali dell'attività amministrativa
“L'attività amministrativa persegue i fini determinati dalla legge ed è retta
da criteri di economicità, di efficacia, di imparzialità, di pubblicità e di
trasparenza secondo le modalità previste dalla presente legge e dalle altre
disposizioni che disciplinano singoli procedimenti, nonché dai principi
dell'ordinamento comunitario”).
Pertanto, l’imparzialità, sicuramente principio
generale, non richiamato espressamente dall’articolo 2 del codice contratti
pubblici, ma richiamato a mezzo del rinvio alla legge n.241 del 1990, deve
ritenersi vincolante, unitamente alla sua declinazione immediata (lo stesso
principio di imparzialità è invece compreso nei principi enunciati
dall’articolo 27 del codice, tra i principi relativi ai contratti esclusi).
L’art. 30 si inserisce nell’ottica di una progressiva
assimilazione delle concessioni agli appalti, con l’obiettivo, di matrice
europea, di vincolare i soggetti aggiudicatori a rispettare anche nelle
procedure di affidamento delle prime i principi dell’evidenza pubblica
comunitaria, tra i quali i canoni di trasparenza invalsi nelle seconde
attraverso una procedura tipica di gara, nella quale si impone l’esigenza che
il confronto competitivo sia effettivo e leale, pena altrimenti la
vanificazione delle finalità stesse del procedimento selettivo di stampo
concorsuale.
Stante la tendenziale assimilazione delle diverse
fattispecie, almeno sotto il profilo del procedimento di scelta dell’altro
contraente, dal punto di vista sistematico, il mancato rinvio da parte della
legge di gara non può quindi ritenersi decisivo al fine di escludere
l’operatività di precetti che dovessero ritenersi, proprio per la loro natura
di derivazione diretta da principi generali, norme imperative, espressive di
principi generali e consolidati della materia e quindi come tali, in grado di
integrare e sovrapporsi alla lex specialis.
Deve ritenersi, quindi, che le regole, quali quelle
contenute nell’art. 84 sui “tempi” della formazione e sulla “regolare
composizione” di un organo amministrativo (tali regole aventi natura
sostanziale e non ogni diversa disposizione procedurale) siano un predicato dei
principi di trasparenza e di imparzialità, per cui le disposizioni di cui ai
commi 4 e 10 devono ritenersi espressione di principio generale del codice e,
pertanto, applicabile, ai sensi dello stesso articolo 30, anche alle
concessioni di servizi pubblici.
Tra l’altro, nella pratica e nel senso comune della
esperienza di tali procedure per la scelta dell’altro contraente, la valenza
generale della regola sulla posteriorità della nomina si ritiene a maggior
ragione invocabile quando il sistema di gara, come nella specie, sia quello
della offerta economicamente più vantaggiosa, stante da un canto la lata
discrezionalità della valutazione e dall’altro canto, conseguentemente, il minore
ambito di profondità di sindacato giurisdizionale.
Dal punto di vista logico, d’altra parte, come non ha
mancato di rilevare la ordinanza di rimessione, le disposizioni di cui ai commi
4 e 10, che hanno una loro logica ratio, non presentano grandi svantaggi
e non costituiscono oneri amministrativi e procedurali di particolare gravità
né riguardo al rispetto delle stesse si appalesano particolari
controindicazioni, a fronte invece di indubbi vantaggi a tutela della
trasparenza, imparzialità, buon andamento dell’operare amministrativo, assurto,
nell’ordinamento, anche e ben oltre la disciplina degli affidamenti, a valore
fondante del sistema.
Inoltre, in presenza di minime se non assenti maggiori
attenzioni procedurali, poiché il principio generale di giustizia impone di
trattare giuridicamente in modo eguale situazioni equivalenti, sarebbe
irragionevole trattare diversamente situazioni tutto sommato sostanzialmente
assimilabili e che sotto il profilo esaminato (cioè delle regole sulla nomina
della commissione) non presentano significative differenze.
5.Sotto il secondo dei profili esaminati, deve
ravvisarsi la situazione di incompatibilità del componente della commissione
giudicatrice, ing. Del Bufalo, professionista precedentemente incaricato della
redazione del bando e del disciplinare di gara (dell’ “assistenza specialistica
[…] per l’espletamento della procedura di gara relativa all’affidamento del
servizio di distribuzione del gas naturale”, comprendente tra l’altro
l’individuazione dei criteri di valutazione delle offerte e dei relativi sub
criteri, secondo la determina n. 48 dell’11 febbraio 2011).
Il dettato della disposizione codicistica (comma 4
dell’art. 84) risponde alla esigenza di rigida separazione della fase di
preparazione della documentazione di gara con quella di valutazione delle
offerte in essa presentate, a garanzia della neutralità del giudizio ed in
coerenza con la ratio generalmente sottesa alle cause di
incompatibilità dei componenti degli organi amministrativi.
6.Il rigetto dell’appello e la conferma della sentenza
appellata esime questo Collegio giudicante dall’esame degli ulteriori motivi di
censura riproposti dalla parte appellata.
E’ naturale che, secondo i principi generali, la
caducazione della nomina, ove si accerti, come nella specie, essere stata
effettuata in violazione delle regole di cui all’art. 84, comma 4 e 10,
comporterà in modo caducante il travolgimento per illegittimità derivata di
tutti gli atti successivi della procedura di gara fino all’affidamento del
servizio ed impone quindi la rinnovazione dell’intero procedimento.
Il primo giudice ha specificato nella sentenza
appellata (pagina 10, rigo settimo e quartultimo rigo) come si imponeva la
rinnovazione integrale della procedura e come ciò costituisse il vero ristoro
per la ricorrente.
Si tratta cioè di ipotesi in cui il vizio
dell’aggiudicazione comporta l’obbligo di rinnovare la gara integralmente (arg.
ex art. 122 c.p.a., che fa riferimento proprio “alla luce dei vizi riscontrati”
per i casi in cui il vizio dell’aggiudicazione determini necessariamente
“l’obbligo di rinnovare la gara”) e non potrebbe essere altrimenti, a
differenza di quanto sostiene parte appellante, a prescindere dalla
declaratoria formale di inefficacia del contratto.
7.Sono assorbite tutte le altre censure, come in
particolare quella di violazione del principio di concentrazione delle sedute
di gara (oltre quattro mesi impiegati dalla commissione per le valutazione
delle offerte, dei quali oltre due per le offerte tecniche), che il primo
giudice ha ritenuto assorbita in ragione dell’accoglimento delle altre censure
e che la G6 Rete Gas aveva dal canto suo riproposto ex art. 101, comma 2, cod.
proc. amm.
8.Per le sopra esposte considerazioni, va rigettato
l’appello, con conseguente conferma dell’appellata sentenza e con
l’enunciazione del seguente principio di diritto:
“In sede di affidamento di una concessione di servizi
con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, sono applicabili
le disposizioni di cui all’art. 84, comma 4 (relativo alle incompatibilità dei
componenti della commissione giudicatrice) e 10 (relativo ai tempi di nomina
della commissione) del d.lgs. n. 163 del 2006, in quanto espressive dei
principi di trasparenza e di parità di trattamento, richiamati dall’art. 30,
comma 3, del medesimo d.lgs.”.
A causa della diversità di opinioni giurisprudenziali,
sussistono giustificati motivi per disporre la compensazione delle spese del
presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Adunanza Plenaria), definitivamente pronunciando sull'appello, come in
epigrafe proposto, così provvede: rigetta l’appello, confermando l’appellata
sentenza.
Spese del presente grado compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita
dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del
giorno 22 aprile 2013 con l'intervento dei magistrati:
Giorgio Giovannini, Presidente
Riccardo Virgilio, Presidente
Pier Giorgio Lignani, Presidente
Alessandro Pajno, Presidente
Luciano Barra Caracciolo, Presidente
Marzio Branca, Consigliere
Aldo Scola, Consigliere
Vito Poli, Consigliere
Francesco Caringella, Consigliere
Maurizio Meschino, Consigliere
Sergio De Felice, Consigliere, Estensore
Bruno Rosario Polito, Consigliere
Vittorio Stelo, Consigliere
IL PRESIDENTE
|
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L'ESTENSORE
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IL SEGRETARIO
|
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 07/05/2013
(Art. 89, co. 3,
cod. proc. amm.)
Il Dirigente della Sezione
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