Concorso da notaio:
la giustizia amministrativa conferma il suo "niet".
Stavo dando uno sguardo alle pronunce del TAR Lazio Sez. I dell' 8 maggio 2013.
Su una ventina di ricorsi contro la mancata ammissione agli orali del concorso da notaio, non c'è stato un solo accoglimento.
Per tutti anche la condanna alle spese di lite (€ 1.500; solitamente il G.A. compensa).
Che dire?
Non fate ricorso (vale anche oer gli aspiranti magistrati, avvocati, etc.), salvo i casi di mascropica erroneità nella procedura di correzione, non nel merito (error in procedendo, e non in iudicando).
A presto.
FF
Massima
Dal momento che il giudizio di legittimità non può trasmodare in un pratico rifacimento, ad opera dell'adito organo di giustizia, del giudizio espresso dalla Commissione, con conseguente sostituzione alla stessa, trova espansione il principio per cui l'apprezzamento tecnico della Commissione è sindacabile soltanto ove risulti macroscopicamente viziato da illogicità, irragionevolezza o arbitrarietà.
Come più volte affermato in giurisprudenza, anche della Sezione (Tar Lazio, sez. I, n. 2467 del 2012 e n. 26342 del 2010), il giudizio della Commissione, comportando una valutazione essenzialmente qualitativa della preparazione scientifica dei candidati, attiene alla sfera della discrezionalità tecnica, censurabile – unicamente sul piano della legittimità – per evidente superficialità, incompletezza, incongruenza, manifesta disparità, laddove tali profili risultino emergenti dalla stessa documentazione e siano tali da configurare un palese eccesso di potere, senza che, con ciò, il giudice possa o debba entrare nel merito della valutazione (ex multis, Cons. Stato, sez. IV, n. 172 del 2006).
Pur in presenza del superamento dell’equazione concettuale tra discrezionalità tecnica e merito – quest’ultimo riservato all'Amministrazione nella determinazione del regolamento di interessi più opportuno, e dunque insindacabile - nondimeno il limite del controllo giurisdizionale è dato dal fatto che l'applicazione della norma tecnica non sempre si traduce in una legge scientifica universale, caratterizzata dal requisito della certezza, ed anzi, quando contiene concetti giuridici indeterminati, dà luogo ad apprezzamenti tecnici ad elevato grado di opinabilità (Tar Lazio, sez. I, n. 2900 del 2011 e n. 6209 del 2004).
Il giudicante non può, quindi, ingerirsi negli ambiti riservati alla discrezionalità tecnica dell'organo valutatore (e dunque sostituire il proprio giudizio a quello della Commissione), se non nei casi in cui il giudizio si appalesi viziato sotto il profilo della logicità (ex multis, Consiglio Stato, sez. VI, n. 871 del 2011).
Sentenza per esteso
INTESTAZIONE
Il Tribunale Amministrativo Regionale per
il Lazio
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8383 del 2012,
proposto da:
R.G., rappresentato e difeso dall'avv. A.G., con
domicilio eletto presso Studio Legale Internazionale in Roma;
contro
Ministero della Giustizia, in persona del Ministro
p.t., rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura Generale dello Stato e
presso la stessa domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l'annullamento
- del provvedimento di mancata ammissione del
ricorrente alle prove orali del concorso in oggetto, nonché di ogni altro atto
presupposto o conseguente, in particolare del Verbale n. 310 dell’8 febbraio
2012, redatto in sede di correzione del primo dei tre elaborati del ricorrente;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero
della Giustizia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 marzo
2013 il cons. Rosa Perna e uditi per le parti i difensori come specificato nel
verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto
segue.
FATTO
1. Con il ricorso in epigrafe il dott. R.G., premesso di aver partecipato al concorso, per esame a 200 posti di
notaio, indetto con decreto del Direttore Generale della Giustizia Civile del
28 dicembre 2009, espone di essere stato giudicato “non idoneo” per gli errori
riscontrati nella correzione del solo primo elaborato (atto “mortis causa”)
e, conseguentemente, di non essere stato ammesso a sostenere le prove orali,
senza che si passasse alla lettura anche del secondo e terzo elaborato, con la
seguente motivazione: “La Commissione, all’unanimità, delibera di non procedere
alla lettura del successivo elaborato, rilevando la grave insufficienza di cui
all’art. 11, comma 7, d.lgs n. 166/2006. Infatti il candidato, nell’ambito di
una tecnica redazionale del tutto inadeguata, travisa la traccia e predispone
un atto che non realizza le finalità richieste, […] con la conseguenza che le
quote vengono composte in maniera difforme a quanto previsto dalla traccia.
Inoltre, il candidato non motiva adeguatamente le scelte adottate, […]
dimostrando così che la scelta è puramente casuale. Gli argomenti richiesti in
parte teorica sono appena accennati, con grave insufficienza della stessa. […]
il linguaggio utilizzato è del tutto atecnico, con frequenti errori di
sintassi. Pertanto, la Commissione, all’unanimità, giudica il candidato “non
idoneo”.
Il ricorrente impugna, pertanto, il giudizio di non
idoneità e la conseguente non ammissione all’orale, nonché i presupposti verbali
della Commissione, affidando il ricorso al seguente unico, articolato motivo di
gravame:
- Violazione e falsa applicazione dell’art. 11
del d.lgs 166/2006, dell’art. 3 della legge n. 241/1990, degli artt. 11, 12 e
15 del d.p.r. 9.5.1994, n. 487, degli artt. 3, 24, 97 e 113 Cost.. Eccesso di
potere per illogica, incongrua, contraddittoria, insufficiente motivazione; per
errore nei presupposti e fatto e di diritto; difetto di istruttoria;
contraddittorietà del giudizio di non ammissione alle prove orali; eccesso di
potere derivato per superficialità delle operazioni di correzione;ingiustizia
manifesta, sviamento e violazione dei principi di imparzialità e buon
andamento. Violazione delle norme in materia di valutazione degli elaborati
nelle prove concorsuali e, in particolare, dei criteri di valutazione generali
fissati dalla Commissione in oggetto con il verbale n. 7 del 14.3.2011:
Il ricorrente sarebbe stato illegittimamente valutato
non idoneo, sulla base di un giudizio superficiale, incompleto, contraddittorio
e foriero di evidente disparità di trattamento, basato su un di un errato
accertamento di fatto con conseguente travisamento delle premesse logico-
giuridiche;
con l’atto mortis causa i beni
sarebbero stati attribuiti secondo la volontà del testatore e non “in contrasto
con la volontà testamentaria”; la composizione delle quote corrisponderebbe
quindi alla volontà del testatore alla luce dei dati offerti dalla traccia;
nella parte teorica verrebbero spiegate le ragioni di diritto per le quali si è
adottata la tecnica dell’institutio ex re certa;.
Al ricorrente non sarebbe stato dedicato un tempo di
correzione necessario per un’attenta analisi del compito; il giudizio di
inidoneità formulato nei confronti del ricorrente manifesterebbe pure una grave
disparità di trattamento rispetto ai giudizi di idoneità espressi nei confronti
di numerosi altri elaborati che presentavano identica soluzione.
Il ricorrente chiede pertanto l’annullamento degli
atti oggetto di censura.
2. L’Amministrazione intimata si è costituita in
giudizio per resistere al ricorso, e ne ha domandato la reiezione nel merito,
sul rilievo della piena legittimità delle operazioni di correzione degli
elaborati e della sufficienza, logicità e congruità della motivazione del
giudizio negativo, insindacabile nel suo contenuto valutativo.
3. Alla pubblica udienza del 20 Marzo 2013 la causa è
stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1 – Con i suindicati motivi di gravame, che si esaminano
congiuntamente per connessione logica delle censure, il ricorrente contesta
analiticamente le motivazioni addotte dalla Commissione a sostegno del giudizio
di inidoneità reso sul primo elaborato (atto “mortis causa”), per
dedurre la insussistenza delle carenze in esso riscontrate; in particolare,
egli contesta: - che vi sia stato un “travisamento della traccia” da parte del
candidato con predisposizione di un atto che non realizza le finalità
richieste; - che vi sia stata composizione delle quote in maniera difforme a
quanto previsto dalla traccia; - che il candidato non abbia motivato
adeguatamente le scelte adottate (i.e.: l’opzione per la soluzione ex art. 588
c.c., in relazione alla divisione con o senza predeterminazione di quote); - la
grave insufficienza della parte teorica.
2 - Il vaglio giurisdizionale sollecitato con le
proposte censure suggerisce di soffermarsi preliminarmente sull’ambito entro il
quale lo stesso è consentito, al fine di parametrare specularmente
l’ammissibilità delle doglianze sollevate avverso l’esercizio della
discrezionalità valutativa, confluito nell’adozione del giudizio gravato.
2.1 In tale direzione, occorre rammentare che, dal
momento che il giudizio di legittimità non può trasmodare in un pratico
rifacimento, ad opera dell'adito organo di giustizia, del giudizio espresso
dalla Commissione, con conseguente sostituzione alla stessa, trova espansione
il principio per cui l'apprezzamento tecnico della Commissione è sindacabile
soltanto ove risulti macroscopicamente viziato da illogicità, irragionevolezza
o arbitrarietà.
Come più volte affermato in giurisprudenza, anche
della Sezione (Tar Lazio, sez. I, n. 2467 del 2012 e n. 26342 del 2010), il
giudizio della Commissione, comportando una valutazione essenzialmente
qualitativa della preparazione scientifica dei candidati, attiene alla sfera
della discrezionalità tecnica, censurabile – unicamente sul piano della
legittimità – per evidente superficialità, incompletezza, incongruenza,
manifesta disparità, laddove tali profili risultino emergenti dalla stessa
documentazione e siano tali da configurare un palese eccesso di potere, senza
che, con ciò, il giudice possa o debba entrare nel merito della valutazione (ex
multis, Cons. Stato, sez. IV, n. 172 del 2006).
Pur in presenza del superamento dell’equazione
concettuale tra discrezionalità tecnica e merito – quest’ultimo riservato
all'Amministrazione nella determinazione del regolamento di interessi più
opportuno, e dunque insindacabile - nondimeno il limite del controllo
giurisdizionale è dato dal fatto che l'applicazione della norma tecnica non
sempre si traduce in una legge scientifica universale, caratterizzata dal
requisito della certezza, ed anzi, quando contiene concetti giuridici
indeterminati, dà luogo ad apprezzamenti tecnici ad elevato grado di
opinabilità (Tar Lazio, sez. I, n. 2900 del 2011 e n. 6209 del 2004).
Il giudicante non può, quindi, ingerirsi negli ambiti
riservati alla discrezionalità tecnica dell'organo valutatore (e dunque
sostituire il proprio giudizio a quello della Commissione), se non nei casi in
cui il giudizio si appalesi viziato sotto il profilo della logicità (ex multis,
Consiglio Stato, sez. VI, n. 871 del 2011).
2.2 Tali circostanze debbono essere escluse nel caso
di specie, in cui la Commissione, nella prova vertente sull’atto mortis
causa, ha rilevato la presenza nell’elaborato del candidato di gravi
insufficienze, sia nella parte pratica, sia in quella motivazionale/teorica, ed
ha diffusamente e puntualmente motivato il giudizio in riferimento ai criteri
di valutazione dalla stessa predeterminati ed alla gravità degli errori.
La valutazione della Commissione, effettuata secondo i
suindicati criteri, non appare pertanto viziata da profili di eccesso di
potere, contraddittorietà, irragionevolezza ed illogicità, risultando al
contrario compiutamente motivata in ordine ai profili di logicità e coerenza
rispetto al contenuto della traccia, nonché alle norme e ai principi
dell’ordinamento giuridico che il candidato aveva trascurato di considerare.
2.3 Il ricorrente non può in particolare essere
seguito laddove indirizza le sue censure avverso i dirimenti rilievi formulati
dalla Commissione sull’elaborato in rassegna, e ciò in quanto, pur denunciando
un “travisamento” degli elementi forniti dal candidato, egli viene in realtà a
confutare nel merito i rilievi che il predetto Organismo ha sollevato in ordine
alla interpretazione della traccia, alle tesi enunciate e alle soluzioni
individuate dal candidato.
2.4 Il Collegio non può nello specifico prendere
cognizione delle contestate valutazioni della Commissione, non trattandosi
nella fattispecie dell’accertamento di un fatto o del rilievo di una manifesta
illogicità valutativa, quanto piuttosto del compimento di un’attività
valutativa e comparativa, dell’elaborato del candidato e dei rilievi della
Commissione, a tutta evidenza preclusa all’adìto Giudice.
2.5 Con evidenza, gli stessi profili non permettono di
conferire rilevanza all’operazione pure svolta dal ricorrente di messa a
confronto del giudizio su singole parti del proprio elaborato con quello
espresso su altre parti di elaborati di altri candidati valutati idonei per
inferirne la disparità di trattamento ai propri danni.
La Commissione ha proposto temi che prevedevano non
già soluzioni corrette predeterminate in astratto, bensì più soluzioni
possibili in concreto, purché correttamente costruite sul piano giuridico ed
adeguatamente motivate; ne consegue che qualsiasi richiamo ad elaborati di
altri candidati che abbiano astrattamente utilizzato gli stessi istituti
giuridici non risulta in sé conferente, essendo di contro necessario verificare
la concreta applicazione dell’istituto nel singolo atto e, di conseguenza, gli
effetti che nel caso concreto ne derivano oltre che l’enunciazione delle
ragioni giuridiche che ne giustificano l’impiego.
2.6 Dalla lettura delle motivazioni della Commissione
emerge che il candidato ha travisato la traccia, predisponendo un atto che non
realizza le finalità richieste, non ha motivato adeguatamente le scelte
adottate ed ha svolto in modo gravemente insufficiente gli argomenti richiesti
in parte teorica.
Con riguardo ai richiamati rilievi è agevole osservare
che, sia il “travisamento della traccia, tal(e) da far pervenire il candidato
alla formulazione di un atto che non realizza le finalità pratiche indicate
dalle parti”, sia la “mancanza di adeguata giustificazione delle soluzioni
adottate”, sia infine la “omessa trattazione di argomenti richiesti in parte
teorica ovvero gravi carenze emergenti nella trattazione degli stessi”, rispettivamente
concretano altrettante ipotesi di grave insufficienza della prova, come
individuate dall’Organismo di valutazione nella seduta del 14 marzo 2011
(verbale n. 7), ciascuna idonea in sé a legittimare la interruzione della
correzione dei successivi elaborati e la formulazione del giudizio di
inidoneità.
2.7 Non sono infine normalmente sindacabili in sede di
legittimità i tempi dedicati dalla commissione giudicatrice alla valutazione
dei candidati, soprattutto allorché tali tempi siano stati calcolati in base ad
un computo presuntivo dato dalla suddivisione della durata di ciascuna seduta
per il numero dei concorrenti (o degli elaborati) esaminati, in quanto non è
possibile, di norma, stabilire quali concorrenti abbiano fruito di maggiore o
minore considerazione e, quindi, se il vizio dedotto infici in concreto il
giudizio contestato (Cons. Stato, VI, n. 1906 del 2003; T.A.R. Molise, n.553
del 2002; T.A.R Campania,III, n. 10738 e n. 4255 del 2003).
3 - Per tutto quanto precede, il ricorso deve essere respinto.
4 - Le spese del presente giudizio seguono la
soccombenza e restano liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in
epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna il ricorrente al pagamento in favore della
resistente Amministrazione della giustizia delle spese di giudizio che liquida,
complessivamente e forfetariamente, in € 1500,00 (=euro millecinquecento/00).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita
dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del
giorno 20 marzo 2013 con l'intervento dei magistrati:
Calogero Piscitello, Presidente
Angelo Gabbricci, Consigliere
Rosa Perna, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE
|
IL PRESIDENTE
|
|
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 08/05/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3,
cod. proc. amm.)
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