obbligo dichiarativo ex art. 38, D.Lgs. n. 163 del 2006, in capo al socio al 50%
(T.A.R. Puglia, Lecce, 30 maggio 2013 n. 1251)
Massima
1. Nel caso in cui il bando di gara non contempli in maniera espressa l’obbligo del socio al 50% di rendere la dichiarazione di cui all’art. 38 del codice dei contratti pubblici e la stazione appaltante, attraverso il potere di soccorso istruttorio di cui all’art. 46 del codice dei contratti, verifichi che il socio al 50%, pur avendo omesso in sede di gara di rendere la dichiarazione è comunque in possesso dei requisiti richiesti dall’ordinamento giuridico per poter contrattare con le pp.aa., non può escluderlo dalla gara.
2. Più in particolare, il d.l. 13 maggio 2011 n. 70 (convertito con legge 12 luglio 2011 n. 106) nel modificare l’art. 38 del d.lgs. 12 aprile 2006 n. 163, in materia di partecipazione alle gare per l’affidamento degli appalti pubblici, ha esteso l’obbligo di rendere le dichiarazioni relative ai requisiti di ordine generale, tra gli altri, anche al “socio unico persona fisica, ovvero il socio di maggioranza in caso di società con meno di quattro soci, se si tratta di altro tipo di società”.
Invero il socio al 50% non può essere definito “socio di maggioranza”. È dunque solo in via interpretativa che l’obbligo di rendere la dichiarazione viene esteso al socio titolare di una quota del capitale sociale pari al 50%, valorizzando la finalità della norma.
3. Il fine dell'art. 4 del d.l. 13 maggio 2011 n. 70 è difatti quello di assicurare che i soggetti suscettibili, in ragione della quota sociale, di esercitare un determinante potere di direzione o comunque di influenza sulle scelte strategiche e sulla gestione della società, siano in possesso dei requisiti di capacità generale. Inoltre il socio paritario, pur quando non abbia la maggioranza assoluta del capitale sociale, ha comunque il potere di impedire l’approvazione di scelte che non condivide e quindi di condizionare la direzione della società.
4. Con specifico riguardo alle società a responsabilità limitata, il Consiglio di Stato richiama poi l’art. 2479-bis, III comma, c.c. a norma del quale i quorum costitutivi e deliberativi dell’assemblea non possono superare la “metà del capitale sociale”, facendone derivare la conseguenza che il socio al 50% è comunque in grado di assumere poteri strategici e di condizionamento indiretto sulle scelte della società (Consiglio di Stato, Sezione VI, 28 gennaio 2013 n. 513; Sez. V, 30 agosto 2012 n. 4654).
5. A questa conclusione il Collegio è pervenuto partendo dall’esame della sentenza dell’Adunanza Plenaria 7 giugno 2012 n. 21.
Nella predetta pronuncia, l’Adunanza plenaria premette che l’art. 38, comma 2, del d.lgs. n. 163/2006 impone la dichiarazione sostitutiva attestante il possesso dei requisiti morali a pena di esclusione e che, anche dopo l’entrata in vigore del d.l. 13 maggio 2011 n. 70 (che ha introdotto nell’art. 46 del d.lgs. n. 163/2006 il comma 1-bis che tipizza le cause di esclusione), l’esclusione dalla gara può essere disposta nei casi in cui dette disposizioni impongano adempimenti doverosi ai concorrenti o candidati o dettino norme di divieto, pur senza un’espressa sanzione di esclusione.
Tuttavia, con specifico riguardo all’ipotesi di fusione di società, l’Adunanza plenaria precisa che laddove il bando di gara non menzioni espressamente l’onere di rendere la dichiarazione, di cui all’art. 38, comma 1, lett. c), da parte degli amministratori partecipanti ad un procedimento di fusione e in presenza di incertezza interpretativa sulla sussistenza di questo onere, per effetto della oscillazione giurisprudenziale, “le stazioni appaltanti sono tenute ad esercitare un potere di soccorso nei confronti dei concorrenti, ammettendoli a fornire la dichiarazione mancante, sicché i concorrenti potranno essere esclusi solo se difetti il requisito sostanziale (nel senso che vi sia la prova degli amministratori per i quali è stata omessa la dichiarazione hanno procedimenti penali), ovvero se essi non rendano, nel termine indicato dalla stazione appaltante, la dichiarazione mancante” (Adunanza Plenaria, 7 giugno 2012, n. 21).
Sentenza per esteso
INTESTAZIONE
Il Tribunale Amministrativo Regionale per
la Puglia
Lecce - Sezione Seconda
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 227 del 2013,
proposto da:
Edilsalento Strade s.r.l., rappresentato e difeso dal prof. avv. Saverio Sticchi Damiani, con domicilio eletto presso il suo studio in Lecce, via 95° Rgt Fanteria n. 9;
Edilsalento Strade s.r.l., rappresentato e difeso dal prof. avv. Saverio Sticchi Damiani, con domicilio eletto presso il suo studio in Lecce, via 95° Rgt Fanteria n. 9;
contro
Comune di Trepuzzi, rappresentato e difeso dagli
avv.ti Alberto Sansonetti e Paolo Sansonetti, con domicilio eletto presso lo
studio del primo in Lecce, via F. Casotti 22;
nei confronti di
De.co. s.r.l., rappresentata e difesa dall'avv.to
Rodolfo Barsi, con domicilio eletto presso il suo studio in Lecce, viale O.
Quarta n. 16;
per l’annullamento
- della determinazione del Settore urbanistica e
lavori pubblici del Comune di Trepuzzi n. 188 del 21 dicembre 2012, con la
quale sono stati approvati i verbali di gara relativi alla procedura per
l’affidamento dei "lavori di realizzazione di un centro sociale e di spazi
di socializzazione nelle corti adiacenti il c.so Umberto I" e si è
disposto " di aggiudicare in via provvisoria i lavori di cui trattasi alla
ditta De.co. srl";
- delle determinazioni della Commissione di gara di
ammissione della società De.co. s.r.l. alla procedura di gara de qua, nonché
dei relativi verbali in parte qua;
- di ogni atto connesso, presupposto e/o
consequenziale;
per la declaratoria di inefficacia del contratto, ove
stipulato con De.co. s.r.l. e per la condanna a disporre il subentro della
ricorrente nell'aggiudicazione e, ove stipulato, nel contratto, nonché, in
subordine, al risarcimento del danno per equivalente;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di
Trepuzzi;
Visto l’atto di costituzione di De.co. s.r.l.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Visti gli artt. 74 e 120, co. 10, cod. proc. amm.;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 16 maggio
2013 il dott. Paolo Marotta e uditi nei preliminari l’avv.to E. Sticchi
Damiani, in sostituzione dell’avv.to S. Sticchi Damiani, per la ricorrente,
l’avv.to A. Sansonetti, per il Comune di Trepuzzi, e l’avv.to R. Barsi, per la
controinteressata;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto
segue.
FATTO e DIRITTO
La società Edilsalento strade s.r.l. ha impugnato la
determinazione dirigenziale n. 188 del 21 dicembre 2012, con la quale il
Dirigente del Settore Urbanistica e Lavori pubblici del Comune di Trepuzzi ha
aggiudicato, in via provvisoria, con il criterio dell’offerta economicamente
più vantaggiosa, l’appalto dei lavori di realizzazione di un centro sociale e
di spazi di socializzazione nelle corti adiacenti il Corso Umberto I° alla
società De.Co. s.r.l., alla cui offerta era stato attribuito il punteggio complessivo
di punti 86,533 (la società ricorrente si è invece classificata al secondo
posto con punti 73,796).
Oltre all’annullamento dell’atto gravato, la
ricorrente ha chiesto la declaratoria di inefficacia del contratto
eventualmente stipulato e la condanna della Amministrazione comunale a disporre
il subentro della ricorrente nella aggiudicazione e nel contratto d’appalto o,
in subordine, il risarcimento del danno per equivalente.
A fondamento della proposta impugnativa ha dedotto i
seguenti motivi: Violazione, falsa ed erronea interpretazione e applicazione
dell’art. 38 del d.lgs. n. 163/2006, dell’art. 17 del bando di gara, del
disciplinare di gara e del fac-simile allegato A-bis al medesimo disciplinare.
Si sono costituiti in giudizio il Comune di Trepuzzi e
la controinteressata (De.Co. s.r.l.), contestando la fondatezza della proposta
impugnativa e chiedendone pertanto la reiezione.
Con ordinanza n. 100/2013 è stata accolta l’istanza
cautelare di sospensione dell’efficacia dell’atto impugnato, facendo tuttavia
salva la possibilità dell’Amministrazione comunale di esercitare la facoltà di
cui all’art. 46, comma 1, del codice dei contratti pubblici.
L’Amministrazione comunale di Trepuzzi, con nota del 7
marzo 2013 (prot. 4079), ha ritenuto di avvalersi del potere di soccorso
istruttorio previsto dalla disposizione normativa sopra richiamata, richiedendo
alla società controinteressata di dimostrare il possesso da parte del socio al
50% dei requisiti di cui all’art. 38 del codice dei contratti. La società controinteressata
ha provveduto a quanto richiesto, depositando dichiarazione sostitutiva del
socio al 50% (De Cillis Antonio) attestante il possesso dei requisiti di
capacità generale richiesti dal predetto art. 38 del d.lgs. n. 163/2006 per la
partecipazione agli appalti pubblici.
Con memorie depositate nel corso del giudizio le parti
costituite hanno avuto modo di rappresentare le rispettive tesi difensive.
All’udienza pubblica del 16 maggio 2013, su richiesta
delle parti, il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Con un unico articolato motivo di impugnativa la
società ricorrente, che non contesta i punteggi assegnati dalla Commissione di
gara, si duole della mancata esclusione della società controinteressata (De.Co.
s.r.l.) dalla procedura di gara, per la mancata produzione in sede di offerta
della dichiarazione del Sig. De Cillis Antonio, socio al 50% della predetta
società, in ordine al possesso dei requisiti di capacità generale previsti
dall’art. 38 del d.lgs. 12 aprile 2006 n. 163 per la partecipazione agli
appalti pubblici.
A sostegno della proposta impugnativa, la ricorrente
richiama il recente orientamento giurisprudenziale adottato dal Consiglio di
Stato, secondo il quale anche in caso di società costituita da due soci,
ciascuno detentore del 50% del capitale sociale, pur non individuandosi un
socio di maggioranza quale proprietario di quota pari a più del 50% del
capitale sociale, debba tuttavia trovare applicazione la disposizione di cui
all’art. 4 del d.l. 13 maggio 2011 n. 70, che (nel testo modificato dalla legge
di conversione del 12 luglio 2011 n. 106) ha esteso l’obbligo di rendere la
dichiarazione attestante il possesso dei requisiti di capacità generale negli
appalti pubblici al socio di maggioranza in caso di società con meno di quattro
soci (Consiglio di Stato, Sezione VI, 28 gennaio 2013 n. 513; Sez. V, 30 agosto
2012 n. 4654).
Nel pervenire alla suddetta conclusione il Supremo
Consesso Amministrativo, in riforma delle sentenze di prime cure, pone in
rilievo che il fine della norma è quello di assicurare che i soggetti
suscettibili, in ragione della quota sociale, di esercitare un determinante
potere di direzione o comunque di influenza sulle scelte strategiche e sulla
gestione della società siano in possesso dei requisiti di capacità generale
nonché la considerazione in base alla quale il socio paritario, pur quando non
abbia la maggioranza assoluta del capitale sociale, ha comunque il potere di
impedire l’approvazione di scelte che non condivide e quindi di condizionare la
direzione della società.
Con specifico riguardo alle società a responsabilità
limitata, il Consiglio di Stato richiama poi l’art. 2479-bis, III comma, c.c. a
norma del quale i quorum costitutivi e deliberativi dell’assemblea non possono
superare la “metà del capitale sociale”, facendone derivare la conseguenza che
il socio al 50% è comunque in grado di assumere poteri strategici e di
condizionamento indiretto sulle scelte della società (Consiglio di Stato,
Sezione VI, 28 gennaio 2013 n. 513; Sez. V, 30 agosto 2012 n. 4654).
Il Collegio, pur condividendo le esigenze delineate in
maniera chiara e argomentata nelle pronunce sopra richiamate, sottese a
giustificare un’interpretazione estensiva della disposizione di cui all’art. 4
del d.l. 13 maggio 2011 n. 70 (nel testo modificato dalla legge di conversione
del 12 luglio 2011 n. 106), ritiene però che le conclusioni cui è pervenuto il
Supremo Consesso Amministrativo debbano trovare un temperamento nel caso in cui
il bando di gara non contempli in maniera espressa l’obbligo del socio al 50%
di rendere la dichiarazione di cui all’art. 38 del codice dei contratti
pubblici e la stazione appaltante, attraverso il potere di soccorso istruttorio
di cui all’art. 46 del codice dei contratti, verifichi (come nel caso di specie
è avvenuto) che il socio al 50%, pur avendo omesso in sede di gara di rendere
la dichiarazione (presumibilmente, ritenendo di non essere tenuto a renderla),
è comunque in possesso dei requisiti richiesti dall’ordinamento giuridico per
poter contrattare con le pp.aa.
A questa conclusione il Collegio è pervenuto partendo
dall’esame della sentenza dell’Adunanza Plenaria 7 giugno 2012 n. 21.
Nella predetta pronuncia, l’Adunanza plenaria premette
che l’art. 38, comma 2, del d.lgs. n. 163/2006 impone la dichiarazione sostitutiva
attestante il possesso dei requisiti morali a pena di esclusione e che, anche
dopo l’entrata in vigore del d.l. 13 maggio 2011 n. 70 (che ha introdotto
nell’art. 46 del d.lgs. n. 163/2006 il comma 1bis che tipizza le cause di
esclusione), l’esclusione dalla gara può essere disposta nei casi in cui dette
disposizioni impongano adempimenti doverosi ai concorrenti o candidati o
dettino norme di divieto, pur senza un’espressa sanzione di esclusione.
Tuttavia, con specifico riguardo all’ipotesi di
fusione di società, l’Adunanza plenaria precisa che laddove il bando di gara
non menzioni espressamente l’onere di rendere la dichiarazione di cui all’art.
38, comma 1, lett. c), del d.lgs. n. 163/2006 da parte degli amministratori
partecipanti ad un procedimento di fusione e in presenza di incertezza
interpretativa sulla sussistenza di questo onere, per effetto della
oscillazione giurisprudenziale, “le stazioni appaltanti sono tenute ad
esercitare un potere di soccorso nei confronti dei concorrenti, ammettendoli a
fornire la dichiarazione mancante, sicché i concorrenti potranno essere esclusi
solo se difetti il requisito sostanziale (nel senso che vi sia la prova degli
amministratori per i quali è stata omessa la dichiarazione hanno procedimenti
penali), ovvero se essi non rendano, nel termine indicato dalla stazione
appaltante, la dichiarazione mancante” (Adunanza Plenaria, 7 giugno 2012, n.
21).
Mutatis mutandis, è quanto è avvenuto nel caso di
specie.
Il d.l. 13 maggio 2011 n. 70, convertito con legge 12
luglio 2011 n. 106, nel modificare l’art. 38 del d.lgs. 12 aprile 2006 n. 163,
in materia di partecipazione alle gare per l’affidamento degli appalti
pubblici, ha esteso l’obbligo di rendere le dichiarazioni relative ai requisiti
di ordine generale, tra gli altri, anche al “socio unico persona fisica, ovvero
il socio di maggioranza in caso di società con meno di quattro soci, se si
tratta di altro tipo di società”.
Secondo le stesse pronunce richiamate dalla parte
ricorrente, il socio al 50% non può essere definito “socio di maggioranza”. È
dunque solo in via interpretativa che l’obbligo di rendere la dichiarazione
viene esteso al socio titolare di una quota del capitale sociale pari al 50%,
valorizzando la finalità della norma.
Risultava, altresì, sussistente, al momento della
adozione degli atti gravati, un’incertezza interpretativa sull’ambito
soggettivo di applicazione della nuova disposizione, per effetto della
oscillazione della giurisprudenza.
In sede di prima applicazione della norma, una parte
della giurisprudenza amministrativa, valorizzando il tenore letterale della
disposizione normativa, ha infatti ritenuto che l’espressione “socio di
maggioranza” utilizzata dal legislatore esprimesse un valore assoluto, come
tale escludente ogni altra possibile relazione proporzionale nella
distribuzione del capitale sociale, pervenendo alla conclusione che “socio di
maggioranza” è colui che da solo è proprietario in forma diretta del 50% + 1
del capitale sociale (T.A.R. Puglia Lecce, Sez. III, 1 agosto 2012 n. 1449; T.A.R.
Campania Napoli, Sez. VIII, 4 aprile 2012 n. 1624).
Né nel caso di specie alcuna specificazione ulteriore
rispetto al dato letterale della norma era prevista dal bando o dal
disciplinare di gara (pubblicati antecedentemente alle sentenze richiamate da parte
ricorrente), in ordine all’estensione soggettiva dell’onere di rendere la
predetta dichiarazione, essendosi limitata la stazione appaltante a individuare
nel modello della dichiarazione allegato al bando (dichiarazione A-bis) tra i
soggetti tenuti a rendere la dichiarazione relativa la possesso della
dichiarazione di cui all’art. 38 comma 1 lett. b) e c) “il socio di maggioranza
in caso di società con meno di quattro soci”.
Stando così le cose, ritiene il Collegio che non sia
conforme al principio di diritto enunciato dalla Adunanza plenaria nella
sentenza sopra richiamata (sia pure con riguardo ad una fattispecie differente)
escludere la società controinteressata dalla procedura di gara, avendo questa
verosimilmente confidato nel tenore letterale delle disposizioni di gara ed
essendosi comunque dimostrata, in sede di soccorso istruttorio ex art. 46
d.lgs. n. 163/2006, il possesso anche da parte del socio al 50% (De Cillis
Antonio) dei requisiti di cui all’art. 38 del codice dei contratti pubblici.
Del resto, le conclusioni cui il collegio è pervenuto
sembrano trovare piena conferma in una recente pronuncia giurisprudenziale,
laddove tra le due opposte tesi sussistenti in giurisprudenza, in ordine alla
obbligatorietà o meno della dichiarazione di cui all’art. 38 del codice dei
contratti da parte dei due soci al 50%, viene privilegiato un terzo
orientamento, secondo il quale, da un lato, non sembra corretto rinnegare a
priori la possibilità di estendere in via interpretativa l’ambito soggettivo
dei soggetti elencati dall’art. 38 del codice dei contratti, dall’altro, ove ci
siano incertezze o dubbi in ordine alla possibilità di detta estensione, non
sia possibile l’esclusione tout – court dell’impresa. Poiché socio di
maggioranza è appunto quello che detiene una maggioranza qualificata rispetto
agli altri (circostanza formalmente non sostenibile nel caso di due soci al
50%, come riconosciuto dalle stesse pronunce richiamate dalla parte
ricorrente), l’esclusione dell’impresa che abbia omesso la dichiarazione del
socio al 50% potrà essere disposta solo ove risulti che quest’ultimo non sia
effettivamente in possesso dei requisiti richiesti dall’ordinamento giuridico
(T.A.R. Sicilia, Catania, 4 marzo 2013 n. 669).
In conclusione, per le argomentazioni sopra svolte, il
ricorso deve essere respinto.
In considerazione delle oscillazioni della
giurisprudenza, della novità delle questioni giuridiche nonché della
peculiarità della fattispecie concreta dedotta in giudizio, le spese di
giudizio possono essere compensate tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
Lecce - Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in
epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita
dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Lecce nella camera di consiglio del
giorno 16 maggio 2013 con l'intervento dei magistrati:
Rosaria Trizzino, Presidente
Ettore Manca, Consigliere
Paolo Marotta, Primo Referendario, Estensore
L'ESTENSORE
|
IL PRESIDENTE
|
|
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 30/05/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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