AMBIENTE:
la verifica di assoggettabilità a V.A.S. o la V.A.S.
sono "quasi" sempre obbligatorie
(T.A.R. Campania, Napoli, Sa. III,
sentenza 24 luglio 2013 n. 3829)
Normativa
1. L’art. 6 del D.Lgs. n. 152 del 2006 (c.d. T.U. Ambiente) impone la valutazione ambientale strategica per i piani e i programmi che possono avere impatti significativi sull'ambiente e sul patrimonio culturale, tra cui (comma 2) tutti i piani e i programmi (tra gli altri) che sono elaborati per la valutazione e gestione della pianificazione territoriale o della destinazione dei suoli.
2. Il comma 3 dell’art. 6 in esame precisa tuttavia che “Per i piani e i programmi di cui al comma 2 che determinano l'uso di piccole aree a livello locale e per le modifiche minori dei piani e dei programmi di cui al comma 2, la valutazione ambientale è necessaria qualora l'autorità competente valuti che producano impatti significativi sull'ambiente, secondo le disposizioni di cui all'articolo 12 e tenuto conto del diverso livello di sensibilità ambientale dell'area oggetto di intervento”.
3. L’art. 12 del d.lgs. n. 152 del 2006 disciplina la “verifica di assoggettabilità” prevedendo, per quanto di più diretto interesse ai fini della presente causa, che (comma 6) “La verifica di assoggettabilità a VAS ovvero la VAS relative a modifiche a piani e programmi ovvero a strumenti attuativi di piani o programmi già sottoposti positivamente alla verifica di assoggettabilità di cui all'art. 12 o alla VAS di cui agli artt. da 12 a 17, si limita ai soli effetti significativi sull'ambiente che non siano stati precedentemente considerati dagli strumenti normativamente sovraordinati”.
Massima
1. Già in base al dato letterale della norma nazionale (art. 6, comma 3, del D.Lgs.
n. 152 del 2006 cit.) il dubbio circa la necessità di previa V.A.S. (o verifica
di assoggettabilità) riguarda solo le modifiche “minori”, riguardo
alle quale la norma nazionale citata demanda all’autorità competente la
valutazione circa la possibilità, da cui dipende la sottoposizione a v.a.s.,
che producano o meno impatti significativi sull'ambiente, secondo le disposizioni
di cui all'articolo 12 e tenuto conto del diverso livello di sensibilità
ambientale dell'area oggetto di intervento.
Resta invece del tutto pacifico che le modifiche (le
varianti) ordinarie (non “minori”) debbano senz’altro essere
sottoposte a v.a.s.
2. La
giurisprudenza prevalente formatasi in materia si orienta in senso piuttosto
restrittivo circa l’ambito di esclusione dalla V.A.S. di piani e programmi
attuativi o in variante.
Se è ancora (in parte) aperta la discussione sulla
sottoposizione a verifica di assoggettabilità degli strumenti attuativi
conformi a quelli generali (da ultimo Cons. Stato, sez. IV, 31 novembre 2012,
n. 5715), in ordine agli interventi in variante la giurisprudenza ha dibattuto
soprattutto sulla esclusione dalla V.A.S. di piani e programmi che determinano
l'uso di piccole aree a livello locale (sul tema cfr Cons. Stato, sez. IV, 17
settembre 2012, n. 4926.
La giurisprudenza non pare invece dubitare in ordine
al diverso tema, che qui rileva, delle modifiche minori dei piani e dei
programmi, affermando la necessità di effettuare la preventiva verifica di
assoggettabilità per le varianti allo strumento urbanistico, con la sola
eccezione di quelle puramente formali consistenti in correzioni di errori
materiali. Un atteggiamento molto restrittivo e attento sul tema è
rinvenibile anche da parte del Giudice delle leggi (vd. la Corte
costituzionale, con la sentenza 29 marzo 2013, n. 58).
3. Ai fini della qualificazione sostanziale della variante – se di tipo generale, parziale o puntuale – risulta irrilevante la sua denominazione (che ricorre nella fattispecie) in termini di variante “semplificata”, attenendo, tale attribuzione, non già al profilo contenutistico dell’ambito di incidenza e della portata sostanziale della modifica (che è ciò che interessa ai fini della sottoponibilità a v.a.s.), bensì al solo profilo procedurale.
Non rileva, dunque, la semplificazione della procedura, ma solo la natura sostanziale della variante, se puntuale, parziale, generale o di adeguamento degli standard urbanistici. Analoghe alle varianti parziali, ma aventi sicuramente una forte incidenza sostanziale, sono poi da annoverarsi, nella tassonomia delle varianti agli strumenti urbanistici, le varianti strutturali
4. Venendo alla fattispecie concreta, con la variante impugnata vengono modificati 21 articoli delle norme tecniche di attuazione (NTA) che incidono in vario modo sulla destinazione d’uso delle aree residenziali (zone M7 e M8), delle aree produttive (zone P1, P2 e P4) e delle aree destinate prevalentemente ad attrezzature pubbliche e private di interesse pubblico (zone C1, C2, C3, C4, A.R.U. 3).
Non pare dubitabile quindi la natura sostanziale – e non meramente formale – di tali modifiche, che presentano una portata estesa e un’incidenza molto profonda su scelte, assetti ed equilibri strutturali del vigente piano regolatore generale.
Si tratta, dunque, di una variante di tipo strutturale, non puntuale, né qualificabile come “minore” a termini dell’art. 6, comma 3, del D.Lgs. n. 152 del 2006, ancorché definita come “semplificata” sul piano procedurale.
5. La mancata adozione di una previa V.A.S. rende il procedimento in esame, pertanto, illegittimo.
Sentenza per esteso
INTESTAZIONE
Il Tribunale Amministrativo Regionale
della Campania
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6320 del 2011,
proposto da:
Associazione Italia Nostra Onlus, con sede n Roma, viale Liegi n. 33, in persona del Presidente p.t., dott.ssa Alessandra Mottola Molfino, rappresentata e difesa dall'avv. Alessandro Lipani, con domicilio eletto presso Alessandro Lipani in Napoli, via Ponte di Tappia, 47;
Associazione Italia Nostra Onlus, con sede n Roma, viale Liegi n. 33, in persona del Presidente p.t., dott.ssa Alessandra Mottola Molfino, rappresentata e difesa dall'avv. Alessandro Lipani, con domicilio eletto presso Alessandro Lipani in Napoli, via Ponte di Tappia, 47;
contro
Provincia di Napoli, in persona del Presidente p.t.,
rappresentata e difesa dall'avv. Luciano Scetta, con domicilio eletto presso
Luciano Scetta in Napoli, piazza Matteotti, 1;
Comune di Cercola, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Antonio Palma, con domicilio eletto presso Antonio Palma in Napoli, via Gen. Orsini, 30;
Comune di Cercola, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Antonio Palma, con domicilio eletto presso Antonio Palma in Napoli, via Gen. Orsini, 30;
sul ricorso numero di registro generale 6323 del 2011,
proposto da:
Associazione Wwf Italia Ong Onlus, con sede in Roma, alla via Po n. 25/c, in persona del Presidente p.t. dott. Stefano Leoni, rappresentato e difeso dall'avv. Alessandro Lipani, con domicilio eletto presso Alessandro Lipani in Napoli, via Ponte di Tappia, 47;
Associazione Wwf Italia Ong Onlus, con sede in Roma, alla via Po n. 25/c, in persona del Presidente p.t. dott. Stefano Leoni, rappresentato e difeso dall'avv. Alessandro Lipani, con domicilio eletto presso Alessandro Lipani in Napoli, via Ponte di Tappia, 47;
contro
Provincia di Napoli, in persona del Presidente p.t.,
rappresentata e difesa dall'avv. Luciano Scetta, con domicilio eletto presso
Luciano Scetta in Napoli, piazza Matteotti, 1;
Comune di Cercola, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Antonio Palma, con domicilio eletto presso Antonio Palma in Napoli, via Gen. Orsini, 30;
Comune di Cercola, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Antonio Palma, con domicilio eletto presso Antonio Palma in Napoli, via Gen. Orsini, 30;
per l'annullamento
quanto al ricorso n. 6320 del 2011:
a) della deliberazione della giunta provinciale di
Napoli n. 862 del 29/09/2011, avente ad oggetto "Comune di Cercola - Legge
regionale 22 dicembre n. 16 - Variante semplificata delle Norme Tecniche di
Attuazione del P.R.G. vigente - Approvazione"; b) della deliberazione del
consiglio comunale di Cercola (NA) n. 13 del 28.7.2011 avente ad oggetto
“Ratifica esito conferenza di servizi ex art. 24 comma 10 L.R.C. 16/2004 -
Variante semplificata delle Norme Tecniche di Attuazione del P.R.G.
vigente"; c) dei verbali della conferenza di servizi tra l’Amministrazione
Provinciale di Napoli ed il Comune di Cercola del 27.5.2011 e del 12.7.2011; d)
della nota del funzionario dell’Area assetto del territorio – direzione
urbanistica dell’Amministrazione provinciale di Napoli n. 804 del 18.5.2011 –
di ulteriori atti del procedimento, tra cui la deliberazione del consiglio
comunale di Cercola n. 1 del 1°.3.2011 avente ad oggetto "Variante
semplificata delle Norme Tecniche di Attuazione del P.R.G. vigente. Esame
osservazioni e adozione”; della delibera della giunta municipale di Cercola n.
39 del 1.4.2011concernente la proposta della variante approvata con il
provvedimento sub a); del decreto del Presidente della Provincia di Napoli n.
668 dell’11.11.2011 avente ad oggetto "Comune di Cercola - Legge regionale
22 dicembre n. 16 - Variante semplificata delle Norme Tecniche di Attuazione
del P.R.G. vigente - Approvazione"; di ogni altro atto presupposto,
connesso o conseguenziale.
quanto al ricorso n. 6323 del 2011:
dei medesimi atti impugnati con il ricorso numero di
registro generale 6320 del 2011.
Visti i ricorsi e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della
Provincia di Napoli e del Comune di Cercola;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 giugno
2013 il dott. Paolo Carpentieri e uditi per le parti i difensori come
specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto
segue.
FATTO e DIRITTO
Con i ricorsi in esame – notificati il 28 e il 20
novembre 2011 e depositati in segreteria il 12 dicembre 2011 – le associazioni
ricorrenti, iscritte nell’elenco delle associazioni ambientaliste di cui agli
artt. 13 e 18 della legge n. 249 del 1986 e aventi, tra i propri fini
statutari, la tutela dell’ambiente e del paesaggio, hanno impugnato, deducendo
una pluralità di censure di violazione di legge e di eccesso di potere, gli
atti elencati in epigrafe, di approvazione di una “variante semplificata” delle
norme tecniche di attuazione del vigente p.r.g. del Comune di Cercola, ai sensi
dell’art. 24, comma 10, della legge regionale n. 16 del 2004, comportante, a
detta delle associazioni deducenti, “la possibilità di realizzare, in tutte
le zone classificate “C”, interventi privati in nessun modo riconducibili agli
standard urbanistici, in violazione del vigente piano territoriale paesistico
dei Comuni vesuviani”, con la possibilità di “una massiccia edificazione
di natura privata e commerciale, a detrimento del fabbisogno di standard
urbanistici individuato in sede di originaria variazione del piano”.
Si sono costituiti a resistere in giudizio sia la
Provincia di Napoli, sia il Comune di Cercola.
Alla pubblica udienza del 6 giugno 2013 la causa è
stata chiamata e assegnata in decisione.
I due ricorsi in trattazione, chiaramente connessi per
i soggetti, per l’oggetto e per le questioni giuridiche trattate, devono essere
preliminarmente riuniti e decisi con un’unica sentenza.
Nessun dubbio può prospettarsi in rito, giusta la
ormai consolidata giurisprudenza maturata sul tema, in ordine alla
legittimazione ad agire delle associazioni ricorrenti.
Nel merito entrambi i ricorsi sono fondati e vanno
accolti per l’assorbente fondatezza del primo motivo di ricorso, con il quale
le associazioni ricorrenti hanno denunciato il vizio di violazione della
direttiva C.E. 27 giugno 2011 n. 42/2001/CE, degli artt. 6 ss. del d.lg. n. 152
del 2006, dell’art. 47 della l.r. della Campania n. 16 del 2004 e dell’art. 2
del decreto del Presidente della G. R. della Campania n. 17 del 18 dicembre
2009, nonché vizi del procedimento ed eccesso di potere per difetto di
istruttoria, in quanto la variante, incidendo sulla destinazione d’uso di molte
zone (M7, M8, P1, P2, P4, C1, C2, C3, C4), modificando 21 articoli delle NTA e
determinando un peggioramento delle dotazioni degli standard urbanistici, si
configura come vera e propria variante generale che, a mente della richiamata
normativa (in particolare, dell’art. 2 della dPGR n. 17 del 2009), doveva
essere preceduta dalla valutazione ambientale strategica (VAS) o, quanto meno,
dalla verifica di assoggettabilità a VAS.
Fondato e meritevole di accoglimento, inoltre, risulta
anche il primo punto del secondo motivo di ricorso, con il quale le associazioni
ricorrenti hanno lamentato il contrasto della variante impugnata con la
pianificazione paesaggistica vigente (atteso che alcune delle zone “C”
interessate dalla variante ricadono nelle zone RUA – Restauro Urbanistico
Ambientale - del PTP dei Comuni vesuviani, per le quali l’art. 13 vieta nuove
costruzioni, con l’unica eccezione delle “attrezzature pubbliche”).
L’art. 6 del d.lgs. n. 152 del 2006 impone la
valutazione ambientale strategica per i piani e i programmi che possono avere
impatti significativi sull'ambiente e sul patrimonio culturale, tra cui (comma
2) tutti i piani e i programmi (tra gli altri) che sono elaborati per la
valutazione e gestione della pianificazione territoriale o della destinazione
dei suoli.
Il comma 3 dell’art. 6 in esame precisa tuttavia che “Per
i piani e i programmi di cui al comma 2 che determinano l'uso di piccole aree a
livello locale e per le modifiche minori dei piani e dei programmi di cui al
comma 2, la valutazione ambientale è necessaria qualora l'autorità competente
valuti che producano impatti significativi sull'ambiente, secondo le
disposizioni di cui all'articolo 12 e tenuto conto del diverso livello di
sensibilità ambientale dell'area oggetto di intervento”.
L’art. 12 del d.lgs. n. 152 del 2006 disciplina la “verifica
di assoggettabilità” prevedendo, per quanto di più diretto interesse ai
fini della presente causa, che (comma 6) “La verifica di assoggettabilità a
VAS ovvero la VAS relative a modifiche a piani e programmi ovvero a strumenti
attuativi di piani o programmi già sottoposti positivamente alla verifica di
assoggettabilità di cui all'art. 12 o alla VAS di cui agli artt. da 12 a 17, si
limita ai soli effetti significativi sull'ambiente che non siano stati
precedentemente considerati dagli strumenti normativamente sovraordinati”.
La Regione Campania si è dotata di proprie linee guida
applicative, con apposita delibera della giunta regionale n. 17 del 2009
(regolamento di attuazione della VAS).
Si tratta dunque di stabilire – e da tale indagine
dipende l’esito della decisione del primo motivo di ricorso – se la variante
oggetto di impugnazione ricada o meno nell’ambito delle varianti ai piani
urbanistici che, in base agli artt. 6 e 12 della legge nazionale del 2006 e
alle linee guida regionali, deve essere sottoposta a preventiva v.a.s. o a
preventiva verifica di assoggettabilità a v.a.s.
Al riguardo giova subito precisare che già in base al
dato letterale della norma nazionale (art. 6, comma 3, del d.lgs. n. 152 del
2006 cit.) il dubbio circa la necessità di previa v.a.s. (o verifica di
assoggettabilità) riguarda solo le modifiche “minori”, riguardo alle quale la
norma nazionale citata demanda all’autorità competente la valutazione circa la
possibilità, da cui dipende la sottoposizione a v.a.s., che producano o meno
impatti significativi sull'ambiente, secondo le disposizioni di cui
all'articolo 12 e tenuto conto del diverso livello di sensibilità ambientale
dell'area oggetto di intervento. Resta invece del tutto pacifico che le
modifiche (le varianti) ordinarie (non “minori”) debbano senz’altro essere
sottoposte a v.a.s.
Ai sensi dell’art. 2, punto e), della
delibera di giunta regionale n. 17 del 2009 (di approvazione delle linee guida
regionali, che devono naturalmente essere interpretate in senso conforme alla
norma nazionale di recepimento della direttiva 27 giugno 2001, n. 2001/42/CE -
direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio concernente la valutazione
degli effetti di determinati piani e programmi sull’ambiente) sono escluse
dalla procedura “le varianti ai PUC o ai Piani regolatori generali, di
seguito denominati PRG, che non comportano modifiche alle destinazioni d’uso
delle aree, alle norme tecniche di attuazione del piano, alla distribuzione dei
carichi insediativi ed alla dotazione degli standard urbanistici, che
contengono solo la reiterazione dei vincoli preordinati all’espropriazione o
precisazioni o interpretazioni relative alle norme tecniche di attuazione del
piano e che comportano solo cambi di destinazione d’uso di immobili pubblici
esistenti al fine di continuarli ad adibire prevalentemente ad uso pubblico”.
La giurisprudenza prevalente formatasi in materia si
orienta in senso piuttosto restrittivo circa l’ambito di esclusione dalla
v.a.s. di piani e programmi attuativi o in variante. Se è ancora (in parte)
aperta la discussione sulla sottoposizione a verifica di assoggettabilità degli
strumenti attuativi conformi a quelli generali (da ultimo Cons. Stato, sez. IV,
31 novembre 2012, n. 5715), in ordine agli interventi in variante la giurisprudenza
ha dibattuto soprattutto sulla esclusione dalla v.a.s. di piani e programmi che
determinano l'uso di piccole aree a livello locale (sul tema cfr Cons. Stato,
sez. IV, 17 settembre 2012, n. 4926, che ha ritenuto sufficiente il previo
screening per un progetto diretto a realizzare un centro di distribuzione e
logistica merci in un'area classificata come agricola; Id., 6 maggio 2013, n.
2446, che ha ritenuto necessaria la v.a.s. per varianti relative a progetti di
costruzione di centri commerciali ovvero di parcheggi di uso pubblico con
capacità superiori a 500 posti auto). La giurisprudenza non pare invece
dubitare in ordine al diverso tema, che qui rileva, delle modifiche minori dei
piani e dei programmi, affermando la necessità di effettuare la preventiva
verifica di assoggettabilità per le varianti allo strumento urbanistico, con la
sola eccezione di quelle puramente formali consistenti in correzioni di errori
materiali. Un atteggiamento molto restrittivo e attento sul tema è rinvenibile
anche da parte del Giudice delle leggi (in tal senso la Corte costituzionale,
con la sentenza 29 marzo 2013, n. 58, ha dichiarato l’illegittimità
costituzionale dell’articolo 40, comma 1, della legge della Regione Veneto 6
aprile 2012, n. 13, nella parte in cui, modificando l’art. 14 della legge
regionale 26 giugno 2008, n. 4, ha introdotto disposizioni transitorie in
materia di valutazione ambientale strategica dirette a limitare
l’assoggettamento a v.a.s. dei piani urbanistici attuativi di piani urbanistici
generali non già assoggettati a v.a.s. ai soli casi in cui tali piani attuativi
prevedano progetti o interventi per i quali è prescritta la VIA).
Tanto precisato in diritto circa i più recenti
orientamenti della giurisprudenza in tema di sottrazione alla v.a.s. di piani e
programmi attuativi e di piani e programmi in variante, occorre adesso svolgere
alcune considerazioni, sempre in diritto, riguardo alle diverse tipologie di
variante allo strumento urbanistico rilevanti ai fini della corretta
interpretazione e applicazione del citato art. 6, comma 3, del d.lgs. n. 152
del 2006.
Ora, ai fini della qualificazione sostanziale della
variante – se di tipo generale, parziale o puntuale – risulta irrilevante la
sua denominazione (che ricorre nella fattispecie) in termini di variante
“semplificata”, attenendo, tale attribuzione, non già al profilo contenutistico
dell’ambito di incidenza e della portata sostanziale della modifica (che è ciò
che interessa ai fini della sottoponibilità a v.a.s.), bensì al solo profilo
procedurale (in tal senso l’art. 19 del testo unico in materia di
espropriazioni, di cui al d.P.R. n. 327 del 2001, introduce una procedura
semplificata – anche mediante ricorso alla conferenza di servizi o a un accordo
di programma, secondo quanto previsto dall’art. 10 stesso testo unico, ovvero
mediante un altro atto, anche di natura territoriale, che in base alla
legislazione vigente comporti la variante al piano urbanistico - di
approvazione delle varianti “puntuali” agli strumenti urbanistici nei casi in
cui l'opera di pubblica utilità da realizzare non risulti conforme alle
previsioni urbanistiche; nello stesso senso l’art. 25 della legge n. 47 del
1985 prevede procedure semplificate per l’approvazione degli strumenti
attuativi in variante agli strumenti urbanistici generali finalizzate
all'adeguamento degli standard urbanistici, varianti, queste, obbligatorie).
Non rileva, dunque, la semplificazione della
procedura, ma solo la natura sostanziale della variante, se puntuale, parziale,
generale o di adeguamento degli standard urbanistici. Analoghe alle varianti
parziali, ma aventi sicuramente una forte incidenza sostanziale, sono poi da
annoverarsi, nella tassonomia delle varianti agli strumenti urbanistici, le
varianti strutturali (ad es., ex. l r. Piemonte n. 56 del 1977, sono
strutturali le varianti che modificano l’impianto strutturale del p.r.g., la
funzionalità delle infrastrutture urbane di rilevanza sovracomunale, o riducono
la quantità delle aree a servizi oltre una determinata soglia in metri quadrati
per abitante, ovvero incidono sulla struttura generale dei vincoli nazionali e
regionali, oppure incrementano la capacità insediativa residenziale del piano
regolatore vigente, o le superfici territoriali o gli indici di edificabilità
del p.r.g. relativi alle attività produttive, direzionali,
turistico-ricettive).
La legge regionale della Campania n. 16 del 2004 –
recante Norme sul governo del territorio, nel testo in vigore
all’atto dell’adozione degli atti impugnati, non fornisce in proposito elementi
decisivi e risolutivi. La legge citata stabiliva (art. 24, comma 12) che “le
varianti e gli aggiornamenti delle previsioni del Puc sono sottoposte al
procedimento di formazione disciplinato dal presente articolo, con i termini
ridotti della metà, ad eccezione dei termini di cui ai commi 6, 7, 8 e 10”
(l’articolo 24 è stato poi abrogato dall’art. 4, comma 1, lettera f),
della legge regionale 5 gennaio 2011, n. 1, che ha “delegificato” la disciplina
procedurale, demandano a un apposito regolamento di attuazione, tra l’altro, “la
disciplina dei procedimenti di formazione del piano urbanistico comunale di cui
all'articolo 23 e dei piani urbanistici attuativi di cui all'articolo 26”,
ma differendo l’effetto abrogativo al 150° giorno successivo all’entrata in
vigore della legge di modifica; il regolamento attuativo n. 5 del 2011,
successivamente adottato, si limita a stabilire all’art. 4 che la procedura di
variante è la stessa prevista per la formazione del piano urbanistico,
disciplinata dal precedente art. 3, con termini ridotti della metà, così
confermando la previgente norma primaria).
Così chiarito e illustrato il quadro normativo di
riferimento in diritto, si impone, a questo punto, una più approfondita
indagine in punto di fatto sui contenuti della variante di cui trattasi.
Con la variante impugnata, giustificata dall’esigenza
di adeguare il PRG agli strumenti di programmazione sovracomunali e alla
legislazione nazionale e regionale sopravvenuta (in particolare, il d.P.R. n.
440 del 2000 e la l.r. n. 21 del 2003 disciplinante le aree rientranti nella
c.d. zona rossa a rischio vulcanico), nonché di offrire “un contributo di
chiarezza con l’obiettivo della semplificazione delle procedure”, vengono
modificati 21 articoli delle norme tecniche di attuazione (NTA) che incidono in
vario modo sulla destinazione d’uso delle aree residenziali (zone M7 e M8),
delle aree produttive (zone P1, P2 e P4) e delle aree destinate prevalentemente
ad attrezzature pubbliche e private di interesse pubblico (zone C1, C2, C3, C4,
A.R.U. 3).
Una prima modifica rilevante interviene sull’art. 5
delle NTA modificando, ai fini della destinazione d’uso, il concetto di Servizi (punto
3). In particolare, in tale categoria sono inserite una serie di sottoclassi
(3a: pubblici esercizi - bar, ristoranti, pub, locali notturni in genere; 3b:
servizi alle persone - amministrativi, sociali, assistenziali, sanitari,
istruzione, culturali, fitness, sportelli bancari e finanziari; 3 d:
artigianato di servizio e studi di artista; 3g: attrezzature collettive - per lo
sport, lo spettacolo, la cultura, ricreativa, congressuali, religiose). Sempre
nell’articolo 5 (relativamente alla voce Servizi) risulta infine
inserito l’inciso “anche realizzate ad iniziativa privata”.
La modifica dell’art. 5 (che definisce i Servizi)
ha immediato riflesso sulla disciplina degli artt. 55, 56, 57 e 58 delle NTA,
rispettivamente concernenti le categorie C1 (Attrezzature scolastiche), C2
(Attrezzature di interesse comune), C3 (Attrezzature sportive) e C4
(Attrezzature e servizi privati di interesse pubblico). E’ da evidenziare che
le NTA (cfr. art. 104, non toccato dalla variante di cui è causa) collegano
alle destinazioni d’uso in questione il conseguimento delle “attrezzature da
standard” di cui all’art. 3 del decreto n. 1444 del 1968 e alla legge regionale
n. 14 del 1982, ossia il rispetto dei rapporti massimi stabiliti tra gli spazi
destinati agli insediamenti residenziali e gli spazi pubblici o riservati alle
attività collettive, a verde pubblico o a parcheggi.
Più nel dettaglio, a seguito della variante in esame,
la zona C1 (attrezzature scolastiche) include, quali destinazioni ammesse, la
“3b servizi alle persone” (come sopra ex novo definiti) e la “3g attrezzature
collettive”, con l’aggiunta della specificazione “Fermo restando l’affinità di
tali destinazioni alle attrezzature pubbliche a standard di cui al DI 1444/1968
ed alla l.r. 14/1982”. La modifica alla zona C1 amplia, dunque, le destinazioni
ammissibili (diverse dalle attrezzature scolastiche) oltre gli interventi
esclusivamente di tipo pubblico precedentemente ammessi, includendo anche
servizi che possono essere sia pubblici, sia privati e servizi di tipo
esclusivamente privato (sportelli bancari e finanziari), con l’utilizzo del
criterio (ambiguo) della “affinità” alle attrezzature a standard, in tal modo
incidendo sostanzialmente sull’effettivo raggiungimento dei parametri di cui al
decreto interministeriale n. 1444 del 1968.
Analogamente, per la zona C3 (attrezzature sportive)
vengono inserite, tra le destinazioni ammesse, la “3g attrezzature collettive”
e la sottoclasse “pubblici esercizi, ad integrazione funzionale di eventuali
spazi coperti non utilizzati e comunque riutilizzabili esclusivamente per
categorie merceologiche strettamente connesse all’attività ludica, ricreativa e
sportiva” (sempre con la clausola generica della affinità di tali destinazioni
alle attrezzature pubbliche a standard di cui al decreto n. 1444 del 1968 e
alla l.r. n. 14 del 1982).
Con riferimento alla zona C4 (Attrezzature e servizi
privati di interesse pubblico), che è la zona interessata dalla modifica più
rilevante, le destinazioni ammesse sono ridefinite nei seguenti termini: Aree
di Manutenzione Urbana (AMU), con riferimento all’art. 5, sono quelle
appartenenti alle classi 3 (Servizi), 4 (Turistico ricettivo) fino ad un
massimo di 20 posti letto per ogni C4 e 7 (Parcheggi non pertinenziali). La
classe 2 (Commerciale) e la sottoclasse 3c direzionale privato della classe 3
(Servizi) sono ammesse in misura non superiore al 30 % della superficie lorda
di pavimento dei nuovi edifici. Le destinazioni ammesse in Aree di
Riqualificazione Urbana edilizia e ambientale (ARU), con riferimento all’art.
5, sono quelle appartenenti alle classi 3 (Servizi), 4 (Turistico ricettivo), 7
(Parcheggi non pertinenziali) E 8D (Terminali infrastrutturali). La classe 2
(Commerciale) e la sottoclasse direzionale privato della classe 3 (Servizi)
sono ammesse in misura non superiore al 30 % della superficie lorda di
pavimento dei nuovi edifici.
Il previgente art. 58 prevedeva per la zona C4
(sottozona AMU) la riserva del 70% dell’area a “Servizi” mentre il restante 30%
al terziario (ivi inclusi bar e ristoranti). In virtù della definizione recata
nel vecchio art. 5 nel concetto di “Servizi” rientravano solo attività in
qualche modo riconducibili agli standard urbanistici (istruzione, assistenza,
cultura, attività di culto, parcheggi, etc.). Non può dirsi altrettanto a
seguito della modifica operata agli artt. 5 e 58, per effetto della quale
divengono destinazioni ammissibili, nella quota del 70%, “Servizi” quali 3a
“pubblici esercizi (bar, ristoranti, pub, locali notturni) e 3d “artigianato di
servizio e studi di artista”, nonché, 4 “strutture turistico ricettive” (cfr.
art. 58), tutte categorie all’evidenza non riconducibili agli standard
urbanistici. Risulta indubbio, dunque, l’impatto della variante non solo sulla
destinazione d’uso dell’area in questione, ma anche sulla dotazione complessiva
degli standard urbanistici.
Così definiti i termini fattuali dei contenuti e
dell’incidenza della variante oggetto di causa, la Sezione rileva che non pare
dubitabile la natura sostanziale – e non meramente formale – di tali modifiche,
che presentano una portata estesa e un’incidenza molto profonda su scelte,
assetti ed equilibri strutturali del vigente piano regolatore generale. Si
tratta, dunque, di una variante di tipo strutturale, non puntuale, né
qualificabile come “minore” a termini dell’art. 6, comma 3, del d.lgs. n. 152
del 2006, ancorché definita come “semplificata” sul piano procedurale.
Risulta pertanto evidente la esorbitanza di tale
variante, per i contenuti sopra descritti, dall’ambito formale e limitato
proprio delle varianti escluse tout court dalla v.a.s. e anche dalla previa
verifica di assoggettabilità a termini della sopra richiamata delibera della
giunta regionale n. 17 del 2009 di adozione del regolamento di attuazione e
delle linee guida regionali applicative della VAS. Tali linee guida, come già
detto, limitano l’ambito delle varianti escluse a quelle che “non comportano
modifiche alle destinazioni d’uso delle aree, alle norme tecniche di attuazione
del piano, alla distribuzione dei carichi insediativi ed alla dotazione degli
standard urbanistici, che contengono solo la reiterazione dei vincoli
preordinati all’espropriazione o precisazioni o interpretazioni relative alle
norme tecniche di attuazione del piano e che comportano solo cambi di
destinazione d’uso di immobili pubblici esistenti al fine di continuarli ad
adibire prevalentemente ad uso pubblico”.
Conclusivamente, per tutte le esposte ragioni, i
riuniti ricorsi devono giudicarsi fondati e meritevoli di accoglimento, con
conseguente annullamento degli atti impugnati, salvo il potere delle amministrazioni
intimate di riesercizio della funzione in senso conforme alle indicazioni
scaturenti dalla presente decisione.
Le spese, secondo la regola della soccombenza, devono
porsi a carico delle amministrazioni intimate, nell’importo liquidato in
dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Terza), definitivamente pronunciando sui ricorsi, come in epigrafe
proposti, ne dispone la riunione e li accoglie e, per l’effetto, annulla gli
atti impugnati, salvi gli ulteriori provvedimenti delle amministrazioni
intimate.
Condanna il Comune di Cercola e la Provincia di
Napoli, in persona dei rispettivi legali rapp.ti p.t., al pagamento delle spese
processuali, che si liquidano in complessivi euro 2.000,00 (duemila/00) in
favore di ciascuna delle Associazioni ricorrenti, da porsi in ragione della
metà a carico delle amministrazioni soccombenti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita
dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del
giorno 6 giugno 2013 con l'intervento dei magistrati:
Saverio Romano, Presidente
Paolo Carpentieri, Consigliere, Estensore
Ida Raiola, Consigliere
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L'ESTENSORE
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IL PRESIDENTE
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 24/07/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3,
cod. proc. amm.)
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