lunedì 5 agosto 2013

AMBIENTE: la verifica di assoggettabilità a V.A.S. o la V.A.S. sono "quasi" sempre obbligatorie (T.A.R. Campania, Napoli, Sa. III, sentenza 24 luglio 2013 n. 3829).


AMBIENTE: 
 la verifica di assoggettabilità a V.A.S. o la V.A.S. 
sono "quasi" sempre obbligatorie

(T.A.R. Campania, Napoli, Sa. III, 
sentenza 24 luglio 2013 n. 3829)


Normativa 

1.  L’art. 6 del D.Lgs. n. 152 del 2006 (c.d. T.U. Ambiente) impone la valutazione ambientale strategica per i piani e i programmi che possono avere impatti significativi sull'ambiente e sul patrimonio culturale, tra cui (comma 2) tutti i piani e i programmi (tra gli altri) che sono elaborati per la valutazione e gestione della pianificazione territoriale o della destinazione dei suoli.
2.  Il comma 3 dell’art. 6 in esame precisa tuttavia che “Per i piani e i programmi di cui al comma 2 che determinano l'uso di piccole aree a livello locale e per le modifiche minori dei piani e dei programmi di cui al comma 2, la valutazione ambientale è necessaria qualora l'autorità competente valuti che producano impatti significativi sull'ambiente, secondo le disposizioni di cui all'articolo 12 e tenuto conto del diverso livello di sensibilità ambientale dell'area oggetto di intervento”.
3.  L’art. 12 del d.lgs. n. 152 del 2006 disciplina la “verifica di assoggettabilità” prevedendo, per quanto di più diretto interesse ai fini della presente causa, che (comma 6) “La verifica di assoggettabilità a VAS ovvero la VAS relative a modifiche a piani e programmi ovvero a strumenti attuativi di piani o programmi già sottoposti positivamente alla verifica di assoggettabilità di cui all'art. 12 o alla VAS di cui agli artt. da 12 a 17, si limita ai soli effetti significativi sull'ambiente che non siano stati precedentemente considerati dagli strumenti normativamente sovraordinati”.


Massima

1.  Già in base al dato letterale della norma nazionale (art. 6, comma 3, del D.Lgs. n. 152 del 2006 cit.) il dubbio circa la necessità di previa V.A.S. (o verifica di assoggettabilità) riguarda solo le modifiche “minori”, riguardo alle quale la norma nazionale citata demanda all’autorità competente la valutazione circa la possibilità, da cui dipende la sottoposizione a v.a.s., che producano o meno impatti significativi sull'ambiente, secondo le disposizioni di cui all'articolo 12 e tenuto conto del diverso livello di sensibilità ambientale dell'area oggetto di intervento. 
Resta invece del tutto pacifico che le modifiche (le varianti) ordinarie (non “minori”) debbano senz’altro essere sottoposte a v.a.s.
2.  La giurisprudenza prevalente formatasi in materia si orienta in senso piuttosto restrittivo circa l’ambito di esclusione dalla V.A.S. di piani e programmi attuativi o in variante. 
Se è ancora (in parte) aperta la discussione sulla sottoposizione a verifica di assoggettabilità degli strumenti attuativi conformi a quelli generali (da ultimo Cons. Stato, sez. IV, 31 novembre 2012, n. 5715), in ordine agli interventi in variante la giurisprudenza ha dibattuto soprattutto sulla esclusione dalla V.A.S. di piani e programmi che determinano l'uso di piccole aree a livello locale (sul tema cfr Cons. Stato, sez. IV, 17 settembre 2012, n. 4926. 
La giurisprudenza non pare invece dubitare in ordine al diverso tema, che qui rileva, delle modifiche minori dei piani e dei programmi, affermando la necessità di effettuare la preventiva verifica di assoggettabilità per le varianti allo strumento urbanistico, con la sola eccezione di quelle puramente formali consistenti in correzioni di errori materiali. Un atteggiamento molto restrittivo e attento sul tema è rinvenibile anche da parte del Giudice delle leggi (vd. la Corte costituzionale, con la sentenza 29 marzo 2013, n. 58).
3.  Ai fini della qualificazione sostanziale della variante – se di tipo generale, parziale o puntuale – risulta irrilevante la sua denominazione (che ricorre nella fattispecie) in termini di variante “semplificata”, attenendo, tale attribuzione, non già al profilo contenutistico dell’ambito di incidenza e della portata sostanziale della modifica (che è ciò che interessa ai fini della sottoponibilità a v.a.s.), bensì al solo profilo procedurale.
Non rileva, dunque, la semplificazione della procedura, ma solo la natura sostanziale della variante, se puntuale, parziale, generale o di adeguamento degli standard urbanistici. Analoghe alle varianti parziali, ma aventi sicuramente una forte incidenza sostanziale, sono poi da annoverarsi, nella tassonomia delle varianti agli strumenti urbanistici, le varianti strutturali
4.  Venendo alla fattispecie concreta, con la variante impugnata vengono modificati 21 articoli delle norme tecniche di attuazione (NTA) che incidono in vario modo sulla destinazione d’uso delle aree residenziali (zone M7 e M8), delle aree produttive (zone P1, P2 e P4) e delle aree destinate prevalentemente ad attrezzature pubbliche e private di interesse pubblico (zone C1, C2, C3, C4, A.R.U. 3).
Non pare dubitabile quindi la natura sostanziale – e non meramente formale – di tali modifiche, che presentano una portata estesa e un’incidenza molto profonda su scelte, assetti ed equilibri strutturali del vigente piano regolatore generale. 
Si tratta, dunque, di una variante di tipo strutturale, non puntuale, né qualificabile come “minore” a termini dell’art. 6, comma 3, del D.Lgs. n. 152 del 2006, ancorché definita come “semplificata” sul piano procedurale.
5.  La mancata adozione di una previa V.A.S. rende il procedimento in esame, pertanto, illegittimo.


Sentenza per esteso

INTESTAZIONE
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6320 del 2011, proposto da:
Associazione Italia Nostra Onlus, con sede n Roma, viale Liegi n. 33, in persona del Presidente p.t., dott.ssa Alessandra Mottola Molfino, rappresentata e difesa dall'avv. Alessandro Lipani, con domicilio eletto presso Alessandro Lipani in Napoli, via Ponte di Tappia, 47; 
contro
Provincia di Napoli, in persona del Presidente p.t., rappresentata e difesa dall'avv. Luciano Scetta, con domicilio eletto presso Luciano Scetta in Napoli, piazza Matteotti, 1;
Comune di Cercola, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Antonio Palma, con domicilio eletto presso Antonio Palma in Napoli, via Gen. Orsini, 30; 

sul ricorso numero di registro generale 6323 del 2011, proposto da:
Associazione Wwf Italia Ong Onlus, con sede in Roma, alla via Po n. 25/c, in persona del Presidente p.t. dott. Stefano Leoni, rappresentato e difeso dall'avv. Alessandro Lipani, con domicilio eletto presso Alessandro Lipani in Napoli, via Ponte di Tappia, 47; 
contro
Provincia di Napoli, in persona del Presidente p.t., rappresentata e difesa dall'avv. Luciano Scetta, con domicilio eletto presso Luciano Scetta in Napoli, piazza Matteotti, 1;
Comune di Cercola, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Antonio Palma, con domicilio eletto presso Antonio Palma in Napoli, via Gen. Orsini, 30; 
per l'annullamento
quanto al ricorso n. 6320 del 2011:
a) della deliberazione della giunta provinciale di Napoli n. 862 del 29/09/2011, avente ad oggetto "Comune di Cercola - Legge regionale 22 dicembre n. 16 - Variante semplificata delle Norme Tecniche di Attuazione del P.R.G. vigente - Approvazione"; b) della deliberazione del consiglio comunale di Cercola (NA) n. 13 del 28.7.2011 avente ad oggetto “Ratifica esito conferenza di servizi ex art. 24 comma 10 L.R.C. 16/2004 - Variante semplificata delle Norme Tecniche di Attuazione del P.R.G. vigente"; c) dei verbali della conferenza di servizi tra l’Amministrazione Provinciale di Napoli ed il Comune di Cercola del 27.5.2011 e del 12.7.2011; d) della nota del funzionario dell’Area assetto del territorio – direzione urbanistica dell’Amministrazione provinciale di Napoli n. 804 del 18.5.2011 – di ulteriori atti del procedimento, tra cui la deliberazione del consiglio comunale di Cercola n. 1 del 1°.3.2011 avente ad oggetto "Variante semplificata delle Norme Tecniche di Attuazione del P.R.G. vigente. Esame osservazioni e adozione”; della delibera della giunta municipale di Cercola n. 39 del 1.4.2011concernente la proposta della variante approvata con il provvedimento sub a); del decreto del Presidente della Provincia di Napoli n. 668 dell’11.11.2011 avente ad oggetto "Comune di Cercola - Legge regionale 22 dicembre n. 16 - Variante semplificata delle Norme Tecniche di Attuazione del P.R.G. vigente - Approvazione"; di ogni altro atto presupposto, connesso o conseguenziale.
quanto al ricorso n. 6323 del 2011:
dei medesimi atti impugnati con il ricorso numero di registro generale 6320 del 2011.

Visti i ricorsi e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Provincia di Napoli e del Comune di Cercola;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 giugno 2013 il dott. Paolo Carpentieri e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO
Con i ricorsi in esame – notificati il 28 e il 20 novembre 2011 e depositati in segreteria il 12 dicembre 2011 – le associazioni ricorrenti, iscritte nell’elenco delle associazioni ambientaliste di cui agli artt. 13 e 18 della legge n. 249 del 1986 e aventi, tra i propri fini statutari, la tutela dell’ambiente e del paesaggio, hanno impugnato, deducendo una pluralità di censure di violazione di legge e di eccesso di potere, gli atti elencati in epigrafe, di approvazione di una “variante semplificata” delle norme tecniche di attuazione del vigente p.r.g. del Comune di Cercola, ai sensi dell’art. 24, comma 10, della legge regionale n. 16 del 2004, comportante, a detta delle associazioni deducenti, “la possibilità di realizzare, in tutte le zone classificate “C”, interventi privati in nessun modo riconducibili agli standard urbanistici, in violazione del vigente piano territoriale paesistico dei Comuni vesuviani”, con la possibilità di “una massiccia edificazione di natura privata e commerciale, a detrimento del fabbisogno di standard urbanistici individuato in sede di originaria variazione del piano”.
Si sono costituiti a resistere in giudizio sia la Provincia di Napoli, sia il Comune di Cercola.
Alla pubblica udienza del 6 giugno 2013 la causa è stata chiamata e assegnata in decisione.
I due ricorsi in trattazione, chiaramente connessi per i soggetti, per l’oggetto e per le questioni giuridiche trattate, devono essere preliminarmente riuniti e decisi con un’unica sentenza.
Nessun dubbio può prospettarsi in rito, giusta la ormai consolidata giurisprudenza maturata sul tema, in ordine alla legittimazione ad agire delle associazioni ricorrenti.
Nel merito entrambi i ricorsi sono fondati e vanno accolti per l’assorbente fondatezza del primo motivo di ricorso, con il quale le associazioni ricorrenti hanno denunciato il vizio di violazione della direttiva C.E. 27 giugno 2011 n. 42/2001/CE, degli artt. 6 ss. del d.lg. n. 152 del 2006, dell’art. 47 della l.r. della Campania n. 16 del 2004 e dell’art. 2 del decreto del Presidente della G. R. della Campania n. 17 del 18 dicembre 2009, nonché vizi del procedimento ed eccesso di potere per difetto di istruttoria, in quanto la variante, incidendo sulla destinazione d’uso di molte zone (M7, M8, P1, P2, P4, C1, C2, C3, C4), modificando 21 articoli delle NTA e determinando un peggioramento delle dotazioni degli standard urbanistici, si configura come vera e propria variante generale che, a mente della richiamata normativa (in particolare, dell’art. 2 della dPGR n. 17 del 2009), doveva essere preceduta dalla valutazione ambientale strategica (VAS) o, quanto meno, dalla verifica di assoggettabilità a VAS.
Fondato e meritevole di accoglimento, inoltre, risulta anche il primo punto del secondo motivo di ricorso, con il quale le associazioni ricorrenti hanno lamentato il contrasto della variante impugnata con la pianificazione paesaggistica vigente (atteso che alcune delle zone “C” interessate dalla variante ricadono nelle zone RUA – Restauro Urbanistico Ambientale - del PTP dei Comuni vesuviani, per le quali l’art. 13 vieta nuove costruzioni, con l’unica eccezione delle “attrezzature pubbliche”).
L’art. 6 del d.lgs. n. 152 del 2006 impone la valutazione ambientale strategica per i piani e i programmi che possono avere impatti significativi sull'ambiente e sul patrimonio culturale, tra cui (comma 2) tutti i piani e i programmi (tra gli altri) che sono elaborati per la valutazione e gestione della pianificazione territoriale o della destinazione dei suoli.
Il comma 3 dell’art. 6 in esame precisa tuttavia che “Per i piani e i programmi di cui al comma 2 che determinano l'uso di piccole aree a livello locale e per le modifiche minori dei piani e dei programmi di cui al comma 2, la valutazione ambientale è necessaria qualora l'autorità competente valuti che producano impatti significativi sull'ambiente, secondo le disposizioni di cui all'articolo 12 e tenuto conto del diverso livello di sensibilità ambientale dell'area oggetto di intervento”.
L’art. 12 del d.lgs. n. 152 del 2006 disciplina la “verifica di assoggettabilità” prevedendo, per quanto di più diretto interesse ai fini della presente causa, che (comma 6) “La verifica di assoggettabilità a VAS ovvero la VAS relative a modifiche a piani e programmi ovvero a strumenti attuativi di piani o programmi già sottoposti positivamente alla verifica di assoggettabilità di cui all'art. 12 o alla VAS di cui agli artt. da 12 a 17, si limita ai soli effetti significativi sull'ambiente che non siano stati precedentemente considerati dagli strumenti normativamente sovraordinati”.
La Regione Campania si è dotata di proprie linee guida applicative, con apposita delibera della giunta regionale n. 17 del 2009 (regolamento di attuazione della VAS).
Si tratta dunque di stabilire – e da tale indagine dipende l’esito della decisione del primo motivo di ricorso – se la variante oggetto di impugnazione ricada o meno nell’ambito delle varianti ai piani urbanistici che, in base agli artt. 6 e 12 della legge nazionale del 2006 e alle linee guida regionali, deve essere sottoposta a preventiva v.a.s. o a preventiva verifica di assoggettabilità a v.a.s.
Al riguardo giova subito precisare che già in base al dato letterale della norma nazionale (art. 6, comma 3, del d.lgs. n. 152 del 2006 cit.) il dubbio circa la necessità di previa v.a.s. (o verifica di assoggettabilità) riguarda solo le modifiche “minori”, riguardo alle quale la norma nazionale citata demanda all’autorità competente la valutazione circa la possibilità, da cui dipende la sottoposizione a v.a.s., che producano o meno impatti significativi sull'ambiente, secondo le disposizioni di cui all'articolo 12 e tenuto conto del diverso livello di sensibilità ambientale dell'area oggetto di intervento. Resta invece del tutto pacifico che le modifiche (le varianti) ordinarie (non “minori”) debbano senz’altro essere sottoposte a v.a.s.
Ai sensi dell’art. 2, punto e), della delibera di giunta regionale n. 17 del 2009 (di approvazione delle linee guida regionali, che devono naturalmente essere interpretate in senso conforme alla norma nazionale di recepimento della direttiva 27 giugno 2001, n. 2001/42/CE - direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull’ambiente) sono escluse dalla procedura “le varianti ai PUC o ai Piani regolatori generali, di seguito denominati PRG, che non comportano modifiche alle destinazioni d’uso delle aree, alle norme tecniche di attuazione del piano, alla distribuzione dei carichi insediativi ed alla dotazione degli standard urbanistici, che contengono solo la reiterazione dei vincoli preordinati all’espropriazione o precisazioni o interpretazioni relative alle norme tecniche di attuazione del piano e che comportano solo cambi di destinazione d’uso di immobili pubblici esistenti al fine di continuarli ad adibire prevalentemente ad uso pubblico”.
La giurisprudenza prevalente formatasi in materia si orienta in senso piuttosto restrittivo circa l’ambito di esclusione dalla v.a.s. di piani e programmi attuativi o in variante. Se è ancora (in parte) aperta la discussione sulla sottoposizione a verifica di assoggettabilità degli strumenti attuativi conformi a quelli generali (da ultimo Cons. Stato, sez. IV, 31 novembre 2012, n. 5715), in ordine agli interventi in variante la giurisprudenza ha dibattuto soprattutto sulla esclusione dalla v.a.s. di piani e programmi che determinano l'uso di piccole aree a livello locale (sul tema cfr Cons. Stato, sez. IV, 17 settembre 2012, n. 4926, che ha ritenuto sufficiente il previo screening per un progetto diretto a realizzare un centro di distribuzione e logistica merci in un'area classificata come agricola; Id., 6 maggio 2013, n. 2446, che ha ritenuto necessaria la v.a.s. per varianti relative a progetti di costruzione di centri commerciali ovvero di parcheggi di uso pubblico con capacità superiori a 500 posti auto). La giurisprudenza non pare invece dubitare in ordine al diverso tema, che qui rileva, delle modifiche minori dei piani e dei programmi, affermando la necessità di effettuare la preventiva verifica di assoggettabilità per le varianti allo strumento urbanistico, con la sola eccezione di quelle puramente formali consistenti in correzioni di errori materiali. Un atteggiamento molto restrittivo e attento sul tema è rinvenibile anche da parte del Giudice delle leggi (in tal senso la Corte costituzionale, con la sentenza 29 marzo 2013, n. 58, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 40, comma 1, della legge della Regione Veneto 6 aprile 2012, n. 13, nella parte in cui, modificando l’art. 14 della legge regionale 26 giugno 2008, n. 4, ha introdotto disposizioni transitorie in materia di valutazione ambientale strategica dirette a limitare l’assoggettamento a v.a.s. dei piani urbanistici attuativi di piani urbanistici generali non già assoggettati a v.a.s. ai soli casi in cui tali piani attuativi prevedano progetti o interventi per i quali è prescritta la VIA).
Tanto precisato in diritto circa i più recenti orientamenti della giurisprudenza in tema di sottrazione alla v.a.s. di piani e programmi attuativi e di piani e programmi in variante, occorre adesso svolgere alcune considerazioni, sempre in diritto, riguardo alle diverse tipologie di variante allo strumento urbanistico rilevanti ai fini della corretta interpretazione e applicazione del citato art. 6, comma 3, del d.lgs. n. 152 del 2006.
Ora, ai fini della qualificazione sostanziale della variante – se di tipo generale, parziale o puntuale – risulta irrilevante la sua denominazione (che ricorre nella fattispecie) in termini di variante “semplificata”, attenendo, tale attribuzione, non già al profilo contenutistico dell’ambito di incidenza e della portata sostanziale della modifica (che è ciò che interessa ai fini della sottoponibilità a v.a.s.), bensì al solo profilo procedurale (in tal senso l’art. 19 del testo unico in materia di espropriazioni, di cui al d.P.R. n. 327 del 2001, introduce una procedura semplificata – anche mediante ricorso alla conferenza di servizi o a un accordo di programma, secondo quanto previsto dall’art. 10 stesso testo unico, ovvero mediante un altro atto, anche di natura territoriale, che in base alla legislazione vigente comporti la variante al piano urbanistico - di approvazione delle varianti “puntuali” agli strumenti urbanistici nei casi in cui l'opera di pubblica utilità da realizzare non risulti conforme alle previsioni urbanistiche; nello stesso senso l’art. 25 della legge n. 47 del 1985 prevede procedure semplificate per l’approvazione degli strumenti attuativi in variante agli strumenti urbanistici generali finalizzate all'adeguamento degli standard urbanistici, varianti, queste, obbligatorie).
Non rileva, dunque, la semplificazione della procedura, ma solo la natura sostanziale della variante, se puntuale, parziale, generale o di adeguamento degli standard urbanistici. Analoghe alle varianti parziali, ma aventi sicuramente una forte incidenza sostanziale, sono poi da annoverarsi, nella tassonomia delle varianti agli strumenti urbanistici, le varianti strutturali (ad es., ex. l r. Piemonte n. 56 del 1977, sono strutturali le varianti che modificano l’impianto strutturale del p.r.g., la funzionalità delle infrastrutture urbane di rilevanza sovracomunale, o riducono la quantità delle aree a servizi oltre una determinata soglia in metri quadrati per abitante, ovvero incidono sulla struttura generale dei vincoli nazionali e regionali, oppure incrementano la capacità insediativa residenziale del piano regolatore vigente, o le superfici territoriali o gli indici di edificabilità del p.r.g. relativi alle attività produttive, direzionali, turistico-ricettive).
La legge regionale della Campania n. 16 del 2004 – recante Norme sul governo del territorio, nel testo in vigore all’atto dell’adozione degli atti impugnati, non fornisce in proposito elementi decisivi e risolutivi. La legge citata stabiliva (art. 24, comma 12) che “le varianti e gli aggiornamenti delle previsioni del Puc sono sottoposte al procedimento di formazione disciplinato dal presente articolo, con i termini ridotti della metà, ad eccezione dei termini di cui ai commi 6, 7, 8 e 10” (l’articolo 24 è stato poi abrogato dall’art. 4, comma 1, lettera f), della legge regionale 5 gennaio 2011, n. 1, che ha “delegificato” la disciplina procedurale, demandano a un apposito regolamento di attuazione, tra l’altro, “la disciplina dei procedimenti di formazione del piano urbanistico comunale di cui all'articolo 23 e dei piani urbanistici attuativi di cui all'articolo 26”, ma differendo l’effetto abrogativo al 150° giorno successivo all’entrata in vigore della legge di modifica; il regolamento attuativo n. 5 del 2011, successivamente adottato, si limita a stabilire all’art. 4 che la procedura di variante è la stessa prevista per la formazione del piano urbanistico, disciplinata dal precedente art. 3, con termini ridotti della metà, così confermando la previgente norma primaria).
Così chiarito e illustrato il quadro normativo di riferimento in diritto, si impone, a questo punto, una più approfondita indagine in punto di fatto sui contenuti della variante di cui trattasi.
Con la variante impugnata, giustificata dall’esigenza di adeguare il PRG agli strumenti di programmazione sovracomunali e alla legislazione nazionale e regionale sopravvenuta (in particolare, il d.P.R. n. 440 del 2000 e la l.r. n. 21 del 2003 disciplinante le aree rientranti nella c.d. zona rossa a rischio vulcanico), nonché di offrire “un contributo di chiarezza con l’obiettivo della semplificazione delle procedure”, vengono modificati 21 articoli delle norme tecniche di attuazione (NTA) che incidono in vario modo sulla destinazione d’uso delle aree residenziali (zone M7 e M8), delle aree produttive (zone P1, P2 e P4) e delle aree destinate prevalentemente ad attrezzature pubbliche e private di interesse pubblico (zone C1, C2, C3, C4, A.R.U. 3).
Una prima modifica rilevante interviene sull’art. 5 delle NTA modificando, ai fini della destinazione d’uso, il concetto di Servizi (punto 3). In particolare, in tale categoria sono inserite una serie di sottoclassi (3a: pubblici esercizi - bar, ristoranti, pub, locali notturni in genere; 3b: servizi alle persone - amministrativi, sociali, assistenziali, sanitari, istruzione, culturali, fitness, sportelli bancari e finanziari; 3 d: artigianato di servizio e studi di artista; 3g: attrezzature collettive - per lo sport, lo spettacolo, la cultura, ricreativa, congressuali, religiose). Sempre nell’articolo 5 (relativamente alla voce Servizi) risulta infine inserito l’inciso “anche realizzate ad iniziativa privata”.
La modifica dell’art. 5 (che definisce i Servizi) ha immediato riflesso sulla disciplina degli artt. 55, 56, 57 e 58 delle NTA, rispettivamente concernenti le categorie C1 (Attrezzature scolastiche), C2 (Attrezzature di interesse comune), C3 (Attrezzature sportive) e C4 (Attrezzature e servizi privati di interesse pubblico). E’ da evidenziare che le NTA (cfr. art. 104, non toccato dalla variante di cui è causa) collegano alle destinazioni d’uso in questione il conseguimento delle “attrezzature da standard” di cui all’art. 3 del decreto n. 1444 del 1968 e alla legge regionale n. 14 del 1982, ossia il rispetto dei rapporti massimi stabiliti tra gli spazi destinati agli insediamenti residenziali e gli spazi pubblici o riservati alle attività collettive, a verde pubblico o a parcheggi.
Più nel dettaglio, a seguito della variante in esame, la zona C1 (attrezzature scolastiche) include, quali destinazioni ammesse, la “3b servizi alle persone” (come sopra ex novo definiti) e la “3g attrezzature collettive”, con l’aggiunta della specificazione “Fermo restando l’affinità di tali destinazioni alle attrezzature pubbliche a standard di cui al DI 1444/1968 ed alla l.r. 14/1982”. La modifica alla zona C1 amplia, dunque, le destinazioni ammissibili (diverse dalle attrezzature scolastiche) oltre gli interventi esclusivamente di tipo pubblico precedentemente ammessi, includendo anche servizi che possono essere sia pubblici, sia privati e servizi di tipo esclusivamente privato (sportelli bancari e finanziari), con l’utilizzo del criterio (ambiguo) della “affinità” alle attrezzature a standard, in tal modo incidendo sostanzialmente sull’effettivo raggiungimento dei parametri di cui al decreto interministeriale n. 1444 del 1968.
Analogamente, per la zona C3 (attrezzature sportive) vengono inserite, tra le destinazioni ammesse, la “3g attrezzature collettive” e la sottoclasse “pubblici esercizi, ad integrazione funzionale di eventuali spazi coperti non utilizzati e comunque riutilizzabili esclusivamente per categorie merceologiche strettamente connesse all’attività ludica, ricreativa e sportiva” (sempre con la clausola generica della affinità di tali destinazioni alle attrezzature pubbliche a standard di cui al decreto n. 1444 del 1968 e alla l.r. n. 14 del 1982).
Con riferimento alla zona C4 (Attrezzature e servizi privati di interesse pubblico), che è la zona interessata dalla modifica più rilevante, le destinazioni ammesse sono ridefinite nei seguenti termini: Aree di Manutenzione Urbana (AMU), con riferimento all’art. 5, sono quelle appartenenti alle classi 3 (Servizi), 4 (Turistico ricettivo) fino ad un massimo di 20 posti letto per ogni C4 e 7 (Parcheggi non pertinenziali). La classe 2 (Commerciale) e la sottoclasse 3c direzionale privato della classe 3 (Servizi) sono ammesse in misura non superiore al 30 % della superficie lorda di pavimento dei nuovi edifici. Le destinazioni ammesse in Aree di Riqualificazione Urbana edilizia e ambientale (ARU), con riferimento all’art. 5, sono quelle appartenenti alle classi 3 (Servizi), 4 (Turistico ricettivo), 7 (Parcheggi non pertinenziali) E 8D (Terminali infrastrutturali). La classe 2 (Commerciale) e la sottoclasse direzionale privato della classe 3 (Servizi) sono ammesse in misura non superiore al 30 % della superficie lorda di pavimento dei nuovi edifici.
Il previgente art. 58 prevedeva per la zona C4 (sottozona AMU) la riserva del 70% dell’area a “Servizi” mentre il restante 30% al terziario (ivi inclusi bar e ristoranti). In virtù della definizione recata nel vecchio art. 5 nel concetto di “Servizi” rientravano solo attività in qualche modo riconducibili agli standard urbanistici (istruzione, assistenza, cultura, attività di culto, parcheggi, etc.). Non può dirsi altrettanto a seguito della modifica operata agli artt. 5 e 58, per effetto della quale divengono destinazioni ammissibili, nella quota del 70%, “Servizi” quali 3a “pubblici esercizi (bar, ristoranti, pub, locali notturni) e 3d “artigianato di servizio e studi di artista”, nonché, 4 “strutture turistico ricettive” (cfr. art. 58), tutte categorie all’evidenza non riconducibili agli standard urbanistici. Risulta indubbio, dunque, l’impatto della variante non solo sulla destinazione d’uso dell’area in questione, ma anche sulla dotazione complessiva degli standard urbanistici.
Così definiti i termini fattuali dei contenuti e dell’incidenza della variante oggetto di causa, la Sezione rileva che non pare dubitabile la natura sostanziale – e non meramente formale – di tali modifiche, che presentano una portata estesa e un’incidenza molto profonda su scelte, assetti ed equilibri strutturali del vigente piano regolatore generale. Si tratta, dunque, di una variante di tipo strutturale, non puntuale, né qualificabile come “minore” a termini dell’art. 6, comma 3, del d.lgs. n. 152 del 2006, ancorché definita come “semplificata” sul piano procedurale.
Risulta pertanto evidente la esorbitanza di tale variante, per i contenuti sopra descritti, dall’ambito formale e limitato proprio delle varianti escluse tout court dalla v.a.s. e anche dalla previa verifica di assoggettabilità a termini della sopra richiamata delibera della giunta regionale n. 17 del 2009 di adozione del regolamento di attuazione e delle linee guida regionali applicative della VAS. Tali linee guida, come già detto, limitano l’ambito delle varianti escluse a quelle che “non comportano modifiche alle destinazioni d’uso delle aree, alle norme tecniche di attuazione del piano, alla distribuzione dei carichi insediativi ed alla dotazione degli standard urbanistici, che contengono solo la reiterazione dei vincoli preordinati all’espropriazione o precisazioni o interpretazioni relative alle norme tecniche di attuazione del piano e che comportano solo cambi di destinazione d’uso di immobili pubblici esistenti al fine di continuarli ad adibire prevalentemente ad uso pubblico”.
Conclusivamente, per tutte le esposte ragioni, i riuniti ricorsi devono giudicarsi fondati e meritevoli di accoglimento, con conseguente annullamento degli atti impugnati, salvo il potere delle amministrazioni intimate di riesercizio della funzione in senso conforme alle indicazioni scaturenti dalla presente decisione.
Le spese, secondo la regola della soccombenza, devono porsi a carico delle amministrazioni intimate, nell’importo liquidato in dispositivo.

P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sui ricorsi, come in epigrafe proposti, ne dispone la riunione e li accoglie e, per l’effetto, annulla gli atti impugnati, salvi gli ulteriori provvedimenti delle amministrazioni intimate.
Condanna il Comune di Cercola e la Provincia di Napoli, in persona dei rispettivi legali rapp.ti p.t., al pagamento delle spese processuali, che si liquidano in complessivi euro 2.000,00 (duemila/00) in favore di ciascuna delle Associazioni ricorrenti, da porsi in ragione della metà a carico delle amministrazioni soccombenti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 6 giugno 2013 con l'intervento dei magistrati:
Saverio Romano, Presidente
Paolo Carpentieri, Consigliere, Estensore
Ida Raiola, Consigliere


L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 24/07/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)


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