ADUNANZE PLENARIE:
l'anonimato nelle procedure concorsuale
(e, più in generale, selettive)
e "l'illegittimità da pericolo c.d. astratto"
(Ad. Plen. sentenza 20 novembre 2013 n. 26).
Pronuncia ricchissima di risvolti pratici (per candidati ed amministrativisti).
Buona lettura.
FF
Massima
1. La violazione della regola dell’anonimato nei concorsi e nelle pubbliche selezioni viene nella prassi in rilievo sotto due profili.
1.1 Nell’ipotesi statisticamente più frequente si tratta di controversie innescate dalle esclusione da procedure concorsuali (anche idoneative) di candidati che abbiano apposto al proprio elaborato segni di riconoscimento.
In questo caso – allorché dunque la violazione è addebitata al candidato - afferma costantemente la giurisprudenza che la regola dell'anonimato degli elaborati scritti non può essere intesa in modo tanto tassativo e assoluto da comportare l'invalidità delle prove ogni volta che sussista un'astratta possibilità di riconoscimento, perché se così fosse sarebbe materialmente impossibile svolgere concorsi per esami scritti, giacché non si potrebbe mai escludere a priori la possibilità che un commissario riconosca una particolare modalità di stesura: è invece necessario che emergano elementi atti a provare in modo inequivoco l'intenzionalità del concorrente di rendere riconoscibile il suo elaborato. ( ad es. VI Sez. n. 5220 del 2006).
1.2 Nel diverso caso, statisticamente meno frequente, in cui la mancata osservanza della regola dell’anonimato è addebitata all’Amministrazione nel contesto di una selezione di stampo comparativo, l’indirizzo giurisprudenziale maggioritario considera tale violazione rilevante in sé senza che sia necessario ( per inferirne la illegittimità) ricostruire a posteriori il possibile percorso di riconoscimento degli elaborati da parte dei soggetti chiamati a valutarli.
In sintesi, a fronte dell’esigenza di assicurare l’indipendenza di giudizio dell’organo valutatore non occorre accertare se il riconoscimento della prova di un candidato si sia effettivamente determinato, essendo sufficiente la mera, astratta possibilità dell’avverarsi di una tale evenienza.
2. Secondo un diverso indirizzo – al quale hanno invece dato continuità il TAR Catania con la sentenza qui impugnata e in sostanza il Consiglio di Giustizia con l’ordinanza di rimessione a questa Adunanza Plenaria – in applicazione del principio di conservazione ex art. 21-octies, co. 2, L. n. 241/1990, la violazione della regola procedimentale dell'anonimato in un procedimento amministrativo relativo a un concorso è irrilevante quando la prova concorsuale consista nella soluzione di quesiti a risposta multipla e non risultino, perciò, riconosciuti all'amministrazione margini di discrezionalità valutativa, se non sia stata fornita prova del fatto che l'osservanza della regola procedimentale dell'anonimato avrebbe determinato un differente esito procedimentale.
i3. Ciò premesso, osserva questa Adunanza Plenaria che il criterio dell'anonimato nelle prove scritte delle procedure di concorso – nonché in generale in tutte le pubbliche selezioni - costituisce il diretto portato del principio costituzionale di uguaglianza nonché specialmente di quelli del buon andamento e dell’imparzialità della pubblica amministrazione, la quale deve operare le proprie valutazioni senza lasciare alcuno spazio a rischi di condizionamenti esterni e dunque garantendo la par condicio tra i candidati.
L’esigenza dell’anonimato si traduce infatti a livello normativo in regole che, per quanto ora rileva, tipizzano rigidamente il comportamento dell’Amministrazione imponendo ( come fa ad es. il D.M. 10.6.2010 per la selezione in controversia) una serie minuziosa di cautele e accorgimenti prudenziali.
Allorché l’Amministrazione si scosta in modo percepibile dall’osservanza di tali vincolanti regole comportamentali si determina quindi una illegittimità di per sé rilevante e insanabile, venendo in rilievo una condotta già ex ante implicitamente considerata come offensiva in quanto appunto connotata dall’attitudine a porre in pericolo o anche soltanto minacciare il bene protetto dalle regole stesse.
4. In conclusione, mutuando la antica terminologia penalistica, può affermarsi che la violazione dell’anonimato da parte della Commissione nei pubblici concorsi comporta una illegittimità da pericolo c.d. astratto e cioè un vizio derivante da una violazione della presupposta norma d’azione irrimediabilmente sanzionato dall’ordinamento in via presuntiva, senza necessità di accertare l’effettiva lesione dell’imparzialità in sede di correzione.
Sentenza per esteso
INTESTAZIONE
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Adunanza
Plenaria)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 24 di A.P. del
2013, proposto da:
Ministero dell'Istruzione dell'Universita' e della Ricerca, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Ministero dell'Istruzione dell'Universita' e della Ricerca, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
contro
Giulia Nutile, Federico Saturno Spurio, Fabrizio Lo
Giudice, Giorgia Intilisano, Udu - Unione Degli Universitari, non costituititi
in questa fase del giudizio;
Giorgio Barbaro, rappresentato e difeso dagli avv. Giacomo Ferrari ed Umberto Cantelli, con domicilio eletto presso Michele Bonetti in Roma, via San Tommaso D'Aquino 47;
Giorgio Barbaro, rappresentato e difeso dagli avv. Giacomo Ferrari ed Umberto Cantelli, con domicilio eletto presso Michele Bonetti in Roma, via San Tommaso D'Aquino 47;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. SICILIA - SEZ. STACCATA DI
CATANIA: SEZIONE I n. 02105/2011, resa tra le parti, concernente graduatoria
concorso per l'ammissione al corso di laurea in medicina e chirurgia
a.a.2010/2011
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Giorgio
Barbaro;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 ottobre
2013 il Cons. Antonino Anastasi e uditi per le parti l’avvocato dello Stato
Basilica e l’avvocato Cantelli.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto
segue.
FATTO
L’odierno appellante incidentale, avendo partecipato
presso l’Università di Messina alla selezione di ammissione per l’anno
accademico 2010/2011 al corso di laurea a numero chiuso in medicina e
chirurgia, si è classificato in graduatoria in posizione non utile per
conseguire l’immatricolazione su uno dei 200 posti disponibili.
Insieme ad altri studenti versanti nelle medesime
condizioni il predetto ha impugnato avanti al TAR Catania la graduatoria finale
chiedendo in via principale l’annullamento del diniego di ammissione ed in via
subordinata l’annullamento della intera selezione, con conseguente risarcimento
in forma specifica o per equivalente.
A sostegno dell’impugnativa i ricorrenti hanno dedotto
censure relative alla errata definizione da parte dell’Università del numero
dei posti effettivamente disponibili; alla tardiva pubblicazione del bando;
alla carente informazione circa la corretta procedura da seguire in caso di
ripensamento del candidato sulla correttezza di una risposta resa; alla
violazione della regola dell’anonimato da parte della Commissione; al mancato
scorrimento della graduatoria in relazione ai 25 posti originariamente
riservati a studenti extracomunitari ma non integralmente coperti da questi.
Con la sentenza in epigrafe indicata il Tribunale
etneo ha respinto tutte le censure salvo quella relativa al mancato utilizzo
dei posti riservati agli studenti extracomunitari e non coperti, che è stata
accolta, con conseguente scorrimento della graduatoria degli studenti
comunitari.
Per quanto riguarda la questione della violazione
della regola dell’anonimato il Tribunale, pur avendo riscontrato profili di non
corretta applicazione delle regole concorsuali da parte della Commissione nella
fase di distribuzione e ritiro dei test ai candidati, ha aderito all’indirizzo
giurisprudenziale secondo cui l'eventuale, astratta riconoscibilità dei
candidati non può costituire ex se causa di invalidazione di una procedura
concorsuale, allorché, come nella specie, non risulti in alcun modo dimostrato
che tale evenienza abbia oggettivamente determinato condizioni di vantaggio
rispetto ad altri candidati, incidendo negativamente sui risultati della
selezione effettuata.
La sentenza è stata impugnata dall’Amministrazione la
quale ha ribadito la legittimità del mancato utilizzo dei posti non coperti
dagli studenti extracomunitari.
La sentenza è stata impugnata in via incidentale da
alcuni degli originari ricorrenti i quali ne hanno chiesto la riforma nei capi
a loro sfavorevoli, tornando a proporre tutte le doglianze già infruttuosamente
versate in primo grado.
Il Consiglio di Giustizia Amministrativa, dopo aver
disposto l’integrazione del contraddittorio nei confronti degli studenti
utilmente graduati, con la sentenza parziale/ordinanza sopra citata ha:
a) respinto l’ appello principale dell’
Amministrazione;
b) respinto nella sostanza tutti motivi versati in via
incidentale dalle parti private salvo quello concernente la violazione della
regola dell’anonimato da parte della Commissione;
c) rimesso a questa Adunanza Plenaria l’esame di tale
motivo di impugnazione.
Nel merito di tale questione il Consiglio di
Giustizia, il quale in definitiva propende per il rigetto del mezzo proposto
dagli studenti, rileva che la Commissione ha pedissequamente applicato la
normativa posta a disciplina della selezione.
In particolare alcuni comportamenti materiali posti in
essere dalla Commissione ( distribuzione dei test ai candidati e ritiro degli
stessi seguendo l’ordine alfabetico/ apposizione sull’elenco identificativo accanto
al nome del candidato del codice alfanumerico contrassegnante il relativo
foglio dei test) risultano compatibili con le regole dettate dal bando ed
ispirati a condivisibili esigenze di trasparenza e legalità, essendo tali
accorgimenti imposti da esigenze di ordinata organizzazione della complessa
procedura nonchè finalizzati ad ovviare possibili scambi di elaborati tra i
candidati.
Peraltro, anche ammettendo che questi comportamenti
materiali avessero reso in astratto possibile l’identificazione dell’autore di
ciascun elaborato, in concreto le operazioni di distribuzione e raccolta dei
test nonchè di sigillatura dei contenitori racchiudenti le relative buste si
sono svolte costantemente alla presenza degli studenti: il che – specie tenendo
presente la genericità delle doglianze mosse dai ricorrenti - porta ad
escludere che in concreto l’ipotizzata violazione della regola dell’anonimato
possa aver alterato la correttezza della procedura selettiva.
Osserva tuttavia il Consiglio di Giustizia che la II^
Sez. del Consiglio di Stato ( con parere 213 del 6.10.2011) ha accolto un
ricorso straordinario al Capo dello Stato proposto proprio da soggetti non
ammessi nell’anno accademico 2009/2010 al corso di laurea in medicina e
chirurgia dell’Università di Messina affermando l’opposto principio secondo cui
“ non occorre accertare se il riconoscimento della prova di un candidato si sia
effettivamente determinato, essendo sufficiente la mera astratta possibilità
dell’avverarsi di tale evenienza”.
Pertanto, visto il rilievo di massima della questione,
il Consiglio ha rimesso l’esame dell’appello incidentale a questa Adunanza
Plenaria.
Si è costituita in questa fase del giudizio
l’Amministrazione chiedendo il rigetto dell’appello avversario.
Si è costituito il sig. Giorgio Barbaro, insistendo
per l’accoglimento del motivo e rilevando che la Commissione, diversamente da
come ritenuto dal C.G.A., ha in realtà violato le regole fissate dal bando e
dalla presupposta ordinanza ministeriale.
Nel merito l’appellante chiede l’annullamento del
diniego di ammissione oppure in via gradata l’annullamento della intera
selezione, con risarcimento in forma specifica o generica.
Alla pubblica udienza del 9 ottobre 2013 l’appello
incidentale è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
1. La controversia in esame origina dalla selezione di
ammissione per l’anno accademico 2010/2011 al corso di laurea a numero
programmato in medicina e chirurgia presso l’Università degli studi di Messina.
Alcuni studenti, classificatisi in posizione non utile
per conseguire l’immatricolazione su uno dei 200 posti disponibili, hanno
impugnato avanti al TAR Catania la graduatoria finale deducendo – tra l’altro –
la violazione della regola dell’anonimato da parte della Commissione.
Con la sentenza in epigrafe indicata il Tribunale
etneo ha disatteso questa censura, riproposta dai soccombenti in sede di
impugnazione incidentale.
Al riguardo il Consiglio di Giustizia Amministrativa
per la Regione Siciliana riconosce che taluni comportamenti materiali della
Commissione ( pur non contrastanti con specifiche previsioni del bando )
possono aver in teoria reso possibile l’identificazione dell’autore di ciascun
elaborato.
Tuttavia il Consiglio, tenuta presente la genericità
delle doglianze mosse dai ricorrenti e tenuta presente come meglio si vedrà poi
la specifica tipologia della selezione, propende per escludere che in concreto
l’ipotizzata violazione della regola dell’anonimato abbia alterato la
correttezza della procedura selettiva.
Ne consegue, a giudizio del Consiglio, che
l'eventuale, astratta riconoscibilità dei candidati non dovrebbe costituire ex
se causa di invalidazione della procedura concorsuale, allorché, come nella
specie, non risulta in alcun modo dimostrato che tale evenienza abbia
oggettivamente determinato condizioni di vantaggio per alcuni candidati,
incidendo negativamente sui risultati della selezione effettuata.
Rileva tuttavia il Consiglio la presenza in
giurisprudenza di un diverso orientamento secondo il quale non occorre
accertare se a seguito della violazione il riconoscimento della prova di un
candidato abbia in concreto sviato la procedura di correzione, essendo
sufficiente la mera astratta possibilità dell’avverarsi di tale evenienza.
Pertanto, visto il rilievo di massima della questione,
il Consiglio ha rimesso l’esame del ricorso incidentale a questa Adunanza
Plenaria.
2. La violazione della regola dell’anonimato nei
concorsi e nelle pubbliche selezioni viene nella prassi in rilievo sotto due
profili che è opportuno tenere distinti, non potendosi applicare al secondo
ambito i costrutti giurisprudenziali elaborati in relazione al primo.
Nell’ipotesi statisticamente più frequente si tratta
di controversie innescate dalle esclusione da procedure concorsuali ( anche
idoneative) di candidati che abbiano apposto al proprio elaborato segni di
riconoscimento.
In questo caso – allorché dunque la violazione è
addebitata al candidato - afferma costantemente la giurisprudenza che la regola
dell'anonimato degli elaborati scritti non può essere intesa in modo tanto
tassativo e assoluto da comportare l'invalidità delle prove ogni volta che
sussista un'astratta possibilità di riconoscimento, perché se così fosse
sarebbe materialmente impossibile svolgere concorsi per esami scritti, giacché
non si potrebbe mai escludere a priori la possibilità che un commissario
riconosca una particolare modalità di stesura: è invece necessario che emergano
elementi atti a provare in modo inequivoco l'intenzionalità del concorrente di
rendere riconoscibile il suo elaborato. ( ad es. VI Sez. n. 5220 del 2006).
In sostanza, nell’ipotesi in esame l'annullamento di
un elaborato per riconoscibilità dell'autore ne presuppone l'intenzionalità,
che va desunta, per via indiretta o presuntiva, dalla natura in sé
dell'elemento riconoscibile e dalla sua suscettività oggettiva di comportare la
riferibilità dell'elaborato stesso a un determinato soggetto. ( ad es. V Sez.
n. 2025 del 2011).
Nel diverso caso, statisticamente meno frequente, in
cui la mancata osservanza della regola dell’anonimato è addebitata
all’Amministrazione nel contesto di una selezione di stampo comparativo,
l’indirizzo giurisprudenziale maggioritario considera tale violazione rilevante
in sè “ senza che sia necessario ( per inferirne la illegittimità) ricostruire
a posteriori il possibile percorso di riconoscimento degli elaborati da parte
dei soggetti chiamati a valutarli”. ( cfr. VI Sez. n. 1928 del 2010).
A sostegno di tale orientamento si osserva che “
L’ordinamento non chiede dunque che il giudice accerti di volta in volta che la
violazione delle regole di condotta abbia portato a conoscere effettivamente il
nome del candidato. Se fosse richiesto un tale, concreto, accertamento, lo
stesso - oltre ad essere di evidente disfunzionale onerosità - si risolverebbe,
con inversione dell’onere della prova, in una sorta di probatio
diabolica che contrasterebbe con l’esigenza organizzativa e giuridica
di assicurare senz’altro e per tutti il rispetto delle indicate regole, di
rilevanza costituzionale, sul pubblico concorso.” ( cfr. di recente VI Sez. n.
3747 del 2013).
In sintesi, come icasticamente precisato dalla II Sez.
nel parere n. 213 del 2011 ( richiamato dall’ordinanza di rimessione e col
quale è stato accolto il ricorso straordinario n. 3672 del 2011 proposto
proprio avverso la selezione svoltasi nella stessa facoltà nel precedente anno
accademico) a fronte dell’esigenza di assicurare l’indipendenza di giudizio
dell’organo valutatore “ non occorre accertare se il riconoscimento della prova
di un candidato si sia effettivamente determinato, essendo sufficiente la mera,
astratta possibilità dell’avverarsi di una tale evenienza.”.
Secondo un diverso indirizzo – al quale hanno invece
dato continuità il TAR Catania con la sentenza qui impugnata e in sostanza il
Consiglio di Giustizia con l’ordinanza di rimessione a questa Adunanza Plenaria
– “ in applicazione del principio di conservazione ex art. 21-octies, comma 2,
l. 7 agosto 1990 n. 241, la violazione della regola procedimentale
dell'anonimato in un procedimento amministrativo relativo a un concorso è
irrilevante quando la prova concorsuale consista nella soluzione di quesiti a
risposta multipla e non risultino, perciò, riconosciuti all'amministrazione
margini di discrezionalità valutativa, se non sia stata fornita prova del fatto
che l'osservanza della regola procedimentale dell'anonimato avrebbe determinato
un differente esito procedimentale”. ( cfr. anche CGA n. 168 del 2010).
In sostanza, allorché la correzione degli elaborati ha
carattere non valutativo ma strettamente vincolato e specialmente allorché essa
è come nel caso all’esame demandata ad un organo terzo ( il CINECA) non
basterebbe lamentare genericamente violazioni dell’anonimato da parte della
Commissione, occorrendo invece l’indicazione di elementi concreti dai quali
desumere che si sia in effetti verificata una lesione della par
condiciotra i candidati.
3. Ciò premesso, osserva questa Adunanza Plenaria che
il criterio dell'anonimato nelle prove scritte delle procedure di concorso –
nonché in generale in tutte le pubbliche selezioni - costituisce il diretto
portato del principio costituzionale di uguaglianza nonché specialmente di
quelli del buon andamento e dell’imparzialità della pubblica amministrazione,
la quale deve operare le proprie valutazioni senza lasciare alcuno spazio a
rischi di condizionamenti esterni e dunque garantendo la par condicio tra i
candidati.
Tale criterio, costituendo appunto applicazione di
precetti costituzionali, assume una valenza generale ed incondizionata, mirando
esso in sostanza ad assicurare la piena trasparenza di ogni pubblica procedura
selettiva e costituendone uno dei cardini portanti.
L’esigenza dell’anonimato si traduce infatti a livello
normativo in regole che, per quanto ora rileva, tipizzano rigidamente il
comportamento dell’Amministrazione imponendo ( come fa ad es. il D.M. 10.6.2010
per la selezione in controversia) una serie minuziosa di cautele e accorgimenti
prudenziali, inesplicabili se non sul presupposto dell’intento del Legislatore
di qualificare la garanzia e l’effettività dell’anonimato quale elemento
costitutivo dell’ interesse pubblico primario al cui perseguimento tali
procedure selettive risultano finalizzate.
Allorché l’Amministrazione si scosta in modo
percepibile dall’osservanza di tali vincolanti regole comportamentali si
determina quindi una illegittimità di per se rilevante e insanabile, venendo in
rilievo una condotta già ex ante implicitamente considerata come offensiva in
quanto appunto connotata dall’attitudine a porre in pericolo o anche soltanto
minacciare il bene protetto dalle regole stesse.
In conclusione, mutuando la antica terminologia
penalistica, può affermarsi che la violazione dell’anonimato da parte della
Commissione nei pubblici concorsi comporta una illegittimità da pericolo c.d.
astratto ( cfr. in termini VI sez. n. 3747/2013 citata) e cioè un vizio
derivante da una violazione della presupposta norma d’azione irrimediabilmente
sanzionato dall’ordinamento in via presuntiva, senza necessità di accertare
l’effettiva lesione dell’imparzialità in sede di correzione.
Nè, a giudizio dell’Adunanza, può affermarsi che nel
caso in esame la Commissione sia incorsa in irregolarità così modeste o veniali
da risultare giustificabili alla stregua del principio di ragionevolezza e
proporzionalità.
Infatti, come si evince dagli atti e come meglio
specificato nelle premesse, la Commissione ha fatto annotare sull’elenco
alfabetico dei candidati, accanto al nome di ciascuno di essi, il codice
alfanumerico CINECA riservato a lui attribuito, codice la cui funzione era
appunto quella di consentire solo ex post l’abbinamento della scheda anagrafica
con la prova corretta.
Certamente, come afferma l’Amministrazione, questa
condotta può essere stata ispirata dall’intento di precludere disfunzioni e
scambio delle prove tra i candidati, ma ciò non toglie che in buona sostanza
dopo la conclusione della procedura la Commissione si è trovata in possesso di
un elenco alfabetico in cui al codice ( segreto) contrassegnante l’elaborato
era inequivocabilmente associato al nome del candidato.
Incidentalmente, sembra significativo notare che nelle
selezioni per i successivi anni accademici l’Università ha cessato di far
annotare il codice segreto accanto al nome del candidato.
Inoltre, alla fine della prova in controversia il
ritiro delle buste e soprattutto il loro posizionamento nei vari contenitori
sono avvenuti seguendo rigorosamente l’ordine alfabetico dei singoli candidati,
con conseguente possibilità di rintracciare con sicurezza la scatola in cui era
stata collocata la prova consegnata da ciascun candidato.
Ne consegue che il comportamento della Commissione ha
superato la soglia di criticità, mettendo a rischio nel senso anzidetto tutti
gli accorgimenti predisposti a livello normativo generale e di settore al fine
di assicurare l’anonimato nella fase di correzione.
Il mezzo in rassegna va quindi accolto, con
conseguente annullamento della graduatoria invalidamente formata, dovendosi
enunciare il seguente principio di diritto:
“ Nelle prove scritte dei pubblici concorsi o delle
pubbliche selezioni di stampo comparativo una violazione non irrilevante della
regola dell’anonimato da parte della Commissione determina de iure la
radicale invalidità della graduatoria finale, senza necessità di accertare in
concreto l’effettiva lesione dell’imparzialità in sede di correzione.”.
Ai sensi dell’art. 99 comma 4 cod. proc. amm. il
giudizio è restituito per il seguito dell’esame delle restanti questioni al
Consiglio remittente il quale provvederà anche per le spese della presente
fase.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Adunanza Plenaria) non definitivamente pronunciando sull'appello incidentale,
come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi di cui in motivazione.
Restituisce il giudizio al Consiglio di Giustizia
Amministrativa per la Regione Siciliana per il seguito dell’esame.
Spese al definitivo.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita
dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del
giorno 9 ottobre 2013 con l'intervento dei magistrati:
Giorgio Giovannini, Presidente
Riccardo Virgilio, Presidente
Stefano Baccarini, Presidente
Raffaele Maria De Lipsis, Presidente
Carmine Volpe, Presidente
Gianpiero Paolo Cirillo, Presidente
Antonino Anastasi, Consigliere, Estensore
Marzio Branca, Consigliere
Aldo Scola, Consigliere
Vito Poli, Consigliere
Francesco Caringella, Consigliere
Maurizio Meschino, Consigliere
Nicola Russo, Consigliere
Salvatore Cacace, Consigliere
Bruno Rosario Polito, Consigliere
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IL PRESIDENTE
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L'ESTENSORE
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IL SEGRETARIO
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 20/11/2013
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
Il Dirigente della Sezione
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