ADUNANZE PLENARIE:
le questioni costituzionali e pregiudiziali
nel rito elettorale
(Ad. Plen., sentenza 9 novembre 2013 n. 22).
Unica certezza: non uscirà mai all'esame di Stato.
Massima
1. Il Consiglio di Stato – qualora decida un appello proposto ai sensi dell’art. 129 del codice del processo amministrativo, avverso una sentenza che abbia deciso un ricorso proposto contro l’esclusione di una lista da una competizione elettorale – non può sollevare questioni di costituzionalità o pregiudiziali, poiché vi sono esigenze di massima celerità della definizione della controversia, mentre l’esplicazione piena delle garanzie difensive connesse ad eventuali fasi incidentali resta riservata alle impugnazioni degli atti successivi, secondo il rito disciplinato dagli artt. 130 ss. del codice.
2. Il giudice di pace è legittimato ad autenticare le firme i sottoscrittori delle liste elettorali solo all’interno del territorio di competenza dell’ufficio di cui è titolare.
Sentenza per esteso
INTESTAZIONE
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Adunanza
Plenaria)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale Adunanza
Plenaria n. 39 del 2013 (rispettivamente, Sesta Sezione, n. 7223 del 2013),
proposto da Holzmann Giorgio, quale presentatore e candidato della
lista elettorale “Fratelli d’Italia”, rappresentato e difeso dagli avvocati
Giuseppe Avolio e Stefano Ascioni, con domicilio eletto presso
lo studio di quest’ultimo, in Roma, viale Giulio Cesare, 95;
contro
Provincia autonoma di Bolzano, Ufficio elettorale
centrale, Commissariato del Governo per la Provincia di Bolzano;
per la riforma
della sentenza del T.R.G.A. - SEZIONE AUTONOMA DELLA
PROVINCIA DI BOLZANO, n. 296/2013, resa tra le parti e concernente: esclusione
di una lista di candidati dalle elezioni provinciali del 27 ottobre 2013;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nell'udienza pubblica del giorno 9 ottobre
2013, il Cons. Bernhard Lageder e uditi, per le parti, gli avvocati
Abate, per delega di Ascioni, ed Avolio;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto
segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con l’atto impugnato in primo grado, l’Ufficio
elettorale centrale, costituito per lo svolgimento delle elezioni per il
rinnovo del Consiglio della Provincia autonoma di Bolzano (fissate, con decreto
del Presidente della Provincia del 16 maggio 2013, n. 127/2.1, alla data 27
ottobre 2013), non ha ammesso la lista dei candidati “Fratelli d’Italia”,
determinandone l’esclusione dalle elezioni provinciali, con la seguente,
testuale motivazione di cui al verbale del 26 settembre 2013: «Considerato
che 218 sottoscrizioni della lista “Fratelli d’Italia” sono state autenticate
in Bolzano dal Giudice di pace di Mezzolombardo e che pertanto lo stesso ha
adempiuto alle proprie funzioni di autenticatore al di fuori del proprio
territorio di competenza, la lista viene esclusa; ciò in considerazione del
fatto che effettuata la sottrazione delle 218 sottoscrizioni non è più garantito
il numero minimo necessario di sottoscrizioni previste per legge».
2. Con la sentenza in epigrafe, il T.r.g.a,
Sezione autonoma di Bolzano, ha respinto il ricorso n. 258 del 2013, proposto
dai presentatori della lista avverso la sua mancata ammissione, rilevando – per
quanto qui interessa, tenuto conto dei limiti deldevolutum – che i
pubblici ufficiali (tra cui il giudice di pace), ai quali l’art. 18, comma 4,
l. reg. Trentino-Alto Adige/Südtirol (Testo unico delle leggi regionali per
la elezione del Consiglio regionale) 8 agosto 1983, n. 7, con disposizione
a contenuto sostanziale omologo all’art. 14 l. 21 marzo 1990, n. 53,
attribuisce il potere di autenticare le sottoscrizioni delle liste dei candidati,
dispongono di tale potere esclusivamente nell’ambito del territorio di
competenza dell’ufficio, di cui gli stessi sono titolari, sicché riteneva
legittima l’esclusione della lista, in quanto le 218 sottoscrizioni erano state
autenticate dal giudice di pace di Mezzolombardo a Bolzano, al di fuori della
circoscrizione territoriale del suo ufficio.
3. Avverso tale sentenza interponevano appello i
ricorrenti soccombenti, deducendo, quale unico, complesso motivo la violazione
dell’art. 18 della citata l. reg. n. 7 del 1983, in quanto la
limitazione del potere di autenticazione del giudice di pace – da esercitare
esclusivamente all’interno della circoscrizione territoriale del proprio
ufficio – non troverebbe alcun riscontro nella legge elettorale applicabile
alla fattispecie in esame, dovendosi comunque considerare che lo stesso avrebbe
agito entro i confini regionali.
4. All’esito dello svolgimento dell’udienza pubblica
dell’8 ottobre 2013, la Sesta Sezione, investita della causa d’appello,
pronunciava ordinanza, con la quale, ritenuta l’ammissibilità del deferimento
all’adunanza plenaria di questioni inerenti a cause assoggettate al rito
speciale ex art. 129 cod. proc. amm., rilevava un
possibile contrasto giurisprudenziale sulla questione centrale di diritto
afferente la sussistenza, o meno, di limiti di competenza territoriale in capo
ai pubblici ufficiali muniti del potere di autenticazione, in particolare in
capo ai giudici di pace, e di conseguenza rimetteva la questione all’adunanza
plenaria.
In particolare, la Sezione rimettente rilevava che
l’orientamento giurisprudenziale, ripetutamente espresso dal Consiglio di Stato
– sebbene con obiter dicta in relazione a fattispecie
riguardanti i limiti territoriali e funzionali del potere di autenticazione attribuito
ai consiglieri comunali e provinciali, con riferimento all’ordinamento statale
– e richiamato nell’appellata sentenza (Cons. Stato, Sez. V, 20 marzo 2012, n.
1889; Cons. Stato, Sez. V, 16 febbraio 2011, n. 999; Cons. Stato, Sez. I,
parere n. 2671 del 2013), secondo cui i pubblici ufficiali menzionati nell’art. 14
l. 21 marzo 1990, n. 53, tra cui il giudice di pace, sono titolari del potere
di autenticare le sottoscrizioni esclusivamente all’interno del territorio di
competenza dell’ufficio di cui sono titolari o ai quali appartengono, appariva
contrastare con i principi di legalità dell’azione amministrativa, secondo cui
la legge determina il contenuto degli atti, i suoi effetti e le conseguenze che
si verificano in caso di violazione delle normative di settore, nonché con il
principio di tassatività dei vizi di nullità. Inoltre, tale orientamento non
avrebbe considerato l’eventuale applicabilità dell’istituto di cui all’art. 21-octies della
legge n. 241 del 1990, né appariva configurabile un’ipotesi di difetto di
attribuzione, trattandosi, invero, di rilevare, se la normativa attributiva del
potere certificativo avesse dato rilievo alla titolarità dello status,
nella specie di giudice di pace, ovvero avesse implicitamente richiesto anche
che il suo titolare esercitasse il proprio potere intramoenia. La
Sezione prospettava, inoltre, un’eventuale contrasto con il principio
dell’affidamento incolpevole dei sottoscrittori della lista esclusa dalla
competizione elettorale.
5. All’odierna udienza pubblica, la causa è stata
trattenuta in decisione.
6. Giova premettere, in via pregiudiziale di rito, che
la procedura disciplinata dall’art. 129 cod. proc. amm., in considerazione
delle esigenze di certezza e di celerità immanenti all’assetto d’interesse
sostanziale connotante gli atti di esclusione dal procedimento per le elezioni
comunali, provinciali e regionali, sia incompatibile con qualsiasi tipo di fase
incidentale (tra cui la rimessione all’adunanza plenaria ex art.
99 cod. proc. amm.) che possa comportare il differimento dell’udienza o la
sospensione del giudizio, poiché ogni esplicazione piena delle garanzie
difensive connesse ad eventuali fasi incidentali resta riservata alle
impugnazioni degli atti successivi, secondo il rito disciplinato dagli artt. 130
ss. cod. proc. amm., la cui proposizione è rimessa alla scelta processuale
della parte interessata (v. sul punto, ex plurimis, Cons.
Stato, sez. V, 23 febbraio 2012, n. 1058). Ciò non di meno, l’adunanza plenaria
ritiene opportuno pronunciarsi sul merito della questione ad essa deferita e,
al contempo, dell’intera controversia, ai sensi dell’art. 99, comma 4, cod.
proc. amm., in quanto nel caso di specie risulta garantita, in
concreto, la coordinazione con i termini connotanti la fase preparatoria
delle operazioni elettorali.
6.1. Il testo dell’art. 18, commi 3 e 4, l. reg.
8 agosto 1983, n. 7, che reca la disciplina della formazione delle liste delle
candidature e che trova applicazione alle elezioni per la Provincia autonoma di
Bolzano anche dopo la riforma costituzionale varata con l. cost. 31 gennaio
2001, n. 2, in forza del rinvio operato dalle leggi provinciali 8
maggio 2013, n. 5 (Disposizioni sull’elezione del Consiglio della Provincia
autonoma di Bolzano per l’anno 2013 e sulla composizione e formazione della
Giunta provinciale), 9 giugno 2008, n. 3 (Disposizioni sull’elezione del
Consiglio della Provincia autonoma di Bolzano per l’anno 2008), e 14 marzo
2003, n. 4 (Disposizioni sull’elezione del Consiglio della Provincia
autonoma di Bolzano per l’anno 2003), emanate in esplicazione della potestà
legislativa primaria attribuita alle Province autonome dall’art. 47 d.P.R. 31
agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali
concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), testualmente
recita:
«(3) La firma del sottoscrittore deve essere
debitamente autenticata.
(4) Gli elettori sono elencati con cognome , nome e
data di nascita; la loro firma deve essere autenticata, anche cumulativamente,
da un notaio, o dal cancelliere di un ufficio giudiziario, o dal segretario
comunale, o dal giudice conciliatore, e per ogni elettore deve essere indicato
il Comune nelle cui liste elettorali figura iscritto. ».
Quanto alla figura del «giudice conciliatore»,
la stessa, in virtù della disposizione di coordinamento contenuta nell’art. 39
l. 21 novembre 1991, n. 374 (Istituzione del giudice di pace), deve
ritenersi sostituita da quella del «giudice di pace», il quale esercita
le proprie funzioni giurisdizionali e conciliative nell’ambito della
circoscrizione territoriale (ex-mandamenti delle Preture) di cui
all’art. 2 l. n. 374 del 1991, nella versione applicabile ratione temporis alla
fattispecie sub iudice.
Ritiene, al riguardo, l’adunanza plenaria di
confermare il consolidato principio giurisprudenziale, secondo cui i pubblici
ufficiali, ai quali la legge elettorale (nella specie, l’art. 18 l. reg.
n. 7 del 1983, a contenuto in parte qua sostanzialmente
omologo alla disciplina prevista dall’art. 14 l. n. 53 del 1990)
conferisce il potere di autenticare le sottoscrizioni delle liste di candidati,
siano legittimati ad esercitare il potere certificativo esclusivamente nel
territorio di competenza dell’ufficio di cui sono titolari o al quale
appartengono, in quanto:
- l’individuazione dei soggetti, ai quali la citata
disposizione della legge elettorale conferisce la menzionata pubblica funzione
certificativa, da cui deriva la fede privilegiata dell’attestazione proveniente
dal pubblico ufficiale, propria dell’atto pubblico (art. 2699 cod. civ.),
implica un rinvio allo statuto proprio delle singole figure di pubblici
ufficiali, e dunque anche ai limiti territoriali, entro i quali i medesimi
esercitano, in via ordinaria, le proprie funzioni;
- i limiti alla competenza territoriale dell’ufficio
di appartenenza integrano, dunque, un elemento costitutivo della fattispecieautorizzatoria;
- peraltro, l’art. 2699 cod. civ. – secondo cui «l’atto
pubblico è il documento redatto, con le richieste formalità, da un notaio o da
altro pubblico ufficiale autorizzato ad attribuirgli pubblica fede nel luogo
dove l’atto è formato» – stabilisce un preciso nesso di collegamento tra
competenza territoriale (e per materia) del pubblico ufficiale e luogo di
esercizio del potere di autenticazione (si precisa, al riguardo, che
l’indicazione del luogo di attestazione della sottoscrizione, nella relazione
di autentica, costituisce non già elemento estrinseco, bensì parte essenziale
dell’atto pubblico);
- il successivo art. 2701 cod. civ. prevede che il
documento formato da pubblico ufficiale incompetente non ha l’efficacia di fede
privilegiata di atto pubblico, attribuendo allo stesso, qualora sottoscritto
dalle parti, la mera efficacia probatoria della scrittura privata, con
conseguente inidoneità autenticatoria nell’ambito delle operazioni elettorali;
- resta, con ciò, superata ogni questione
sull’inquadramento della patologia sub specie di nullità,
annullabilità, mera irregolarità o altra figura, poiché la richiamata, espressa
previsione di legge sancisce l’inefficacia dell’atto pubblico formato da
pubblico ufficiale incompetente;
- a favore dell’orientamento qui confermato milita,
inoltre, l’argomento interpretativo di ordine letterale, secondo cui la
disposizione in esame, nell’elencazione della figura del notaio, avente
competenza a livello distrttuale, impiega l’articolo indeterminato «un»,
mentre, nell’elencazione degli altri pubblici ufficiali ivi contemplati, è
impiegato l’articolo determinato «il», con evidente riferimento al
pubblico ufficiale del luogo dell’autenticazione;
- peraltro, l’attribuzione del potere certificativo
delle sottoscrizioni delle liste di candidati a una pluralità di figure di
pubblico ufficiale persegue la finalità di facilitare gli elettori e i
presentatori delle liste, senza che a tal fine fosse necessario un ampliamento
e/o un’abolizione dei limiti territoriali di esercizio delle rispettive funzioni,
per contro contrastante con esigenze di certezza e di un’ordinata e trasparente
raccolta delle sottoscrizioni;
- né, infine, a fronte della consolidata prassi
amministrativa (v. circolare del Ministero dell’Interno - Direzione centrale
servizi elettorali, 20 aprile 2006, n. 79/2006, e varie istruzioni emanate
dallo stesso Ministero in occasione di ripetute tornate elettorali) e del
richiamato consolidato orientamento della giurisprudenza amministrativa, può
configurarsi un’ipotesi di incolpevole affidamento dei presentatori della
lista.
Per le esposte ragioni, deve essere riaffermato il
principio enunciato dal consolidato orientamento di questo Consiglio di Stato
(Cons. Stato, Sez. V, 20 marzo 2012, n. 1889; Cons. Stato, Sez. V, 16 febbraio
2011, n. 999; Cons. Stato, Sez. I, parere n. 2671 del 2013), secondo cui i
pubblici ufficiali menzionati nell’art. 14 l. 21 marzo 1990, n. 53 (e, per
quanto qui interessa, nell’art. 18 l. reg. n. 7 del 1983), tra cui il
giudice di pace, sono titolari del potere di autenticare le sottoscrizioni
esclusivamente all’interno del territorio di competenza dell’ufficio di cui
sono titolari o ai quali appartengono.
6.2. Nel merito, le enunciate ragioni impongono la
reiezione dell’appello e la conferma dell’impugnata sentenza, essendo pacifico
che le sottoscrizioni sono state raccolte dal giudice di pace di Mezzolombardo
fuori dai limiti territoriali del suo ufficio.
7. Si ravvisano i presupposti di legge per dichiarare
le spese del presente grado di giudizio interamente compensate tra tutte le
parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Adunanza Plenaria), definitivamente pronunciando sull’appello, come in
epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma l’appellata sentenza;
dichiara le spese del presente grado di giudizio interamente compensate tra
tutte le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita
dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del
giorno 9 ottobre 2013 con l'intervento dei magistrati:
Giorgio Giovannini, Presidente
Riccardo Virgilio, Presidente
Stefano Baccarini, Presidente
Alessandro Pajno, Presidente
Gianpiero Paolo Cirillo, Presidente
Marzio Branca, Consigliere
Aldo Scola, Consigliere
Vito Poli, Consigliere
Francesco Caringella, Consigliere
Nicola Russo, Consigliere
Salvatore Cacace, Consigliere
Bruno Rosario Polito, Consigliere
Bernhard Lageder, Consigliere, Estensore
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IL PRESIDENTE
GIORGIO GIOVANNINI
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L'ESTENSORE
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IL SEGRETARIO
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BERNHARD LAGEDER
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ANTONIO SERRAO
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 09/10/2013
(Art. 89, co. 3,
cod. proc. amm.)
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