GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA:
il ricorso al Presidente della Repubblica
è un rimedio giustiziale amministrativo
e non un mero provvedimento
(Corte Cost., sentenza 2 aprile 2014 n. 73).
Massima
1. Non è fondata la questione di legittimità
costituzionale dell’art. 7, co. 8, del D.lgs. n. 104 del 2010, sollevata dal
Consiglio di Stato in riferimento al combinato disposto degli articoli 76 e 77,
co. 1, Cost.
2. La legge n.
69 del 2009 ha profondamente modificato la disciplina del ricorso straordinario
al Presidente della Repubblica, rendendo vincolante il parere del Consiglio di
Stato e consentendo che in tale sede vengano sollevate questioni di legittimità
costituzionale. Per effetto di queste modifiche, l’istituto ha perduto la
propria connotazione puramente amministrativa ed ha assunto la qualità di
rimedio giustiziale amministrativo, con caratteristiche strutturali e funzionali
in parte assimilabili a quelle tipiche del processo amministrativo.
La
disposizione censurata, perciò, è intesa a coordinare i rapporti fra la
giurisdizione amministrativa e l’ambito di applicazione di un rimedio
giustiziale attratto per alcuni profili nell’orbita della giurisdizione
amministrativa medesima, in quanto metodo alternativo di risoluzione di
conflitti, pur senza possederne tutte le caratteristiche. Essa, dunque, non può
considerarsi al di fuori dell’oggetto della delega sul riassetto del processo
amministrativo, la quale include, fra l’altro, il riordino delle norme vigenti
«sulla giurisdizione del giudice amministrativo, anche rispetto alle altre
giurisdizioni».
3. Né può ritenersi che la norma censurata produca un
effetto innovativo incompatibile con la natura della delega di cui all’art. 44
della legge n. 69 del 2009. Essa autorizza
l’esercizio di poteri innovativi della normazione vigente a condizione che
siano «strettamente necessari in rapporto alla finalità di ricomposizione
sistematica perseguita con l’operazione di riordino o riassetto» (C.C. sentenza n.
162 del 2012). L’esperibilità del ricorso straordinario al Presidente della
Repubblica anche per controversie devolute alla giurisdizione del giudice
ordinario, in regime di concorrenza e non di alternatività con tale
giurisdizione, si basa su una risalente tradizione interpretativa,
consolidatasi, praeter legem, nel presupposto della natura amministrativa del
rimedio; in virtù di tale natura, al giudice ordinario era sempre consentito
disapplicare la decisione sul ricorso straordinario al Presidente della
Repubblica.
4. La legge n. 69 del 2009, modificando la disciplina
del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica nel senso che si è in
precedenza illustrato, ha fatto venir meno quel presupposto, su cui si fondava
il regime di concorrenza fra tale rimedio amministrativo e il ricorso dinanzi
all’autorità giurisdizionale ordinaria. Nel nuovo contesto, simile concorrenza
si trasformerebbe, come ha rilevato la difesa dello Stato, in una inammissibile
sovrapposizione fra un rimedio giurisdizionale ordinario e un rimedio
giustiziale amministrativo, che è a sua volta alternativo al rimedio
giurisdizionale amministrativo e ne ricalca solo alcuni tratti strutturali e
funzionali.
Per risolvere questa anomalia, la disposizione censurata, superando
l’assetto consolidatosi in via interpretativa, ha limitato l’ammissibilità del
ricorso straordinario al Presidente della Repubblica alle sole controversie
devolute alla giurisdizione amministrativa. Tale soluzione, che avrebbe potuto
ricavarsi dal sistema, è comunque la conseguenza logica di una scelta – la
traslazione del suddetto ricorso straordinario dall’area dei ricorsi
amministrativi a quella dei rimedi giustiziali – che è stata compiuta dalla
legge n. 69 del 2009.
Sotto
tale profilo, la norma censurata risponde, quindi, ad una evidente finalità di
ricomposizione sistematica, compatibile con la qualificazione di delega di
riordino o riassetto normativo propria dell’art. 44 della legge n. 69 del 2009.
Sentenza per esteso
SENTENZA N. 73
ANNO 2014
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE
COSTITUZIONALE
composta dai signori: Presidente: Gaetano
SILVESTRI; Giudici : Luigi MAZZELLA, Sabino CASSESE, Giuseppe TESAURO, Paolo
Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Giorgio
LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Sergio MATTARELLA, Mario Rosario
MORELLI, Giancarlo CORAGGIO,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale
dell’art. 7, comma 8, del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione
dell’articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al governo
per il riordino del processo amministrativo), promosso dal Consiglio di Stato
nel procedimento vertente tra Natalizi Domenico e la Regione Umbria con
ordinanza del 20 maggio 2013, iscritta al n. 269 del registro ordinanze 2013 e pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 51, prima serie speciale,
dell’anno 2013.
Visto l’atto di intervento del Presidente
del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 12
marzo 2014 il Giudice relatore Sabino Cassese.
Ritenuto in fatto
1.– Con ordinanza depositata il 20 maggio
2013 e iscritta al n. 269 del registro ordinanze 2013, il Consiglio di Stato,
sezione prima, nell’esercizio della propria funzione consultiva in sede di
ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, ha sollevato questione di
legittimità costituzionale dell’art. 7, comma 8, del decreto legislativo 2
luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell’articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n.
69, recante delega al governo per il riordino del processo amministrativo), per
violazione del combinato disposto degli artt. 76 e 77, primo comma, della
Costituzione.
1.1.– Il collegio rimettente riferisce che
un dipendente regionale ha impugnato, con ricorso straordinario al Presidente
della Repubblica, le determinazioni dirigenziali relative a una procedura
selettiva per mobilità interna, contestando l’attribuzione del posto alla
vincitrice controinteressata, asseritamente disposta in violazione di legge ed
eccesso di potere sotto svariati profili. Il collegio a quo espone, inoltre,
che la relazione ministeriale ha concluso per l’inammissibilità del ricorso in
ragione della disposizione censurata, a mente della quale «il ricorso
straordinario è ammesso unicamente per le controversie devolute alla
giurisdizione amministrativa».
Ad avviso del Consiglio di Stato, il
proposto ricorso straordinario riguarda, in effetti, una controversia in tema
di rapporto di lavoro pubblico contrattualizzato, che spetta alla cognizione
della giurisdizione ordinaria. Il giudice a quo rammenta che, fino all’entrata
in vigore della disposizione censurata, ciò non avrebbe escluso l’ammissibilità
del ricorso straordinario, considerato quale rimedio concorrente, anziché
alternativo, con la tutela giurisdizionale ordinaria. La disposizione del
codice del processo amministrativo oggetto di censura, tuttavia, modificando il
sistema e facendo divenire la giurisdizione amministrativa presupposto di
ammissibilità del ricorso straordinario, imporrebbe, nella fattispecie
sottoposta al parere del Consiglio di Stato, la dichiarazione di
inammissibilità del ricorso straordinario per difetto di giurisdizione. Il
collegio rimettente, tuttavia, dubita della legittimità costituzionale del
citato art. 7, comma 8, del d.lgs. n. 104 del 2010, in riferimento agli artt.
76 e 77, primo comma, Cost. e solleva la questione dinanzi a questa Corte,
essendo «a tanto legittimat[o] dall’art. 69 della legge 18 giugno 2009, n. 69».
1.2.– In punto di rilevanza, il Consiglio
di Stato osserva che la questione costituisce «argomento pregiudiziale
incidente proprio sulla norma che la priva della potestas iudicandi» e dalla
quale «non è dato prescindere nella presente controversia» essendo essa
«decisiva per la prosecuzione dell’affare e la sua definizione nel merito in
sede consultiva».
1.3.– Relativamente alla non manifesta
infondatezza, il collegio rimettente rileva come una «innovazione legislativa,
che importa una revisione così sostanziale nell’ambito del sistema del ricorso
straordinario, quale prefigurato dal legislatore sin dall’origine e configurato
da una secolare giurisprudenza non solo amministrativa stabilizzata a “diritto
vivente”», sia stata «introdotta con una decretazione legislativa, in mancanza
di alcun esplicito riferimento nella legge delega al particolare “oggetto” in
discorso». La disposizione censurata è infatti intervenuta – ad avviso del
collegio a quo – senza che la legge delega recasse una «diretta prescrizione
con riguardo alle attribuzioni del Consiglio di Stato in sede di adozione di
parere su ricorso straordinario», in una materia «non contemplata come oggetto
della delega». Il Consiglio di Stato, rammentando anche la giurisprudenza di
questa Corte sulla necessità di ricostruire il significato dei principi e
criteri direttivi tenendo conto del complessivo contesto normativo e delle
finalità che ispirano la delega, osserva che le disposizioni dettate dalla
legge delega (art. 44 della legge n. 69 del 2009) riguardano soltanto il
riordino del «processo amministrativo», mentre non contengono alcuna
«proposizione espressa o implicita riferibile al ricorso straordinario».
Aggiunge ancora il collegio rimettente che la disposizione censurata, volta a
limitare l’ambito di applicazione del ricorso straordinario, è stata introdotta
in accoglimento di un parere formulato dalle competenti commissioni
parlamentari sulla scorta di una motivazione – l’obiettivo di «una più rapida
definizione del processo» – che tuttavia è intimamente contraddittoria, attesa
la «funzione deflattiva propria del ricorso straordinario». L’analisi puntuale delle
disposizioni dell’art. 44 della legge n. 69 del 2009, sulla cui base è stato
approvato il decreto in cui si colloca la norma censurata, induce quindi
l’autorità rimettente a ritenere che l’oggetto della delega fosse «circoscritto
al coordinamento e al riassetto del settore logico-sistematico della
giurisdizione amministrativa», non essendo invece rinvenibile «alcun cenno alla
disciplina del ricorso straordinario». Ad avviso del Consiglio di Stato, ciò
risulterebbe ulteriormente confermato dalla circostanza che la materia del
ricorso straordinario è separatamente disciplinata in altro articolo (art. 69)
della medesima legge n. 69 del 2009, intitolato «Rimedi giustiziali contro la
pubblica amministrazione». Il legislatore avrebbe dunque inteso mantenere separate
le distinte materie regolate, rispettivamente, dall’art. 44 e dall’art. 69
della legge n. 69 del 2009, con la conseguenza che la ratio della delega
prevista dalla prima disposizione «era quella di riordinare e riassettare la
giustizia amministrativa, non quella di riformulare l’ambito del ricorso
straordinario», in ordine al quale «non si rinviene e non può rinvenirsi alcun
espresso principio e criterio direttivo».
2.– Con atto depositato in cancelleria il
7 gennaio 2014, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, è intervenuto nel giudizio,
chiedendo che la questione di legittimità costituzionale sia dichiarata
manifestamente infondata.
2.1.– La difesa dello Stato ricorda
innanzitutto come, secondo l’orientamento giurisprudenziale tradizionale, il
ricorso straordinario fosse ammissibile anche nelle controversie devolute alla
giurisdizione ordinaria, nelle quali tuttavia il giudice civile poteva
disapplicare la decisione del ricorso, avente natura amministrativa. Tale
assetto, secondo l’Avvocatura generale dello Stato, per un verso, incideva
negativamente «sul piano organizzativo e sulla rapidità della definizione delle
questioni rientranti nelle competenze del Consiglio di Stato»; per altro verso,
«impediva una corretta qualificazione dell’istituto», in quanto la
disapplicabilità della decisione straordinaria da parte del giudice civile
impediva di qualificarla come pronuncia giurisdizionale ed escludeva quindi la
proponibilità del giudizio di ottemperanza. La legge n. 69 del 2009, nella
ricostruzione proposta dalla difesa statale, ha inteso superare le incertezze
sulla natura del ricorso straordinario, qualificandolo a tutti gli effetti come
rimedio giurisdizionale. A tal fine, il legislatore ha riformato il
procedimento del ricorso straordinario eliminando l’elemento ritenuto da questa
Corte (sentenza n. 254 del 2004) decisivo per affermarne la natura
amministrativa, cioè la facoltà del Consiglio dei ministri di disattendere il
parere obbligatorio del Consiglio di Stato. Divenuto quest’ultimo vincolante,
oltre che obbligatorio, il rimedio del ricorso straordinario, ad avviso della
difesa statale, ha definitivamente acquisito natura giurisdizionale. La norma
censurata costituisce, secondo l’Avvocatura generale dello Stato, «una logica
conseguenza di questa innovazione normativa». Se, infatti, il ricorso
straordinario, divenuto rimedio giurisdizionale, fosse esperibile anche nelle
controversie devolute al giudice ordinario, occorrerebbe «ritenere l’autorità
giurisdizionale ordinaria vincolata al contenuto della decisione
(giurisdizionale) del ricorso straordinario, determinando una situazione di
inammissibile interferenza tra le giurisdizioni». Di conseguenza, ad avviso
della difesa statale, la norma censurata, nella misura in cui costituisce «una
conseguenza logica necessitata della mutata natura del mezzo del ricorso
straordinario», deve ritenersi «come tale legittima», anche «a prescindere
dalla sussistenza di qualunque specifico criterio o principio di delega».
Peraltro, l’Avvocatura generale dello
Stato osserva anche che la disposizione censurata è coerente con la ratio di
una delega che è formulata in termini molto ampi e, in particolare, risponde
sia al criterio della «concentrazione ed effettività della tutela, anche al
fine di garantire la ragionevole durata del processo» (art. 44, comma 2,
lettera a), sia al criterio del «riordino delle norme sulla giurisdizione del
giudice amministrativo, anche rispetto alle altre giurisdizioni» (art. 44, comma
2, lettera b, numero 1).
Considerato in diritto
1.– Il Consiglio di Stato, sezione prima,
nell’esercizio della propria funzione consultiva in sede di ricorso
straordinario al Presidente della Repubblica, ha sollevato questione di
legittimità costituzionale dell’art. 7, comma 8, del decreto legislativo 2
luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell’articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n.
69, recante delega al governo per il riordino del processo amministrativo), per
violazione del combinato disposto degli articoli 76 e 77, primo comma, della
Costituzione.
Ad avviso del collegio rimettente, la
disposizione censurata, secondo cui il ricorso straordinario al Presidente
della Repubblica «è ammesso unicamente per le controversie devolute alla
giurisdizione amministrativa», avrebbe determinato un effetto innovativo in una
materia estranea all’oggetto della delega di mero riordino sulla cui base è
stata adottata.
2.– Preliminarmente, deve riconoscersi la
legittimazione del Consiglio di Stato a sollevare questioni di legittimità
costituzionale in sede di parere sul ricorso straordinario al Presidente della
Repubblica.
Come già affermato da questa Corte ai fini
dell’ammissibilità di questioni di legittimità costituzionale sollevate dal
Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana in sede di
parere sul ricorso straordinario al Presidente della Regione siciliana
(sentenza n. 265 del 2013), l’art. 69, comma 1, della legge 18 giugno 2009, n.
69 (Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la
competitività nonché in materia di processo civile), modificando il testo
dell’art. 13, primo comma, del d.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199
(Semplificazione dei procedimenti in materia di ricorsi amministrativi) ha
stabilito che l’organo competente ad esprimere il parere sul ricorso
straordinario al Capo dello Stato, «Se ritiene che il ricorso non possa essere
deciso indipendentemente dalla risoluzione di una questione di legittimità
costituzionale che non risulti manifestamente infondata, sospende l’espressione
del parere e, riferendo i termini e i motivi della questione, ordina alla
segreteria l’immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, ai
sensi e per gli effetti di cui agli artt. 23 e seguenti della legge 11 marzo
1953, n. 87, nonché la notifica del provvedimento ai soggetti ivi indicati».
Tale disposizione, contenuta in una legge
ordinaria, è coerente con i criteri posti dall’art. 1 della legge
costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, ai sensi del quale la questione di
legittimità costituzionale deve essere rilevata o sollevata «nel corso di un
giudizio» e deve essere ritenuta non manifestamente infondata da parte di un
«giudice». L’istituto del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica,
cui questa Corte in passato aveva riconosciuto natura amministrativa,
soprattutto in ragione della facoltà del Consiglio dei ministri di adottare una
decisione difforme dal parere del Consiglio di Stato (sentenza n. 254 del
2004), è stato di recente oggetto di importanti interventi legislativi. Tra
questi rileva, in particolare, l’art. 69, secondo comma, della legge n. 69 del
2009, che, modificando l’art. 14 del d.P.R. n. 1199 del 1971, ha stabilito che
«La decisione del ricorso straordinario è adottata con decreto del Presidente
della Repubblica su proposta del Ministero competente, conforme al parere del
Consiglio di Stato». L’acquisita natura vincolante del parere del Consiglio di
Stato, che assume così carattere di decisione, ha conseguentemente modificato
l’antico ricorso amministrativo, trasformandolo in un rimedio giustiziale, che
è sostanzialmente assimilabile ad un “giudizio”, quantomeno ai fini
dell’applicazione dell’art. 1 della legge cost. n. 1 del 1948 e dell’art. 23
della legge n. 87 del 1953.
3.– Nel merito, la questione non è fondata.
3.1.– Va innanzitutto escluso che la
disposizione censurata si riferisca ad un oggetto estraneo alla delega per il
«riassetto della disciplina del processo amministrativo», contenuta nell’art.
44 della legge n. 69 del 2009. Questa tesi, sostenuta dal collegio rimettente,
non considera che la medesima legge n. 69 del 2009, come rilevato, ha
profondamente modificato la disciplina del ricorso straordinario al Presidente
della Repubblica, rendendo vincolante il parere del Consiglio di Stato e
consentendo che in tale sede vengano sollevate questioni di legittimità
costituzionale. Per effetto di queste modifiche, l’istituto ha perduto la
propria connotazione puramente amministrativa ed ha assunto la qualità di
rimedio giustiziale amministrativo, con caratteristiche strutturali e
funzionali in parte assimilabili a quelle tipiche del processo amministrativo.
La disposizione censurata, perciò, è
intesa a coordinare i rapporti fra la giurisdizione amministrativa e l’ambito
di applicazione di un rimedio giustiziale attratto per alcuni profili
nell’orbita della giurisdizione amministrativa medesima, in quanto metodo
alternativo di risoluzione di conflitti, pur senza possederne tutte le
caratteristiche. Essa, dunque, non può considerarsi al di fuori dell’oggetto
della delega sul riassetto del processo amministrativo, la quale include, fra
l’altro, il riordino delle norme vigenti «sulla giurisdizione del giudice
amministrativo, anche rispetto alle altre giurisdizioni».
3.2.– Né può ritenersi che la norma
censurata produca un effetto innovativo incompatibile con la natura della
delega di cui all’art. 44 della legge n. 69 del 2009. Essa – come ha precisato
questa Corte – autorizza l’esercizio di poteri innovativi della normazione
vigente a condizione che siano «strettamente necessari in rapporto alla
finalità di ricomposizione sistematica perseguita con l’operazione di riordino
o riassetto» (sentenza n. 162 del 2012). L’esperibilità del ricorso
straordinario al Presidente della Repubblica anche per controversie devolute
alla giurisdizione del giudice ordinario, in regime di concorrenza e non di
alternatività con tale giurisdizione, si basa su una risalente tradizione
interpretativa, consolidatasi, praeter legem, nel presupposto della natura
amministrativa del rimedio; in virtù di tale natura, al giudice ordinario era
sempre consentito disapplicare la decisione sul ricorso straordinario al
Presidente della Repubblica.
La legge n. 69 del 2009, modificando la
disciplina del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica nel senso
che si è in precedenza illustrato, ha fatto venir meno quel presupposto, su cui
si fondava il regime di concorrenza fra tale rimedio amministrativo e il
ricorso dinanzi all’autorità giurisdizionale ordinaria. Nel nuovo contesto,
simile concorrenza si trasformerebbe, come ha rilevato la difesa dello Stato,
in una inammissibile sovrapposizione fra un rimedio giurisdizionale ordinario e
un rimedio giustiziale amministrativo, che è a sua volta alternativo al rimedio
giurisdizionale amministrativo e ne ricalca solo alcuni tratti strutturali e
funzionali. Per risolvere questa anomalia, la disposizione censurata, superando
l’assetto consolidatosi in via interpretativa, ha limitato l’ammissibilità del
ricorso straordinario al Presidente della Repubblica alle sole controversie
devolute alla giurisdizione amministrativa. Tale soluzione, che avrebbe potuto
ricavarsi dal sistema, è comunque la conseguenza logica di una scelta – la
traslazione del suddetto ricorso straordinario dall’area dei ricorsi
amministrativi a quella dei rimedi giustiziali – che è stata compiuta dalla
legge n. 69 del 2009. Sotto tale profilo, la norma censurata risponde, quindi,
ad una evidente finalità di ricomposizione sistematica, compatibile con la
qualificazione di delega di riordino o riassetto normativo propria dell’art. 44
della legge n. 69 del 2009.
3.3.– Deve pertanto dichiararsi non
fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 7, comma 8, del
d.lgs. n. 104 del 2010, sollevata dal Consiglio di Stato in riferimento al combinato
disposto degli articoli 76 e 77, primo comma, Cost.
Per Questi Motivi
LA CORTE
COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di
legittimità costituzionale dell’art. 7, comma 8, del decreto legislativo 2
luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell’articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n.
69, recante delega al governo per il riordino del processo amministrativo),
sollevata, in riferimento agli artt. 76 e 77, primo comma, della Costituzione,
dal Consiglio di Stato, sezione prima, con l’ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della
Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 26 marzo 2014.
F.to:
Gaetano
SILVESTRI, Presidente
Sabino
CASSESE, Redattore
Gabriella
MELATTI, Cancelliere
Depositata
in Cancelleria il 2 aprile 2014.
Il
Direttore della Cancelleria
F.to:
Gabriella MELATTI
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