sabato 26 luglio 2014

ESAME DI STATO & PROCESSO: il ricorso in Cassazione avverso l'ordinanza del Consiglio di Stato che annulla l'ordinanza T.A.R. d'ammissione di un candidato alle prove orali d'Avvocato (Cass. civ., Sez. Un., sentenza 4 luglio 2014, n. 15032).


ESAME DI STATO & PROCESSO: 
il ricorso in Cassazione avverso 
l'ordinanza del Consiglio di Stato 
che annulla l'ordinanza T.A.R. 
d'ammissione di un candidato 
alle prove orali d'Avvocato 
(Cass. civ., Sez. Un., 
sentenza 4 luglio 2014, n. 15032).


Massima


1. L'eccesso di potere giurisdizionale per invasione della sfera di attribuzioni riservata al legislatore è configurabile solo qualora si possa affermare che il giudice abbia applicato non la norma esistente, ma una norma da lui creata, ponendo in essere un'attività di produzione normativa che non gli compete; tale ipotesi non ricorre quando il giudice si sia attenuto al compito interpretativo che gli è proprio 
2. Nel caso di specie, è stato escluso l'eccesso di potere in capo al Consiglio di Stato, per la decisione relativa ad un candidato ammesso all'esame orale per la prova di avvocato con riserva sulla base di un'ordinanza poi annullata.


Sentenza per esteso


INTESTAZIONE
 EPIGRAFE

FATTO 
Il dottor P.G. sosteneva l'esame di abilitazione alla professione di avvocato per l'anno 2011, risultando non ammesso alle prove orali all'esito dello svolgimento degli scritti per i quali la Terza Sottocommissione istituita presso la Corte di Appello di Cagliari gli assegnava dei punteggi insufficienti.
Avverso tale valutazione il P. proponeva ricorso dinanzi al TAR della Lombardia Sezione distaccata di Brescia, deducendo per un verso l'insufficienza e l'inadeguatezza della motivazione resa a sostegno del giudizio di inidoneità, e per altro verso l'erroneità di tale giudizio.
Il TAR adito, provvedendo sull'istanza cautelare proposta unitamente al ricorso, con ordinanza n. 369 del 2012 disponeva una verificazione, affidando alla Prima Sottocommissione istituita presso la Corte di Appello di Milano l'accertamento della correttezza o meno della valutazione compiuta dalla Terza Sottocommissione della Corte di Appello di Cagliari.
A seguito di appello da parte del Ministero della Giustizia il Consiglio di Stato con ordinanza n. 3967 del 2012 riteneva che il provvedimento adottato dal primo giudice, pur avendo formalmente carattere istruttorio ed interlocutorio, aveva contenuto satisfattivo della domanda del ricorrente, presupponendo la fondatezza delle doglianze articolate in ricorso e disponendo nella sostanza un riesame mediante nuova correzione degli elaborati relativi alle prove scritte; pertanto, non condividendosi nel merito il richiamato giudizio di fondatezza del ricorso, veniva revocata la verificazione disposta dal TAR e veniva rigettata l'originaria istanza cautelare.
Successivamente in sede di giudizio di merito il TAR accoglieva l'impugnazione del P. sul rilievo che, malgrado la decisione cautelare del Consiglio di Stato nel frattempo intervenuta, la verificazione disposta era stata comunque effettuata, concludendosi in senso favorevole al ricorrente, e che pertanto non poteva non tenersi conto di tale sopravvenienza ai fini della decisione di merito.
Proposto gravame da parte del Ministero della Giustizia cui resisteva il P. il Consiglio di Stato con sentenza del 16-1-2013 ha accolto l'appello e, per l'effetto, in riforma della sentenza di primo grado, ha respinto il ricorso di primo grado.
Il Consiglio di Stato ha escluso che l'appello fosse divenuto improcedibile per effetto della L. n. 168 del 2005, art. 4, comma 2 bis, (secondo cui "Conseguono ad ogni effetto l'abilitazione professionale o il titolo per il quale concorrono i candidati, in possesso dei titoli per partecipare al concorso, che abbiano superato le prove d'esame scritte ed orali previste dal bando, anche se l'ammissione alle medesime o la ripetizione della valutazione da parte della commissione sia stata operata a seguito di provvedimenti giurisdizionali o di autotutela), come eccepito dal P., sul rilievo che l'interessato, a seguito di invito della stessa Amministrazione, aveva nel frattempo sostenuto e superato anche le prove orali, ed all'esito si era iscritto all'albo professionale iniziando ad esercitare la professione legale; la sentenza impugnata ha infatti rilevato la permanenza dell'interesse alla decisione dell'appello proposto dall'Amministrazione avverso una sentenza che abbia annullato il giudizio negativo formulato sulle prove scritte dell'esame di abilitazione alla professione di avvocato sostenute da un candidato, qualora l'esito favorevole della rinnovata correzione delle prove scritte e di quella orale non sia sorretto da un unico provvedimento giudiziale, la cui validità ed efficacia siano perdurate per tutta la durata della procedura; invero solo in presenza di tale presupposto si verificano gli effetti di stabilizzazione sostanziale dell'esito favorevole delle rinnovate vantazioni operate dall'Amministrazione previsti dalla suddetta disposizione; nella fattispecie, invece, la procedura di esame era proseguita sulla base di un giudizio di idoneità reso in esito a "verificazione" disposta dal primo giudice che era stata revocata dall'ordinanza n. 3967 del 2012 dello stesso Consiglio di Stato sopra menzionata, con la conseguenza che la nuova correzione degli elaborati relativi alle prove scritte era venuta meno.
Il Consiglio di Stato, inoltre, a prescindere da tali rilievi, ritenuti comunque assorbenti di ogni altra questione, ha aggiunto che nella specie l'inapplicabilità dell'art. 4, comma 2 bis, citato discendeva dalla considerazione che la nuova correzione delle prove scritte risultava essere stata eseguita non già dall'Amministrazione in esecuzione del provvedimento cautelare, bensì direttamente dall'organo giurisdizionale attraverso lo strumento della verificazione, laddove il meccanismo di stabilizzazione introdotto dalla norma è testualmente riferito all'ammissione o alla ripetizione delle prove di esame compiute, sia pure in esecuzione di ordini del giudice, "da parte della commissione" (e quindi dell'Amministrazione nell'esercizio delle proprie ordinarie attribuzioni istituzionali).
Per la cassazione di tale sentenza il P. ha proposto un ricorso basato su due motivi illustrato successivamente da una memoria cui il Ministero della Giustizia ha resistito con controricorso.

DIRITTO 
Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione dei limiti della propria giurisdizione da parte del Consiglio di Stato, posto che quest'ultimo ha affermato la propria giurisdizione in una materia riservata al legislatore o, comunque, all'Amministrazione, considerato il perfezionamento in corso di causa dei presupposti normativi di cui alla L. n. 168 del 2005, art. 4, comma 2 bis, che espressamente sottraggono al sindacato giudiziale la posizione giuridica dell'esponente, conferendo effetti irreversibili al provvedimento amministrativo di correzione delle prove scritte del candidato ed al consequenziale conseguimento, ad ogni effetto, dell'idoneità professionale; la sentenza impugnata, quindi, avendo avuto l'effetto sostanziale di sostituire alla volontà legislativa, confluita nel provvedimento conclusivo di proclamazione operato dall'Amministrazione resistente (che aveva invitato il P. a sostenere le prove orali, poi da questi superate), la valutazione operata dal Giudice Amministrativo, ha determinato uno sconfinamento nella sfera riservata alla P.A., con conseguente sua ricorribilità dinanzi alle Sezioni Unite di questa Corte ex art. 111 Cost., u.c., e art. 362 c.p.c.; quindi la censura sollevata non si limita a contestare l'interpretazione resa dal Consiglio di Stato della suddetta norma, ma l'esorbitanza dell'oggetto della decisione dalle attribuzioni del Consiglio di Stato, per essere la giurisdizione di questi espressamente limitata, in tale materia, dalla "voluntas legis" che sottende la norma in sanatoria in argomento, e che determina l'impossibilità di qualsiasi sindacato ad opera del Giudice Amministrativo.
Il P. assume che alla conclusione per la quale l'abilitazione professionale viene conseguita "ad ogni effetto", cristallizzando il titolo acquisito, si perviene prendendo atto della successione temporale degli accadimenti: nella fattispecie, invero, era sopravvenuta la ricorrezione, su impulso giurisdizionale, operata dalla Commissione istituita presso la Corte di Appello di Milano il 1- 10-2012, valorizzata nella sentenza n. 1281 del 2012 del TAR Lombardia Sezione distaccata di Brescia del 9-1-2012, cui era seguito il superamento della prova orale in data 4-12-2012 con connessa acquisizione del titolo abilitativo antecedentemente alla proposizione del gravame dinanzi al Consiglio di Stato.
Il ricorrente poi aggiunge che, contrariamente all'assunto della sentenza impugnata, l'affermato requisito della unicità del provvedimento giudiziale non risulta affatto richiesto dal tenore dell'art. 4, comma 2 bis, sopra richiamato, che invero menziona espressamente l'operare di "provvedimenti giurisdizionali", ammettendone quindi la pluralità.
Il P. inoltre censura l'ulteriore rilievo del Consiglio di Stato secondo cui la nuova correzione sarebbe stata eseguita non dall'Amministrazione in esecuzione di un provvedimento cautelare, ma direttamente dall'organo giudicante per mezzo dello strumento della verificazione, sul rilievo dell'asserito carattere "istruttorio" della rivalutazione operata dalla Prima Sottocommissione istituita presso la Corte di Appello di Milano; in proposito rileva che l'ordinanza cautelare n. 368 del 2012 del TAR Lombardia non era affatto un mezzo istruttorio, posto che essa era stata espressamente riqualificata dal medesimo Consiglio di Stato con l'ordinanza n. 3967 del 2012 come avente "connotato di natura decisoria ed accoglitiva a dispetto del nomenjuris attribuito".
Il motivo è infondato.
L'assunto secondo cui il Consiglio di Stato avrebbe invaso la sfera di attribuzioni proprie del legislatore non trova alcun riscontro nella motivazione della sentenza impugnata, la quale, come già esposto, si è limitata ad interpretare la L. n. 168 del 2005, art. 4 comma 2 bis, escludendone l'operatività nella fattispecie per le ragioni sopra espresse, che attengono sostanzialmente anzitutto al rilievo, ritenuto assorbente di ogni altra questione, della avvenuta revoca, da parte dell'ordinanza del Consiglio di Stato n. 3967 del 2012, dell'ordinanza del TAR n. 369 del 2012 che aveva disposto una verificazione per accertare la correttezza o meno della valutazione compiuta dalla Terza Sottocommissione istituita presso la Corte di Appello di Cagliari, e poi all'ulteriore considerazione che la nuova correzione delle prove era stata eseguita direttamente dall'organo giurisdizionale tramite la verificazione, e non invece, come prescritto dalla norma richiamata, "da parte della commissione", ovvero dall'Amministrazione nell'esercizio delle proprie ordinarie attribuzioni istituzionali.
Sulla base di tali premesse, è agevole rilevare che l'eccesso di potere giurisdizionale per invasione della sfera di attribuzioni riservata al legislatore è configurabile solo qualora si possa affermare che il giudice abbia applicato non la norma esistente, ma una norma da lui creata, ponendo in essere un'attività di produzione normativa che non gli compete; tale ipotesi non ricorre quando il giudice si sia attenuto al compito interpretativo che gli è proprio (Cass. S.U. Ord. 15-7-2003 n. 11091; Cass. S.U. Ord. 30-12-2004 n. 24175; Cass. S.U. Ord. 28-1-2011 n. 2068; Cass. S.U. 12-12-2012 n. 22784), come appunto si è verificato nella fattispecie; ed è poi evidente che ogni censura avverso tale attività interpretativa è inammissibile, essendo estranea in radice all'eccesso di potere giurisdizionale da parte del Consiglio di Stato sindacabile in questa sede.
Con il secondo motivo il ricorrente in via subordinata rileva che la sentenza impugnata, nel riformare la sentenza di primo grado, ha posto in essere una illegittima compressione del potere di sindacato giurisdizionale esercitato dal TAR della Lombardia Sezione distaccata di Brescia; invero il sindacato giurisdizionale di legittimità del giudice amministrativo sulle valutazioni tecniche delle commissioni di esami o concorsi pubblici è legittimamente svolto quando il giudizio della commissione esaminatrice è affetto da illogicità manifesta o da travisamento del fatto in relazione ai presupposti stessi in base ai quali è stato dedotto il giudizio sull'elaborato sottoposto a vantazione; il P. poi, considerato che la giurisdizione deve essere intesa come strumento per la tutela effettiva dei diritti e degli interessi delle parti, rileva che norma sulla giurisdizione non è solo quella attributiva del potere giurisdizionale, ma anche quella che a detto potere da contenuto, stabilendo le forme di tutela attraverso cui si estrinseca; ed infatti, diversamente, si darebbe luogo ad un diniego o rifiuto di giustizia; doveva essere pertanto essere valorizzata la pregnanza della argomentazione del TAR circa il limite della giurisdizione del giudice amministrativo che, nel decidere, aveva ritenuto correttamente esercitato il proprio sindacato mediante lo strumento della verificazione.
Il motivo è infondato.
Il Consiglio di Stato, adito in sede di impugnazione della sentenza del TAR della Lombardia Sezione distaccata di Brescia, ha riformato detta sentenza all'esito della sopra richiamata interpretazione della suddetta normativa, cosicchè non è comprensibile sotto quale profilo si sarebbe verificata una compressione della giurisdizione del primo giudice; il principio poi che le valutazioni tecniche delle commissioni giudicatrici di esami o concorsi pubblici sono assoggettabili al sindacato di legittimità del giudice amministrativo per manifesta illogicità del giudizio tecnico o travisamento di fatto in relazione ai presupposti del giudizio medesimo è irrilevante nella fattispecie, laddove la sentenza impugnata ha ritenuto che la verificazione disposta dal TAR della Lombardia si era risolta in un "escamotage" per consentire un sindacato giudiziale sul merito delle valutazioni addotte dall'Amministrazione a sostegno del giudizio di inidoneità, al di fuori dei limiti in cui un tale sindacato era ammissibile.
In definitiva la censura in esame non è idonea a prospettare un preteso eccesso di potere giurisdizionale da parte della sentenza impugnata, non essendo al riguardo assolutamente rilevante in proposito l'aver escluso la sussistenza di una tutela giurisdizionale in favore del dottor P. all'esito dell'interpretazione operata da parte del Consiglio di Stato della L. n. 168 del 2005, art. 4, comma 2 bis.
Il ricorso deve quindi essere rigettato; le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
Infine ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, come introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, (applicabile nella fattispecie "ratione temporis") si deve dare atto della sussistenza dei presupposti di legge relativamente all'obbligo del ricorrente, all'esito del rigetto del ricorso, di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l'impugnazione proposta, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso, condanna il ricorrente al pagamento di Euro 200,00 per spese e di Euro 3.000,00 per compensi oltre spese prenotate a debito, e da atto ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso proposto.
Così deciso in Roma, il 27 maggio 2014.

Depositato in Cancelleria il 4 luglio 2014 

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