lunedì 10 giugno 2013

“Ai lavoratori di Pozzuoli”. Discorso di Adriano Olivetti per l’inaugurazione dello stabilimento di Pozzuoli - 23 aprile 1955.


“Ai lavoratori di Pozzuoli”. 
Discorso di Adriano Olivetti 
per l’inaugurazione dello stabilimento di Pozzuoli 
 23 aprile 1955

Il discorso per intero potete scaricarlo QUI!

"[...] Può l'industria darsi dei fini? Si trovano questi semplicemente nell'indice dei  profitti? 
Non vi è al di là del ritmo apparente qualcosa di più affascinante, una  destinazione, una vocazione anche nella vita di una fabbrica? 
Possiamo rispondere: c'è un fine nella nostra azione di tutti i giorni, a Ivrea,  come a Pozzuoli. E senza la prima consapevolezza di questo fine è vano  sperare il successo dell'opera che abbiamo intrapresa. 
Perché una trama, una trama ideale al di là dei principi della organizzazione  aziendale ha informato per molti anni, ispirata dal pensiero del suo fondatore, l'opera della nostra Società. 
Il tentativo sociale della fabbrica di Ivrea, tentativo che non esito a dire ancor  del tutto incompiuto, risponde a una semplice idea: creare un'impresa di tipo  nuovo al di là del socialismo e del capitalismo giacché i tempi avvertono con urgenza che nelle forme estreme in cui i due termini della questione sociale  sono posti, l’uno contro l'altro, non riescono a risolvere i problemi dell'uomo e della società moderna. 
La fabbrica di Ivrea pur agendo in un mezzo economico e accettandone le  regole ha rivolto i suoi fini e le sue maggiori preoccupazioni all'elevazione  materiale, culturale, sociale del luogo ove fu chiamata ad operare, avviando  quella regione verso un tipo di comunità nuova ove non sia più differenza  sostanziale di fini tra i protagonisti delle sue umane vicende, della storia che si  fa giorno per giorno per garantire ai figli di quella terra un avvenire, una vita più  degna di essere vissuta. 
La nostra società crede perciò nei valori spirituali, nei valori della scienza, crede  nei valori dell'arte, crede nei valori della cultura, crede, infine, che gli ideali di  giustizia non possano essere estraniati dalle contese ancora ineliminate tra capitale e lavoro. Crede soprattutto nell'uomo, nella sua fiamma divina, nella sua possibilità di elevazione e di riscatto. 
Questo stabilimento riassume le attività e il fervore che animano la fabbrica di Ivrea. Abbiamo voluto ricordare nel suo rigore razionalísta, nella sua organizzazione, nella ripetizione esatta dei suoi servizi culturali ed assistenziali, l'assoluta indissolubile unità che la lega ad essa e ad una tecnica che noi vogliamo al servizio dell'uomo onde questi, lungi dall'esserne schiavo, ne sia accompagnato verso mete più alte, mete che nessuno oserà prefissare perché sono destinate dalla Provvidenza di Dio. 
Così, di fronte al golfo più singolare del mondo, questa fabbrica si è elevata, nell'idea dell'architetto, in rispetto della bellezza dei luoghi e affinché la bellezza fosse di conforto nel lavoro di ogni giorno. 
Abbiamo voluto anche che la natura accompagnasse la vita della fabbrica. La natura rischiava di essere ripudiata da un edificio troppo grande, nel quale le chiuse muraglie, l'aria condizionata, la luce artificiale, avrebbero tentato di trasformare giorno per giorno l'uomo in un essere diverso da quello che vi era entrato, pur pieno di speranza. 
La fabbrica fu quindi concepita alla misura dell’uomo perché questi trovasse nel suo ordinato posto di lavoro uno strumento di riscatto e non un congegno di sofferenza. [...]".

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