CONCORSI PUBBLICI:
il contratto di lavoro sorto al di fuori delle procedure
tra rapporto invalido e riconoscimento
(Cons. St., Sez. V, sentenza 7 giugno 2013, n. 3126)
Massima
1. In ossequio all’insegnamento dell’Adunanza plenaria n. 5/1992, le assunzioni di personale straordinario per eccezionali sopravvenute esigenze anche discontinue ed originate al di fuori di procedure concorsuali non possono durare oltre i 90 giorni, oltre i quali il rapporto è risolto di diritto (vd. art. 5, co. 15, D.L. 10 novembre 1978, n. 702, convertito dalla L. 8 gennaio 1979, n. 3).
Il personale cessato non può essere nuovamente assunto presso lo stesso ente qualora non siano trascorsi almeno sei mesi dall’esaurimento dei 90 giorni e gli eventuali provvedimenti di assunzione temporanea o di conferma in servizio adottato in violazione di quanto sopra sono nulli (art. 5, co. 17 e 18, D.L. 10 novembre 1978, n. 702, convertito dalla L. 8 gennaio 1979, n. 3).
2. “Le considerazioni che precedono comportano come prima conseguenza che il rapporto di lavoro instaurato con gli enti locali al di fuori delle procedure o dei termini previsti dalla citata legge, sia esso rapporto a termine o a tempo indeterminato, nasce e vive come un rapporto di fatto, rispetto al quale gli indici rivelatori del pubblico impiego assumono soltanto funzione di astratta qualificazione al fine della determinazione della giurisdizione e della disciplina economica e previdenziale relativa alle prestazioni lavorative” (Cons. Stato, ad. plen., 5 marzo 1992 n. 5).
3. L’adunanza ha comunque aggiunto che la nullità non si risolve necessariamente in illiceità del rapporto stesso, ma che in questo caso soccorre l’art. 2126 c.c., salvo che la nullità derivi dall’illiceità dell’oggetto o della causa, circostanze naturalmente assenti nella fattispecie in esame.
4. Perciò in questo caso il giudice amministrativo si deve limitare ad accordare tutela ai diritti che discendono dall’art. 2126 c.c., ma certamente non può accertare la sussistenza di un rapporto che la legge dichiara nullo; conseguentemente il giudice può dare ingresso ad una pronuncia con la quale si condanni l’Amministrazione a corrispondere il corrispettivo risultante dal titolo invalido, laddove naturalmente la prestazione sia stata svolta, ma non sarà dovuta una retribuzione maggiore rispetto a quanto indicato riportandosi al contratto collettivo nazionale di lavoro (c.c.n.l.) ed al trattamento dovuto agli impiegati di ruolo regolarmente assunti (Cons. Stato, V, 21 ottobre 1995 n. 1462).
5. Quindi, sulla scorta di quanto ora affermato, se pure non vi è diritto al trattamento pieno dell’impiegato di ruolo ivi compresa la tredicesima mensilità, si deve riconoscere che è dovuto il compenso sostitutivo per il congedo ordinario non goduto.
Sentenza per esteso
INTESTAZIONE
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5285 del 2002,
proposto da:
Ostera Giuseppina, rappresentata e difesa dagli avv. Domenico Mannironi e Maria Stefania Masini, con domicilio eletto presso Maria Stefania Masini in Roma, via Antonio Gramsci 24;
Ostera Giuseppina, rappresentata e difesa dagli avv. Domenico Mannironi e Maria Stefania Masini, con domicilio eletto presso Maria Stefania Masini in Roma, via Antonio Gramsci 24;
contro
Comune di Sassari, in persona del sindaco in carica,
rappresentato e difeso dall'avv. Pietro Corda, con domicilio eletto presso
Antonia De Angelis in Roma, via Portuense, 104;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. SARDEGNA n. 00734/2001, resa
tra le parti, concernente attribuzione incarico attivita' aggiornamento archivio
magnetico;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di
Sassari;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 maggio
2013 il Cons. Raffaele Prosperi e uditi per le parti gli avvocati Masini e
Corda;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto
segue.
FATTO
Con decorrenza 1.9.1982 il Comune di Sassari
attribuiva a Giuseppina Ostera un incarico esterno per lo svolgimento dell’attività
di aggiornamento dati (archivio utenti), da svolgersi presso l’Ufficio
Acquedotto del Comune, poiché, a giudizio dell’Amministrazione, vi era carenza
di personale interno esperto nell’uso dei terminali (cfr. motivazione contenuta
nelle delibere della Giunta comunale n. 277 del 22.2.1983 e n. 1229 del
19.7.1982).
Inizialmente la retribuzione veniva fissata in un
compenso fisso forfetizzato commisurato alla retribuzione lorda prevista per un
terminalista di ruolo, rapportato a ciascuna variazione inserita (£ 200).
A detta dell’interessata l’inserimento
nell’organizzazione dell’Ente veniva a comportarle tutti i doveri tipici del
pubblico dipendente, a cominciare da quello tipico della subordinazione, senza
consentirle invece i corrispettivi diritti, quali l’adeguata retribuzione
comprensiva di tredicesima mensilità, nonché il godimento delle ferie ed il
pagamento degli oneri previdenziali ed assistenziali.
La Ostera proponeva ricorso davanti al TAR della
Sardegna al fine del riconoscimento di quanto spettante per il rapporto di
pubblico impiego di fatto intercorso con il Comune di Sassari, ma il TAR, con
la sentenza n. 734 del 22 giugno 2001, lo accoglieva limitatamente al
riconoscimento del solo diritto alla regolarizzazione della posizione previdenziale
ed assistenziale per il periodo compreso tra il 1° dicembre 1984 ed il 31
ottobre 1989.
Con appello in Consiglio di Stato, notificato il 20
giugno 2002, la Ostera impugnava la sentenza di primo grado per eccesso di
potere giurisdizionale per difetto di istruttoria, illogicità, difetto di
motivazione, omessa pronuncia su un punto decisivo della questione.
La sentenza impugnata non dà conto di alcuni aspetti
evidenziati nelle difese di primo grado e ciò per quanto attiene al
riconoscimento del rapporto di impiego dal 1982 e dei connessi diritti al
trattamento economico e al compenso sostitutivo del mancato godimento del
congedo annuale. Il TAR ha affermato che i requisiti del rapporto anteriormente
al dicembre 1984 non potevano far considerare la prestazione assimilabile al
rapporto di lavoro dipendente, mancando una serie di elementi tipici della
subordinazione: in realtà il compenso era del tutto predeterminato tanto da
apparire un salario mascherato e non era in realtà corrispondente al numero di
variazioni dei dati dei terminali; la forfettizzazione della retribuzione sta a
dimostrare che il lavoro si è sempre svolto in orario di ufficio e nel rispetto
delle direttive ricevute, tanto che la spesa per la retribuzione veniva
imputata dal Comune al “fondo a calcolo per l’assunzione di dipendenti
stagionali”.
La Ostera ha depositato in giudizio gli atti
attestanti le somme percepite, in modo da verificare la fondatezza della
pretesa alla fruizione del trattamento spettante ai pubblici impiegati dello
stesso profilo, ma la sentenza non ha operato detta equiparazione, limitandosi
ad affermare in astratto la parificazione a quella di terminalista. In concreto
nessuna indagine è stata effettuata per stabilire se le pretese erano legittime
e vi fossero realmente diminuzioni retributive.
Per quanto concerne il mancato godimento delle ferie,
il TAR ha affermato che non risultava che l’Amministrazione avesse imposto alla
ricorrente di rinunciarvi dal dicembre 1984, ma tale affermazione è priva di
pregio, né l’Ostera era tenuta a fornire ulteriori prove di tale mancato
riconoscimento, peraltro mai contestato dal Comune ed in ogni caso le ferie
erano dovute anche se non riconosciute nelle convenzioni stipulate dalle parti.
L’appellante concludeva per l’accoglimento del ricorso
con vittoria di spese.
Si è costituita in giudizio l’Amministrazione
intimata, sostenendo l’infondatezza del ricorso e chiedendone il rigetto.
Alla odierna udienza pubblica la causa è passata in
decisione.
DIRITTO
Oggetto dell’appello è il parziale rigetto delle
pretese di Giuseppina Ostera da parte del TAR della Sardegna il quale, con la sentenza
impugnata, ne ha accolto il ricorso limitatamente alla regolarizzazione
previdenziale ed assistenziale per il periodo compreso tra il 1° dicembre 1984
ed il 31 ottobre 1989, dichiarandolo invece infondato per quanto concerneva la
pretesa relativa al riconoscimento del rapporto di pubblico impiego
intercorrente con il Comune di Sassari con la connessa domanda
dell’equiparazione del proprio trattamento retributivo, tredicesima compresa, a
quello del personale di ruolo con qualifica di terminalista – l’incarico svolto
dall’interessata – dal 1° settembre 1982 al 31 ottobre 1989 ed altrettanto
infondato per quanto concerneva il mancato godimento del congedo ordinario,
perché non adeguatamente provato.
Di fatto la Ostera ha svolto nelle date prima richiamate
le funzioni di terminalista presso il Comune di Sassari in forza di incarichi
rinnovati per oltre sette anni, nominalmente incarichi esterni temporanei da
sempre collegati all’aggiornamento dell’archivio utenti del servizio di
acquedotto.
In primo luogo non vi è motivo di discostarsi da
quanto affermato dalla sentenza impugnata per quanto concerne il rapporto di
impiego a decorrere dal 1° settembre 1982 fino al 1° dicembre 1984, poiché
risulta che fino a tale data la prestazione si è svolta con una retribuzione
parametrata al numero delle perforazioni effettuate, mentre dal 1° dicembre
1984 il rapporto è divenuto assimilabile ad un rapporto di lavoro dipendente,
in quanto la Ostera è stata retribuita con una retribuzione periodica,
determinando un inserimento concreto all’interno dell’organizzazione
amministrativa e quel rapporto di impiego “di fatto” che ha consentito al
giudice di prime cure il riconoscimento delle pretese previdenziali ed
assistenziali.
In secondo luogo è infondata la pretesa al trattamento
economico pieno pari a quello dei terminalisti di ruolo, alla stregua di quanto
già affermato dal TAR della Sardegna.
Questa Sezione, in ossequio all’insegnamento
dell’Adunanza plenaria, ha già avuto modo di affermare da lungo tempo che le
assunzioni di personale straordinario per eccezionali sopravvenute esigenze
anche discontinue ed originate al di fuori di procedure concorsuali non possono
durare oltre i 90 giorni, oltre i quali il rapporto è risolto di diritto – art.
5, co. 15, D.L. 10 novembre 1978, n. 702, convertito dalla L. 8 gennaio 1979,
n. 3. Il personale cessato non può essere nuovamente assunto presso lo stesso
ente qualora non siano trascorsi almeno sei mesi dall’esaurimento dei 90 giorni
e gli eventuali provvedimenti di assunzione temporanea o di conferma in
servizio adottato in violazione di quanto sopra sono nulli - art. 5, co. 17 e
18, D.L. 10 novembre 1978, n. 702, convertito dalla L. 8 gennaio 1979, n. 3.
“Le considerazioni che precedono comportano come prima
conseguenza che il rapporto di lavoro instaurato con gli enti locali al di
fuori delle procedure o dei termini previsti dalla citata legge, sia esso
rapporto a termine o a tempo indeterminato, nasce e vive come un rapporto di
fatto, rispetto al quale gli indici rivelatori del pubblico impiego assumono
soltanto funzione di astratta qualificazione al fine della determinazione della
giurisdizione e della disciplina economica e previdenziale relativa alle
prestazioni lavorative” (Cons. Stato, ad. plen., 5 marzo 1992 n. 5).
L’adunanza ha comunque aggiunto che la nullità non si
risolve necessariamente in illiceità del rapporto stesso, ma che in questo caso
soccorre l’art. 2126 c.c., salvo che la nullità derivi dall’illiceità
dell’oggetto o della causa, circostanze naturalmente assenti nella fattispecie
in esame.
Perciò in questo caso il giudice amministrativo si
deve limitare ad accordare tutela ai diritti che discendono dall’art. 2126
c.c., ma certamente non può accertare la sussistenza di un rapporto che la
legge dichiara nullo; conseguentemente il giudice può dare ingresso ad una
pronuncia con la quale si condanni l’Amministrazione a corrispondere il
corrispettivo risultante dal titolo invalido, laddove naturalmente la
prestazione sia stata svolta, ma non sarà dovuta una retribuzione maggiore
rispetto a quanto indicato riportandosi al contratto collettivo nazionale di
lavoro (c.c.n.l.) ed al trattamento dovuto agli impiegati di ruolo regolarmente
assunti (Cons. Stato, V, 21 ottobre 1995 n. 1462).
Poiché l’art. 2126 c.c. costituisce un precipitato
diretto dell’art. 36 della Costituzione, il giudice è tenuto a disporre la
condanna dell’Amministrazione ad integrare la retribuzione per quanto attiene
la corresponsione di un compenso proporzionato e sufficiente in relazione
all’attività prestata e prevista nell’atto di assunzione ove l’interessato
dimostri che il compenso ricevuto non sia rispettoso dei principi di cui
all’art. 36 della Costituzione; ma ciò va concretamente dimostrato e
rivendicato non solamente mediante una mera domanda di dovuta equiparazione al
dipendente di ruolo, come invece accaduto nel caso in esame (Cons. Stato, V, n.
1462/95 citata).
Quindi, sulla scorta di quanto ora affermato, se pure
non vi è diritto al trattamento pieno dell’impiegato di ruolo ivi compresa la
tredicesima mensilità, si deve riconoscere che è dovuto alla Ostera il compenso
sostitutivo per il congedo ordinario non goduto: infatti, nel rapporto di fatto
intercorso tra l’appellante ed il Comune di Sassari non vi è stato alcun
riconoscimento del diritto alle ferie in proporzione ai termini temporali
dell’impiego, come espressamente ammesso dallo stesso Comune.
Per le suesposte considerazioni l’appello deve essere
in parte respinto mentre va accolto per quanto concerne la pretesa al compenso
sostitutivo del congedo ordinario non goduto e percentualmente spettante nel
periodo che va dal 1° dicembre 1984 al 31 ottobre 1989.
Incombe al Comune operare i relativi conteggi e
corrispondere le somme risultanti con gli accessori come per legge.
Spese come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione
Quinta) definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto,
lo accoglie in parte e, per l'effetto, in riforma parziale della sentenza
impugnata, condanna il Comune di Sassari al pagamento di quanto dovuto a titolo
di congedo ordinario nei sensi di cui in motivazione.
Condanna il Comune di Sassari al pagamento delle spese
per il presente grado liquidandole in complessivi €. 1.500,00
(millecinquecento/00) oltre a c.p.a. e i.v.a..
Ordina che la presente sentenza sia eseguita
dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del
giorno 17 maggio 2013 con l'intervento dei magistrati:
Carmine Volpe, Presidente
Carlo Saltelli, Consigliere
Antonio Amicuzzi, Consigliere
Antonio Bianchi, Consigliere
Raffaele Prosperi, Consigliere, Estensore
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L'ESTENSORE
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IL PRESIDENTE
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 07/06/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co
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