martedì 10 settembre 2013

PROCEDIMENTO: l'autotutela "obbligatoria" della P.A. in caso di eccesso di potere per contradditorietà procedimentale (Cons. St., Sez. V, sentenza 23 luglio 2013 n. 3948).


PROCEDIMENTO: 
l'autotutela "obbligatoria" della P.A. 
in caso di eccesso di potere 
per contradditorietà procedimentale 
(Cons. St., Sez. V,  
sentenza 23 luglio 2013 n. 3948).


Massima

1. L'adozione di provvedimenti da parte della medesima Autorità in base a differenti valutazioni di identiche situazioni, sotto il profilo della legittimità o del merito, comporta, per evitare di incorrere nel vizio di contraddittorietà, l'obbligatorio esercizio del potere di autotutela della pubblica amministrazione (il cui esercizio è subordinato al rispetto di regole precise e, segnatamente, al rispetto del contraddittorio, all'adeguata istruttoria, alla ricorrenza di precise e concrete ragioni di pubblico interesse, non riconducibili a mere esigenze di ripristino della legalità, alla valutazione dell'affidamento dei destinatari del provvedimento, alla valutazione del tempo trascorso ed all'obbligo di motivazione). 
2. Pertanto è illegittimo il provvedimento comunale che, senza revocare o annullare una precedente deliberazione, ha proceduto ad effettuare una attività interpretativa in merito alla retribuzione del lavoro svolto dai dipendenti, determinando una nuova entità del servizio svolto oltre il normale orario di lavoro e la relativa retribuzione in palese contrasto con quanto disposto con la precedente deliberazione.


Sentenza per esteso

INTESTAZIONE
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3569 del 2001, proposto da:
Comune di Nocera Superiore, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. Mario D'Urso e Vincenzo Sessa, con domicilio eletto presso lo studio dell'avv. Claudia Zhara Buda, in Roma, via Orti della Farnesina, n. 155; 
contro
Palumbo Francesco, Di Giacomo Lorenzo, Guarino Raffele, Dell'Aglio Gennaro, Attanasio Giuseppe, Cuomo Alfonso, Milite Antonio, Milite Pietro, Melchiorre Generoso, Palumbo Aniello, Attanasio Pasquale, Cairone Giovanni, Teodoro Antonio e Ferrante Aldo, tutti rappresentati e difesi dagli avv. Giovanni Caliulo e Luigi Vuolo, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Angelo Clarizia, in Roma, via Principessa Clotilde, n. 2; 
per la riforma
della sentenza del T.A.R. Campania - Sez. Staccata di Salerno, Sezione II, n. 6/2001, resa tra le parti, di accoglimento del ricorso proposto da Palumbo Francesco ed altri per l’annullamento delle delibere della G.M. di Nocera Superiore n. 94/1993 e n. 582/1992, di determinazione dei compensi per il servizio prestato oltre il normale orario lavorativo nel mese di agosto 1991, e per la declaratoria del diritto alla erogazione delle somme spettanti come quantificate nella deliberazione della G.M. n. 62/1992, oltre ad interessi e rivalutazione;
nonché, a seguito di appello incidentale dei dipendenti in epigrafe indicati, per il riconoscimento del diritto al cumulo tra interessi e rivalutazione monetaria per il periodo antecedente al 31.12.1994 e per l’ottenimento del favore delle spese di entrambi i gradi del giudizio;

Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio e di appello incidentale dei dipendenti in epigrafe indicati;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Vista la propria ordinanza 8 maggio 2001 n. 2640;
Visti i decreti decisori 16 marzo 2012, n. 540 e 25 luglio 2012, n. 1948;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 febbraio 2013 il Cons. Antonio Amicuzzi e uditi per le parti gli avvocati Antonio D'Urso, su delega dell'avv. Mario D'Urso, e Luigi Maria D'Angiolella, su delega degli avv.ti Giovanni Caliulo e Luigi Vuolo;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

FATTO
Ai dipendenti comunali appartenenti al Corpo di Polizia Municipale del Comune di Nocera Superiore, che avevano prestato servizio straordinario in pronta reperibilità dalle ore 14 del giorno 14.8.1991 e fino al giorno 19.8.1991, veniva riconosciuto con deliberazione della G.M. n. 62 del 25.1.1992, per i due giorni di riposo settimanale non goduti, il diritto al pagamento, oltre che delle ore di lavoro svolte come straordinario in reperibilità, di quelle derivanti dalla trasformazione dei riposi compensativi in lavoro straordinario, ai sensi dell’art. 17, commi 2 e 3, del d.P.R. n. 268/1987, e ne veniva disposta la liquidazione.
La deliberazione veniva approvata dal CO.RE.CO. nei limiti di cui all’art. 6, lett. b), del d.P.R. n. 333/1990.
Con successiva deliberazione n. 582/1992 il Comune disponeva la liquidazione delle ore di lavoro in questione disconoscendo la retribuzione del riposo compensativo come lavoro straordinario, che, a seguito dei chiarimenti chiesti dal CO.RE.CO., veniva confermata con deliberazione n. 94/1993.
I dipendenti suddetti presentavano allora ricorso giurisdizionale per l’annullamento delle citate delibere della G.M. del Comune di Nocera Superiore n. 94/1993 e n. 582/1992 e per la declaratoria del diritto alla erogazione delle somme spettanti come quantificate nella deliberazione di detta G.M. n. 62/1992, oltre ad interessi e rivalutazione.
Con la sentenza in epigrafe indicata detto ricorso è stato accolto, con conseguente annullamento delle impugnate deliberazioni e declaratoria del diritto dei ricorrenti all’erogazione delle somme spettanti così come quantificate nella delibera n. 62/92, oltre interessi e rivalutazione da applicare ai sensi dell’art. 429 del cod. proc. Civ. nella interpretazione fornita dalla giurisprudenza amministrativa.
Con il ricorso in appello in esame il Comune di Nocera Superiore ha chiesto l’annullamento o la riforma di detta sentenza deducendo i seguenti motivi:
1.- Violazione e falsa applicazione dell’art. 17 del d.P.R. n. 268/1987 e dell’art. 6 del d.P.R. n. 333/1990. Eccesso di potere per falso presupposto e travisamento dei fatti, per contraddittorietà e per sviamento.
1.1.- E’ incondivisibile la tesi del primo Giudice, che, dopo l’approvazione della deliberazione n. 62/1992, l’Amministrazione avrebbe dovuto solo eseguire quanto deliberato e non invece procedere, senza previo annullamento o revoca di detta deliberazione, all’adozione di nuove determinazioni in base ad una mera interpretazione del Segretario generale, secondo la quale i riposi compensativi non potevano trasformarsi in lavoro straordinario.
1.2.- Sul piano sostanziale è frutto di errore la tesi del T.A.R. che l’interpretazione del Segretario generale contrastava con le statuizioni dell’art. 17, commi 2 e 3, del d. P.R. n. 268/1987, che attribuisce al dipendente la facoltà di scelta tra riposo compensativo e retribuzione a titolo di lavoro straordinario, con la conseguenza che, dopo la opzione per quest’ultima, non vi è più differenza con le altre prestazioni di lavoro straordinario.
Correttamente il Comune con la deliberazione n. 582/1992 ha precisato che la liquidazione doveva essere contenuta nei limiti di cui all’art. 6, lettera b), del d.P.R. n. 333/1990, come stabilito dal CO.RE.CO. in sede di esame della precedente delibera n. 62/1992.
Con memoria, recante anche appello incidentale, notificata il 18.4.2001 e depositata il 27.4.2001, si sono costituiti i controinteressati, che hanno dedotto la infondatezza di entrambi i motivi di appello ed hanno anche eccepito che esso sarebbe inammissibile per essere stato conferito l’incarico di proporlo con determinazione del Responsabile degli affari generali e non con deliberazione della Giunta comunale.
Hanno quindi riformulato i motivi di ricorso di primo grado ed hanno proposto il seguente motivo di appello autonomo della sentenza:
1.- Il criterio di calcolo degli interessi e rivalutazione stabilito dal T.A.R. è applicabile solo ai ratei maturati successivamente al 31.12.1994, mentre per i ratei previgenti permane la possibilità del cumulo fra interessi e rivalutazione.
2.- E’ iniqua la disposta compensazione delle spese di giudizio, essendo stata accolta in toto la pretesa degli originari ricorrenti.
Con decreto decisorio 16 marzo 2012, n. 540 il ricorso è stato dichiarato perento ex art. 1, comma 1, dell’all. 3 al d. lgs. n. 104/2010.
Con successivo decreto decisorio 25 luglio 2012, n. 1948, preso atto della dichiarazione del Comune di perdurante interesse al ricorso, è stato revocato detto decreto e rimessa la causa sul ruolo.
Il Comune, con memoria depositata il 2.1.2013, ha dedotto la infondatezza della eccezione di inammissibilità dell’appello (perché il Comune aveva deciso di proporlo con delibera della Giunta n. 49/2001), nonché ha, a sua volta, eccepito la inammissibilità del ricorso di primo grado (per mancata notifica al CO.RE.CO.) e dell’appello incidentale, quanto al petitum principale, per essere stati non specificamente riproposti i motivi di ricorso di primo grado (integralmente riprodotti senza distinguere tra i motivi accolti e quelli dichiarati assorbiti), con conseguente inammissibilità anche delle (peraltro infondate) richieste puramente accessorie relative agli interessi e rivalutazione e alle spese di giudizio, venendo essere a perdere consistenza a seguito della reiezione della domanda principale avanzata in prime cure. Nel merito ha aggiunto che agli appartenenti al corpo della Polizia municipale è applicabile l’art. 13 del d.P.R. n. 268/1987, che non consente la trasformazione su richiesta delle ore di riposo compensativo e la loro monetizzazione nella misura stabilita per il lavoro straordinario, ed ha ribadito tesi e richieste.
Con memoria depositata il 15.1.2013 i resistenti dipendenti hanno replicato alle avverse argomentazioni, deducendo in primo luogo la fondatezza della eccezione di inammissibilità dell’appello, perché all’epoca di proposizione dello stesso (il 27.3.2001) non era ancora intervenuta alcuna deliberazione da parte del competente organo comunale. Inoltre hanno sostenuto che, in caso di controllo positivo, non va notificato al CO.RE.CO. il ricorso contro l’atto controllato e che l’appello incidentale non sarebbe qualificabile quale integrale riproposizione del ricorso di primo grado, contenendo due articolate censure alla sentenza. Hanno quindi eccepito la novità della censura attinente alla applicabilità alla fattispecie in esame dell’art. 13 del d.p.r. N. 268/1987 e ribadito tesi e richieste.
Alla pubblica udienza del 5.2.2013 il ricorso in appello è stato trattenuto in decisione alla presenza degli avvocati delle parti, come da verbale di causa agli atti del giudizio.

DIRITTO
1.- Il giudizio in esame verte sulla richiesta, formulata dal Comune di Nocera Superiore, di annullamento o di riforma della sentenza del T.A.R. in epigrafe indicata con la quale era stato accolto il ricorso proposto dai dipendenti comunali Palumbo Francesco ed altri per l’annullamento delle delibere della G.M. di Nocera Superiore n. 94/1993 e n. 582/1992, di determinazione dei compensi per il servizio prestato oltre il normale orario lavorativo nel mese di agosto 1991, e per la declaratoria del diritto alla erogazione delle somme a detto titolo spettanti come quantificate nella deliberazione della G.M. n. 62/1992 (per i due giorni di riposo settimanale non goduti, il diritto al pagamento, oltre che delle ore di lavoro svolte come straordinario in reperibilità, di quelle derivanti dalla trasformazione dei riposi compensativi in lavoro straordinario), oltre ad interessi e rivalutazione. Inoltre verte sulla richiesta, formulata con appello incidentale dai dipendenti suddetti, di riconoscimento del diritto al cumulo tra interessi e rivalutazione monetaria per il periodo antecedente al 31.12.1994 e di ottenimento del favore delle spese di entrambi i gradi del giudizio.
2.- Innanzi tutto la Sezione, stante la ritenuta infondatezza dell’appello principale, ritiene di poter prescindere dalla disamina della eccezione, formulata dai dipendenti controinteressati, di inammissibilità dell’appello per essere stato conferito l’incarico di proporlo con determinazione del Responsabile degli affari generali e non con deliberazione della Giunta comunale.
3.- Poiché la infondatezza dell’appello comporta la conferma dell’accoglimento del ricorso di primo grado, è necessario valutare preliminarmente la eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado formulata dal Comune appellante, non costituito in primo grado, per mancata notifica del ricorso introduttivo del giudizio al CO.RE.CO., eccezione che, attenendo alla regolare costituzione del rapporto processuale e, quindi, a questioni rilevabili anche d'ufficio, può essere proposta anche per la prima volta in grado d'appello.
Al riguardo i controinteressati hanno condivisibilmente sostenuto che, in caso di controllo positivo da parte del CO.RE.CO., non va ad esso notificato il ricorso contro l’atto controllato.
Infatti per giurisprudenza da tempo consolidata (Consiglio Stato, sez. VI, 4 ottobre 1983, n. 712), il ricorso contro un atto emanato da un ente pubblico non deve essere notificato anche all'autorità di vigilanza, che in ordine al provvedimento impugnato abbia adottato un atto di controllo positivo, limitandosi ad approvare il provvedimento stesso.
La eccezione deve quindi essere disattesa.
4.- Con il primo motivo di appello principale è stato dedotto che sarebbe incondivisibile la tesi del primo Giudice, che, dopo l’approvazione della deliberazione n. 62/1992 (con la quale era stata disposta la liquidazione per un importo complessivo di £ 52.897.255 delle ore di lavoro straordinario prestato dai vigili urbani in reperibilità nel periodo che interessa, con calcolo dei riposi compensativi quale lavoro straordinario), l’Amministrazione avrebbe dovuto solo eseguire quanto deliberato e non invece procedere, senza previo annullamento o revoca di detta deliberazione, all’adozione di nuove determinazioni in base ad una mera interpretazione del Segretario generale, secondo la quale i riposi compensativi non potevano trasformarsi in lavoro straordinario.
Deduce il Comune che, dopo che detto Segretario, investito della esecuzione della citata deliberazione n. 62/1992, aveva fatto rilevare che il relativo mandato di pagamento avrebbe dovuto essere predisposto per una somma rientrante nei limiti di cui all’art. 6, lett. b), del d.P.R. n. 333/1990 (cioè per le sole ore di straordinario svolto in reperibilità), era stata adottata la deliberazione n. 582/1992 (in sede di autotutela e in modifica della precedente n. 62/1992), aderendo e facendo propria l’interpretazione del Segretario generale in ordine alla decisione del CORECO suddetta (contenere la liquidazione nei limiti di cui all’art. 6, lett. b), del d.P.R. n. 333/1990), nonché disponendo il pagamento per un importo complessivo di £ 17.458.485 sulla base di nuovi prospetti elaborati e sottoscritti dai dipendenti interessati (che in tal modo avrebbero riconosciuto la legittimità del calcolo con cui era stata disposta la liquidazione, in adesione alla interpretazione dell’Amministrazione).
4.1.- Osserva la Sezione che la deliberazione n. 582/1992 contiene, oltre al richiamo alla deliberazione n. 62//1992, al nulla osta del CO.RE.CO. (nei limiti di cui all’art. 6, lett. b) del d.P.R. n. 333/1990) ed agli atti ad essa pregressi, il riferimento alla nota n. 3572/1992 del Segretario generale, con cui aveva significato che il mandato di pagamento doveva essere predisposto per la somma rientrante nei limiti di cui a detto art. 6, lett. b) del d.P.R. n. 333/1990, cioè per le sole ore di straordinario svolto in reperibilità, dedotte le ore dovute come prestazione ordinaria nei giorni festivi, non potendosi pagare la trasformazione dei riposi compensativi in lavoro straordinario perché non rientrante nella normativa prevista da detta norma. Con detta deliberazione, premesso che detta nota era stata trasmessa al Sindaco ed agli Assessori per le determinazioni di competenza, è stato chiesto di fare propria la interpretazione data dal Segretario Generale in ordine alla decisione del CO.RE.CO. sulla deliberazione di G.M. n. 62/1992 e, visti il prospetto predisposto dall’Ufficio, in conformità al citato art. 6, lett. b) del d.P.R. n. 333/1990, ed i pareri dei competenti organi, è stato disposto il pagamento delle somme in questione secondo l’allegato prospetto.
A prescindere dalla effettività della sottoscrizione da parte dei dipendenti interessati di detto prospetto resta pertanto confermato, secondo il Collegio, l’assunto essenziale su cui il primo Giudice ha anche fondato il proprio convincimento, cioè che il Comune, senza revocare o annullare la precedente deliberazione n. 62/1992, ha proceduto ad effettuare una attività interpretativa in merito alla retribuzione del lavoro svolto dai dipendenti in questione nel periodo di cui trattasi, determinando una nuova entità del servizio svolto oltre il normale orario di lavoro e la relativa retribuzione in palese contrasto con quanto disposto con la precedente deliberazione, non oggetto di autotutela (il cui esercizio è subordinato al rispetto di regole precise e, segnatamente, al rispetto del contraddittorio, all'adeguata istruttoria, alla ricorrenza di precise e concrete ragioni di pubblico interesse, non riconducibili a mere esigenze di ripristino della legalità, alla valutazione dell'affidamento dei destinatari del provvedimento, alla valutazione del tempo trascorso ed all'obbligo di motivazione) e quindi ancora pienamente efficace e cogente.
Poiché la adozione di provvedimenti da parte della medesima Autorità in base a differenti valutazioni di identiche situazioni, sotto il profilo della legittimità o del merito, comporta, per evitare di incorrere nel vizio di contraddittorietà, l'obbligatorio esercizio del potere di autotutela della pubblica amministrazione, che nel caso di specie non è intervenuto, le censure in esame sono da ritenere insuscettibili di assenso.
5.- Sul piano sostanziale il Comune ha sostenuto che sarebbe frutto di errore ed incondivisibile la tesi del T.A.R. secondo cui l’interpretazione del Segretario generale contrastava con le statuizioni dell’art. 17, commi 2 e 3, del d. P.R. n. 268/1987, che attribuisce al dipendente la facoltà di scelta tra riposo compensativo e retribuzione a titolo di lavoro straordinario, con la conseguenza che, dopo la opzione per quest’ultima, non vi è differenza con le altre prestazioni di lavoro straordinario.
Il CCNL approvato con detto d.P.R., dopo aver fissato all’art. 16 i limiti per le prestazioni di lavoro straordinario, ha previsto, all’art. 17, l’istituto del riposo compensativo, di cui il dipendente può fruire in alternativa al compenso per lavoro straordinario.
Detta norma andrebbe letta unitamente all’art. 6, comma 2, lett. b), del successivo d.P.R. n. 333/1990, secondo cui il fondo per il miglioramento della efficienza dei servizi è utilizzabile per compensare prestazioni di lavoro straordinario necessarie per fronteggiare situazioni eccezionali, ma nel limite di spesa sostenuta nell’anno precedente e, al comma 4, esclude la possibilità di erogazione di più indennità o compensi al medesimo titolo.
Quindi correttamente, sostiene il Comune, con la deliberazione n. 582/1992 era stato precisato che la liquidazione doveva essere contenuta nei limiti di cui all’art. 6, lettera b), del d.P.R. n. 333/1990, come stabilito dal CORECO in sede di esame della precedente delibera n. 62/1992, il che comportava che la liquidazione doveva essere limitata alle sole ore di straordinario svolte in reperibilità, dedotte le ore dovute come prestazione ordinaria nei giorni festivi, stante la impossibilità di trasformazione dei riposi compensativi in lavoro straordinario.
5.1.- Osserva la Sezione che l’art. 17 di detto d.P.R. 268/1987, nel testo all’epoca vigente, stabiliva che “1. Al dipendente che, per particolari esigenze di servizio, non usufruisce del riposo festivo settimanale deve essere corrisposta la retribuzione ordinaria maggiorata del 20% con diritto al riposo compensativo da fruire di regola entro quindici giorni e comunque non oltre il bimestre successivo. 2. L'attività prestata in giorno festivo infrasettimanale dà titolo, a richiesta del dipendente, o a equivalente riposo compensativo, o alla corresponsione del lavoro straordinario con la maggiorazione prevista per il lavoro straordinario festivo. 3. L'attività prestata in giorno feriale non lavorativo, a seguito di articolazione di lavoro su cinque giorni, dà titolo, a richiesta del dipendente, a equivalente riposo compensativo, o alla corresponsione per lavoro straordinario non festivo”.
L’art. 6, del d..P.R. n. 333/1990, relativo all’utilizzo del fondo per il miglioramento dell'efficienza dei servizi, stabilisce, al comma 2, lettera b), che esso può essere utilizzato per “compensare le prestazioni di lavoro straordinario che si rendessero necessarie per fronteggiare particolari situazioni di lavoro, nel limite della spesa sostenuta allo stesso titolo nell'anno precedente” e, al comma 4, che “…. E esclusa la possibilità di erogazione di più indennità o compensi al medesimo titolo. Restano confermate le misure e le modalità, di cui alla normativa vigente alla data di entrata in vigore del presente regolamento, per la determinazione degli importi unitari relativi agli istituti finanziati con il fondo di cui al presente articolo; possono essere invece rideterminati i limiti individuali previsti per i singoli istituti in relazione a particolari esigenze dei servizi, escluso il lavoro straordinario.”
Il Collegio condivide la tesi del Giudice di primo grado che il comma 3 dell’art. 17 suddetto attribuisce al dipendente, a seguito di svolgimento di lavoro in giorni festivi infrasettimanali, la facoltà di scelta tra il riposo compensativo e la corresponsione del lavoro straordinario, sicché, dopo che è stata effettuata la opzione per la retribuzione di detto lavoro come straordinario, esso non si differenzia da altre prestazioni di lavoro straordinario, non prevedendolo detta norma, mentre l’art. 6, comma 2, del d.P.R. n. 333/1990, riferendosi al compenso del lavoro straordinario resosi necessario per fronteggiare particolari esigenze lavorative, è applicabile anche al lavoro che, a seguito di opzione degli interessati, è retribuibile come se fosse lavoro straordinario.
E’ innanzi tutto irrilevante ai fini della decisione il contenuto del comma 4, di detto art. 6 del d.P.R. n. 333/1990, che peraltro non è stato affatto richiamato all’atto della adozione dell’impugnato provvedimento, che esclude la possibilità di erogazione di più indennità o compensi al medesimo titolo, atteso che nel caso di specie trattasi di opzione per la retribuzione del turno di riposo spettante quale lavoro straordinario e quindi non si è in presenza di alcuna duplicazione di compensi al medesimo titolo, essendo la retribuzione dovuta solo a titolo di corresponsione, come lavoro straordinario, di quanto dovuto in alternativa alla fruizione del riposo compensativo spettante. Aggiungasi che la norma sarebbe anche di dubbia applicabilità nel caso di specie, essendo relativa alla utilizzazione di fondi per il miglioramento di servizi destinati alla realizzazione di iniziative individuate con contrattazione decentrata a livello locale, che, come dedotto dai resistenti, all’epoca non era ancora stata posta in essere.
Inoltre la circostanza che il comma 2, lettera b), di detto art. 17 stabilisce che le prestazioni di lavoro straordinario resesi necessarie per fronteggiare particolari situazioni di lavoro sono retribuibili nel limite della spesa sostenuta allo stesso titolo nell'anno precedente non è, in linea di principio, invocabile per concludere che il CO.RE.CO. avesse sostanzialmente ritenuto applicabile, nell’approvare la delibera n. 62/1992 nei limiti di cui all’art. 6, lett. b), del d.P.R. n. 333/1990, il divieto di opzione in questione. Infatti il divieto di superamento del limite di spesa sostenuto nell’anno precedente allo stesso titolo è affermazione generica e non riferita a entità specificamente indicate, sicché, anche a seguito della apposizione di detta clausola, se il pagamento delle somme in questione non avesse comportato concretamente il detto superamento, l’opzione di cui trattasi sarebbe stata consentita nei limiti della spesa sostenuta nell’anno precedente, il che non può intendersi come approvazione alla specifica condizione che non fosse in linea di principio corrispondibile lo straordinario dovuto a seguito della opzione in questione, liquidato con la deliberazione n. 62/1992 soggetta a controllo.
Come correttamente rilevato dal T.A.R. la liquidazione delle somme con essa delibera disposta avrebbe quindi potuto essere non effettuata solo a seguito di atto di parziale ritiro della stessa e non mediante atto di interpretazione postuma effettuato sulla base di richiami logico giuridici non pertinenti.
5.3.- Ritiene il Collegio che sia anche il caso di precisare che con memoria difensiva il Comune appellante ha sostenuto anche che con la sentenza impugnata sono state accolte le pretese dei dipendenti in questione in applicazione dell’art. 17 del d.P.R. n. 268/1987, che è una prescrizione di carattere generale relativa ai dipendenti degli enti locali, mentre per gli addetti al corpo della Polizia municipale sarebbe applicabile l’art. 13 del d.p.r. n. 268/1987, che non consente la trasformazione su richiesta delle ore di riposo compensativo e la loro monetizzazione nella misura stabilita per il lavoro straordinario.
La censura, come eccepito con memoria di replica dei resistenti dipendenti, è da valutare inammissibile, perché il contrasto con l’art. 13 del dpr n. 268/1987 non era stato dedotto in alcun motivo di appello e non era causa della adozione delle delibere impugnate, né è stato trattato in primo grado.
5.4.- Il motivo in esame non è quindi positivamente valutabile e tanto comporta l’inutilità dell’esame dei motivi di primo grado dichiarati assorbiti con la impugnata sentenza e riproposti in appello dai dipendenti controinteressati.
6.- Quanto all’appello incidentale la Sezione rileva innanzi tutto che esso è da ritenere infondato e che tanto comporta la inutilità della disamina della eccezione del Comune di Nocera Superiore, secondo il quale la inammissibilità dell’appello incidentale quanto al petitum principale, per essere stati non specificamente riproposti i motivi di ricorso di primo grado (integralmente riprodotti senza distinguere tra i motivi accolti e quelli dichiarati assorbiti), comporterebbe la inammissibilità anche delle richieste puramente accessorie relative agli interessi e rivalutazione e alle spese di giudizio, essendo richieste prive di consistenza a fronte del rigetto della domanda principale avanzata in prime cure.
7.- Con il primo motivo di appello incidentale è stato asserito che il criterio di calcolo degli interessi e rivalutazione stabilito dal T.A.R. vale solo per i ratei maturati successivamente al 31.12.1994, mentre per i ratei previgenti valeva il cumulo fra interessi e rivalutazione.
7.1.- Osserva la Sezione che con la sentenza è stato dichiarato il diritto dei ricorrenti alla erogazione delle somme riconosciute spettanti, oltre ad interessi e rivalutazione da applicare ai sensi dell’art. 429 del c.p.c. nella interpretazione fornita dalla giurisprudenza amministrativa, cioè dalla Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 3/1998, precisando che interessi e rivalutazione vanno calcolati separatamente sugli importi nominali dei singoli ratei, dalla data di maturazione di ciascun rateo del credito e fino all’adempimento tardivo, con la conseguenza che sulla somma dovuta quale rivalutazione non vanno calcolati né gli interessi né una ulteriore rivalutazione e sulla somma dovuta a titolo di interessi non vanno computati ancora interessi e rivalutazione.
Orbene, con detta decisione della A.P. era stato anche precisato che per effetto delle disposizioni introdotte nell'ordinamento dalle sentenze della Corte costituzionale del 1991 e del 1993, la rivalutazione monetaria debba essere tenuta distinta dal credito al quale viene applicata e vada ricondotta, con gli interessi legali, non già al contenuto del diritto, ma, quale tecnica liquidatoria del danno, agli effetti del ritardato pagamento, con l'ulteriore conseguenza che il credito di lavoro non ha un contenuto diverso da quello dei comuni crediti pecuniari, diversi essendo solo gli effetti dell'inadempimento; rivalutazione ed interessi sono, quindi, solo effetto del ritardo e non possono essere inglobati ab origine nel contenuto del credito e, in particolare, la rivalutazione monetaria del credito di lavoro assolve, rispetto alla prestazione dovuta, ad una funzione accessoria, parallela a quella degli interessi, con i quali concorre nella funzione globalmente riparatoria. Deriva da ciò che entrambi detti elementi accessori devono essere computati separatamente sulla somma capitale.
Inoltre con detta decisione è stato affermato che la previgente normativa che consentiva il cumulo delle somme dovute a titolo di interessi legali e di rivalutazione monetaria, è applicabile anche nel caso in cui gli elementi retributivi maturati entro il 31 dicembre 1994 (essendo stato introdotto il divieto di cumulo per i crediti di lavoro con decorrenza 1 gennaio 1995, dall'art. 22 comma 36, l. 23 dicembre 1994 n. 724), siano pagati, limitatamente alla sorte capitale, in epoca successiva a tale data: ciò in quanto il tardivo pagamento non può considerarsi alla stregua di un nuovo fatto generatore di autonomi e distinti crediti retributivi accessori, ma costituisce un adempimento solo parziale della precedente obbligazione, che non esclude la persistenza della mora già in atto alla data del 31 dicembre 1994.
Era quindi implicito nella pronuncia del T.A.R., mediante richiamo ai principi fissati con detta A.P. che con riguardo alle somme maturate prima della data del 31.12.1994 era consentito il cumulo fra interessi e rivalutazione.
L’appello incidentale è quindi inammissibile, essendo volto ad ottenere la declaratoria di un principio già sostanzialmente affermato nella impugnata sentenza.
8.- Con il secondo motivo di appello incidentale è stata dedotta la iniquità della compensazione delle spese disposta nonostante che sia stata accolta in toto la pretesa degli originari ricorrenti.
8.1.- Non ritiene il Collegio sul punto di doversi discostare dal consolidato orientamento secondo cui la decisione del giudice di merito in materia di spese processuali è censurabile in sede di legittimità, sotto il profilo della violazione di legge, soltanto quando le spese siano state poste, totalmente o parzialmente, a carico della parte totalmente vittoriosa (Consiglio di Stato, sez. IV, 9 ottobre 2012, n. 5253), oppure per il caso che la statuizione sia manifestamente irrazionale o si riferisca al pagamento di somme palesemente inadeguate (Cons. Stato, sez. VI, 30 dicembre 2005, n. 7581), il che non si è verificato nella fattispecie per cui è causa. Non è invece sindacabile, neppure sotto il profilo del difetto di motivazione, l'esercizio del potere discrezionale del giudice di merito sull'opportunità di compensare, in tutto o in parte le spese medesime (Consiglio di Stato, sez. IV, 21 gennaio 2013, n. 320).
Da dette considerazioni discende la reiezione anche di questa censura.
9.- Sia l’appello principale che quello incidentale devono essere conclusivamente respinti e deve essere confermata la prima decisione.
10.- Nella complessità e parziale novità delle questioni trattate, nonché nella reciproca soccombenza, il collegio ravvisa eccezionali ragioni per compensare, ai sensi degli artt. 26, comma 1, del c.p.a e 92, comma 2, del c.p.c., le spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.
Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente decidendo respinge gli appelli in esame.
Compensa le spese del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 febbraio 2013 con l'intervento dei magistrati:
Stefano Baccarini, Presidente
Carlo Saltelli, Consigliere
Manfredo Atzeni, Consigliere
Antonio Amicuzzi, Consigliere, Estensore
Antonio Bianchi, Consigliere


L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 23/07/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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