SERVIZI PUBBLICI:
è illegittima l'applicazione della voce "spese per il capitale investito" sulla bolletta dell'acqua
T.A.R. Lazio, Latina, Sez. I
sentenza 27 luglio 2013 n. 676).
L'acqua è un bene pubblico.
"Qualcuno" ancora non l'ha capito (S.p.A.), e sulla bolletta dell'acqua "privatizza" applicando voci illegittime quali "spese per i costi d'investimento".
Il Giudice amministrativo, "Deo gratias", annulla tutto.
La sentenza è recentissima e costituisce un importante precedente.
Buona lettura.
Massima
1. Ai
fini del riparto di giurisdizione, l’art. 143, primo comma, lett. a), del
r.d. n. 1775/1933 ha attribuito alla cognizione del Tribunale Superiore delle
Acque Pubbliche i ricorsi avverso i provvedimenti definitivi della P.A. in
materia di acque pubbliche e cioè, secondo la giurisprudenza, tutti i ricorsi
contro i provvedimenti caratterizzati dall’incidenza diretta sulla materia
delle acque pubbliche, ancorché adottati da autorità diverse da quelle preposte
specificamente alla tutela delle acque.
Il discrimine è pertanto dato
dall’incidenza diretta o meno del provvedimento amministrativo sul governo
delle acque pubbliche: criterio, questo dell’incidenza diretta.
Nel caso di specie, tuttavia, deve
senz’altro escludersi un’incidenza diretta delle deliberazioni impugnate
(aventi ad oggetto il regime tariffario del S.I.I.) sul regime delle acque
pubbliche, potendosi ravvisare, al più, un’incidenza indiretta, che, però, non
è idonea a radicare la cognizione della controversia in capo al T.S.A.P.: la
giurisprudenza ha, infatti, chiarito che restano al di fuori della
giurisdizione del T.S.A.P. ex art. 143, primo comma, lett. a), cit., le
controversie aventi ad oggetto atti solo strumentalmente inseriti in
procedimenti volti ad incidere sul regime delle acque pubbliche, ovvero
provvedimenti aventi un’incidenza indiretta su detto regime , le quali,
conseguentemente, rimangono assoggettate alla giurisdizione del G.A..
2. Nel
merito, l’art. 154, comma 1, del d.lgs. n. 152/2006 prevedeva,
prima del referendum popolare svoltosi il 12
e 13 giugno 2011, che la determinazione della tariffa,
quale corrispettivo del servizio idrico integrato, tenesse conto della qualità
della risorsa idrica e del servizio fornito, delle opere ed adeguamenti
necessari, dell’entità dei costi di gestione delle opere, dell’adeguatezza
della remunerazione del capitale investito, nonché dei costi di gestione delle
aree di salvaguardia e di una quota parte dei costi di funzionamento
dell’Autorità d’Ambito, in modo da assicurare la copertura integrale dei costi
di investimento e di esercizio, sulla base del principio del recupero dei costi
e del principio “chi inquina, paga”.
2.1 Gli
esiti della riferita consultazione referendaria sono stati proclamati con il
d.P.R. 18 luglio 2011, n. 116, che ha determinato l’abrogazione parziale
dell’art. 154, comma 1, del d.lgs. n. 152/2006 a far data dal 21 luglio 2011,
cosicché nella sua attuale formulazione detta disposizione non prevede più, tra
i criteri per la determinazione della tariffa per il servizio idrico integrato,
l’adeguatezza della remunerazione del capitale investito.
Peraltro, il comma 2 dell’art. 154 cit.
demandava l’attuazione dei criteri in questione ad un apposito decreto
ministeriale – non emanato – mentre con norma transitoria l’art. 170 del d.lgs.
n. 152/2006 ha previsto, fino all’adozione del citato decreto ministeriale, che
continuasse ad applicarsi il d.m. 1° agosto 1996. Da ultimo, l’art. 3, comma 1,
del d.P.C.M. 20 luglio 2012 ha affidato all’Autorità per l’Energia Elettrica ed
il Gas (competente anche in tema di servizi idrici ai sensi del d.l. n.
201/2011, conv. con l. n. 214/2011) il compito di definire le componenti di
costo per la determinazione della tariffa del S.I.I., ovvero di ciascuno dei
singoli servizi che lo compongono.
2.2 Nell’esercizio
del potere tariffario così attribuitole, l’Autorità ha quindi chiesto al
Consiglio di Stato di sapere se l’espunzione dai criteri di determinazione
della tariffa del criterio attinente all’adeguata remunerazione del capitale
investito sia operativo già dal 21 luglio 2011, e cioè dalla data in cui ha
avuto effetto l’abrogazione referendaria più sopra rammentata, giacché il
criterio in discorso risulta altresì contemplato dal d.m. 1° agosto 1996: di
questo, tuttavia, come poc’anzi ricordato, l’art. 170 del d.lgs. n. 152 cit.
dispone l’ultrattività fino all’emanazione del (non ancora adottato) decreto
che, secondo l’art. 154, comma 2, del medesimo d.lgs. n. 152/2006, deve attuare
i criteri tariffari previsti dal precedente comma 1. È stato, perciò, avanzato
il dubbio per cui, attraverso il richiamo al d.m. 1° agosto 1996, il criterio
della remunerazione del capitale investito sia tuttora in vigore, quantomeno
fino all’adozione del nuovo metodo tariffario da parte dell’Autorità per
l’Energia Elettrica ed il Gas, da emanarsi sulla base dei criteri dettati
dall’art. 154, comma 1, del d.lgs. n. 152/2006, nel testo che discende dal
d.P.R. n. 116/2011, di recepimento degli esiti referendari.
2.3 Il
Consiglio di Stato ha dato esaustiva risposta al quesito suesposto: al
referendum abrogativo è stata riconosciuta una sorta di valenza espansiva nei
riguardi delle disposizioni legislative non coinvolte in maniera espressa dal
quesito referendario e che, però, sono incompatibili con la volontà manifestata
dagli elettori in sede di referendum, malgrado la l. n. 352/1970 nulla dica sul
punto.
Ne deriva che l’abrogazione espressa
dichiarata in esito all’accoglimento della domanda referendaria può produrre
effetti anche per quelle discipline legislative che, pur non formando oggetto
del quesito referendario, sono, tuttavia, ad esso strettamente connesse, in
quanto contengono norme contrastanti con la volontà abrogativa espressa dal
corpo elettorale nella consultazione referendaria. Secondo la Sezione, in tal
caso deve parlarsi di sopravvenuta inapplicabilità o inoperatività delle
disposizioni legislative collegate a quelle abrogate per effetto del
referendum.
3. Andando
ad applicare l’ora visto insegnamento al caso portato al suo esame, il
Consiglio di Stato ha ritenuto, perciò, che il d.m. 1° agosto 1996,
limitatamente alla parte in cui prende in considerazione il criterio
dell’adeguata remunerazione dell’investimento, non potesse più trovare
applicazione già a far data dal 21 luglio 2011 (sicché la sua
applicazione fino al 31 dicembre 2011 si pone in contrasto con gli effetti del
referendum del 12/13 giugno 2011).
Il Collegio condivide integralmente le
succitate argomentazioni e conclusioni e, per l’effetto, ritiene fondate le
censure mosse avverso gli atti impugnati, i quali devono pertanto essere
annullati nella parte in cui dispongono il mantenimento, nella tariffa
del S.I.I., di una quota da ascrivere alla remunerazione del capitale
investito.
Sentenza per esteso
INTESTAZIONE
Il Tribunale Amministrativo Regionale per
il Lazio
sezione staccata di Latina (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso con motivi aggiunti numero di registro
generale 218 del 2012, proposto dal
Comune di Aprilia, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Luciano Falcone e Carlo Bassoli e con domicilio eletto presso lo studio degli stessi, in Latina, via Priverno n. 18
Comune di Aprilia, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Luciano Falcone e Carlo Bassoli e con domicilio eletto presso lo studio degli stessi, in Latina, via Priverno n. 18
contro
Autorità dell’Ambito Territoriale Ottimale (A.T.O.) n.
4 – Lazio Meridionale – Latina, in persona del Presidente in carica, dott.
Armando Cusani, rappresentata e difesa dall’avv. Corrado De Simone e con
domicilio eletto presso lo studio dello stesso, in Latina, v.le dello Statuto
n. 24
nei confronti di
Acqualatina S.p.A., in persona dell’Amministratore
delegato pro tempore, ing. Raimondo Luigi Besson, rappresentata e difesa dagli
avv.ti Tiziana Ferrantini ed Alfredo Zaza D’Aulisio e con domicilio ex lege
stabilito presso la Segreteria del T.A.R., in Latina, via A. Doria n. 4
a) con il ricorso originario:
per l’annullamento,
previa sospensione dell’esecuzione,
- della deliberazione n. 3 dell’11 novembre 2011 della
Conferenza dei Sindaci e dei Presidenti di Provincia dell’A.T.O. n. 4;
- di tutti gli atti e provvedimenti connessi,
presupposti e conseguenti
b) con i motivi aggiunti depositati il 10 dicembre
2012:
per l’annullamento
- della deliberazione n. 4 del 28 giugno 2012 della
Conferenza dei Sindaci e dei Presidenti di Provincia dell’A.T.O. n. 4,
pubblicata dal 12 al 25 luglio 2012;
- di tutti gli atti antecedenti, successivi,
consequenziali o comunque connessi, previa declaratoria di nullità od
inefficacia degli atti presupposti e successivi.
Visti il ricorso originario ed i relativi allegati;
Vista l’istanza di sospensione dell’esecuzione del
provvedimento gravato con il ricorso originario, depositata il 14 luglio 2012 e
preso atto del suo rinvio al merito;
Visti gli atti di costituzione in giudizio
dell’Autorità dell’Ambito Territoriale Ottimale n. 4 – Lazio Meridionale –
Latina e di Acqualatina S.p.A.;
Visti i motivi aggiunti depositati il 10 dicembre
2012;
Visti le memorie difensive, i documenti e le repliche
depositate dalle parti;
Visti tutti gli atti della causa;
Nominato relatore nell’udienza pubblica del 7 febbraio
2013 il dott. Pietro De Berardinis;
Uditi i difensori presenti delle parti costituite,
come specificato nel verbale;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto
segue
FATTO
Con il ricorso originario specificato in epigrafe il
Comune di Aprilia ha impugnato la deliberazione n. 3, adottata in data 11
novembre 2011 dalla Conferenza dei Sindaci e dei Presidenti di Provincia
dell’Ambito Territoriale Ottimale n. 4 – Lazio Meridionale – Latina (d’ora in
avanti: A.T.O. n. 4), chiedendone l’annullamento; con distinta istanza
incidentale, ne ha inoltre richiesto la sospensione cautelare, poi oggetto di
rinvio al merito.
La citata deliberazione ha implicato, in ordine al
servizio idrico integrato (S.I.I.), l’approvazione dei seguenti documenti,
allegati alla deliberazione stessa: piano tariffario trentennale; programma
degli interventi; piano economico e finanziario trentennale; modello gestionale
ed organizzativo. Inoltre, essa ha comportato: l’approvazione dello schema di
accordo tra A.T.O. n. 4 e Acqualatina S.p.A. (il soggetto gestore del
servizio), ad integrazione di quanto stabilito al riguardo con la deliberazione
n. 13/2010; la previsione di un piano di rientro nel quadriennio 2011-2014 per
il saldo del debito del gestore nei confronti dei Comuni concernente le rate di
mutuo anticipate da questi ultimi agli Enti finanziatori per i prestiti accesi
in ordine alle opere afferenti il S.I.I. eseguite prima dell’inizio della
gestione di Acqualatina S.p.A.; l’approvazione del prolungamento del progetto
per il recupero delle dispersioni, con un meccanismo di adeguamento automatico
della tariffa del S.I.I.; l’approvazione della relazione della Segreteria
Tecnico-Operativa (S.T.O.), contenente parere favorevole sui punti oggetto
della deliberazione.
Il Comune di Aprilia espone di agire sia quale Ente
esponenziale dell’utenza locale, i cui interessi sarebbero lesi dalla
deliberazione gravata, nella parte relativa alla tariffa, sia a tutela della
propria posizione di Comune facente parte dell’A.T.O. n. 4, sia, ancora, quale
titolare di specifiche utenze del S.I.I.. Ciò premesso, il Comune deduce i
seguenti motivi:
- violazione di legge, in specie della l. n. 36/1994
(con particolare riferimento all’art. 13), del d.lgs. n. 152/2006, della l.r.
n. 6/1996 (con particolare riferimento agli artt. 6 e 9), del D.M.LL.PP. del 1°
agosto 1996 (con particolare riferimento agli artt. 1, 3, 4, 5, 6, 7 e 8),
della deliberazione C.I.P.E. n. 52 del 4 aprile 2001 (con particolare
riferimento al punto 1.3), e delle deliberazioni C.I.P.E. n. 120 del 2001 e n.
131 del 2002, e difetto di motivazione;
- eccesso di potere per sviamento, irragionevolezza,
travisamento dei fatti, errore nei presupposti, difetto di istruttoria e di
motivazione, illogicità manifesta, nonché violazione della convenzione di
cooperazione, della convenzione di gestione, della convenzione di gestione
tipo, del piano d’ambito e di tutti gli atti di cui si compone, ad esso
connessi od ivi richiamati.
Più in dettaglio, il Comune lamenta che la
deliberazione gravata, rectius gli atti con essa approvati, sarebbero
illegittimi:
- per l’omessa approvazione da parte degli organi
consiliari degli Enti locali compresi nell’Ambito Territoriale Ottimale n. 4;
- per l’illegittimità del piano tariffario
trentennale, approvato al punto 1 della deliberazione gravata, perché recante:
a) una quota fissa non consentita dalla normativa di riferimento; b) una
tariffa reale media, ottenuta dalla somma della quota variabile e di quella
fissa, superiore ai limiti ammessi dalla normativa; c) una quota tariffaria da
imputare ai costi operativi di gestione superiore al consentito o, comunque,
immotivata rispetto alla corrispondente componente dei costi modellati di cui
alla tariffa di riferimento del d.m. 1° agosto 1996; d) un’applicazione non
corretta, nella determinazione della tariffa reale media, del coefficiente di
miglioramento dell’efficienza; e) l’illegittima remunerazione del capitale
investito; f) l’illegittimo recupero in tariffa delle perdite subite; g) per
alcuni anni, una tariffa reale media superiore a quella necessaria per la
copertura dei costi.
Ed invero:
- per quanto riguarda il punto a), l’attuale sistema
normativo, per come derivante dalla l. n. 36/1994 e dal d.m. 1° agosto 1996
(cd. decreto Di Pietro), non consentirebbe l’inserimento nella tariffa del
S.I.I. di alcuna quota fissa, in qualche modo riproduttiva dei vecchi canoni o
noli contatore, che le delibere C.I.P.E. emanate nelle more dell’attuazione del
nuovo sistema di calcolo della tariffa (cd. metodo normalizzato) avrebbero
ammesso solo in via transitoria;
- per quanto concerne i punti b), c) e d), nella
fattispecie all’esame mancherebbe la determinazione della componente dei costi
operativi della formula di riferimento (così da poter raffrontare a questi i
costi reali, nei limiti previsti dalla normativa) ed i medesimi costi reali,
posti quali componenti della tariffa reale media per gli anni considerati, per quelli
precedenti e per quelli successivi, sarebbero incompatibili con il costo
operativo iniziale indicato nella Convenzione di gestione, così da rendere
quantomeno perplessa la determinazione dei costi operativi effettivi (costi
reali) e la verifica della loro congruità con i costi operativi risultanti
dalla tariffa di riferimento (costi modellati), in specie della verifica se lo
scostamento sia o no superiore al limite stabilito dal cd. decreto Di Pietro
(30%). Per di più, non sarebbe rispettato il limite tariffario, per cui la
tariffa reale media non può superare quella dell’anno precedente, aumentata del
tasso di inflazione programmata (componente “II”) e del limite di prezzo “K”
(coefficiente avente la funzione di impedire il lievitare della tariffa in relazione
alle presunte necessità del gestore): infatti, la tariffa reale media (TRM)
massima consentita avrebbe il valore di 1,016638, mentre quella applicata per
il 2006 sarebbe pari a 1,504;
- quanto al punto e), il mantenimento, nella tariffa,
di una quota da ascrivere alla remunerazione del capitale investito non
considererebbe l’esito del referendum abrogativo del 12/13 giugno 2011, che ha
espunto dall’art. 154, comma 1, del d.lgs. n. 152/2006 l’inciso relativo alla
determinazione della tariffa in riferimento, tra l’altro, all’adeguatezza della
remunerazione del capitale investito;
- analogamente, con riguardo al punto f), sarebbe in
contrasto con il metodo di calcolo della tariffa introdotto dal Legislatore
(cd. metodo normalizzato), che si basa sulla concezione della tariffa quale
corrispettivo del S.I.I., la previsione di un aumento tariffario per il
recupero delle perdite di esercizi precedenti;
- in relazione, infine, al punto g), il Comune di
Aprilia lamenta che a partire dal 2013 la tariffa reale media applicata sarebbe
superiore a quella che gli stessi atti gravati indicano come tariffa massima
secondo la legge.
Il Comune lamenta, altresì, l’illegittimità degli
altri punti dell’impugnata deliberazione n. 3/2011 e, precisamente:
- del punto 2 (approvazione dello schema di accordo
tra A.A.T.O. n. 4 e Acqualatina S.p.A.) e del punto 3 (rientro del debito del
gestore verso i Comuni per le rate di mutuo anticipate da questi agli Enti
finanziatori per i prestiti relativi ad opere concernenti il S.I.I.), in quanto
incidenti su crediti di pertinenza dei singoli Comuni;
- del punto 4 (prolungamento del progetto Recupero
dispersioni), per la previsione, ivi contenuta, di un meccanismo automatico di
adeguamento della tariffa, non sottoposto alla verifica del rispetto dei limiti
derivanti dall’applicazione del metodo di legge (cd. normalizzato).
Da ultimo, il Comune di Aprilia si duole
dell’illegittimità della deliberazione impugnata per avere questa, a ben
vedere, approvato due piani tariffari, da applicare a seconda che il
contenzioso con i Consorzi di bonifica si concluda positivamente o negativamente,
con previsione, nel caso di esito negativo del contenzioso, di un aumento
automatico della tariffa reale media.
Con distinto atto depositato il 14 luglio 2012, il
Comune ha presentato istanza di sospensione della deliberazione impugnata, poi
rinviata al merito.
Si è costituita l’Autorità d’Ambito Territoriale
Ottimale n. 4 – Lazio Meridionale – Latina (d’ora in avanti: A.A.T.O. n. 4),
eccependo in via pregiudiziale il difetto di giurisdizione dell’adito
Tribunale, nonché il difetto di legittimazione e di interesse del Comune di
Aprilia ad impugnare deliberazioni dell’organo collegiale di cui il Comune
stesso è componente (al di fuori dell’ipotesi, non rinvenibile nel caso di
specie, di lesione delle proprie prerogative) e, in ogni caso, l’inammissibilità
dell’istanza cautelare, perché posteriore al termine decadenziale di
proposizione del ricorso.
Si è costituita in giudizio, altresì, Acqualatina
S.p.A., depositando memoria con cui ha eccepito, in via pregiudiziale,
l’improcedibilità del gravame, per effetto della deliberazione n. 4 del 28
giugno 2012 della Conferenza dei Sindaci e dei Presidenti di Provincia
dell’A.T.O. n. 4, con la quale sono stati approvati i nuovi prospetti da A1 ad
A9, in sostituzione di quelli approvati con la deliberazione impugnata, tra cui
anche il modello relativo alla tariffa. Nel merito ha, poi, eccepito
l’infondatezza del ricorso, di cui ha chiesto il rigetto, previo rigetto
dell’istanza cautelare.
Con motivi aggiunti depositati il 10 dicembre 2012 il
Comune di Aprilia ha chiesto l’annullamento della suindicata deliberazione
della Conferenza dei Sindaci e dei Presidenti di Provincia n. 4 del 28 giugno
2012, recante correzioni alla precedente deliberazione n. 3 dell’11 novembre
2011, gravata con l’atto introduttivo del giudizio.
A supporto dei motivi aggiunti il Comune ha
ripresentato le medesime doglianze già formulate con l’atto introduttivo del
giudizio.
L’A.A.T.O. n. 4 ha replicato ai motivi aggiunti con
memoria difensiva, eccependone l’irricevibilità per tardività, nonché
l’inammissibilità, per avere il Comune impugnato una deliberazione (alla cui
adozione non è intervenuto) dell’organo collegiale del quale è parte, senza
lamentare alcuna lesione della possibilità di esercitare correttamente il
proprio mandato.
Dal canto suo, Acqualatina S.p.A. ha replicato ai
motivi aggiunti con memoria depositata in data 7 gennaio 2013, concludendo per
la reiezione delle richieste avversarie.
Le parti hanno depositato memorie di replica,
insistendo nelle rispettive tesi e difese.
All’udienza pubblica del 7 febbraio 2013, dopo
sintetica discussione, la causa è stata riservata per la decisione.
DIRITTO
Il Collegio deve prioritariamente scrutinare le
plurime eccezioni pregiudiziali formulate dalle difese dell’A.A.T.O. n. 4 e di
Acqualatina S.p.a., vista l’idoneità delle stesse, laddove accolte, a
precludere l’esame del merito del gravame.
L’analisi delle eccezioni pregiudiziali deve iniziare
da quella di difetto di giurisdizione, formulata dalla difesa dell’A.A.T.O. n.
4, atteso che, per la costante giurisprudenza (cfr., ex plurimis, C.d.S., Sez.
IV, 30 gennaio 2009, n. 519; T.A.R. Lazio, Roma, Sez. III, 4 febbraio 2008, n.
901), anche di questa Sezione (cfr., ex multis, T.A.R. Lazio, Latina, Sez. I,
21 gennaio 2013, n. 65), l’analisi della questione di giurisdizione è
prioritaria rispetto ad ogni altra, in quanto il difetto di giurisdizione del
giudice adito lo rende privo del potere di esaminare qualsiasi profilo della
controversia, in rito e nel merito.
In particolare, l’A.A.T.O. n. 4 sostiene la
devoluzione della presente controversia alla giurisdizione del T.S.A.P.,
essendo la predetta controversia inerente alla materia del servizio idrico
integrato (cd. S.I.I.): materia che sarebbe riservata alla giurisdizione del
T.S.A.P. dall’art. 143, primo comma, del r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775. Ciò,
in quanto il ricorso presentato dal Comune di Aprilia avrebbe piena capacità di
impingere nell’organizzazione, gestione e conduzione del S.I.I., comportando un
eventuale annullamento delle deliberazioni impugnate innegabili riverberi
sull’organizzazione e la gestione del servizio.
L’eccezione non è meritevole di condivisione.
Ed invero, l’art. 143, primo comma, lett. a), del r.d.
n. 1775/1933 ha attribuito alla cognizione del Tribunale Superiore delle Acque
Pubbliche i ricorsi avverso i provvedimenti definitivi della P.A. in materia di
acque pubbliche e cioè, secondo la giurisprudenza (cfr., da ultimo, T.A.R.
Lazio, Roma, Sez. I, 14 maggio 2012, n. 4314), tutti i ricorsi contro i
provvedimenti caratterizzati dall’incidenza diretta sulla materia delle acque
pubbliche, ancorché adottati da autorità diverse da quelle preposte
specificamente alla tutela delle acque. Ai fini del riparto di giurisdizione,
perciò, il discrimine è dato dall’incidenza diretta o meno del provvedimento
amministrativo sul governo delle acque pubbliche: criterio, questo
dell’incidenza diretta, su cui concordano la Corte regolatrice (Cass. civ.,
Sez. Un., 9 novembre 2011, n. 23300) e la giurisprudenza amministrativa (cfr.
C.d.S., Sez. V, 2 agosto 2011, n. 4557; id., 25 maggio 2010, n. 3325; id., Sez.
VI, 31 maggio 2012, n. 3279), anche di questa Sezione (T.A.R. Lazio, Latina,
Sez. I, 27 maggio 2011, n. 441). Nel caso di specie, tuttavia, deve senz’altro
escludersi un’incidenza diretta delle deliberazioni impugnate (aventi ad
oggetto il regime tariffario del S.I.I.) sul regime delle acque pubbliche,
potendosi ravvisare, al più, un’incidenza indiretta, che, però, non è idonea a
radicare la cognizione della controversia in capo al T.S.A.P.: la
giurisprudenza ha, infatti, chiarito che restano al di fuori della
giurisdizione del T.S.A.P. ex art. 143, primo comma, lett. a), cit., le
controversie aventi ad oggetto atti solo strumentalmente inseriti in
procedimenti volti ad incidere sul regime delle acque pubbliche, ovvero
provvedimenti aventi un’incidenza indiretta su detto regime (C.d.S., Sez. V, n.
4557/2011, cit.; id., n. 3325/2010, cit.), le quali, conseguentemente,
rimangono assoggettate alla giurisdizione del G.A. (v., pure, T.A.R. Lazio, Latina,
Sez. I, 25 luglio 2012, n. 600).
In contrario, non si può invocare la giurisprudenza
richiamata dalla difesa dell’A.A.T.O. n. 4 (Cass. civ., Sez. Un., 7 ottobre
2010, n. 20777), atteso che, come correttamente riconosciuto dalla predetta
difesa, si tratta di precedente che attiene a vicenda non sovrapponibile a
quella ora in esame. Donde l’infondatezza della suesposta eccezione di difetto
di giurisdizione.
Sempre in via pregiudiziale, va poi respinta
l’eccezione di inammissibilità dell’intero gravame, del pari formulata dalla
difesa dell’A.A.T.O. n. 4, sul rilievo del difetto di legittimazione e di
interesse del Comune di Aprilia ad impugnare atti dell’organo collegiale di cui
il Comune stesso è membro e che non vengono censurati sotto l’aspetto della lesione
delle prerogative del predetto Comune, quale componente dell’organo collegiale.
Invero, da un lato il Comune di Aprilia ha agito anche
quale titolare di specifiche utenze del S.I.I. e, dunque, quale soggetto
direttamente leso (in ipotesi) dalle deliberazioni gravate. Dall’altro, ha
fatto valere la sua veste di Ente esponenziale della collettività locale, i cui
componenti sarebbero (sempre in ipotesi) lesi dalla nuova determinazione della
tariffa del S.I.I..; ancora, il Comune ha fatto valere la sua legittimazione e
l’interesse ad impugnare le deliberazioni dell’A.A.T.O. che (come quelle in
esame) incidano sulle funzioni dell’Ente comunale in tema di servizio idrico,
trattandosi di atti che incidono in materie afferenti alle funzioni ed ai
poteri del Comune stesso.
La tesi favorevole ad affermare la legittimazione e
l’interesse del Comune di Aprilia ad impugnare le deliberazioni per cui è
causa, con conseguente infondatezza dell’eccezione in proposito sollevata
dall’A.A.T.O. n. 4, prende le mosse, anzitutto, dai ragionamenti relativi a
detta questione contenuti nella sentenza di questa Sezione n. 134 del 23
febbraio 2007. Vero è che la sentenza de qua è stata riformata dal Consiglio di
Stato, Sez. V, con decisione n. 4282 dell’8 settembre 2008: tale riforma,
tuttavia, risulta dovuta all’affermazione, da parte del giudice di appello, del
difetto di legittimazione attiva della Provincia di Latina, originaria
ricorrente (che aveva impugnato il diniego del Comune di Cori di ratificare la
convenzione per la gestione del S.I.I. stipulata il 2 agosto 2002 tra la
Provincia di Latina, nella qualità di rappresentante dell’A.A.T.O. n. 4, ed il
gestore del servizio, Acqualatina S.p.A.). Ad avviso del Collegio, restano
invece valide quelle parti della sentenza n. 134 cit. in cui è affrontata la
questione della possibilità, per gli Enti locali facenti parte dell’Autorità
d’Ambito, di dissentire dalle decisioni assunte dalla Conferenza dei Sindaci e
dei Presidenti di Provincia della suddetta Autorità unicamente esternando il
proprio dissenso nella Conferenza attraverso il proprio rappresentante, o di
poter altresì assumere (a mezzo del proprio organo consiliare) determinazioni
contrarie alle citate decisioni.
È evidente, infatti, che ove si ritenga che, una volta
costituita (con la convenzione di cooperazione) l’Autorità d’Ambito, l’unico
organo dotato di poteri deliberativi sia la Conferenza dei Sindaci e dei
Presidenti, il quale si determina a maggioranza assumendo deliberazioni
vincolanti per tutti gli Enti partecipanti, dovrebbe come corollario escludersi
la legittimazione degli Enti locali partecipanti ad impugnare le deliberazioni
della Conferenza, tranne che per l’ipotesi di lesione delle prerogative ad essi
spettanti quali componenti della Conferenza stessa: ne seguirebbe la fondatezza
dell’eccezione di inammissibilità formulata dall’A.A.T.O. n. 4.
La sentenza n. 134/2007 cit., tuttavia, ha risolto la
questione in senso opposto, con argomentazioni, non toccate dalla sentenza di
appello, che il Collegio ritiene di condividere.
Ha, in particolare, osservato la Sezione che la forma
di cooperazione prescelta dagli Enti locali che sono compresi nell’Ambito
Territoriale Ottimale n. 4 (cioè la convenzione di cooperazione) implica
l’istituzione di un organo sovracomunale e sovraprovinciale, cui sono
trasferiti i compiti e poteri in materia di servizio idrico spettanti agli Enti
locali convenzionati e che opera sulla base del principio di maggioranza con
deliberazioni immediatamente efficaci, in quanto non soggette ad approvazione
da parte degli organi consiliari degli Enti convenzionati: ciò trova riscontro
nell’art. 6, comma 3-ter, della l.r. n. 6/1996, il quale riconosce la
definitività ed immediata operatività delle decisioni assunte dalla Conferenza
dei Sindaci e dei Presidenti, limitando l’esigenza dell’approvazione successiva
da parte dei Consigli degli Enti locali convenzionati ai soli casi
espressamente previsti dalla medesima legge regionale. L’art. 9, comma 2, della
l.r. n. 6/1996, poi, attribuisce alla Conferenza il potere di definire il
contenuto della convenzione di gestione del S.I.I. ed il relativo disciplinare
– da stipulare con il soggetto incaricato della concreta erogazione del
servizio (qui, Acqualatina S.p.A.) – nonché di approvare la predetta
convenzione, senza prevedere interventi ad opera di organi degli Enti locali
convenzionati.
Tuttavia, aggiunge la sentenza n. 134/2007, l’art. 17
della convenzione di cooperazione, nel recepire una previsione recata dallo
schema di convenzione allegato alla l.r. n. 6 cit., ha attribuito ai Consigli
degli Enti locali convenzionati il potere di approvare la convenzione di
gestione: né può ammettersi – precisa la sentenza – un’interpretazione
riduttiva dell’art. 17 stesso, secondo cui questo, usando la formula per la
quale gli organi consiliari si impegnano ad approvare la convenzione, avrebbe
inteso assegnare all’approvazione stessa la natura di atto dovuto e,
sostanzialmente, inutile, in quanto non in grado di aggiungere nulla
all’indicata convenzione, la quale è già efficace per espressa previsione di
legge. La decisione, infatti, ritiene più corretto concludere che, in forza
dell’art. 17 cit., sia stato attribuito ai Consigli degli Enti locali
convenzionati un vero e proprio potere di approvazione della convenzione di
gestione: potere che, come tale, comporta necessariamente l’esistenza, altresì,
di un potere di “disapprovazione” della stessa, giacché il potere di approvare
include logicamente anche il potere di non approvare.
Fin qui la sentenza n. 134/2007: ma ritiene il Collegio
che le argomentazioni ivi contenute possano essere ulteriormente sviluppate,
nel senso che, se la l.r. n. 6 cit. attribuisce ai Comuni convenzionati il
potere di dissentire dalla convenzione di gestione, quale atto fondamentale del
S.I.I., ai medesimi Comuni deve riconoscersi, altresì, il potere di dissentire
dalle altre deliberazioni della Conferenza dei Sindaci e dei Presidenti di
Provincia costituenti anch’esse atti fondamentali del S.I.I., com’è nel caso
ora in esame, concernendo le deliberazioni gravate la determinazione della
tariffa del servizio e, più in generale, del piano tariffario. Questo potere di
dissenso deve ammettersi pur quando non vi sia, in base alle previsioni di
legge, l’approvazione successiva delle deliberazioni della Conferenza da parte
degli organi consiliari degli Enti locali, giacché in tale ipotesi il dissenso
si esprime, oltre che in sede di votazione delle deliberazioni, attraverso il
potere di impugnativa delle stesse da parte dell’Ente locale (dissenziente e
rimasto in minoranza).
Del resto, la contraria tesi, sostenuta dalla difesa
dell’A.A.T.O. n. 4, prova troppo: nel senso che, a volerla seguire fino in
fondo, si dovrebbe negare la legittimazione dell’Ente locale partecipante ad
impugnare la deliberazione della Conferenza dei Sindaci e dei Presidenti, anche
se quest’ultima sia palesemente (o addirittura intenzionalmente) svantaggiosa
per il predetto Ente locale: si pensi, per es., all’eventualità in cui, nel
determinare il piano di rientro del debito del gestore del servizio verso i
Comuni, per le rate di mutuo anticipate da questi agli Enti finanziatori per
prestiti relativi ad opere concernenti il S.I.I., la Conferenza avesse, magari,
introdotto termini o condizioni più vantaggiose per i Comuni montani, o per
quelli più soggetti a fenomeni di spopolamento, e termini o condizioni più
gravose per gli altri (tra cui, quindi, il Comune di Aprilia). Alla stregua del
ragionamento svolto dalla difesa dell’A.A.T.O. n. 4, si dovrebbe negare il
potere del Comune di reagire processualmente avverso una siffatta decisione, il
che pare del tutto insostenibile.
In definitiva, pertanto, devono riconoscersi la
legittimazione e l’interesse del Comune di Aprilia ad impugnare sia la
deliberazione oggetto del gravame originario (n. 3 dell’11 novembre 2011), sia
di quella oggetto dei motivi aggiunti (n. 4 del 28 giugno 2012), a nulla
rilevando che, in quest’ultimo caso, il Sindaco del Comune di Aprilia sia
risultato assente alla votazione con cui è stata approvata la deliberazione
stessa.
Va, ancora, respinta l’eccezione di improcedibilità
del gravame originario formulata dalla difesa di Acqualatina S.p.A.: infatti,
con la deliberazione n. 4 del 28 giugno 2012, la Conferenza dei Sindaci e dei
Presidenti di Provincia, preso atto di un errore nel piano tariffario
trentennale approvato con la deliberazione n. 3 dell’11 novembre 2011 in ordine
alla voce dei costi previsionali per il compenso del Consiglio di
Amministrazione, ha provveduto a correggerlo e, per l’effetto, ad approvare i
nuovi prospetti di cui agli allegati da A1 ad A9 della citata deliberazione.
Da ultimo, va esaminata l’eccezione di irricevibilità
per tardività dei motivi aggiunti, sollevata dalla difesa dell’A.A.T.O. n. 4
per essere stata la deliberazione n. 4 del 28 giugno 2012 – con essi gravata –
pubblicata nell’Albo pretorio della Provincia dal 12 al 25 giugno 2012.
L’eccezione non può trovare accoglimento.
Vero è che, come affermato dalla giurisprudenza
(C.d.S., Sez. VI, 4 giugno 2007, n. 2948), anche di questa Sezione (T.A.R.
Lazio, Latina, 10 febbraio 2006, n. 141), agli atti delle Autorità d’Ambito –
e, specificamente, dell’A.A.T.O. n. 4 – Lazio Meridionale – Latina, si applica
l’art. 124, comma 2, del d.lgs. n. 267/2000 (T.U.E.L.), in base al quale tutte
le deliberazioni degli altri Enti locali, diversi da Comuni e Province, sono
pubblicate tramite affissione all’Albo pretorio del Comune ove ha sede l’Ente
(qui, della Provincia), per quindici giorni consecutivi, salve specifiche
disposizioni. Tuttavia, è giurisprudenza consolidata (cfr., ex multis, C.d.S.,
Sez. V, 18 ottobre 2011, n. 5565; id., 22 marzo 2010, n. 1661; id., Sez. VI, 3
ottobre 2007, n. 5205), che, per i soggetti direttamente contemplati da un
atto, o che siano direttamente incisi dai suoi effetti, anche se da esso non
contemplati, il termine di impugnazione decorre dall’effettiva conoscenza, la
quale si perfeziona con la notificazione o con la comunicazione individuale:
diversamente, la pubblicazione ex art. 124 T.U.E.L. è rilevante per la
decorrenza dei termini di impugnazione da parte dei soggetti non contemplati
direttamente, né incisi immediatamente dagli effetti dell’atto. Alla stregua di
tale giurisprudenza, deve concludersi che, nel caso di specie, per il Comune di
Aprilia (immediatamente inciso dagli effetti dell’atto, per quanto si è
poc’anzi detto) il termine di impugnazione della deliberazione n. 4 del 28
giugno 2012 non poteva decorrere dalla pubblicazione di quest’ultima all’Albo
pretorio della Provincia, ex art. 124, comma 2, T.U.E.L., non potendosi,
dunque, assumere il 25 giugno 2012 quale dies a quo per il decorso del predetto
termine: ne deriva l’infondatezza della suesposta eccezione di tardività.
Venendo al merito del ricorso, va anzitutto respinta
la censura di illegittimità degli atti impugnati, in quanto non approvati dagli
organi consiliari degli Enti locali facenti parte dell’A.A.T.O. n. 4: infatti,
da un lato, appare palesemente erroneo il richiamo agli artt. 17, 19, comma 2,
e 20, comma 1, della convenzione di cooperazione, intese quali disposizioni su
cui si fonderebbe la (pretesa) prerogativa dei predetti organi consiliari di
approvazione delle deliberazioni impugnate; d’altro lato, è comune insegnamento
quello per cui l’approvazione in senso tecnico è atto di controllo, che si
colloca nella cd. fase integrativa dell’efficacia di provvedimenti
amministrativi (cfr. T.A.R. Calabria, Catanzaro, Sez. II, 21 marzo 2012, n.
314).
Continuando nell’esame del merito, osserva il Collegio
che il ricorso è fondato e va accolto nei soli limiti delle censure avverso
l’inserimento, tra le componenti della tariffa, di una voce attinente alla
remunerazione del capitale investito, in (palese) violazione dell’esito del
referendum abrogativo del 12/13 giugno 2011.
Dette censure devono essere condivise alla luce delle
recenti considerazioni espresse dal Consiglio di Stato in sede consultiva, con
parere della Seconda Sezione n. 267 del 25 gennaio 2013.
A tal proposito è necessario rammentare che l’art.
154, comma 1, del d.lgs. n. 152/2006 prevedeva, prima del referendum popolare
svoltosi il 12 e 13 giugno 2011, che la determinazione della tariffa, quale
corrispettivo del servizio idrico integrato, tenesse conto della qualità della
risorsa idrica e del servizio fornito, delle opere ed adeguamenti necessari,
dell’entità dei costi di gestione delle opere, dell’adeguatezza della
remunerazione del capitale investito, nonché dei costi di gestione delle aree
di salvaguardia e di una quota parte dei costi di funzionamento dell’Autorità
d’Ambito, in modo da assicurare la copertura integrale dei costi di
investimento e di esercizio, sulla base del principio del recupero dei costi e
del principio “chi inquina, paga”.
Gli esiti della riferita consultazione referendaria
sono stati proclamati con il d.P.R. 18 luglio 2011, n. 116, che ha determinato
l’abrogazione parziale dell’art. 154, comma 1, del d.lgs. n. 152/2006 a far
data dal 21 luglio 2011, cosicché nella sua attuale formulazione detta
disposizione non prevede più, tra i criteri per la determinazione della tariffa
per il servizio idrico integrato, l’adeguatezza della remunerazione del
capitale investito.
Peraltro, il comma 2 dell’art. 154 cit. demandava
l’attuazione dei criteri in questione ad un apposito decreto ministeriale – non
emanato – mentre con norma transitoria l’art. 170 del d.lgs. n. 152/2006 ha
previsto, fino all’adozione del citato decreto ministeriale, che continuasse ad
applicarsi il d.m. 1° agosto 1996. Da ultimo, l’art. 3, comma 1, del d.P.C.M.
20 luglio 2012 ha affidato all’Autorità per l’Energia Elettrica ed il Gas
(competente anche in tema di servizi idrici ai sensi del d.l. n. 201/2011,
conv. con l. n. 214/2011) il compito di definire le componenti di costo per la
determinazione della tariffa del S.I.I., ovvero di ciascuno dei singoli servizi
che lo compongono.
Nell’esercizio del potere tariffario così
attribuitole, l’Autorità ha quindi chiesto al Consiglio di Stato di sapere se
l’espunzione dai criteri di determinazione della tariffa del criterio attinente
all’adeguata remunerazione del capitale investito sia operativo già dal 21
luglio 2011, e cioè dalla data in cui ha avuto effetto l’abrogazione
referendaria più sopra rammentata, giacché il criterio in discorso risulta
altresì contemplato dal d.m. 1° agosto 1996: di questo, tuttavia, come poc’anzi
ricordato, l’art. 170 del d.lgs. n. 152 cit. dispone l’ultrattività fino
all’emanazione del (non ancora adottato) decreto che, secondo l’art. 154, comma
2, del medesimo d.lgs. n. 152/2006, deve attuare i criteri tariffari previsti
dal precedente comma 1. È stato, perciò, avanzato il dubbio per cui, attraverso
il richiamo al d.m. 1° agosto 1996, il criterio della remunerazione del
capitale investito sia tuttora in vigore, quantomeno fino all’adozione del
nuovo metodo tariffario da parte dell’Autorità per l’Energia Elettrica ed il
Gas, da emanarsi sulla base dei criteri dettati dall’art. 154, comma 1, del
d.lgs. n. 152/2006, nel testo che discende dal d.P.R. n. 116/2011, di
recepimento degli esiti referendari.
Il Consiglio di Stato ha dato esaustiva risposta al
quesito suesposto, con affermazioni di cui occorre tenere conto anche ai fini
che qui interessano. Ha osservato, in particolare, la Seconda Sezione che,
sulla base dell’insegnamento della dottrina, al referendum abrogativo è stata
riconosciuta una sorta di valenza espansiva nei riguardi delle disposizioni
legislative non coinvolte in maniera espressa dal quesito referendario e che,
però, sono incompatibili con la volontà manifestata dagli elettori in sede di
referendum, malgrado la l. n. 352/1970 nulla dica sul punto: ne deriva che
l’abrogazione espressa dichiarata in esito all’accoglimento della domanda
referendaria può produrre effetti anche per quelle discipline legislative che,
pur non formando oggetto del quesito referendario, sono, tuttavia, ad esso
strettamente connesse, in quanto contengono norme contrastanti con la volontà
abrogativa espressa dal corpo elettorale nella consultazione referendaria.
Secondo la Sezione, in tal caso deve parlarsi di sopravvenuta inapplicabilità o
inoperatività delle disposizioni legislative collegate a quelle abrogate per
effetto del referendum: si richiamano, sul punto, talune sentenze della Corte
costituzionale (la n. 3 del 12 gennaio 1995 e la n. 63 del 2 febbraio 1990).
Andando ad applicare l’ora visto insegnamento al caso
portato al suo esame, il Consiglio di Stato ha ritenuto, perciò, che il d.m. 1°
agosto 1996, limitatamente alla parte in cui prende in considerazione il
criterio dell’adeguata remunerazione dell’investimento, non potesse più trovare
applicazione già a far data dal 21 luglio 2011 (sicché la sua applicazione fino
al 31 dicembre 2011 si pone in contrasto con gli effetti del referendum del
12/13 giugno 2011). Ciò, non per un’estensione degli effetti stessi all’art.
170, comma 3, lett. l), del d.lgs. n. 152/2006 – lì dove, come ricordato,
dispone l’ultrattività del d.m. 1° agosto 1996 fino all’adozione del decreto ex
art. 154, comma 2, del d.lgs. n. 152 cit. –, essendo il predetto art. 170
rimasto del tutto estraneo alla consultazione referendaria, ma alla luce di
quanto si è appena esposto circa l’inoperatività delle disposizioni connesse a quelle
abrogate in sede referendaria e recanti un contenuto contrario all’esito della
consultazione popolare: disposizioni tra cui deve farsi rientrare il citato
d.m. 1° agosto 1996, nella parte in cui richiama ed applica il criterio
dell’adeguatezza della remunerazione del capitale investito.
Si tratta, del resto, – aggiunge il Consiglio di Stato
– di un esito interpretativo coerente con quanto sostenuto dalla Corte
costituzionale nel dichiarare ammissibile la richiesta di referendum abrogativo
dell’art. 154, comma 1, del d.lgs. n. 152/2006, avendo la Corte precisato
(nella sentenza 26 gennaio 2011, n. 26) come sottesa al quesito vi fosse
chiaramente la finalità di rendere estraneo alle logiche del profitto il
governo e la gestione dell’acqua.
Il Collegio condivide integralmente le succitate
argomentazioni e conclusioni e, per l’effetto, ritiene fondate le censure mosse
avverso gli atti impugnati, nella parte in cui dispongono il mantenimento,
nella tariffa del S.I.I., di una quota da ascrivere alla remunerazione del
capitale investito (v. il punto e) delle censure riportate nella parte in
fatto).
Non possono essere condivise, invece, le eccezioni
avanzate al riguardo dalla difesa di Acqualatina S.p.A., la quale ha richiamato
una serie di prescrizioni impartite dall’Autorità per l’Energia Elettrica ed il
Gas, lamentando, tra l’altro, l’inammissibilità in parte qua del gravame. La
circostanza, infatti, che la predetta Autorità si sia rivolta al Consiglio di
Stato per richiederne il parere sul punto – e ciò proprio al fine dell’adozione
del provvedimento tariffario transitorio a valere dal 1° gennaio 2012, ma con
effetti sulle tariffe degli utenti finali dal 1° gennaio 2013 – dimostra come
nessuno degli atti dell’Authority richiamati da Acqualatina S.p.A. abbia effettivamente
dettato la disciplina definitiva per quanto riguarda il computo della
remunerazione del capitale investito nella determinazione della tariffa, dopo
il referendum abrogativo del 12/13 giugno 2011: disciplina che, invero,
l’Autorità deve ancora emanare, evidentemente in conformità al contenuto del
parere. In altre parole, ad avviso del Collegio, in disparte la correttezza o
meno della ricostruzione ermeneutica delle prescrizioni dettate dall’Authority
operata da Acqualatina S.p.A. (cioè in disparte il fatto che con tali
prescrizioni si sia inteso effettivamente continuare ad includere la
remunerazione del capitale investito tra i criteri per la determinazione della
tariffa del S.I.I., pur dopo la consultazione referendaria), non vi era
l’onere, per il Comune di Aprilia, di impugnare a pena di decadenza le predette
prescrizioni, non trattandosi della disciplina definitiva dettata in materia.
Per conseguenza, si deve pronunciare l’annullamento in
parte qua degli atti impugnati.
Non sono condivisibili, invece, le censure dedotte con
l’atto introduttivo e con i motivi aggiunti nei confronti della previsione di
una “quota fissa” nella determinazione della tariffa. Le argomentazioni
avanzate sul punto dal Comune ricorrente, infatti, non risultano tali da indurre
la Sezione a mutare il proprio convincimento, già espresso con la sentenza 24
giugno 2006, n. 406: le censure formulate in questa sede sull’argomento
appaiono, anzi, sostanzialmente riproduttive di quelle già confutate con
l’indicata sentenza.
Si è, invero, sottolineato nella suddetta decisione
che con gli artt. 13, 14 e 15 della l. n. 36/1994 (cd. Legge Galli, la cui
disciplina è stata poi recepita dal d.lgs. n. 152/2006, cd. Codice Ambiente)
venne istituito il servizio idrico integrato (S.I.I.), costituito dall’insieme
dei servizi pubblici di captazione, adduzione e distribuzione di acqua per usi
civici, di fognatura e depurazione delle acque reflue. La l. n. 36/1994 ha
previsto che la determinazione della tariffa del S.I.I. avvenisse attraverso un
metodo cd. normalizzato, poi introdotto con il già citato d.m. 1° agosto 1996:
secondo tale metodo, la tariffa media è determinata in relazione al modello di
gestione, alla quantità e qualità della risorsa idrica, al livello qualitativo
del servizio, al piano finanziario, ai costi reali ed alle economie conseguenti
sia al miglioramento dell’efficienza, sia al superamento della frammentazione
delle preesistenti gestioni. Per altro verso, la disciplina della tariffa è
stata interessata da una fase transitoria riconducibile alle delibere adottate
dal C.I.P.E. ex art. 5 del d.P.R. n. 373/1994, per gli anni dal 1995 al 2002.
Da tali delibere – ha specificato la Sezione – è derivata l’espunzione dalla
tariffa della voce attinente al cd. minimo impegnato, inteso quale
corrispettivo dovuto dall’utente a prescindere dal consumo, nonché la
sostituzione del cd. nolo contatore (connesso all’uso degli strumenti di
misurazione) con la quota fissa.
Come nel ricorso in epigrafe, nella causa definita con
la sentenza n. 406/2006 è stato sostenuto che, una volta cessato il periodo
transitorio, l’applicazione del metodo normalizzato non consentirebbe più
un’articolazione tariffaria comprensiva anche della quota fissa: in contrario,
tuttavia, la Sezione ha osservato, nella decisione in commento, che il dato
normativo offre spunti per una ricostruzione del tutto diversa.
Infatti, l’art. 13, comma 7, della l. n. 36/1994
stabilisce che nella modulazione della tariffa vengano assicurate agevolazioni
per i consumi domestici essenziali e per i consumi di determinate categorie,
secondo prefissati scaglioni di reddito, ammettendo altresì maggiorazioni di
tariffa per le residenze secondarie e gli impianti ricettivi stagionali. Il
d.m. 1° agosto 1996, poi, nel disciplinare il “metodo normalizzato”, all’art. 7
richiama le delibere del C.I.P. nn. 45 e 46 del 4 ottobre 1974, che, dal canto
loro, disciplinano il corrispettivo del nolo contatore – divenuto “quota fissa”
con la delibera C.I.P.E. n. 52 del 2001 – fissandone l’ammontare rapportato a valori
di impegni minimi contrattuali. Da tale quadro normativo si ricava, perciò, che
è proprio il metodo normalizzato – come disciplinato con il d.m. 1° agosto 1996
–, nel far riferimento alle citate delibere C.I.P. del 1974 ed alla quota di
tariffa riferibile agli strumenti di misurazione, ad ammettere una
configurazione binaria della tariffa stessa, distinta in una quota fissa ed una
quota variabile: alla stregua di questa ricostruzione – condivisa dal Collegio
– non rileva solo il consumo del bene, ma, altresì, l’incidenza di tutti gli
apprestamenti che sono necessitati dalla complessiva strutturazione del
servizio, nel cui peso economico non è illogico includere anche il costo degli
strumenti di misurazione, ora riconducibile alla “quota fissa”, che ha sostituito
il nolo contatore.
Sul punto, il Collegio ritiene di aggiungere che va
respinta la tesi sostenuta dal Comune di Aprilia ancora nella memoria di
replica, secondo cui il rinvio operato dal d.m. 1° agosto 1996 alle delibere
C.I.P. n. 45 e n. 46 del 1974 si limiterebbe solo ai principi espressi in dette
delibere in riferimento alla modulazione della tariffa per le finalità previste
dall’art. 13, comma 7, della l. n. 36/1994, con esclusione delle norme
afferenti ai canoni ed ai noli contenute nelle medesime delibere del C.I.P.: in
contrario è, infatti, agevole replicare – sulla scorta dell’indicata sentenza
n. 406/2006 – che l’art. 13, comma 7, cit., nel dettare principi relativi alla
modulazione delle tariffe, afferma la rilevanza che in queste deve assumere
l’agevolazione dei consumi domestici e la divisione del reddito per scaglioni,
ma non rende di per sé illegittima la previsione di una quota fissa, sul cui
ammontare, peraltro, – in base a quanto si desume già dalle menzionate delibere
C.I.P. – possono incidere le predette esigenze agevolative.
Quanto ora esposto comporta l’infondatezza delle
censure che, nella parte in fatto, si sono riportate ai punti a), b), c), d) e
g): delle censure di cui al punto a), poiché si tratta di quelle che
direttamente si rivolgono avverso l’inclusione della quota fissa nella
determinazione della tariffa del S.I.I.; delle censure di cui ai punti b), c),
d) e g), giacché muovono tutte dal presupposto – infondato, per quanto si è
visto – dell’illegittimità del computo della quota fissa nella tariffa.
Per quanto concerne, poi, la doglianza di
illegittimità della previsione di un aumento tariffario per il recupero delle
perdite degli esercizi precedenti, perché contrastante con il cd. metodo
normalizzato, si tratta di doglianza non condivisibile, dal momento che, come
si desume dall’art. 1, comma 1, del d.m. 1° agosto 1996 (che menziona, tra
l’altro, l’equilibrio di bilancio), il cd. metodo normalizzato prevede il
raggiungimento dell’equilibrio economico-finanziario, il che, del resto, è
ammesso dallo stesso Comune di Aprilia. Nessuna indicazione di segno contrario
è ricavabile a tal proposito dalla sentenza di questa Sezione n. 406/2006, lì
dove questa ha censurato l’impiego della quota fissa per la copertura dei
mancati ricavi, giacché per questo verso la citata decisione si è limitata a
sanzionare l’illegittimità della modulazione della quota fissa in difformità ed
in eccedenza rispetto ai parametri stabiliti dalle delibere C.I.P. del 1974
(aumento fino al triplo dell’ex nolo contatore).
A ben vedere, anzi, è proprio il richiamo ai limiti
stabiliti dalle suddette delibere C.I.P. a dare conto della legittimità della
soluzione in questa sede censurata: come ricorda la sentenza n. 406/2006 cit.,
infatti, in base a tali delibere, se il possibile utilizzo della quota fissa
entro i parametri stabiliti dalle medesime (aumento fino al triplo dell’ex nolo
contatore) non basta a coprire i mancati ricavi, dovrà procedersi attraverso
l’aumento proporzionale delle tariffe.
Quanto alle ulteriori doglianze formulate avverso le
impugnate deliberazioni della Conferenza dei Sindaci e dei Presidenti di
Provincia dell’A.T.O. n. 4, deve rilevarsi che nessuna di esse può trovare
accoglimento, poiché:
a) la previsione di un piano di rientro del debito
cumulato dal gestore nei confronti dei Comuni per le rate di mutuo anticipate
da questi ultimi agli Enti finanziatori per i prestiti accesi in relazione alle
opere afferenti il S.I.I. e realizzate prima dell’inizio della gestione da
parte di Acqualatina S.p.A., in modo da azzerare nel quadriennio 2011/2014 il
pregresso accumulato fino al 31 dicembre 2010, non può dirsi che esorbiti dai
poteri dell’Autorità d’Ambito, sia perché i Comuni sono membri di questa, sia
perché si tratta di crediti per opere afferenti il S.I.I. e, pertanto,
inscindibilmente connessi con le attribuzioni dell’Autorità stessa, ancorché le
relative somme siano di pertinenza dei Comuni. Né si può dire che tale
rateizzazione e dilazione sia irragionevole, considerata la già ricordata esigenza
di preservare l’equilibrio economico-finanziario della gestione e tenuto conto
che, altrimenti, dovrebbe verosimilmente pervenirsi ad aumenti della tariffa
(oltretutto, per debiti antecedenti alla gestione del servizio da parte di
Acqualatina S.p.A.): con il ché, anzi, si dimostra l’inammissibilità della
censura, essendo destinatari dei suindicati aumenti tariffari anche gli utenti
del S.I.I. cittadini di Aprilia, i cui interessi il Comune ricorrente ha inteso
tutelare con il gravame in epigrafe, quale Ente esponenziale dei medesimi
interessi. In ogni caso, il Comune ricorrente ha omesso di allegare quali
sarebbero le norme violate, limitandosi ad un richiamo (del tutto generico e,
perciò, inammissibile) alla legge ed alla convenzione di cooperazione istitutiva
dell’A.A.T.O. n. 4;
b) per quanto concerne gli interessi sulle somme che
il soggetto gestore dovrà restituire ai Comuni, si osserva che, trattandosi di
obbligazione pecuniaria, la materia è disciplinata dai comuni principi
civilistici (in specie, da quello per cui spettano ex lege gli interessi in
caso di ritardo nel pagamento) contenuti nel codice civile, sicché è del tutto
irrilevante la mancata previsione degli stessi negli atti impugnati, che per
questa parte sono direttamente integrati dalla disciplina codicistica;
c) in merito alla doglianza di illegittimità della
previsione del prolungamento del progetto Recupero dispersioni tramite una
seconda fase quinquennale, finalizzata prioritariamente al recupero integrale
del debito dell’A.A.T.O. nei riguardi del gestore, comprensiva di una verifica
al termine del periodo di progetto, che preveda un meccanismo di adeguamento
automatico della tariffa, in più o in meno, a seconda degli scostamenti del
risultati dalle previsioni del progetto, non pare che tale previsione si ponga,
di per sé, in contrasto con il metodo normalizzato. Si è già detto, infatti,
che questo mira, tra l’altro, a garantire che siano sostenuti programmi di
investimento, conseguenti alla realizzazione di adeguati livelli del servizio,
nell’equilibrio di bilancio (v. art. 1, comma 1, del d.m. 1° agosto 1996);
inoltre la censura risulta viziata anche per questo verso dall’assunto –
infondato, come sopra visto – dell’espunzione della “quota fissa” dalla tariffa
calcolata secondo il metodo normalizzato;
d) da ultimo, non appare illogica la previsione di un
ulteriore Piano tariffario per l’ipotesi di un esito negativo del contenzioso
con i Consorzi di bonifica, alla stregua della riferita esigenza di preservare
l’equilibrio economico-finanziario nella gestione del S.I.I., a cui (come più
volte ricordato) si ispira lo stesso metodo normalizzato.
In definitiva, il ricorso originario ed i motivi
aggiunti (che si limitano a riproporre le stesse censure già dedotte con l’atto
introduttivo) risultano fondati unicamente nella parte in cui gli atti
impugnati dispongono l’inserimento, tra le componenti della tariffa del
servizio idrico integrato, di una voce attinente alla remunerazione del
capitale investito. Per questa parte, dunque, i suddetti atti risultano
illegittimi e debbono essere annullati, mentre tutte le ulteriori censure
formulate dai ricorrenti sono infondate e da respingere.
Sussistono, comunque, giusti motivi per disporre la
compensazione delle spese tra le parti, in virtù sia della parziale soccombenza
reciproca, sia della complessità delle questioni analizzate.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio –
Sezione staccata di Latina (Sezione I^), così definitivamente pronunciando sul
ricorso originario e sui motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, lo
accoglie in parte, negli stretti limiti indicati in motivazione.
Compensa le spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita
dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Latina, nella Camera di consiglio del
giorno 7 febbraio 2013, con l’intervento dei magistrati:
Francesco Corsaro, Presidente
Antonio Massimo Marra, Consigliere
Pietro De Berardinis, Consigliere, Estensore
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L'ESTENSORE
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IL PRESIDENTE
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 29/07/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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