domenica 8 settembre 2013

SERVIZI PUBBLICI: è illegittima l'applicazione della voce "spese per il capitale investito" sulla bolletta dell'acqua (T.A.R. Lazio, Latina, sentenza 27 luglio 2013 n. 676).


SERVIZI PUBBLICI: 
è illegittima l'applicazione della voce "spese per il capitale investito" sulla bolletta dell'acqua 
T.A.R. Lazio, Latina, Sez. I
sentenza 27 luglio 2013 n. 676).


L'acqua è un bene pubblico.
"Qualcuno" ancora non l'ha capito (S.p.A.), e sulla bolletta dell'acqua "privatizza" applicando voci illegittime quali "spese per i costi d'investimento".
Il Giudice amministrativo, "Deo gratias", annulla tutto.
La sentenza è recentissima e costituisce un importante precedente. 
Buona lettura.


Massima

1.  Ai fini del riparto di giurisdizione, l’art. 143, primo comma, lett. a), del r.d. n. 1775/1933 ha attribuito alla cognizione del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche i ricorsi avverso i provvedimenti definitivi della P.A. in materia di acque pubbliche e cioè, secondo la giurisprudenza, tutti i ricorsi contro i provvedimenti caratterizzati dall’incidenza diretta sulla materia delle acque pubbliche, ancorché adottati da autorità diverse da quelle preposte specificamente alla tutela delle acque. 
Il discrimine è pertanto dato dall’incidenza diretta o meno del provvedimento amministrativo sul governo delle acque pubbliche: criterio, questo dell’incidenza diretta.
Nel caso di specie, tuttavia, deve senz’altro escludersi un’incidenza diretta delle deliberazioni impugnate (aventi ad oggetto il regime tariffario del S.I.I.) sul regime delle acque pubbliche, potendosi ravvisare, al più, un’incidenza indiretta, che, però, non è idonea a radicare la cognizione della controversia in capo al T.S.A.P.: la giurisprudenza ha, infatti, chiarito che restano al di fuori della giurisdizione del T.S.A.P. ex art. 143, primo comma, lett. a), cit., le controversie aventi ad oggetto atti solo strumentalmente inseriti in procedimenti volti ad incidere sul regime delle acque pubbliche, ovvero provvedimenti aventi un’incidenza indiretta su detto regime , le quali, conseguentemente, rimangono assoggettate alla giurisdizione del G.A..
2.   Nel merito, l’art. 154, comma 1, del d.lgs. n. 152/2006 prevedeva, prima del referendum popolare svoltosi il 12 e 13 giugno 2011, che la determinazione della tariffa, quale corrispettivo del servizio idrico integrato, tenesse conto della qualità della risorsa idrica e del servizio fornito, delle opere ed adeguamenti necessari, dell’entità dei costi di gestione delle opere, dell’adeguatezza della remunerazione del capitale investito, nonché dei costi di gestione delle aree di salvaguardia e di una quota parte dei costi di funzionamento dell’Autorità d’Ambito, in modo da assicurare la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio, sulla base del principio del recupero dei costi e del principio “chi inquina, paga”.
2.1 Gli esiti della riferita consultazione referendaria sono stati proclamati con il d.P.R. 18 luglio 2011, n. 116, che ha determinato l’abrogazione parziale dell’art. 154, comma 1, del d.lgs. n. 152/2006 a far data dal 21 luglio 2011, cosicché nella sua attuale formulazione detta disposizione non prevede più, tra i criteri per la determinazione della tariffa per il servizio idrico integrato, l’adeguatezza della remunerazione del capitale investito.
Peraltro, il comma 2 dell’art. 154 cit. demandava l’attuazione dei criteri in questione ad un apposito decreto ministeriale – non emanato – mentre con norma transitoria l’art. 170 del d.lgs. n. 152/2006 ha previsto, fino all’adozione del citato decreto ministeriale, che continuasse ad applicarsi il d.m. 1° agosto 1996. Da ultimo, l’art. 3, comma 1, del d.P.C.M. 20 luglio 2012 ha affidato all’Autorità per l’Energia Elettrica ed il Gas (competente anche in tema di servizi idrici ai sensi del d.l. n. 201/2011, conv. con l. n. 214/2011) il compito di definire le componenti di costo per la determinazione della tariffa del S.I.I., ovvero di ciascuno dei singoli servizi che lo compongono.
2.2  Nell’esercizio del potere tariffario così attribuitole, l’Autorità ha quindi chiesto al Consiglio di Stato di sapere se l’espunzione dai criteri di determinazione della tariffa del criterio attinente all’adeguata remunerazione del capitale investito sia operativo già dal 21 luglio 2011, e cioè dalla data in cui ha avuto effetto l’abrogazione referendaria più sopra rammentata, giacché il criterio in discorso risulta altresì contemplato dal d.m. 1° agosto 1996: di questo, tuttavia, come poc’anzi ricordato, l’art. 170 del d.lgs. n. 152 cit. dispone l’ultrattività fino all’emanazione del (non ancora adottato) decreto che, secondo l’art. 154, comma 2, del medesimo d.lgs. n. 152/2006, deve attuare i criteri tariffari previsti dal precedente comma 1. È stato, perciò, avanzato il dubbio per cui, attraverso il richiamo al d.m. 1° agosto 1996, il criterio della remunerazione del capitale investito sia tuttora in vigore, quantomeno fino all’adozione del nuovo metodo tariffario da parte dell’Autorità per l’Energia Elettrica ed il Gas, da emanarsi sulla base dei criteri dettati dall’art. 154, comma 1, del d.lgs. n. 152/2006, nel testo che discende dal d.P.R. n. 116/2011, di recepimento degli esiti referendari.
2.3 Il Consiglio di Stato ha dato esaustiva risposta al quesito suesposto: al referendum abrogativo è stata riconosciuta una sorta di valenza espansiva nei riguardi delle disposizioni legislative non coinvolte in maniera espressa dal quesito referendario e che, però, sono incompatibili con la volontà manifestata dagli elettori in sede di referendum, malgrado la l. n. 352/1970 nulla dica sul punto. 
Ne deriva che l’abrogazione espressa dichiarata in esito all’accoglimento della domanda referendaria può produrre effetti anche per quelle discipline legislative che, pur non formando oggetto del quesito referendario, sono, tuttavia, ad esso strettamente connesse, in quanto contengono norme contrastanti con la volontà abrogativa espressa dal corpo elettorale nella consultazione referendaria. Secondo la Sezione, in tal caso deve parlarsi di sopravvenuta inapplicabilità o inoperatività delle disposizioni legislative collegate a quelle abrogate per effetto del referendum.
3. Andando ad applicare l’ora visto insegnamento al caso portato al suo esame, il Consiglio di Stato ha ritenuto, perciò, che il d.m. 1° agosto 1996, limitatamente alla parte in cui prende in considerazione il criterio dell’adeguata remunerazione dell’investimento, non potesse più trovare applicazione già a far data dal 21 luglio 2011 (sicché la sua applicazione fino al 31 dicembre 2011 si pone in contrasto con gli effetti del referendum del 12/13 giugno 2011). 
Il Collegio condivide integralmente le succitate argomentazioni e conclusioni e, per l’effetto, ritiene fondate le censure mosse avverso gli atti impugnati, i quali devono pertanto essere annullati  nella parte in cui dispongono il mantenimento, nella tariffa del S.I.I., di una quota da ascrivere alla remunerazione del capitale investito.


Sentenza per esteso

INTESTAZIONE
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
sezione staccata di Latina (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso con motivi aggiunti numero di registro generale 218 del 2012, proposto dal
Comune di Aprilia, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Luciano Falcone e Carlo Bassoli e con domicilio eletto presso lo studio degli stessi, in Latina, via Priverno n. 18 
contro
Autorità dell’Ambito Territoriale Ottimale (A.T.O.) n. 4 – Lazio Meridionale – Latina, in persona del Presidente in carica, dott. Armando Cusani, rappresentata e difesa dall’avv. Corrado De Simone e con domicilio eletto presso lo studio dello stesso, in Latina, v.le dello Statuto n. 24 
nei confronti di
Acqualatina S.p.A., in persona dell’Amministratore delegato pro tempore, ing. Raimondo Luigi Besson, rappresentata e difesa dagli avv.ti Tiziana Ferrantini ed Alfredo Zaza D’Aulisio e con domicilio ex lege stabilito presso la Segreteria del T.A.R., in Latina, via A. Doria n. 4 
a) con il ricorso originario:
per l’annullamento,
previa sospensione dell’esecuzione,
- della deliberazione n. 3 dell’11 novembre 2011 della Conferenza dei Sindaci e dei Presidenti di Provincia dell’A.T.O. n. 4;
- di tutti gli atti e provvedimenti connessi, presupposti e conseguenti


b) con i motivi aggiunti depositati il 10 dicembre 2012:
per l’annullamento
- della deliberazione n. 4 del 28 giugno 2012 della Conferenza dei Sindaci e dei Presidenti di Provincia dell’A.T.O. n. 4, pubblicata dal 12 al 25 luglio 2012;
- di tutti gli atti antecedenti, successivi, consequenziali o comunque connessi, previa declaratoria di nullità od inefficacia degli atti presupposti e successivi.

Visti il ricorso originario ed i relativi allegati;
Vista l’istanza di sospensione dell’esecuzione del provvedimento gravato con il ricorso originario, depositata il 14 luglio 2012 e preso atto del suo rinvio al merito;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Autorità dell’Ambito Territoriale Ottimale n. 4 – Lazio Meridionale – Latina e di Acqualatina S.p.A.;
Visti i motivi aggiunti depositati il 10 dicembre 2012;
Visti le memorie difensive, i documenti e le repliche depositate dalle parti;
Visti tutti gli atti della causa;
Nominato relatore nell’udienza pubblica del 7 febbraio 2013 il dott. Pietro De Berardinis;
Uditi i difensori presenti delle parti costituite, come specificato nel verbale;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue

FATTO
Con il ricorso originario specificato in epigrafe il Comune di Aprilia ha impugnato la deliberazione n. 3, adottata in data 11 novembre 2011 dalla Conferenza dei Sindaci e dei Presidenti di Provincia dell’Ambito Territoriale Ottimale n. 4 – Lazio Meridionale – Latina (d’ora in avanti: A.T.O. n. 4), chiedendone l’annullamento; con distinta istanza incidentale, ne ha inoltre richiesto la sospensione cautelare, poi oggetto di rinvio al merito.
La citata deliberazione ha implicato, in ordine al servizio idrico integrato (S.I.I.), l’approvazione dei seguenti documenti, allegati alla deliberazione stessa: piano tariffario trentennale; programma degli interventi; piano economico e finanziario trentennale; modello gestionale ed organizzativo. Inoltre, essa ha comportato: l’approvazione dello schema di accordo tra A.T.O. n. 4 e Acqualatina S.p.A. (il soggetto gestore del servizio), ad integrazione di quanto stabilito al riguardo con la deliberazione n. 13/2010; la previsione di un piano di rientro nel quadriennio 2011-2014 per il saldo del debito del gestore nei confronti dei Comuni concernente le rate di mutuo anticipate da questi ultimi agli Enti finanziatori per i prestiti accesi in ordine alle opere afferenti il S.I.I. eseguite prima dell’inizio della gestione di Acqualatina S.p.A.; l’approvazione del prolungamento del progetto per il recupero delle dispersioni, con un meccanismo di adeguamento automatico della tariffa del S.I.I.; l’approvazione della relazione della Segreteria Tecnico-Operativa (S.T.O.), contenente parere favorevole sui punti oggetto della deliberazione.
Il Comune di Aprilia espone di agire sia quale Ente esponenziale dell’utenza locale, i cui interessi sarebbero lesi dalla deliberazione gravata, nella parte relativa alla tariffa, sia a tutela della propria posizione di Comune facente parte dell’A.T.O. n. 4, sia, ancora, quale titolare di specifiche utenze del S.I.I.. Ciò premesso, il Comune deduce i seguenti motivi:
- violazione di legge, in specie della l. n. 36/1994 (con particolare riferimento all’art. 13), del d.lgs. n. 152/2006, della l.r. n. 6/1996 (con particolare riferimento agli artt. 6 e 9), del D.M.LL.PP. del 1° agosto 1996 (con particolare riferimento agli artt. 1, 3, 4, 5, 6, 7 e 8), della deliberazione C.I.P.E. n. 52 del 4 aprile 2001 (con particolare riferimento al punto 1.3), e delle deliberazioni C.I.P.E. n. 120 del 2001 e n. 131 del 2002, e difetto di motivazione;
- eccesso di potere per sviamento, irragionevolezza, travisamento dei fatti, errore nei presupposti, difetto di istruttoria e di motivazione, illogicità manifesta, nonché violazione della convenzione di cooperazione, della convenzione di gestione, della convenzione di gestione tipo, del piano d’ambito e di tutti gli atti di cui si compone, ad esso connessi od ivi richiamati.
Più in dettaglio, il Comune lamenta che la deliberazione gravata, rectius gli atti con essa approvati, sarebbero illegittimi:
- per l’omessa approvazione da parte degli organi consiliari degli Enti locali compresi nell’Ambito Territoriale Ottimale n. 4;
- per l’illegittimità del piano tariffario trentennale, approvato al punto 1 della deliberazione gravata, perché recante: a) una quota fissa non consentita dalla normativa di riferimento; b) una tariffa reale media, ottenuta dalla somma della quota variabile e di quella fissa, superiore ai limiti ammessi dalla normativa; c) una quota tariffaria da imputare ai costi operativi di gestione superiore al consentito o, comunque, immotivata rispetto alla corrispondente componente dei costi modellati di cui alla tariffa di riferimento del d.m. 1° agosto 1996; d) un’applicazione non corretta, nella determinazione della tariffa reale media, del coefficiente di miglioramento dell’efficienza; e) l’illegittima remunerazione del capitale investito; f) l’illegittimo recupero in tariffa delle perdite subite; g) per alcuni anni, una tariffa reale media superiore a quella necessaria per la copertura dei costi.
Ed invero:
- per quanto riguarda il punto a), l’attuale sistema normativo, per come derivante dalla l. n. 36/1994 e dal d.m. 1° agosto 1996 (cd. decreto Di Pietro), non consentirebbe l’inserimento nella tariffa del S.I.I. di alcuna quota fissa, in qualche modo riproduttiva dei vecchi canoni o noli contatore, che le delibere C.I.P.E. emanate nelle more dell’attuazione del nuovo sistema di calcolo della tariffa (cd. metodo normalizzato) avrebbero ammesso solo in via transitoria;
- per quanto concerne i punti b), c) e d), nella fattispecie all’esame mancherebbe la determinazione della componente dei costi operativi della formula di riferimento (così da poter raffrontare a questi i costi reali, nei limiti previsti dalla normativa) ed i medesimi costi reali, posti quali componenti della tariffa reale media per gli anni considerati, per quelli precedenti e per quelli successivi, sarebbero incompatibili con il costo operativo iniziale indicato nella Convenzione di gestione, così da rendere quantomeno perplessa la determinazione dei costi operativi effettivi (costi reali) e la verifica della loro congruità con i costi operativi risultanti dalla tariffa di riferimento (costi modellati), in specie della verifica se lo scostamento sia o no superiore al limite stabilito dal cd. decreto Di Pietro (30%). Per di più, non sarebbe rispettato il limite tariffario, per cui la tariffa reale media non può superare quella dell’anno precedente, aumentata del tasso di inflazione programmata (componente “II”) e del limite di prezzo “K” (coefficiente avente la funzione di impedire il lievitare della tariffa in relazione alle presunte necessità del gestore): infatti, la tariffa reale media (TRM) massima consentita avrebbe il valore di 1,016638, mentre quella applicata per il 2006 sarebbe pari a 1,504;
- quanto al punto e), il mantenimento, nella tariffa, di una quota da ascrivere alla remunerazione del capitale investito non considererebbe l’esito del referendum abrogativo del 12/13 giugno 2011, che ha espunto dall’art. 154, comma 1, del d.lgs. n. 152/2006 l’inciso relativo alla determinazione della tariffa in riferimento, tra l’altro, all’adeguatezza della remunerazione del capitale investito;
- analogamente, con riguardo al punto f), sarebbe in contrasto con il metodo di calcolo della tariffa introdotto dal Legislatore (cd. metodo normalizzato), che si basa sulla concezione della tariffa quale corrispettivo del S.I.I., la previsione di un aumento tariffario per il recupero delle perdite di esercizi precedenti;
- in relazione, infine, al punto g), il Comune di Aprilia lamenta che a partire dal 2013 la tariffa reale media applicata sarebbe superiore a quella che gli stessi atti gravati indicano come tariffa massima secondo la legge.
Il Comune lamenta, altresì, l’illegittimità degli altri punti dell’impugnata deliberazione n. 3/2011 e, precisamente:
- del punto 2 (approvazione dello schema di accordo tra A.A.T.O. n. 4 e Acqualatina S.p.A.) e del punto 3 (rientro del debito del gestore verso i Comuni per le rate di mutuo anticipate da questi agli Enti finanziatori per i prestiti relativi ad opere concernenti il S.I.I.), in quanto incidenti su crediti di pertinenza dei singoli Comuni;
- del punto 4 (prolungamento del progetto Recupero dispersioni), per la previsione, ivi contenuta, di un meccanismo automatico di adeguamento della tariffa, non sottoposto alla verifica del rispetto dei limiti derivanti dall’applicazione del metodo di legge (cd. normalizzato).
Da ultimo, il Comune di Aprilia si duole dell’illegittimità della deliberazione impugnata per avere questa, a ben vedere, approvato due piani tariffari, da applicare a seconda che il contenzioso con i Consorzi di bonifica si concluda positivamente o negativamente, con previsione, nel caso di esito negativo del contenzioso, di un aumento automatico della tariffa reale media.
Con distinto atto depositato il 14 luglio 2012, il Comune ha presentato istanza di sospensione della deliberazione impugnata, poi rinviata al merito.
Si è costituita l’Autorità d’Ambito Territoriale Ottimale n. 4 – Lazio Meridionale – Latina (d’ora in avanti: A.A.T.O. n. 4), eccependo in via pregiudiziale il difetto di giurisdizione dell’adito Tribunale, nonché il difetto di legittimazione e di interesse del Comune di Aprilia ad impugnare deliberazioni dell’organo collegiale di cui il Comune stesso è componente (al di fuori dell’ipotesi, non rinvenibile nel caso di specie, di lesione delle proprie prerogative) e, in ogni caso, l’inammissibilità dell’istanza cautelare, perché posteriore al termine decadenziale di proposizione del ricorso.
Si è costituita in giudizio, altresì, Acqualatina S.p.A., depositando memoria con cui ha eccepito, in via pregiudiziale, l’improcedibilità del gravame, per effetto della deliberazione n. 4 del 28 giugno 2012 della Conferenza dei Sindaci e dei Presidenti di Provincia dell’A.T.O. n. 4, con la quale sono stati approvati i nuovi prospetti da A1 ad A9, in sostituzione di quelli approvati con la deliberazione impugnata, tra cui anche il modello relativo alla tariffa. Nel merito ha, poi, eccepito l’infondatezza del ricorso, di cui ha chiesto il rigetto, previo rigetto dell’istanza cautelare.
Con motivi aggiunti depositati il 10 dicembre 2012 il Comune di Aprilia ha chiesto l’annullamento della suindicata deliberazione della Conferenza dei Sindaci e dei Presidenti di Provincia n. 4 del 28 giugno 2012, recante correzioni alla precedente deliberazione n. 3 dell’11 novembre 2011, gravata con l’atto introduttivo del giudizio.
A supporto dei motivi aggiunti il Comune ha ripresentato le medesime doglianze già formulate con l’atto introduttivo del giudizio.
L’A.A.T.O. n. 4 ha replicato ai motivi aggiunti con memoria difensiva, eccependone l’irricevibilità per tardività, nonché l’inammissibilità, per avere il Comune impugnato una deliberazione (alla cui adozione non è intervenuto) dell’organo collegiale del quale è parte, senza lamentare alcuna lesione della possibilità di esercitare correttamente il proprio mandato.
Dal canto suo, Acqualatina S.p.A. ha replicato ai motivi aggiunti con memoria depositata in data 7 gennaio 2013, concludendo per la reiezione delle richieste avversarie.
Le parti hanno depositato memorie di replica, insistendo nelle rispettive tesi e difese.
All’udienza pubblica del 7 febbraio 2013, dopo sintetica discussione, la causa è stata riservata per la decisione.

DIRITTO
Il Collegio deve prioritariamente scrutinare le plurime eccezioni pregiudiziali formulate dalle difese dell’A.A.T.O. n. 4 e di Acqualatina S.p.a., vista l’idoneità delle stesse, laddove accolte, a precludere l’esame del merito del gravame.
L’analisi delle eccezioni pregiudiziali deve iniziare da quella di difetto di giurisdizione, formulata dalla difesa dell’A.A.T.O. n. 4, atteso che, per la costante giurisprudenza (cfr., ex plurimis, C.d.S., Sez. IV, 30 gennaio 2009, n. 519; T.A.R. Lazio, Roma, Sez. III, 4 febbraio 2008, n. 901), anche di questa Sezione (cfr., ex multis, T.A.R. Lazio, Latina, Sez. I, 21 gennaio 2013, n. 65), l’analisi della questione di giurisdizione è prioritaria rispetto ad ogni altra, in quanto il difetto di giurisdizione del giudice adito lo rende privo del potere di esaminare qualsiasi profilo della controversia, in rito e nel merito.
In particolare, l’A.A.T.O. n. 4 sostiene la devoluzione della presente controversia alla giurisdizione del T.S.A.P., essendo la predetta controversia inerente alla materia del servizio idrico integrato (cd. S.I.I.): materia che sarebbe riservata alla giurisdizione del T.S.A.P. dall’art. 143, primo comma, del r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775. Ciò, in quanto il ricorso presentato dal Comune di Aprilia avrebbe piena capacità di impingere nell’organizzazione, gestione e conduzione del S.I.I., comportando un eventuale annullamento delle deliberazioni impugnate innegabili riverberi sull’organizzazione e la gestione del servizio.
L’eccezione non è meritevole di condivisione.
Ed invero, l’art. 143, primo comma, lett. a), del r.d. n. 1775/1933 ha attribuito alla cognizione del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche i ricorsi avverso i provvedimenti definitivi della P.A. in materia di acque pubbliche e cioè, secondo la giurisprudenza (cfr., da ultimo, T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, 14 maggio 2012, n. 4314), tutti i ricorsi contro i provvedimenti caratterizzati dall’incidenza diretta sulla materia delle acque pubbliche, ancorché adottati da autorità diverse da quelle preposte specificamente alla tutela delle acque. Ai fini del riparto di giurisdizione, perciò, il discrimine è dato dall’incidenza diretta o meno del provvedimento amministrativo sul governo delle acque pubbliche: criterio, questo dell’incidenza diretta, su cui concordano la Corte regolatrice (Cass. civ., Sez. Un., 9 novembre 2011, n. 23300) e la giurisprudenza amministrativa (cfr. C.d.S., Sez. V, 2 agosto 2011, n. 4557; id., 25 maggio 2010, n. 3325; id., Sez. VI, 31 maggio 2012, n. 3279), anche di questa Sezione (T.A.R. Lazio, Latina, Sez. I, 27 maggio 2011, n. 441). Nel caso di specie, tuttavia, deve senz’altro escludersi un’incidenza diretta delle deliberazioni impugnate (aventi ad oggetto il regime tariffario del S.I.I.) sul regime delle acque pubbliche, potendosi ravvisare, al più, un’incidenza indiretta, che, però, non è idonea a radicare la cognizione della controversia in capo al T.S.A.P.: la giurisprudenza ha, infatti, chiarito che restano al di fuori della giurisdizione del T.S.A.P. ex art. 143, primo comma, lett. a), cit., le controversie aventi ad oggetto atti solo strumentalmente inseriti in procedimenti volti ad incidere sul regime delle acque pubbliche, ovvero provvedimenti aventi un’incidenza indiretta su detto regime (C.d.S., Sez. V, n. 4557/2011, cit.; id., n. 3325/2010, cit.), le quali, conseguentemente, rimangono assoggettate alla giurisdizione del G.A. (v., pure, T.A.R. Lazio, Latina, Sez. I, 25 luglio 2012, n. 600).
In contrario, non si può invocare la giurisprudenza richiamata dalla difesa dell’A.A.T.O. n. 4 (Cass. civ., Sez. Un., 7 ottobre 2010, n. 20777), atteso che, come correttamente riconosciuto dalla predetta difesa, si tratta di precedente che attiene a vicenda non sovrapponibile a quella ora in esame. Donde l’infondatezza della suesposta eccezione di difetto di giurisdizione.
Sempre in via pregiudiziale, va poi respinta l’eccezione di inammissibilità dell’intero gravame, del pari formulata dalla difesa dell’A.A.T.O. n. 4, sul rilievo del difetto di legittimazione e di interesse del Comune di Aprilia ad impugnare atti dell’organo collegiale di cui il Comune stesso è membro e che non vengono censurati sotto l’aspetto della lesione delle prerogative del predetto Comune, quale componente dell’organo collegiale.
Invero, da un lato il Comune di Aprilia ha agito anche quale titolare di specifiche utenze del S.I.I. e, dunque, quale soggetto direttamente leso (in ipotesi) dalle deliberazioni gravate. Dall’altro, ha fatto valere la sua veste di Ente esponenziale della collettività locale, i cui componenti sarebbero (sempre in ipotesi) lesi dalla nuova determinazione della tariffa del S.I.I..; ancora, il Comune ha fatto valere la sua legittimazione e l’interesse ad impugnare le deliberazioni dell’A.A.T.O. che (come quelle in esame) incidano sulle funzioni dell’Ente comunale in tema di servizio idrico, trattandosi di atti che incidono in materie afferenti alle funzioni ed ai poteri del Comune stesso.
La tesi favorevole ad affermare la legittimazione e l’interesse del Comune di Aprilia ad impugnare le deliberazioni per cui è causa, con conseguente infondatezza dell’eccezione in proposito sollevata dall’A.A.T.O. n. 4, prende le mosse, anzitutto, dai ragionamenti relativi a detta questione contenuti nella sentenza di questa Sezione n. 134 del 23 febbraio 2007. Vero è che la sentenza de qua è stata riformata dal Consiglio di Stato, Sez. V, con decisione n. 4282 dell’8 settembre 2008: tale riforma, tuttavia, risulta dovuta all’affermazione, da parte del giudice di appello, del difetto di legittimazione attiva della Provincia di Latina, originaria ricorrente (che aveva impugnato il diniego del Comune di Cori di ratificare la convenzione per la gestione del S.I.I. stipulata il 2 agosto 2002 tra la Provincia di Latina, nella qualità di rappresentante dell’A.A.T.O. n. 4, ed il gestore del servizio, Acqualatina S.p.A.). Ad avviso del Collegio, restano invece valide quelle parti della sentenza n. 134 cit. in cui è affrontata la questione della possibilità, per gli Enti locali facenti parte dell’Autorità d’Ambito, di dissentire dalle decisioni assunte dalla Conferenza dei Sindaci e dei Presidenti di Provincia della suddetta Autorità unicamente esternando il proprio dissenso nella Conferenza attraverso il proprio rappresentante, o di poter altresì assumere (a mezzo del proprio organo consiliare) determinazioni contrarie alle citate decisioni.
È evidente, infatti, che ove si ritenga che, una volta costituita (con la convenzione di cooperazione) l’Autorità d’Ambito, l’unico organo dotato di poteri deliberativi sia la Conferenza dei Sindaci e dei Presidenti, il quale si determina a maggioranza assumendo deliberazioni vincolanti per tutti gli Enti partecipanti, dovrebbe come corollario escludersi la legittimazione degli Enti locali partecipanti ad impugnare le deliberazioni della Conferenza, tranne che per l’ipotesi di lesione delle prerogative ad essi spettanti quali componenti della Conferenza stessa: ne seguirebbe la fondatezza dell’eccezione di inammissibilità formulata dall’A.A.T.O. n. 4.
La sentenza n. 134/2007 cit., tuttavia, ha risolto la questione in senso opposto, con argomentazioni, non toccate dalla sentenza di appello, che il Collegio ritiene di condividere.
Ha, in particolare, osservato la Sezione che la forma di cooperazione prescelta dagli Enti locali che sono compresi nell’Ambito Territoriale Ottimale n. 4 (cioè la convenzione di cooperazione) implica l’istituzione di un organo sovracomunale e sovraprovinciale, cui sono trasferiti i compiti e poteri in materia di servizio idrico spettanti agli Enti locali convenzionati e che opera sulla base del principio di maggioranza con deliberazioni immediatamente efficaci, in quanto non soggette ad approvazione da parte degli organi consiliari degli Enti convenzionati: ciò trova riscontro nell’art. 6, comma 3-ter, della l.r. n. 6/1996, il quale riconosce la definitività ed immediata operatività delle decisioni assunte dalla Conferenza dei Sindaci e dei Presidenti, limitando l’esigenza dell’approvazione successiva da parte dei Consigli degli Enti locali convenzionati ai soli casi espressamente previsti dalla medesima legge regionale. L’art. 9, comma 2, della l.r. n. 6/1996, poi, attribuisce alla Conferenza il potere di definire il contenuto della convenzione di gestione del S.I.I. ed il relativo disciplinare – da stipulare con il soggetto incaricato della concreta erogazione del servizio (qui, Acqualatina S.p.A.) – nonché di approvare la predetta convenzione, senza prevedere interventi ad opera di organi degli Enti locali convenzionati.
Tuttavia, aggiunge la sentenza n. 134/2007, l’art. 17 della convenzione di cooperazione, nel recepire una previsione recata dallo schema di convenzione allegato alla l.r. n. 6 cit., ha attribuito ai Consigli degli Enti locali convenzionati il potere di approvare la convenzione di gestione: né può ammettersi – precisa la sentenza – un’interpretazione riduttiva dell’art. 17 stesso, secondo cui questo, usando la formula per la quale gli organi consiliari si impegnano ad approvare la convenzione, avrebbe inteso assegnare all’approvazione stessa la natura di atto dovuto e, sostanzialmente, inutile, in quanto non in grado di aggiungere nulla all’indicata convenzione, la quale è già efficace per espressa previsione di legge. La decisione, infatti, ritiene più corretto concludere che, in forza dell’art. 17 cit., sia stato attribuito ai Consigli degli Enti locali convenzionati un vero e proprio potere di approvazione della convenzione di gestione: potere che, come tale, comporta necessariamente l’esistenza, altresì, di un potere di “disapprovazione” della stessa, giacché il potere di approvare include logicamente anche il potere di non approvare.
Fin qui la sentenza n. 134/2007: ma ritiene il Collegio che le argomentazioni ivi contenute possano essere ulteriormente sviluppate, nel senso che, se la l.r. n. 6 cit. attribuisce ai Comuni convenzionati il potere di dissentire dalla convenzione di gestione, quale atto fondamentale del S.I.I., ai medesimi Comuni deve riconoscersi, altresì, il potere di dissentire dalle altre deliberazioni della Conferenza dei Sindaci e dei Presidenti di Provincia costituenti anch’esse atti fondamentali del S.I.I., com’è nel caso ora in esame, concernendo le deliberazioni gravate la determinazione della tariffa del servizio e, più in generale, del piano tariffario. Questo potere di dissenso deve ammettersi pur quando non vi sia, in base alle previsioni di legge, l’approvazione successiva delle deliberazioni della Conferenza da parte degli organi consiliari degli Enti locali, giacché in tale ipotesi il dissenso si esprime, oltre che in sede di votazione delle deliberazioni, attraverso il potere di impugnativa delle stesse da parte dell’Ente locale (dissenziente e rimasto in minoranza).
Del resto, la contraria tesi, sostenuta dalla difesa dell’A.A.T.O. n. 4, prova troppo: nel senso che, a volerla seguire fino in fondo, si dovrebbe negare la legittimazione dell’Ente locale partecipante ad impugnare la deliberazione della Conferenza dei Sindaci e dei Presidenti, anche se quest’ultima sia palesemente (o addirittura intenzionalmente) svantaggiosa per il predetto Ente locale: si pensi, per es., all’eventualità in cui, nel determinare il piano di rientro del debito del gestore del servizio verso i Comuni, per le rate di mutuo anticipate da questi agli Enti finanziatori per prestiti relativi ad opere concernenti il S.I.I., la Conferenza avesse, magari, introdotto termini o condizioni più vantaggiose per i Comuni montani, o per quelli più soggetti a fenomeni di spopolamento, e termini o condizioni più gravose per gli altri (tra cui, quindi, il Comune di Aprilia). Alla stregua del ragionamento svolto dalla difesa dell’A.A.T.O. n. 4, si dovrebbe negare il potere del Comune di reagire processualmente avverso una siffatta decisione, il che pare del tutto insostenibile.
In definitiva, pertanto, devono riconoscersi la legittimazione e l’interesse del Comune di Aprilia ad impugnare sia la deliberazione oggetto del gravame originario (n. 3 dell’11 novembre 2011), sia di quella oggetto dei motivi aggiunti (n. 4 del 28 giugno 2012), a nulla rilevando che, in quest’ultimo caso, il Sindaco del Comune di Aprilia sia risultato assente alla votazione con cui è stata approvata la deliberazione stessa.
Va, ancora, respinta l’eccezione di improcedibilità del gravame originario formulata dalla difesa di Acqualatina S.p.A.: infatti, con la deliberazione n. 4 del 28 giugno 2012, la Conferenza dei Sindaci e dei Presidenti di Provincia, preso atto di un errore nel piano tariffario trentennale approvato con la deliberazione n. 3 dell’11 novembre 2011 in ordine alla voce dei costi previsionali per il compenso del Consiglio di Amministrazione, ha provveduto a correggerlo e, per l’effetto, ad approvare i nuovi prospetti di cui agli allegati da A1 ad A9 della citata deliberazione.
Da ultimo, va esaminata l’eccezione di irricevibilità per tardività dei motivi aggiunti, sollevata dalla difesa dell’A.A.T.O. n. 4 per essere stata la deliberazione n. 4 del 28 giugno 2012 – con essi gravata – pubblicata nell’Albo pretorio della Provincia dal 12 al 25 giugno 2012.
L’eccezione non può trovare accoglimento.
Vero è che, come affermato dalla giurisprudenza (C.d.S., Sez. VI, 4 giugno 2007, n. 2948), anche di questa Sezione (T.A.R. Lazio, Latina, 10 febbraio 2006, n. 141), agli atti delle Autorità d’Ambito – e, specificamente, dell’A.A.T.O. n. 4 – Lazio Meridionale – Latina, si applica l’art. 124, comma 2, del d.lgs. n. 267/2000 (T.U.E.L.), in base al quale tutte le deliberazioni degli altri Enti locali, diversi da Comuni e Province, sono pubblicate tramite affissione all’Albo pretorio del Comune ove ha sede l’Ente (qui, della Provincia), per quindici giorni consecutivi, salve specifiche disposizioni. Tuttavia, è giurisprudenza consolidata (cfr., ex multis, C.d.S., Sez. V, 18 ottobre 2011, n. 5565; id., 22 marzo 2010, n. 1661; id., Sez. VI, 3 ottobre 2007, n. 5205), che, per i soggetti direttamente contemplati da un atto, o che siano direttamente incisi dai suoi effetti, anche se da esso non contemplati, il termine di impugnazione decorre dall’effettiva conoscenza, la quale si perfeziona con la notificazione o con la comunicazione individuale: diversamente, la pubblicazione ex art. 124 T.U.E.L. è rilevante per la decorrenza dei termini di impugnazione da parte dei soggetti non contemplati direttamente, né incisi immediatamente dagli effetti dell’atto. Alla stregua di tale giurisprudenza, deve concludersi che, nel caso di specie, per il Comune di Aprilia (immediatamente inciso dagli effetti dell’atto, per quanto si è poc’anzi detto) il termine di impugnazione della deliberazione n. 4 del 28 giugno 2012 non poteva decorrere dalla pubblicazione di quest’ultima all’Albo pretorio della Provincia, ex art. 124, comma 2, T.U.E.L., non potendosi, dunque, assumere il 25 giugno 2012 quale dies a quo per il decorso del predetto termine: ne deriva l’infondatezza della suesposta eccezione di tardività.
Venendo al merito del ricorso, va anzitutto respinta la censura di illegittimità degli atti impugnati, in quanto non approvati dagli organi consiliari degli Enti locali facenti parte dell’A.A.T.O. n. 4: infatti, da un lato, appare palesemente erroneo il richiamo agli artt. 17, 19, comma 2, e 20, comma 1, della convenzione di cooperazione, intese quali disposizioni su cui si fonderebbe la (pretesa) prerogativa dei predetti organi consiliari di approvazione delle deliberazioni impugnate; d’altro lato, è comune insegnamento quello per cui l’approvazione in senso tecnico è atto di controllo, che si colloca nella cd. fase integrativa dell’efficacia di provvedimenti amministrativi (cfr. T.A.R. Calabria, Catanzaro, Sez. II, 21 marzo 2012, n. 314).
Continuando nell’esame del merito, osserva il Collegio che il ricorso è fondato e va accolto nei soli limiti delle censure avverso l’inserimento, tra le componenti della tariffa, di una voce attinente alla remunerazione del capitale investito, in (palese) violazione dell’esito del referendum abrogativo del 12/13 giugno 2011.
Dette censure devono essere condivise alla luce delle recenti considerazioni espresse dal Consiglio di Stato in sede consultiva, con parere della Seconda Sezione n. 267 del 25 gennaio 2013.
A tal proposito è necessario rammentare che l’art. 154, comma 1, del d.lgs. n. 152/2006 prevedeva, prima del referendum popolare svoltosi il 12 e 13 giugno 2011, che la determinazione della tariffa, quale corrispettivo del servizio idrico integrato, tenesse conto della qualità della risorsa idrica e del servizio fornito, delle opere ed adeguamenti necessari, dell’entità dei costi di gestione delle opere, dell’adeguatezza della remunerazione del capitale investito, nonché dei costi di gestione delle aree di salvaguardia e di una quota parte dei costi di funzionamento dell’Autorità d’Ambito, in modo da assicurare la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio, sulla base del principio del recupero dei costi e del principio “chi inquina, paga”.
Gli esiti della riferita consultazione referendaria sono stati proclamati con il d.P.R. 18 luglio 2011, n. 116, che ha determinato l’abrogazione parziale dell’art. 154, comma 1, del d.lgs. n. 152/2006 a far data dal 21 luglio 2011, cosicché nella sua attuale formulazione detta disposizione non prevede più, tra i criteri per la determinazione della tariffa per il servizio idrico integrato, l’adeguatezza della remunerazione del capitale investito.
Peraltro, il comma 2 dell’art. 154 cit. demandava l’attuazione dei criteri in questione ad un apposito decreto ministeriale – non emanato – mentre con norma transitoria l’art. 170 del d.lgs. n. 152/2006 ha previsto, fino all’adozione del citato decreto ministeriale, che continuasse ad applicarsi il d.m. 1° agosto 1996. Da ultimo, l’art. 3, comma 1, del d.P.C.M. 20 luglio 2012 ha affidato all’Autorità per l’Energia Elettrica ed il Gas (competente anche in tema di servizi idrici ai sensi del d.l. n. 201/2011, conv. con l. n. 214/2011) il compito di definire le componenti di costo per la determinazione della tariffa del S.I.I., ovvero di ciascuno dei singoli servizi che lo compongono.
Nell’esercizio del potere tariffario così attribuitole, l’Autorità ha quindi chiesto al Consiglio di Stato di sapere se l’espunzione dai criteri di determinazione della tariffa del criterio attinente all’adeguata remunerazione del capitale investito sia operativo già dal 21 luglio 2011, e cioè dalla data in cui ha avuto effetto l’abrogazione referendaria più sopra rammentata, giacché il criterio in discorso risulta altresì contemplato dal d.m. 1° agosto 1996: di questo, tuttavia, come poc’anzi ricordato, l’art. 170 del d.lgs. n. 152 cit. dispone l’ultrattività fino all’emanazione del (non ancora adottato) decreto che, secondo l’art. 154, comma 2, del medesimo d.lgs. n. 152/2006, deve attuare i criteri tariffari previsti dal precedente comma 1. È stato, perciò, avanzato il dubbio per cui, attraverso il richiamo al d.m. 1° agosto 1996, il criterio della remunerazione del capitale investito sia tuttora in vigore, quantomeno fino all’adozione del nuovo metodo tariffario da parte dell’Autorità per l’Energia Elettrica ed il Gas, da emanarsi sulla base dei criteri dettati dall’art. 154, comma 1, del d.lgs. n. 152/2006, nel testo che discende dal d.P.R. n. 116/2011, di recepimento degli esiti referendari.
Il Consiglio di Stato ha dato esaustiva risposta al quesito suesposto, con affermazioni di cui occorre tenere conto anche ai fini che qui interessano. Ha osservato, in particolare, la Seconda Sezione che, sulla base dell’insegnamento della dottrina, al referendum abrogativo è stata riconosciuta una sorta di valenza espansiva nei riguardi delle disposizioni legislative non coinvolte in maniera espressa dal quesito referendario e che, però, sono incompatibili con la volontà manifestata dagli elettori in sede di referendum, malgrado la l. n. 352/1970 nulla dica sul punto: ne deriva che l’abrogazione espressa dichiarata in esito all’accoglimento della domanda referendaria può produrre effetti anche per quelle discipline legislative che, pur non formando oggetto del quesito referendario, sono, tuttavia, ad esso strettamente connesse, in quanto contengono norme contrastanti con la volontà abrogativa espressa dal corpo elettorale nella consultazione referendaria. Secondo la Sezione, in tal caso deve parlarsi di sopravvenuta inapplicabilità o inoperatività delle disposizioni legislative collegate a quelle abrogate per effetto del referendum: si richiamano, sul punto, talune sentenze della Corte costituzionale (la n. 3 del 12 gennaio 1995 e la n. 63 del 2 febbraio 1990).
Andando ad applicare l’ora visto insegnamento al caso portato al suo esame, il Consiglio di Stato ha ritenuto, perciò, che il d.m. 1° agosto 1996, limitatamente alla parte in cui prende in considerazione il criterio dell’adeguata remunerazione dell’investimento, non potesse più trovare applicazione già a far data dal 21 luglio 2011 (sicché la sua applicazione fino al 31 dicembre 2011 si pone in contrasto con gli effetti del referendum del 12/13 giugno 2011). Ciò, non per un’estensione degli effetti stessi all’art. 170, comma 3, lett. l), del d.lgs. n. 152/2006 – lì dove, come ricordato, dispone l’ultrattività del d.m. 1° agosto 1996 fino all’adozione del decreto ex art. 154, comma 2, del d.lgs. n. 152 cit. –, essendo il predetto art. 170 rimasto del tutto estraneo alla consultazione referendaria, ma alla luce di quanto si è appena esposto circa l’inoperatività delle disposizioni connesse a quelle abrogate in sede referendaria e recanti un contenuto contrario all’esito della consultazione popolare: disposizioni tra cui deve farsi rientrare il citato d.m. 1° agosto 1996, nella parte in cui richiama ed applica il criterio dell’adeguatezza della remunerazione del capitale investito.
Si tratta, del resto, – aggiunge il Consiglio di Stato – di un esito interpretativo coerente con quanto sostenuto dalla Corte costituzionale nel dichiarare ammissibile la richiesta di referendum abrogativo dell’art. 154, comma 1, del d.lgs. n. 152/2006, avendo la Corte precisato (nella sentenza 26 gennaio 2011, n. 26) come sottesa al quesito vi fosse chiaramente la finalità di rendere estraneo alle logiche del profitto il governo e la gestione dell’acqua.
Il Collegio condivide integralmente le succitate argomentazioni e conclusioni e, per l’effetto, ritiene fondate le censure mosse avverso gli atti impugnati, nella parte in cui dispongono il mantenimento, nella tariffa del S.I.I., di una quota da ascrivere alla remunerazione del capitale investito (v. il punto e) delle censure riportate nella parte in fatto).
Non possono essere condivise, invece, le eccezioni avanzate al riguardo dalla difesa di Acqualatina S.p.A., la quale ha richiamato una serie di prescrizioni impartite dall’Autorità per l’Energia Elettrica ed il Gas, lamentando, tra l’altro, l’inammissibilità in parte qua del gravame. La circostanza, infatti, che la predetta Autorità si sia rivolta al Consiglio di Stato per richiederne il parere sul punto – e ciò proprio al fine dell’adozione del provvedimento tariffario transitorio a valere dal 1° gennaio 2012, ma con effetti sulle tariffe degli utenti finali dal 1° gennaio 2013 – dimostra come nessuno degli atti dell’Authority richiamati da Acqualatina S.p.A. abbia effettivamente dettato la disciplina definitiva per quanto riguarda il computo della remunerazione del capitale investito nella determinazione della tariffa, dopo il referendum abrogativo del 12/13 giugno 2011: disciplina che, invero, l’Autorità deve ancora emanare, evidentemente in conformità al contenuto del parere. In altre parole, ad avviso del Collegio, in disparte la correttezza o meno della ricostruzione ermeneutica delle prescrizioni dettate dall’Authority operata da Acqualatina S.p.A. (cioè in disparte il fatto che con tali prescrizioni si sia inteso effettivamente continuare ad includere la remunerazione del capitale investito tra i criteri per la determinazione della tariffa del S.I.I., pur dopo la consultazione referendaria), non vi era l’onere, per il Comune di Aprilia, di impugnare a pena di decadenza le predette prescrizioni, non trattandosi della disciplina definitiva dettata in materia.
Per conseguenza, si deve pronunciare l’annullamento in parte qua degli atti impugnati.
Non sono condivisibili, invece, le censure dedotte con l’atto introduttivo e con i motivi aggiunti nei confronti della previsione di una “quota fissa” nella determinazione della tariffa. Le argomentazioni avanzate sul punto dal Comune ricorrente, infatti, non risultano tali da indurre la Sezione a mutare il proprio convincimento, già espresso con la sentenza 24 giugno 2006, n. 406: le censure formulate in questa sede sull’argomento appaiono, anzi, sostanzialmente riproduttive di quelle già confutate con l’indicata sentenza.
Si è, invero, sottolineato nella suddetta decisione che con gli artt. 13, 14 e 15 della l. n. 36/1994 (cd. Legge Galli, la cui disciplina è stata poi recepita dal d.lgs. n. 152/2006, cd. Codice Ambiente) venne istituito il servizio idrico integrato (S.I.I.), costituito dall’insieme dei servizi pubblici di captazione, adduzione e distribuzione di acqua per usi civici, di fognatura e depurazione delle acque reflue. La l. n. 36/1994 ha previsto che la determinazione della tariffa del S.I.I. avvenisse attraverso un metodo cd. normalizzato, poi introdotto con il già citato d.m. 1° agosto 1996: secondo tale metodo, la tariffa media è determinata in relazione al modello di gestione, alla quantità e qualità della risorsa idrica, al livello qualitativo del servizio, al piano finanziario, ai costi reali ed alle economie conseguenti sia al miglioramento dell’efficienza, sia al superamento della frammentazione delle preesistenti gestioni. Per altro verso, la disciplina della tariffa è stata interessata da una fase transitoria riconducibile alle delibere adottate dal C.I.P.E. ex art. 5 del d.P.R. n. 373/1994, per gli anni dal 1995 al 2002. Da tali delibere – ha specificato la Sezione – è derivata l’espunzione dalla tariffa della voce attinente al cd. minimo impegnato, inteso quale corrispettivo dovuto dall’utente a prescindere dal consumo, nonché la sostituzione del cd. nolo contatore (connesso all’uso degli strumenti di misurazione) con la quota fissa.
Come nel ricorso in epigrafe, nella causa definita con la sentenza n. 406/2006 è stato sostenuto che, una volta cessato il periodo transitorio, l’applicazione del metodo normalizzato non consentirebbe più un’articolazione tariffaria comprensiva anche della quota fissa: in contrario, tuttavia, la Sezione ha osservato, nella decisione in commento, che il dato normativo offre spunti per una ricostruzione del tutto diversa.
Infatti, l’art. 13, comma 7, della l. n. 36/1994 stabilisce che nella modulazione della tariffa vengano assicurate agevolazioni per i consumi domestici essenziali e per i consumi di determinate categorie, secondo prefissati scaglioni di reddito, ammettendo altresì maggiorazioni di tariffa per le residenze secondarie e gli impianti ricettivi stagionali. Il d.m. 1° agosto 1996, poi, nel disciplinare il “metodo normalizzato”, all’art. 7 richiama le delibere del C.I.P. nn. 45 e 46 del 4 ottobre 1974, che, dal canto loro, disciplinano il corrispettivo del nolo contatore – divenuto “quota fissa” con la delibera C.I.P.E. n. 52 del 2001 – fissandone l’ammontare rapportato a valori di impegni minimi contrattuali. Da tale quadro normativo si ricava, perciò, che è proprio il metodo normalizzato – come disciplinato con il d.m. 1° agosto 1996 –, nel far riferimento alle citate delibere C.I.P. del 1974 ed alla quota di tariffa riferibile agli strumenti di misurazione, ad ammettere una configurazione binaria della tariffa stessa, distinta in una quota fissa ed una quota variabile: alla stregua di questa ricostruzione – condivisa dal Collegio – non rileva solo il consumo del bene, ma, altresì, l’incidenza di tutti gli apprestamenti che sono necessitati dalla complessiva strutturazione del servizio, nel cui peso economico non è illogico includere anche il costo degli strumenti di misurazione, ora riconducibile alla “quota fissa”, che ha sostituito il nolo contatore.
Sul punto, il Collegio ritiene di aggiungere che va respinta la tesi sostenuta dal Comune di Aprilia ancora nella memoria di replica, secondo cui il rinvio operato dal d.m. 1° agosto 1996 alle delibere C.I.P. n. 45 e n. 46 del 1974 si limiterebbe solo ai principi espressi in dette delibere in riferimento alla modulazione della tariffa per le finalità previste dall’art. 13, comma 7, della l. n. 36/1994, con esclusione delle norme afferenti ai canoni ed ai noli contenute nelle medesime delibere del C.I.P.: in contrario è, infatti, agevole replicare – sulla scorta dell’indicata sentenza n. 406/2006 – che l’art. 13, comma 7, cit., nel dettare principi relativi alla modulazione delle tariffe, afferma la rilevanza che in queste deve assumere l’agevolazione dei consumi domestici e la divisione del reddito per scaglioni, ma non rende di per sé illegittima la previsione di una quota fissa, sul cui ammontare, peraltro, – in base a quanto si desume già dalle menzionate delibere C.I.P. – possono incidere le predette esigenze agevolative.
Quanto ora esposto comporta l’infondatezza delle censure che, nella parte in fatto, si sono riportate ai punti a), b), c), d) e g): delle censure di cui al punto a), poiché si tratta di quelle che direttamente si rivolgono avverso l’inclusione della quota fissa nella determinazione della tariffa del S.I.I.; delle censure di cui ai punti b), c), d) e g), giacché muovono tutte dal presupposto – infondato, per quanto si è visto – dell’illegittimità del computo della quota fissa nella tariffa.
Per quanto concerne, poi, la doglianza di illegittimità della previsione di un aumento tariffario per il recupero delle perdite degli esercizi precedenti, perché contrastante con il cd. metodo normalizzato, si tratta di doglianza non condivisibile, dal momento che, come si desume dall’art. 1, comma 1, del d.m. 1° agosto 1996 (che menziona, tra l’altro, l’equilibrio di bilancio), il cd. metodo normalizzato prevede il raggiungimento dell’equilibrio economico-finanziario, il che, del resto, è ammesso dallo stesso Comune di Aprilia. Nessuna indicazione di segno contrario è ricavabile a tal proposito dalla sentenza di questa Sezione n. 406/2006, lì dove questa ha censurato l’impiego della quota fissa per la copertura dei mancati ricavi, giacché per questo verso la citata decisione si è limitata a sanzionare l’illegittimità della modulazione della quota fissa in difformità ed in eccedenza rispetto ai parametri stabiliti dalle delibere C.I.P. del 1974 (aumento fino al triplo dell’ex nolo contatore).
A ben vedere, anzi, è proprio il richiamo ai limiti stabiliti dalle suddette delibere C.I.P. a dare conto della legittimità della soluzione in questa sede censurata: come ricorda la sentenza n. 406/2006 cit., infatti, in base a tali delibere, se il possibile utilizzo della quota fissa entro i parametri stabiliti dalle medesime (aumento fino al triplo dell’ex nolo contatore) non basta a coprire i mancati ricavi, dovrà procedersi attraverso l’aumento proporzionale delle tariffe.
Quanto alle ulteriori doglianze formulate avverso le impugnate deliberazioni della Conferenza dei Sindaci e dei Presidenti di Provincia dell’A.T.O. n. 4, deve rilevarsi che nessuna di esse può trovare accoglimento, poiché:
a) la previsione di un piano di rientro del debito cumulato dal gestore nei confronti dei Comuni per le rate di mutuo anticipate da questi ultimi agli Enti finanziatori per i prestiti accesi in relazione alle opere afferenti il S.I.I. e realizzate prima dell’inizio della gestione da parte di Acqualatina S.p.A., in modo da azzerare nel quadriennio 2011/2014 il pregresso accumulato fino al 31 dicembre 2010, non può dirsi che esorbiti dai poteri dell’Autorità d’Ambito, sia perché i Comuni sono membri di questa, sia perché si tratta di crediti per opere afferenti il S.I.I. e, pertanto, inscindibilmente connessi con le attribuzioni dell’Autorità stessa, ancorché le relative somme siano di pertinenza dei Comuni. Né si può dire che tale rateizzazione e dilazione sia irragionevole, considerata la già ricordata esigenza di preservare l’equilibrio economico-finanziario della gestione e tenuto conto che, altrimenti, dovrebbe verosimilmente pervenirsi ad aumenti della tariffa (oltretutto, per debiti antecedenti alla gestione del servizio da parte di Acqualatina S.p.A.): con il ché, anzi, si dimostra l’inammissibilità della censura, essendo destinatari dei suindicati aumenti tariffari anche gli utenti del S.I.I. cittadini di Aprilia, i cui interessi il Comune ricorrente ha inteso tutelare con il gravame in epigrafe, quale Ente esponenziale dei medesimi interessi. In ogni caso, il Comune ricorrente ha omesso di allegare quali sarebbero le norme violate, limitandosi ad un richiamo (del tutto generico e, perciò, inammissibile) alla legge ed alla convenzione di cooperazione istitutiva dell’A.A.T.O. n. 4;
b) per quanto concerne gli interessi sulle somme che il soggetto gestore dovrà restituire ai Comuni, si osserva che, trattandosi di obbligazione pecuniaria, la materia è disciplinata dai comuni principi civilistici (in specie, da quello per cui spettano ex lege gli interessi in caso di ritardo nel pagamento) contenuti nel codice civile, sicché è del tutto irrilevante la mancata previsione degli stessi negli atti impugnati, che per questa parte sono direttamente integrati dalla disciplina codicistica;
c) in merito alla doglianza di illegittimità della previsione del prolungamento del progetto Recupero dispersioni tramite una seconda fase quinquennale, finalizzata prioritariamente al recupero integrale del debito dell’A.A.T.O. nei riguardi del gestore, comprensiva di una verifica al termine del periodo di progetto, che preveda un meccanismo di adeguamento automatico della tariffa, in più o in meno, a seconda degli scostamenti del risultati dalle previsioni del progetto, non pare che tale previsione si ponga, di per sé, in contrasto con il metodo normalizzato. Si è già detto, infatti, che questo mira, tra l’altro, a garantire che siano sostenuti programmi di investimento, conseguenti alla realizzazione di adeguati livelli del servizio, nell’equilibrio di bilancio (v. art. 1, comma 1, del d.m. 1° agosto 1996); inoltre la censura risulta viziata anche per questo verso dall’assunto – infondato, come sopra visto – dell’espunzione della “quota fissa” dalla tariffa calcolata secondo il metodo normalizzato;
d) da ultimo, non appare illogica la previsione di un ulteriore Piano tariffario per l’ipotesi di un esito negativo del contenzioso con i Consorzi di bonifica, alla stregua della riferita esigenza di preservare l’equilibrio economico-finanziario nella gestione del S.I.I., a cui (come più volte ricordato) si ispira lo stesso metodo normalizzato.
In definitiva, il ricorso originario ed i motivi aggiunti (che si limitano a riproporre le stesse censure già dedotte con l’atto introduttivo) risultano fondati unicamente nella parte in cui gli atti impugnati dispongono l’inserimento, tra le componenti della tariffa del servizio idrico integrato, di una voce attinente alla remunerazione del capitale investito. Per questa parte, dunque, i suddetti atti risultano illegittimi e debbono essere annullati, mentre tutte le ulteriori censure formulate dai ricorrenti sono infondate e da respingere.
Sussistono, comunque, giusti motivi per disporre la compensazione delle spese tra le parti, in virtù sia della parziale soccombenza reciproca, sia della complessità delle questioni analizzate.

P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio – Sezione staccata di Latina (Sezione I^), così definitivamente pronunciando sul ricorso originario e sui motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, lo accoglie in parte, negli stretti limiti indicati in motivazione.
Compensa le spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Latina, nella Camera di consiglio del giorno 7 febbraio 2013, con l’intervento dei magistrati:
Francesco Corsaro, Presidente
Antonio Massimo Marra, Consigliere
Pietro De Berardinis, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 29/07/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)


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