martedì 17 settembre 2013

SERVIZI PUBBLICI: il Consiglio di Stato trasferisce dai Comuni alle Province i costi del servizio d'assistenza ai disabili nelle scuole secondarie superiori (Cons. St., Sez. V, sentenza 2 maggio 2013 n. 2391).



SERVIZI PUBBLICI:
 il Consiglio di Stato trasferisce 
dai Comuni alle Province 
i costi del servizio d'assistenza ai disabili
nelle scuole secondarie superiori 
(Cons. St., Sez. V, sentenza 2 maggio 2013 n. 2391).


50.000 disabili nelle scuole secondarie, 340 milioni di euro i costi del servizio d'assistenza: il Consiglio di Stato decide di trasferire dai Comuni alle Province oneri ed onori. 
Ma poi le Province non le avevano (o volevano) abolite (o abolire)? O è proprio per questo che questa competenza è "slittata in alto", così da sopprimere Enti e servizi?


Massima

1. Sul piano normativo l’art. 12 della L. n. 104 del 1992 garantisce il diritto all’educazione e all’istruzione della persona handicappata nelle sezioni di scuola materna, nelle classi comuni delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado e nelle istituzioni universitarie (comma 2).
2. Quanto al riparto di competenza della complessa materia de qua tra gli enti locali, può osservarsi che:
a) l’articolo 39 della legge n. 104 del 1992 stabilisce poi che le Regioni possono provvedere, nei limiti delle proprie disponibilità di bilancio, ad interventi sociali, educativo – formativi e riabilitativi nell’ambito del piano sanitario nazionale, e della programma regionale dei servizi sanitari, sociali e formativo – culturali (comma 1), tra cui la definizione, mediante accordi di programma di cui all’art. 27 della legge 8 giugno 1990, n. 142, delle modalità di coordinamento e di integrazione dei servizi e delle prestazioni individuali di cui alla presente legge con gli altri servizi sociali, sanitari, educativi, anche d’intesa con gli organi periferici dell’Amministrazione della pubblica istruzione e con le strutture prescolastiche o scolastiche e di formazione professionale, anche per la messa a disposizione di attrezzature, operatori o specialisti necessari nell’attività di prevenzione, diagnosi e riabilitazione eventualmente svolta al loro interno (comma 2, lett. b); l’articolo 40, delineando i compiti dei comuni, prevede che essi “…anche consorziati tra di loro, le loro unioni, le comunità montane e le unità sanitarie locali qualora le leggi regionali attribuiscano loro la competenza, attuano gli interventi sociali e sanitari previsti dalla presente legge nel quadro della normativa regionale, mediante gli accordi di programma di cui all’articolo 27 della legge 8 giugno 1990, n. 142, dando priorità agli interventi di riqualificazione, di riordinamento e di potenziamento dei servizi esistenti”;
b) il d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 (“Attuazione della delega di cui all’art. 1 della legge 22 luglio 1975, n. 382, Trasferimento di funzioni a regioni ed enti locali”) all’art. 42 (“Assistenza scolastica”) ha stabilito che “Le funzioni amministrative relative alla materia assistenza scolastica concernono tutte le strutture, i servizi e le attività destinate a facilitare mediante erogazioni e provvidenze in denaro o mediante servizi individuali o collettivi, a favore degli alunni di istituzioni scolastiche pubbliche o private, anche se adulti, l’assolvimento dell’obbligo scolastico nonché, per gli studenti capaci e meritevoli ancorché privi di mezzi, la prosecuzione degli studi”, aggiungendo che “le funzioni suddette concernono tra l’altro: gli interventi di assistenza medico – fisica; l’assistenza ai minorati psico – fisici; l’erogazione gratuita dei libri di testo agli alunni delle scuole elementari” e precisando al successivo art. 45 (“Attribuzione ai comuni”) che “le funzioni amministrative indicate nell’art. 42 sono attribuite ai comuni che le svolgono secondo le modalità previste dalla legge regionale” (comma 1);
c) in materia di istruzione scolastica, l’art. 139 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112 (“Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni e agli enti locali, in attuazione del capo I della l. 15 marzo 1997, n. 59”) ha attribuito alle province, in relazione all’istruzione secondaria superiore, e ai comuni, in relazione agli altri gradi inferiori di scuola, i compiti e le funzioni concernenti, fra l’altro “…c) i servizi di supporto organizzativo del servizio di istruzione per gli alunni con handicap o in situazione di svantaggio”.


Sentenza per esteso

INTESTAZIONE
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9747 del 2011, proposto da:
Provincia di Milano, rappresentato e difeso dagli avv. Angela Bartolomeo, Maria Luisa Ferrari, Piero D'Amelio, con domicilio eletto presso Piero D'Amelio in Roma, via della Vite, 7; 
contro
-OMISSIS- e -OMISSIS-, rappresentati e difesi dagli avv. M.Cristina Alemanno e Domenico Columba, con domicilio eletto presso Domenico Columba in Roma, via Archimede n. 143; Ministero dell'Istruzione dell'Universita' e della Ricerca, in persona del Ministro in carica, Ufficio scolastico provinciale della Lombardia, Ufficio scolastico regionale della Lombardia, Istituto d’istruzione superiore statale Paolo Frisi, in persona dei legali rappresentanti in carica, tutti rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio in Roma, via dei Portoghesi, n. 12; 
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LOMBARDIA - MILANO: SEZIONE III n. 01694/2011, resa tra le parti, concernente assegnazione insegnante di sostegno e assistente ad personam a copertura di tutte le ore settimanali di frequentazione presso l'istituto di istruzione superiore statale "Paolo Frisi"


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di -OMISSIS- e di -OMISSIS- e del Ministero dell'Istruzione dell'Universita' e della Ricerca, dell’Ufficio scolastico provinciale della Lombardia, dell’Ufficio scolastico regionale della Lombardia e dell’Istituto d’istruzione superiore statale Paolo Frisi;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 febbraio 2013 il Cons. Carlo Schilardi e uditi per le parti gli avvocati sia nella fase preliminare che in sede di discussione) Angela Bartolomeo, Domenito Columba e (solo nella fase preliminare l'avvocato dello Stato Agnese Soldani);
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO
1. Il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sez. III, con la sentenza n. 1694 del 31 marzo 2011, ha accolto il ricorso proposto dai signori -OMISSIS- e -OMISSIS-, in qualità di genitori esercenti la potestà genitoriale nei confronti della figlia minorenne Valentina -OMISSIS- ed ha condannato la Provincia di Milano ad assegnare alla predetta disabile un assistente alla persona per 30 ore settimanali e a mantenere tale misura nei successivi anni scolastici sino all’approvazione del nuovo piano educativo individualizzato. Ha invece dichiarato inammissibile la domanda con la quale veniva chiesta la condanna della Provincia al risarcimento per equivalente del danno non patrimoniale sofferto in conseguenza della mancata assegnazione dell’assistente alla persona.
Posto che era pacifico, in punto di fatto, che si trattava di una studentessa disabile frequentante un istituto superiore statale, affetta, come emergeva inconfutabilmente dalla documentazione in atti, da una grave malattia, cui si ricollegavano direttamente dal punto di vista funzionale altrettanto gravi problematiche sia in generale sul piano relazionale, sia in particolare su quello scolastico, il predetto tribunale ha innanzitutto affermato la sussistenza del diritto della stessa ad un assistente alla persona (da tener distinto dal diritto all’insegnante di sostegno) per trenta ore settimanali (per l’anno scolastico 2009/2010), così come previsto dall’art. 13, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, il cui correlativo ricadeva sull’amministrazione provinciale, ai sensi dell’art. 139 del D. Lgs. 31 marzo 1998, n. 112: erano infatti infondate le argomentazioni difensive della Provincia di Milano, volte ad evidenziare la competenza del comune nella materia de qua (in ragione della portata residuale delle disposizioni invocate, artt. 6, 7 e 14 della legge n. 328 del 2000; 42 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616; art. 13 del D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267) e a riconoscere la propria competenza solo per il servizio di trasporto dall’abitazione alla sede scolastica dei soggetti diversamente abili.
2. Con atto di appello notificato a mezzo del servizio postale il 24 novembre 2011 la Provincia di Milano lamenta, in via preliminare, la violazione e falsa applicazione degli articoli 102 e 354 del cod. proc. civile, atteso che i giudici di primo grado non hanno integrato il contraddittorio nei confronti del Comune di Bollate, considerato, alla luce delle funzioni proprie spettanti ai comuni in materia assistenziale, il soggetto tenuto a garantire l’assistenza alla minore Valentina Grecchi.
Ad avviso dell’appellante, l’integrazione del contraddittorio appariva dovuta in quanto il Comune di Bollate (Comune di residenza dei genitori della minore) aveva garantito per il primo anno il servizio di assistenza per 18 ore settimanali, ridotte a metà per il secondo anno scolastico ed essendo oggetto di contestazione quale fosse l’ente obbligato a garantire il servizio.
L’appellante ha chiesto quindi la riforma della predetta sentenza, lamentandone l’erroneità per “Violazione ed erronea interpretazione – applicazione degli artt. 139 D. Lgs. 112/1998; 6 e 7 L. 328/2000; 9 e 10 L. 104/1992; 13 e 19 TU EELL D. Lgs. 267/00, quest’ultimi anche in riferimento all’art. 118 Costituzione” ed “Erronea applicazione dell’art. 12 della Legge 104/1992; omessa – insufficiente incompleta motivazione”.
In particolare l’amministrazione appellante ha contestato che nel servizio di “supporto organizzativo”, richiamato dall’art. 139 del D. Lgs. n. 112 del 1998, potessero ricomprendersi anche i servizi di diretto e personale sostegno del soggetto disabile, trattandosi di servizi alla persona rientranti negli ordinari compiti dei comuni nell’ambito della gestione dei servizi sociali resi in favore della comunità e dei singoli; ciò tanto più che spetterebbero all’amministrazione provinciale solo compiti di coordinamento, programmazione e supervisione nella rete dei servizi sociali resi in favore dei soggetti disabili (compiti in attuazione dei quali la Provincia di Milano per il passato aveva provveduto ad assicurare ai comuni interventi di sostegno economico).
L’amministrazione appellante ha altresì rilevato che la misura orario del diritto all’assistente personale non avrebbe potuto essere stabilita, in modo fisso ed immutabile, dal giudice per l’intero ciclo di studi, come statuito da i primi giudici, dovendo essa emergere esclusivamente dal piano educativo individualizzato da redigersi annualmente; ha quindi contestato quanto asserito nella sentenza, sostenendo di aver sempre mantenuto un comportamento trasparente, disponibile e collaborativo con l’interessata e i suoi legali rappresentanti nel rispetto tuttavia delle competenze istituzionali e delle disposizioni e delle direttive regionali, ritenendo così il capo relativo alla condanna al pagamento delle spese di giudizio, ingiustamente gravosa, anche in considerazione della complessità e della delicatezza della vicenda (circostanze che avrebbero dovuto suggerire la compensazione delle stesse).
Si sono costituiti gli appellati, chiedendo il rigetto dell’avverso gravame.
3. Le parti costituite hanno illustrato con apposite memorie le proprie rispettive tesi difensive.
Alla pubblica udienza del 5 febbraio 2011, dopo la rituale discussione, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO
4. Il motivo in rito, con cui la Provincia appellante deduce la nullità della sentenza impugnata per omessa integrazione del contraddittorio nei confronti del Comune di Bollate, da essa indicata come soggetto obbligato alla prestazione pretesa dai ricorrenti, è infondato.
La contestazione da parte del convenuto della propria titolarità passiva del rapporto dedotto in giudizio, infatti, attiene al merito della controversia e non dà luogo a litisconsorzio necessario nei confronti del terzo che dal medesimo sia stato indicato come effettivo soggetto passivo dell’obbligazione (Cass., ord. 4 maggio 2011, n. 9809).
Può dar luogo a chiamata in causa del terzo (Cass., 14 giugno 2007, n. 13907), rimessa alla esclusiva valutazione discrezionale del giudice del merito, sicché l’esercizio del relativo potere non può formare oggetto d’impugnazione né, tantomeno, è sindacabile nel giudizio di appello e in quello di legittimità (Cass., 19 gennaio 2006, n. 984).
5. Nel merito, come recentemente evidenziato da questa stessa Sezione (3 ottobre 2012, n. 5194), in tema di diritti dei disabili la Corte costituzionale ha più volte rilevato che l’esigenza di tutela dei soggetti deboli si realizza non solo con pratiche di cura e riabilitazione, ma anche attraverso il loro pieno ed effettivo inserimento, oltre che nella famiglia, anche nella scuola e nel mondo del lavoro e con la sentenza n. 26 febbraio 2010, n. 80 (con cui è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 2, commi 413 e 414 della legge 24 dicembre 2007, n. 244, nella parte in cui rispettivamente è stato fissato un limite massimo al numero dei posti degli insegnanti di sostegno ed è stata esclusa la possibilità di assumere insegnante di sostegno in deroga al rapporto tra studenti e docenti stabilito dalla normativa statale, pur in presenza di situazioni di disabilità particolarmente gravi), ha evidenziato, fra l’altro, che i disabili non costituiscono un gruppo omogeneo, sussistendo forme diverse di disabilità, alcune di carattere lieve ed altre gravi, e che “per ognuna di esse è necessario, pertanto individuare meccanismi di rimozione degli ostacoli che tengano conto della tipologia di handicap da cui risulti essere affetta in concreto la persona”.
E’ stato precisato che “ciascun disabile è coinvolto in un processo di riabilitazione finalizzato ad un suo completo inserimento nella società; processo all’interno del quale l’istruzione e l’integrazione scolastica rivestono un ruolo particolare”, ricordando che il diritto all’istruzione dei disabili è oggetto di specifica tutela anche sia a livello internazionale (Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, adottata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 13 dicembre 2006, entrata in vigore sul piano internazionale il 3 maggio 2008, ratificata e resa esecutiva in Italia con la legge 3 marzo 2009, n. 18) e che nell’ordinamento interno, in attuazione della disposizione contenuta nel terzo comma dell’art. 38 della Costituzione, il diritto all’istruzione dei disabili e la loro integrazione scolastica sono stati disciplinati dalla legge 5 febbraio 1992, n. 104 (“Legge quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate”), finalizzata a “perseguire un evidente interesse nazionale, stringente ed infrazionabile, quale è quello di garantire in tutto il territorio nazionale un livello uniforme di realizzazione di diritti costituzionali fondamentali dei soggetti portatori di handicaps” (Corte Costituzionale 29 ottobre 1992, n. 406).
6. Sul piano normativo l’art. 12 della citata legge n. 104 del 1992 garantisce il diritto all’educazione e all’istruzione della persona handicappata nelle sezioni di scuola materna, nelle classi comuni delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado e nelle istituzioni universitarie (comma 2), stabilendo che l’integrazione scolastica ha come obiettivo lo sviluppo delle potenzialità della persona handicappata nell’apprendimento, nella comunicazione, nelle relazioni e nella socializzazione (comma 3) e che l’esercizio del diritto all’educazione e all’istruzione non può essere impedito da difficoltà di apprendimento, né da altre difficoltà derivanti dalle disabilità connesse all’handicap (comma 4); il successivo quarto comma contempla poi, dal punto di vista operativo, il profilo dinamico – funzionale (che fa seguito all’individuazione dell’alunno come persona handicappata ed all’acquisizione della documentazione risultante dalla diagnosi funzionale) indispensabile per la formulazione di un piano educativo individualizzato, definito congiuntamente, con la collaborazione dei genitori della persona handicappata, dagli operatori delle unità sanitarie locali e, per ciascun grado di scuola, dal personale insegnante specializzato, con la partecipazione dell’insegnante operatore psico – pedagogico (individuato secondo i criteri del Ministero della pubblica istruzione); il profilo dinamico – funzionale indica le caratteristiche fisiche, psichiche ed affettive dell’alunno, pone in rilievo sia le difficoltà di apprendimento conseguenti all’handicap e le possibilità di recupero, sia le capacità possedute, da sostenere, sollecitate, rafforzate e sviluppate secondo le scelte culturali della persona handicappate (comma 5): esso è soggetto a verifiche per controllare gli effetti dei diversi interventi e l’influenza esercitata dall’ambiente scolastico (comma 6) ed è aggiornato a conclusione di ogni ciclo scolastico (scuola materna, scuola elementare e scuola media) e durante il corso dell’istruzione secondaria superiore (comma 8).
Il successivo articolo 13, rubricato “Integrazione scolastica”, afferma, al comma 1, che l’integrazione scolastica della persona handicappata nelle sezioni e nelle classi comuni di ogni ordine e grado (e nell’università) si realizza, per quanto qui interessa, anche attraverso: a) la programmazione coordinata dei servizi scolastici con quelli sanitari, socio – assistenziali, culturali, ricreativi, sportivi e con altre attività sul territorio gestite da enti o privati, evidenziando che a tale scopo gli enti locali, gli organi scolastici e le unità sanitarie locali, nell’ambito delle rispettive competenze, stipulano appositi accordi di programma, finalizzati alla predisposizione, attuazione e verifica congiunta di progetti educativi, riabilitativi e di socializzazione, nonché a forme di integrazione tra attività scolastiche e attività integrative extrascolastiche; b) la dotazione alle scuole (e alle università) di attrezzature tecniche e di sussidi didattici nonché di ogni altra forma di ausilio tecnico, fermo restando la dotazione individuale di ausili e presidi funzionali all’effettivo esercizio del diritto allo studio, anche mediante convenzioni con centri specializzati, aventi funzione di consulenza pedagogica, di produzione e adattamento di specifico materiale didattico; c) la sperimentazione di cui al D.P.R. 31 maggio 1974, n. 419, da realizzare nelle classi frequentate da alunni con handicap.
Il terzo comma dell’articolo in esame stabilisce che “Nelle scuole di ogni ordine e grado, fermo restando, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, e successive modificazioni, l’obbligo per gli enti locali di fornire l’assistenza per l’autonomia e la comunicazione personale degli alunni con handicap fisici o sensoriali, sono garantite attività di sostegno mediante l’assegnazione di docenti specializzati”.
7. Quanto al riparto di competenza della complessa materia de qua tra gli enti locali, può osservarsi che:
a) l’articolo 39 della legge n. 104 del 1992 stabilisce poi che le Regioni possono provvedere, nei limiti delle proprie disponibilità di bilancio, ad interventi sociali, educativo – formativi e riabilitativi nell’ambito del piano sanitario nazionale, e della programma regionale dei servizi sanitari, sociali e formativo – culturali (comma 1), tra cui la definizione, mediante accordi di programma di cui all’art. 27 della legge 8 giugno 1990, n. 142, delle modalità di coordinamento e di integrazione dei servizi e delle prestazioni individuali di cui alla presente legge con gli altri servizi sociali, sanitari, educativi, anche d’intesa con gli organi periferici dell’Amministrazione della pubblica istruzione e con le strutture prescolastiche o scolastiche e di formazione professionale, anche per la messa a disposizione di attrezzature, operatori o specialisti necessari nell’attività di prevenzione, diagnosi e riabilitazione eventualmente svolta al loro interno (comma 2, lett. b); l’articolo 40, delineando i compiti dei comuni, prevede che essi “…anche consorziati tra di loro, le loro unioni, le comunità montane e le unità sanitarie locali qualora le leggi regionali attribuiscano loro la competenza, attuano gli interventi sociali e sanitari previsti dalla presente legge nel quadro della normativa regionale, mediante gli accordi di programma di cui all’articolo 27 della legge 8 giugno 1990, n. 142, dando priorità agli interventi di riqualificazione, di riordinamento e di potenziamento dei servizi esistenti”;
b) il d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 (“Attuazione della delega di cui all’art. 1 della legge 22 luglio 1975, n. 382, Trasferimento di funzioni a regioni ed enti locali”) all’art. 42 (“Assistenza scolastica”) ha stabilito che “Le funzioni amministrative relative alla materia assistenza scolastica concernono tutte le strutture, i servizi e le attività destinate a facilitare mediante erogazioni e provvidenze in denaro o mediante servizi individuali o collettivi, a favore degli alunni di istituzioni scolastiche pubbliche o private, anche se adulti, l’assolvimento dell’obbligo scolastico nonché, per gli studenti capaci e meritevoli ancorché privi di mezzi, la prosecuzione degli studi”, aggiungendo che “le funzioni suddette concernono tra l’altro: gli interventi di assistenza medico – fisica; l’assistenza ai minorati psico – fisici; l’erogazione gratuita dei libri di testo agli alunni delle scuole elementari” e precisando al successivo art. 45 (“Attribuzione ai comuni”) che “le funzioni amministrative indicate nell’art. 42 sono attribuite ai comuni che le svolgono secondo le modalità previste dalla legge regionale” (comma 1);
c) in materia di istruzione scolastica, l’art. 139 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112 (“Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni e agli enti locali, in attuazione del capo I della l. 15 marzo 1997, n. 59”) ha attribuito alle province, in relazione all’istruzione secondaria superiore, e ai comuni, in relazione agli altri gradi inferiori di scuola, i compiti e le funzioni concernenti, fra l’altro “…c) i servizi di supporto organizzativo del servizio di istruzione per gli alunni con handicap o in situazione di svantaggio”;
d) la legge regionale della Lombardia 6 agosto 2007, n. 19 (“Norme sul sistema educativo di istruzione e formazione della Regione Lombardia”) all’art. 6 ha delineato il ruolo delle province e dei comuni, stabilendo espressamente al comma 1 che “spettano alle province, in materia di istruzione secondaria superiore, e ai comuni, in relazione agli altri gradi inferiori dell’istruzione scolastica: a) l’istituzione, l’aggregazione, la fusione e la soppressione di scuole, in attuazione degli strumenti di pianificazione; b) i servizi di supporto del servizio di istruzione per gli alunni portatori di handicap o in situazione di svantaggio; c) il piano di utilizzazione degli edifici e di uso delle attrezzature, d’intesa con le istituzioni scolastiche; d) la sospensione delle lezioni in casi gravi e urgenti; e) la costituzione, i controlli e la vigilanza, ivi compreso lo scioglimento, degli organi scolastici a livello territoriale; f) l’educazione degli adulti; g) la risoluzione dei conflitti di competenza tra istituzioni scolastiche”. ,
8. Completezza espositiva induce la Sezione ad evidenziare ancora che la giurisprudenza (TAR, Lombardia, sez. Brescia, 4 febbraio 2010, n. 581) ha osservato che, mentre all’insegnante di sostegno spetta una contitolarità nell’insegnamento, essendo egli un insegnante di tutta la classe chiamato a garantire un’adeguata integrazione scolastica (con la conseguenza che egli deve essere inquadrato a tutti gli effetti nei ruoli del personale insegnante), l’assistente educatore svolge un’attività di supporto materiale individualizzato, estranea all’attività didattica in senso stretto, finalizzata alla piena integrazione nei plessi scolastici di appartenenza e nelle classi, principalmente attraverso lo svolgimento di attività di assistenza diretta agli alunni affetti da minorazioni fisiche, psichiche e sensoriali in tutte le necessità ai fini di una loro piena partecipazione, precisandosi inoltre che le competenze comunali non attengono al generale bisogno educativo (rientrante nella sfera delle attribuzioni statali), ma riguardano gli interventi volti a facilitare il percorso formativo dei disabili (in termini analoghi anche T.A.R. Puglia, II, 655 del 2 aprile 2012).
9. Sulla scorta del delineato quadro normativo e giurisprudenziale la Sezione è dell’avviso che le doglianze sollevate dalla Provincia di Milano non siano meritevoli di favorevole considerazione.
9.1. In punto di fatto non è contestata la situazione di grave disabilità della studentessa in questione, sulla base della documentazione clinica versata in atti, da cui si evince inconfutabilmente che essa è affetta da “artrogriposi multipla neurogena, con perdita funzionale degli arti superiori ed inferiori e ritardo psicomotorio, riconosciuta invalida al 100%, con necessità di assistenza continua non essendo in grado di compiere gli atti quotidiani della vita”, nonché sulla base del “Piano Educativo Individualizzato” redatto per l’anno 2009/2010 dell’istituzione scolastica superiore frequentata dall’interessata.
Ciò posto, non può dubitarsi del diritto di quest’ultima all’istruzione ed all’integrazione scolastica, di cui l’assistente personale, quale misura scolastica integrativa e di supporto, nella misura oraria di trenta ore settimanali, costituisce strumento indispensabile, oltre che idoneo ed adeguato.
9.2. Quanto all’individuazione dell’ente locale competente ad assicurare tale misura (che costituisce la fondamentale questione controversa) la competenza appartiene proprio all’ amministrazione provinciale, come correttamente ritenuto dai primi giudici.
Infatti, diversamente da quanto sostenuto dall’appellante Provincia di Monza e Brianza, la misura (assistente personale) di cui si discute rientra, nella classificazione di cui al d.lgs. n. 112 del 1998, nell’ambito dei servizi alla persona e alla comunità di cui al titolo IV, ma non tra i servizi sociali di cui al capo II (al cui art. 128 rinvia l’art. 1, comma 2, della legge n. 328 del 2000 per definire l’ambito di applicazione della legge), attribuiti ai comuni, bensì invece nella submateria dell’istruzione scolastica di cui al capo III (in cui è compreso l’art. 139 già citato), ripartita tra province e comuni, come già detto.
Non ostano a tale conclusione le previsioni di cui alla legge 5 febbraio 1992, n. 104, i cui artt. 39 e 40 si limitano a individuare la competenza legislativa delle regioni.
In particolare l’art. 139 di tale decreto legislativo, rubricato “Trasferimenti alle province ed ai comuni”, ha stabilito che “Salvo quanto disposto dall’articolo 137 del presente decreto legislativo, ai sensi dell’art. 128 della Costituzione sono attribuiti alle province, in relazione all’istruzione secondaria superiore, e ai comuni, in relazione agli altri gradi inferiori di scuola, i compiti e le funzioni concernenti: a) l’istituzione, l’aggregazione, la fusione e la soppressione di scuole in attuazione degli strumenti di programmazione; b) la redazione dei piani di organizzazione della rete delle istituzioni scolastiche; c) i servizi di supporto organizzativo del servizio di istruzione per gli alunni con handicap o in situazione di svantaggio; d) il piano di utilizzazione degli edifici e di uso delle attrezzature, d’intesa con le istituzioni scolastiche; e) la sospensione delle lezioni in casi gravi e urgenti; f) le iniziative e le attività di promozione relative all’ambito delle funzioni conferite; g) la costituzione, i controlli e la vigilanza, ivi compreso lo scioglimento, sugli organi collegiali scolastici a livello territoriale” (comma 1), precisando ancora che “I comuni, anche in collaborazione con le comunità montane e le province, ciascuno in relazione ai gradi di istruzione di propria competenza, esercitano, anche d’intesa con le istituzioni scolastiche, iniziative relative a: a) educazione degli adulti; b) interventi integrati di orientamento scolastico e professionale; c) azioni tese a realizzare le pari opportunità di istruzione; d) azioni di supporto tese a promuovere e sostenere la coerenza e la continuità in verticale e orizzontale tra i diversi gradi e ordini di scuola; e) interventi perequativi; f) interventi integrati di prevenzione della dispersione scolastica e di educazione della salute” (comma 2).
Dal tenore letterale di tale disposizione emerge la ripartizione tra la provincia, per quanto riguarda l’istruzione secondaria superiore, e i comuni, per quanto concerne gli altri gradi inferiori di scuola, dei compiti e delle funzioni ivi indicate, precedentemente incardinati nell’amministrazione statale, in osservanza del principio di sussidiarietà predicato dal comma 2 dell’art. 1 della legge 15 marzo 1997, n. 59 (recante “Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la sua semplificazione amministrativa”).
Peraltro deve osservarsi che se, per un verso, la specificità della materia cui ineriscono i predetti compiti e funzioni, nonché le peculiari e concrete misure che ne costituiscono la relativa attuazione, esclude in radice che gli stessi possano essere genericamente ricompresi nell’ambito dei servizi integrati sociali alla persona, trattandosi di particolari modalità di concreta attuazione del diritto allo studio ed all’integrazione scolastica, solennemente riconosciuto ai disabili in modo altrettanto pieno ed integrale rispetto ai soggetti, per altro verso non può negarsi l’esistenza in capo all’amministrazione provinciale di compiti e funzioni anche operativi e gestionali, pena un’inammissibile disapplicazione o peggio interpretazione abrogans del ricordato articolo 139 del D. Lgs. 31 marzo 1998, n. 112 (a nulla rilevando sul punto le mere argomentazioni difensive dell’amministrazione provinciale appellante volte a sottolineare la mancanza nella struttura burocratica di adeguate figure professionali idonee ad espletare le delicate funzioni di assistente personale).
Non può sottacersi che a tali conclusioni conduce anche la lettura delle disposizioni di cui all’articolo 6 della citata legge regionale n. 19 del 2007.
9.3. In definitiva, ad avviso della Sezione, l’assistenza personale in favore di uno studente disabile frequentante un istituto di istruzione secondaria superiore, costituendo una adeguata misura per dare effettività e concretezza al suo diritto all’istruzione e alla integrazione scolastica, integra ragionevolmente la fattispecie del servizio “di supporto organizzativo del servizio di istruzione per gli alunni con handicap o in situazione di svantaggio”, di cui al comma 1, lett. c), del ricordato art. 139 del D. Lgs. n. 112 del 1998 e dell’art.6 della legge regionale n. 19 del 2007.
Del resto che la misura in questione sia attinente piuttosto all’istruzione scolastica che ai più generali servizi sociali e alle persone è comprovato anche dalla inequivoca circostanza che essa trova fondamento e giustificazione nel Piano Educativo Individualizzato, predisposto per il singolo alunno disabile da parte dell’istituzione scolastica frequentata ed oggetto di continua verifica ed aggiornamento in relazione alle specifiche esigenze dell’alunno stesso.
Non trova alcun fondamento normativo, né alcun ragionevole riscontro fattuale, l’interpretazione riduttiva della lett. c), del comma 1, del più volte citato articolo 139 del D. Lgs. n. 112 del 1998, prospettata dall’amministrazione provinciale, secondo cui “i servizi di supporto organizzativo del servizio di istruzione per gli alunni con handicap o in situazione” consisterebbero esclusivamente nel servizio di trasporto, dall’abitazione all’istituto scolastico e viceversa, degli alunni e degli studenti disabili.
9.4.. Ugualmente infondato è il motivo di censura con cui la Provincia di Milano ha lamentato l’erroneità della sentenza per aver dichiarato il diritto della ricorrente all’assistente personale, senza limitarlo all’anno scolastico cui si riferiva la richiesta (2009/2010), omettendo così di considerare che la misura in questione non può essere considerata statica, fissa ed immutabile, ma è collegata al profilo dinamico del disabile che costituisce il necessario substrato del Piano Educativo Individualizzato, da aggiornarsi costantemente.
Al riguardo è sufficiente osservare che dall’esame della sentenza impugnata si evince che i primi giudici, richiamando proprio la previsione dell’art. 12 della l. n. 104 del 1992 e sottolineando che “il quantum di prestazione da erogare non si presta ad essere cristallizzato in una formula statica e sempre uguale, ma deve essere adeguato all’evoluzione dello stato del disabile”, chiarendo che l’assegnazione dell’assistente ad personam, per trenta ore settimanale, è in realtà limitata “…sino alla formulazione del nuovo piano educativo individualizzato, destinato a rideterminare con attualità i bisogni del disabile”.
9.5. Quanto alla contestazione del capo della sentenza concernente la condanna alle spese del giudizio di primo grado, non può che rammentarsi che la relativa statuizione costituisce espressione dell’ampio potere discrezionale di cui è fornito il giudice in tema di spese, potere che non è sindacabile salva la sua macroscopica erroneità ed abnormità, come nel caso di condanna della parte vittoriosa, ipotesi che non ricorre nel caso di specie (ex multis, C.d.S., sez. V, 30novembre 2012, n. 6113; sez. IV, 16 aprile 2012, n. 2161).
10. In definitiva l’appello deve essere respinto.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
Ai sensi e per gli effetti dell’art. 52, commi 2 e 3, del D. Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, deve essere disposto che a cura della segreteria sia preclusa l’indicazione delle generalità e dei dati identificativi della ricorrente e della sua rappresentata in ogni caso di riproduzione della presente sentenza in qualsiasi forma, per informazione giuridica, sulle riviste giuridiche, su supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica.

                                                                 P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) definitivamente pronunciando sull’appello proposto dalla Provincia di Milano avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sez. III, n. 1694 del 31 marzo 2011, lo respinge.
Condanna l’amministrazione appellante al pagamento in favore dei costituiti signori -OMISSIS- e -OMISSIS-, quali genitori esercenti la potestà genitoriale della minore Valentina -OMISSIS- delle spese del presente grado di giudizio, che si liquidano complessivamente in €. 4.000,00 (quattromila), ripartite in misura di E. 2000,00 (duemila) per ciascuno di essi.
Dispone, ai sensi e per gli effetti dell’art. 52, commi 2 e 3, del D. Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, che a cura della segreteria sia preclusa l’indicazione delle generalità e dei dati identificativi della ricorrente e della sua rappresentata in ogni caso di riproduzione della presente sentenza in qualsiasi forma, per informazione giuridica, sulle riviste giuridiche, su supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 febbraio 2013 con l'intervento dei magistrati:
Stefano Baccarini, Presidente
Carlo Saltelli, Consigliere
Manfredo Atzeni, Consigliere
Antonio Amicuzzi, Consigliere
Carlo Schilardi, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 02/05/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)


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