PROCESSO:
l'azione d'accertamento
nel processo amministrativo;
presupposti
(Cons. St., Sez. V, sentenza 27 marzo 2013 n. 1799).
"In cauda venenum" dicevano i Romani.
Detto fatto: il Consiglio di Stato riconosce come ammissibile l'azione d'accertamento, ma solo quando è volta a dichiarare un'obbligo di "facere" privatistico (e non pubblicistico).
Massima
1. Nel codice del processo
amministrativo l'azione di
accertamento, che non è espressamente disciplinata, può scaturire da
un'interpretazione sistematica delle norme dallo stesso dettate, che prevedono
la definizione del giudizio con sentenza di merito puramente dichiarativa agli
artt. 31, comma 4 (sentenza dichiarativa della nullità), 34, comma 3 (sentenza
dichiarativa dell'illegittimità quante volte sia venuto meno l'interesse
all'annullamento e persista l'interesse al risarcimento), 34, comma 5 (sentenza
di merito dichiarativa della cessazione della materia del contendere), 114,
comma 4, lett. b (sentenza dichiarativa della nullità degli atti adottati in
violazione od elusione del giudicato), nonché dall'art. 34, comma 2 che,
prevedendo che "in nessun caso il giudice può pronunciare con riferimento a
poteri amministrativi non ancora esercitati", non può che riferirsi all'azione di accertamento, per sua natura caratterizzata da tale
rischio d'indebita ingerenza, visto che le altre azioni tipizzate dal codice
sono per definizione dirette a contestare l'intervenuto esercizio (od omesso
esercizio) del potere amministrativo.
2. Nel processo
amministrativo l' azione di esatto adempimento è esperibile nelle ipotesi in cui l'Amministrazione si
propone non già come ente dotato di supremazia, titolare di poteri
discrezionali o tanto meno prerogative di carattere politico, ma come qualsiasi
altro soggetto di diritto che agisce iure privatorum, destinatario di obblighi.
Sentenza per esteso
Il
Consiglio di Stato
in
sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale
6474 del 2012, proposto da:
Regione Veneto, in persona del presidente in carica, rappresentata e difesa dagli avv. Andrea Manzi, Francesco Zanlucchi, Luisa Londei ed Ezio Zanon, con domicilio eletto presso il primo in Roma, via Federico Confalonieri, 5;
Regione Veneto, in persona del presidente in carica, rappresentata e difesa dagli avv. Andrea Manzi, Francesco Zanlucchi, Luisa Londei ed Ezio Zanon, con domicilio eletto presso il primo in Roma, via Federico Confalonieri, 5;
contro
Comune di Verona, in persona del sindaco
in carica, rappresentato e difeso dagli avv. Marcello Clarich, Fulvia Squadroni
e Giovanni Caineri, con domicilio eletto presso il primo in Roma, viale Liegi,
32;
Provincia di Verona, in persona del presidente in carica, rappresentata e difesa dagli avv. Giovanni Sala e Simone Cadeddu, con domicilio eletto presso quest’ultima, in Roma, via San Sebastianello n. 9;
Actv s.p.a., Anav - Associazione Nazionale Autotrasporti Viaggiatori - Sezione Territoriale Regione Veneto, Actt s.p.a., Atm s.p.a., Ctm s.p.a., Aps Holding s.p.a., Atvo s.p.a., Atv s.r.l., Aim Mobilità s.r.l., Ftv s.p.a., Busitalia - Sita Nord s.r.l., in persona dei rispettivi legali rappresentanti in carica, tutte rappresentate e difese dall'avv. Massimo Malena, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via dei Gracchi, 81;
Provincia di Verona, in persona del presidente in carica, rappresentata e difesa dagli avv. Giovanni Sala e Simone Cadeddu, con domicilio eletto presso quest’ultima, in Roma, via San Sebastianello n. 9;
Actv s.p.a., Anav - Associazione Nazionale Autotrasporti Viaggiatori - Sezione Territoriale Regione Veneto, Actt s.p.a., Atm s.p.a., Ctm s.p.a., Aps Holding s.p.a., Atvo s.p.a., Atv s.r.l., Aim Mobilità s.r.l., Ftv s.p.a., Busitalia - Sita Nord s.r.l., in persona dei rispettivi legali rappresentanti in carica, tutte rappresentate e difese dall'avv. Massimo Malena, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via dei Gracchi, 81;
per
la riforma
della sentenza del T.A.R. VENETO, SEZIONE
I, n. 00984/2012, resa tra le parti, concernente interventi per fronteggiare
gli oneri derivanti dall'effettuazione dei servizi minimi automobilistici e
lagunari - assegnazione finanziamenti.
Visti il ricorso in appello e i relativi
allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio
di Comune di Verona e di Provincia di Verona e di Actv s.p.a., Anav -
Associazione Nazionale Autotrasporti Viaggiatori - Sezione Territoriale Regione
Veneto, Actt s.p.a., Atm s.p.a., Ctm s.p.a., Aps Holding s.p.a., Atvo s.p.a.,
Atv s.r.l., Aim Mobilità s.r.l., Ftv s.p.a., Busitalia - Sita Nord s.r.l.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno
29 gennaio 2013 il Cons. Fabio Franconiero e uditi per le parti gli avvocati
Manzi, Clarich, Cadeddu e Malena;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto
quanto segue.
FATTO
e DIRITTO
1. Il presente giudizio ha ad oggetto la
delibera della giunta regionale veneta del 19 aprile 2011, n. 512, recante il
finanziamento erogato dalla regione Veneto, per i mesi da aprile a dicembre
2011, al servizio pubblico di trasporto locale, automobilistico e lagunare,
nonché i relativi atti consequenziali, ed in particolare il decreto
dirigenziale n. 60/62.01.02 in data 27 maggio 2011, con cui i fondi stanziati
con la predetta delibera sono stati ripartiti tra quelli destinati alla
copertura degli oneri derivanti dai contratti di servizio e quelli relativi ai
rinnovi contrattuali del comparto autoferrotranvieri.
I citati atti sono stati impugnati, con
distinti ricorsi: dal comune e dalla provincia di Verona; da alcune società
affidatarie di servizi di trasporto pubblico urbano ed extraurbano (in epigrafe
indicate), nella rispettiva qualità di titolari di contratti di servizio i
primi e di gestori del servizio di trasporto pubblico nel territorio della
regione Veneto le seconde; ed inoltre dall’Associazione nazionale autotrasporto
viaggiatori – Anav, collettivamente con queste ultime (fatta eccezione per la sola
Actv s.p.a., esercente il servizio di trasporto pubblico per il comune di
Venezia, che proponeva autonomo ricorso).
1.1 Le impugnative sono originate dal
fatto che la delibera giuntale n. 512 ha operato una riduzione del
finanziamento regionale destinato alla copertura dei servizi minimi di
trasporto, pari al 10% delle risorse stanziate nel precedente esercizio 2010, a
fronte di una quantità di servizi da espletare rimasta invariata.
Con riguardo alla citata determinazione
dirigenziale è stata formulata anche un’autonoma censura di violazione
dell’art. 32 della l. reg. n. 25/1998 (“Disciplina ed organizzazione del
trasporto pubblico locale”), in relazione alla distinzione in essa operata tra
gli oneri derivanti dalla stipula dei contratti di servizio e quelli relativi
alla copertura degli oneri del contratto collettivo nazionale di lavoro (CCNL)
degli autoferrotranvieri.
1.2 La sola provincia di Verona ha
proposto motivi aggiunti contro la delibera giuntale in data 20 dicembre 2011,
n. 2208, di riparto, per il medesimo titolo, delle ulteriori somme risultanti
dall’assestamento al bilancio regionale, lamentando la violazione del principio
dell’affidamento sulla disponibilità delle risorse necessarie allo svolgimento
del servizio.
2. Riuniti i ricorsi, il TAR adito li ha
accolti, giudicando gli atti impugnati illegittimamente emanati in difetto
della previa convocazione della conferenza di servizi finalizzata al
raggiungimento dell’intesa con gli enti locali interessati ed associazioni
sindacali e rappresentative del comparto trasporti per la modifica del piano
regionale dei trasporti pubblici locali, il tutto ai sensi dell’art. 16, comma
2, d.lgs. n. 422/1997 ("Conferimento alle regioni ed agli enti locali di
funzioni e compiti in materia di trasporto pubblico locale, a norma
dell'articolo 4, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59") e 20 della l.
reg. n. 25/1998 citata. Disattendendo le difese della regione resistente, il
giudice di primo grado, rilevata l’incidenza del finanziamento regionale sui livelli
minimi del servizio il cui onere finanziario è a carico dell’amministrazione
regionale, ha negato valenza esonerativa di tale snodo procedimentale alla
circostanza che la contestata riduzione fosse stata disposta in conseguenza del
taglio dei trasferimenti statali a tale titolo stabilita a livello nazionale
(con il d.l. n. 78/2010 “Misure urgenti in materia di stabilizzazione
finanziaria e di competitività economica”), e che a tal fine possa supplire
l’atipico e non disciplinato dalla legge “tavolo di confronto
tecnico-politico”, istituito con la precedente delibera giuntale n. 338 del 29
marzo 2011 (con la quale si era provveduto ad assegnare le risorse per i mesi
da gennaio a marzo 2011, sulla base di quanto stanziato per l’esercizio 2010).
3. La sentenza è appellata dalla regione
Veneto.
3.1 Con un primo motivo ripropone
l’eccezione di carenza di interesse di tutti gli odierni appellati ad impugnare
la delibera n. 512, fondata sul rilievo che la contestata riduzione del
finanziamento regionale del trasporto pubblico locale non possa farsi risalire
a tale atto, bensì alla legge di approvazione del bilancio regionale, come è
dato evincere dal fatto che l’annullamento della ridetta delibera di
assegnazione dei fondi lascerebbe comunque inalterata la quantificazione delle
risorse finanziarie stanziate per tale servizio dal bilancio regionale 2011,
mentre un’assegnazione maggiore di somme per il titolo in questione
determinerebbe l’insorgere di un debito fuori bilancio.
Ribadisce un ulteriore profilo di carenza
di interesse ad agire in capo alle imprese affidatarie del servizio, per
carenza di lesività nei loro confronti della delibera impugnata.
A questo specifico riguardo sottolinea che
la delibera giuntale qui impugnata raccomanda agli enti locali affidanti di adottare
misure volte al recupero di efficienza del servizio (riduzione dei costi o
aumento delle tariffe), in funzione compensativa del minor contributo
finanziario regionale. Sulla base di questa premessa, assume che le predette
imprese avrebbero dovuto insorgere contro i successivi provvedimenti in tal
senso adottati, i quali rimarrebbero pienamente efficaci anche se detta
delibera fosse annullata in questa sede.
Sostiene per contro che gli enti pubblici
ricorrenti, che tali misure hanno concretamente adottato, avrebbero invece
prestato acquiescenza al provvedimento impugnato, laddove le ridette misure
dovessero essere interpretate come vincolanti per tali soggetti.
3.2 In via subordinata eccepisce
l’improcedibilità delle impugnative, stante l’impossibilità di rinnovare ora
per allora le procedure di determinazione dei servizi minimi e la relativa
copertura finanziaria regionale quali interessate dalle delibere giuntali in
contestazione: queste si riferiscono infatti all’esercizio finanziario 2011
ormai concluso.
3.3 Nel merito, critica il ragionamento
sillogistico alla base della decisione di primo grado, secondo cui la riduzione
del contributo regionale ha diretta incidenza sui livelli minimi del servizio,
con conseguente necessità di convocare la conferenza di servizi prevista dai
citati art. 16 d.lgs. n. 422/1997 e 20 l. reg. n. 25/1998, al fine di procedere
ad una rimodulazione del servizio in termini di percorrenze e chilometri da
coprire, obiettando che l’equilibrio di gestione del servizio è dipendente da altre
variabili, segnatamente dai livelli tariffari stabiliti dagli enti locali
affidanti e dall’organizzazione aziendale del servizio da parte del gestore,
rispetto alle quali l’intervento finanziario regionale, ridotto peraltro nel
caso di specie di circa il 10% rispetto all’esercizio finanziario 2010, non
assume rilievo determinante. Contesta inoltre l’assunto del TAR secondo cui gli
enti locali interessati non sono stati coinvolti nel processo decisionale in
contestazione, sottolineando che la delibera impugnata ha istituito un tavolo
tecnico-politico con gli enti locali, le associazioni rappresentative delle
imprese di trasporto ed i sindacati dei lavoratori, i quali hanno dunque
concretamente potuto interloquire sulle misure finanziarie ed organizzative concernenti
il servizio di trasporto per l’anno in discussione.
3.4 Censura inoltre l’annullamento,
pronunciato dal TAR in via derivata, della delibera giuntale n. 2208,
osservando in contrario che questa si fonda su un innovativo criterio di
riparto del finanziamento regionale tendente a superare il criterio della spesa
storica, per cui sulla relativa impugnativa avrebbe dovuto essere integrato il
contraddittorio con tutti i soggetti controinteressati.
Ribadisce inoltre la carenza di interesse
a dolersi della stessa, in quanto portante risorse aggiuntive rispetto alla
prima, tali da limitare la contrazione del finanziamento regionale rispetto al
2010 del 5% circa, oltre che perché meramente attuativa ancora una volta di
scelte di bilancio a monte.
Quindi, sostiene che il TAR sia incorso in
ultrapetizione, per averla annullata in via derivata dall’accoglimento delle
impugnative avverso la delibera n. 512, laddove nessuna censura in tali termini
è stata formulata dall’unica ricorrente provincia di Verona.
3.5 Infine, con riguardo a tutte le
impugnative di primo grado eccepisce il difetto di giurisdizione del giudice
amministrativo, per l’ipotesi in cui queste siano considerate “come lo
strumento per ottenere la condanna dell’Amministrazione a pagare
un’obbligazione pecuniaria da essa asseritamente dovuta, a fronte della
prestazione di servizi stabiliti dal contratto di servizi”.
4. Nella propria memoria costitutiva
l’Anav e le imprese di trasporto con essa collettivamente ricorrenti in primo
grado hanno eccepito la nullità dell’appello, perché notificato in unica copia
presso il proprio domiciliatario, malgrado la pluralità di parti rappresentate
(nel ricorso iscritto al n. di r.g. 1559 del 2011 davanti al TAR).
5. La predetta parte processuale e le
altre appellate costituitesi in resistenza hanno controdedotto all’appello
dell’amministrazione regionale osservando che:
- la normativa di attuazione interna del
regolamento Ue n. 1370/2007 (relativo ai servizi pubblici di trasporto di
passeggeri su strada e per ferrovia), e cioè i ridetti d.lgs. n. 422/1997 e l.
reg. n. 25/1998, pone a carico della regione l’onere finanziario per i servizi
minimi di trasporto pubblico locale (in particolare l’art. 16, comma 1, d.lgs.
n. 422 cit.);
- la programmazione di questi servizi deve
quindi porsi in posizione di stretta consequenzialità rispetto al loro
finanziamento;
- una volta ridotto quest’ultimo, come nel
caso di specie, è giocoforza rivedere la programmazione, attraverso il
coinvolgimento degli enti locali affidanti e dei gestori del servizio, secondo
le inderogabili procedure fissate dalla legge nazionale e regionale attuativa
(art. 16, comma 2, d.lgs. citato e 20 l. reg. n. 25/1998 citata).
6. Così riassunte le questioni dedotte in
giudizio, in conformità al principio di diritto espresso dall’Adunanza plenaria
di questo Consiglio nella sentenza 4 giugno 2011, n. 10, deve essere esaminata
con priorità la contestazione della giurisdizione amministrativa formulata
dall’amministrazione regionale odierna appellante.
Essa è da un lato inammissibile, perché
formulata in modo perplesso, su un assunto interpretativo rimasto allo stadio
di ipotesi, e dall’altro infondata, giacché, come osservano le appellate,
sebbene si controverta, nel presente giudizio, in tema di ripartizione tra
diversi enti dell’onere finanziario riveniente dallo svolgimento di un servizio
pubblico, è incontestabile che la contestazione alla base delle impugnative di
primo grado scaturisce dell’adozione di atti amministrativi incidenti
autoritativamente sul concorso tra i medesimi enti di tale onere finanziario,
donde la pacifica ascrivibilità di esse alla giurisdizione generale di
legittimità ex art. 7 cod. proc. amm..
7. Può ora passarsi allo scrutinio
dell’eccezione di nullità dell’appello sollevata da Anav e dalle aziende
collettivamente ricorrenti con essa.
Si tratta di un’eccezione palesemente
destituita di fondamento, alla luce del combinato disposto degli artt. 330,
comma 1, e 170, comma 1, cod. proc. civ., come modificati dalla legge n.
69/2009 (“Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la
competitività nonché in materia di processo civile”), dai quali si ricava la
regola della ritualità della notifica nei confronti delle parti collettivamente
rappresentate da un solo difensore costituito per più parti presso il domicilio
dichiarato, conformemente del resto al principio di diritto formulato dalle
Sezioni unite della Cassazione nella sentenza (citata dalla regione appellante)
15 dicembre 2008, n. 29290.
Peraltro, quand’anche si volesse ritenere
nulla la notificazione in tal modo effettuata, è evidente che la rituale
costituzione di tutti soggetti in questo grado ha sanato il supposto vizio per
raggiungimento dello scopo (a prescindere dalle ragioni per le quali è stata
fatta, per rispondere alle inconferenti deduzioni sul punto degli appellati),
avendo determinato la corretta instaurazione del contraddittorio.
8. Nel merito, risulta dalla normativa di
settore, e non è contestato da alcuna delle parti in causa, che il
finanziamento dei servizi minimi del trasporto pubblico regionale, vale a dire
dei servizi destinati a soddisfare i bisogni essenziali di mobilità della
popolazione residente, è a carico del corrispondente livello di governo
territoriale, al quale fa capo anche la corrispondente funzione di definizione
e programmazione.
Per la regione Veneto, ciò si ricava dal
combinato degli artt. 1, comma 2, lett. d), 4, comma 2, 7, comma 1, lett. d),
l. reg. n. 25/1998, con riguardo al finanziamento e dagli artt. 20 e 21 per
quanto concerne la programmazione ed organizzazione.
Le citate disposizioni attuano a livello
regionale quanto stabilito dal legislatore nazionale con gli artt. 14 e 16
d.lgs. n. 422/1997.
In sintesi, il comma 3 dell’art. 14 da
ultimo menzionato impone infatti per l’organizzazione dei servizi minimi, vale
a dire quelli “qualitativamente e quantitativamente sufficienti a soddisfare
la domanda di mobilità dei cittadini” ex art. 16 citato, il metodo della
programmazione su base triennale e previa concertazione con i sindacati
confederali e le associazioni rappresentative di consumatori e utenti. Il
ridetto art. 16 demanda poi alle medesima regioni, previa intesa con gli enti
locali, la determinazione “del livello dei servizi minimi”.
In attuazione di tale precetto normativo
del legislatore nazionale, l’art. 20, comma 1, l. reg. n. 25/1998 prevede la
regione Veneto determini “il livello dei servizi minimi del trasporto
pubblico locale con oneri a carico del bilancio regionale”, d’intesa con
gli enti locali affidanti (province e comuni), per il raggiungimento della
quale il successivo comma 6 prescrive la convocazione di apposite conferenze di
servizi.
A valle di questo procedimento, infine,
l’art. 32 l. cit. stabilisce che la giunta regionale “assegna annualmente
agli enti affidanti i finanziamenti destinati alla copertura degli oneri
derivanti dalla stipula dei contratti di servizio con gli affidatari dei
servizi minimi di trasporto pubblico locale” (comma 1) e che il
finanziamento in questione sia corrispondente “allo stanziamento complessivo
che la Regione iscrive nel proprio bilancio di previsione” (comma 3).
Rimanendo ai profili di carattere
finanziario, la lett. e) del citato art. 7, comma 1, e 27 l. reg. n. 25/1998
attribuisce alla regione la fissazione delle tariffe per tali servizi, mentre
gli artt. 8 e 9 demandano alle province ed ai comuni la stipula dei contratti,
rispettivamente, per servizi minimi per le reti extraurbane ed interregionali le
prime e per le reti urbane i secondi.
All’autonomia decisionale di questi enti,
ed in parallelo di quanto visto finora, è invece attribuita l’attivazione di
servizi aggiuntivi rispetto a quelli minimi, con onere finanziario a carico
degli stessi.
8.1 Come si evince dalle finalità e dalla
disciplina complessiva del regolamento Ue n. 1370/2007, tutto ciò è funzionale
ad una trasparente, equa e non distorsiva della concorrenza compensazione degli
oneri sostenuti dalle imprese incaricate dello svolgimento del servizio di
trasporto pubblico, nell’ambito di contratti di servizio, stipulati con gli
enti affidanti, nei quali siano enunciati con chiarezza gli obblighi inerenti
la gestione di questo (art. 4).
L’art. 7 e l’allegato al regolamento in
questione pongono, infatti, l’obiettivo che la compensazione degli oneri
sostenuti dalle imprese incaricate dello svolgimento del servizio di trasporto
pubblico determini un “effetto finanziario netto”, e cioè avvenga in
misura strettamente necessaria a far fronte agli squilibri connessi
all’assolvimento del servizio (tale effetto finanziario netto è determinato a
partire dai costi sostenuti, da cui vanno sommati algebricamente i ricavi
tariffari e “gli effetti finanziari positivi generati all’interno della rete
gestita”, tenendo infine conto di una ragionevole remunerazione del
capitale investito).
Questa imprescindibile esigenza è attuata
sul piano dell’ordinamento interno attraverso l’assicurazione della copertura
finanziaria del servizio (“completa corrispondenza fra oneri per servizi e
risorse disponibili, al netto dei proventi tariffari”, nonché “caratteristiche
di certezza finanziaria e copertura di bilancio”: art. 19 d.lgs. n.
422/1997), non disgiunta da obiettivi di incremento dell’efficienza ed
economicità del servizio (cfr. comma 5 del citato art. 19).
In linea con le previsioni normative
nazionali ora menzionate, si è posto anche il legislatore regionale veneto, con
l’art. 30, l. reg. 25 citata, il quale, nel definire le finalità dei contratti
di servizio, impone, in conformità a quanto previsto dall’art. 19 d.lgs. n.
422/1997, che in essi sia assicurata, a consuntivo, “la completa
corrispondenza tra oneri per servizi e risorse disponibili, al netto dei
proventi tariffari”.
Il mancato rispetto di questo imperativo è
sanzionato con la nullità dei contratti di servizio (art. 19, comma 5, d.lgs.
n. 422/1997 e 30, comma 6, l. reg. n. 25/1998).
Ancora in ordine al profilo della
copertura finanziaria dei contratti di servizio, la legislazione regionale
veneta impone, nel citato comma 6 dell’art. 30, la messa a disposizione,
tramite corrispondente finanziamento regionale, delle risorse finanziarie necessarie
a far fronte agli oneri “posti a carico degli enti contraenti” per la
copertura dei contratti di servizio, estendendo, al successivo comma 8, anche a
tali contratti la regola di bilancio prevista dal comma 7 per quelli di diretta
competenza regionale, vale a dire quella di integrale provvista in bilancio di
tali oneri.
La menzionata disposizione di legge
regionale ipotizza poi, in caso di mancato raggiungimento dell’obiettivo di
copertura finanziaria integrale, l’intervento degli enti locali affidanti sul
lato dell’offerta al pubblico, attraverso la “ristrutturazione o riduzione
della rete”.
8.2 Dal descritto quadro normativo si
ricava che l’assolvimento dei servizi minimi, corrispondenti come detto ai
bisogni fondamentali di mobilità della popolazione - e dunque ai livelli
essenziali delle prestazioni afferenti i diritti civili e sociali ex art. 117,
comma 2, lett. “m”, Cost., nell’ambito di funzioni attribuite alle regioni con
il d.lgs. n. 422/1997, nell’ambito del decentramento amministrativo realizzato
con le riforme “Bassanini” di fine anni ’90 - è garantita dal finanziamento
pubblico, cui fa coerentemente capo anche la definizione dell’offerta al
pubblico di tali servizi.
Inoltre, poiché tali servizi attengono ad
esigenze fondamentali della persona, ma il loro assolvimento è assicurato
attraverso il ricorso ad operatori privati, la legislazione di settore fa sì
che le condizioni economiche in cui gli stessi sono chiamati ad operare sia
chiaro e prevedibile.
8.3 Il contratto di servizio è lo strumento
(di natura privatistica) con cui questo obiettivo è perseguito.
Con esso l’ente pubblico affidante assume
infatti l’obbligazione giuridicamente perfetta di compensare il gestore privato
degli oneri economici sostenuti a causa dello svolgimento del servizio.
Strumentale all’adempimento di detto
obbligo è, sul piano della contabilità pubblica, l’integrale sua copertura nel
bilancio dell’ente pubblico su cui grava in definitiva il corrispondente onere
finanziario.
Inoltre, coerentemente con effetti
protettivi (nei confronti dell’utenza) che il contratto di servizio esplica, la
legislazione tende ad assicurare che i servizi minimi siano in ogni caso
coperti finanziariamente dall’ente pubblico cui essi fanno capo, confinando le
ipotesi di riduzione nell’offerta di questi laddove la relativa copertura
finanziaria sia impossibile e cioè nelle ipotesi in cui per obiettivi
impedimenti legati alle condizioni di svolgimento del servizio non sia
possibile raggiungere l’effetto finanziario netto di equilibrio della gestione
da parte del privato affidatario, come preteso a livello europeo.
In altri termini, nel quadro
macroeconomico dei servizi pubblici di trasporto il finanziamento regionale non
costituisce un fattore esogeno, una variabile indipendente in grado di mutarne
l’organizzazione e l’offerta. Al contrario, esso è la variabile dipendente
risultante dell’onere economico predeterminato e complessivamente riveniente
dai contratti di servizio stipulati in ambito regionale.
9. Da queste considerazioni possono essere
ricavati i seguenti corollari:
1) come giustamente rilevato dal TAR, la
riduzione del finanziamento regionale ha incidenza diretta sui servizi minimi
di trasporto;
2) stante la correlazione biunivoca tra
finanziamento ed organizzazione del servizio, sopra evidenziata, non è
consentito alla Regione di incidere sul volume del primo, perché con ciò si
induce una riduzione dell’offerta, la quale può invece essere giustificata solo
dall’impossibilità, verificata a consuntivo, di assicurare la copertura
finanziaria al privato gestore, per le condizioni in cui esso si trova
concretamente ad operare;
3) tanto meno è consentito sottrarsi al
necessario confronto preventivo con gli enti locali affidanti ed eludere tale
obbligo con la raccomandazione di misure volte ad incrementare l’efficienza del
servizio, come nella specie avvenuto, perché in tal modo si trasla su questi
ultimi la responsabilità organizzativa e finanziaria inerente la fornitura del
servizio di trasporto, oltre che a rischi di contenziosi nei confronti degli
affidatari privati.
10. I punti ora enucleati meritano una
notazione aggiuntiva.
Per venire alle questioni poste dal caso
di specie, deve essere sottolineato che nemmeno la riduzione dei trasferimenti
statali costituisce, di per sé, giusta causa di riduzione del finanziamento dei
servizi minimi, laddove questa non si accompagni ad una preventiva
rimodulazione degli stessi, da adottare secondo le procedure concertative
stabilite dalla legislazione nazionale e regionale (le quali, come puntualmente
evidenziato dal TAR, rimettono comunque alla regione la decisione finale, in
caso di mancato raggiungimento dell’intesa: art. 20, comma 6, l. reg. n.
25/1998).
Come detto poc’anzi, infatti, il
finanziamento regionale è la risultante dell’onere economico complessivamente
riveniente dai contratti di servizio già stipulati ed impegnativi per gli enti
locali stipulanti ai sensi dell’art. 1372 cod. civ.; inoltre, la regione è a
sua volta obbligata dalla legislazione sopra esaminata a regolare i propri
rapporti finanziari con gli enti locali in modo da garantire loro l’integrale
copertura di tale onere.
Se infatti, come parimenti visto sopra, la
mancanza originaria dei fondi regionali è causa di nullità testuale del
contratto di servizio, laddove invece tale carenza sopravvenga alla
stipulazione, a causa della riduzione unilaterale di detto finanziamento da
parte della regione, è certamente configurabile la responsabilità contrattuale
degli enti affidanti nei confronti dei gestori privati affidatari. Ma, sempre
sulla base della ricostruzione dei rapporti sopra effettuata, anche la regione
non può ritenersi esente da responsabilità, segnatamente in ragione del
rapporto di garanzia che le norme sopra citate enucleano, con possibilità di
chiamata in manleva, ed in ultima analisi di riversamento dell’onere economico
dell’inadempimento sull’ente cui esso in definitiva avrebbe dovuto fare capo
già dalla fase di formazione del bilancio.
Nell’ambito del rapporto tra i diversi
livelli di governo, poi, appare assai arduo ricondurre la riduzione dei
trasferimenti statali ad evento esonerativo di responsabilità per la regione,
in specie negli attuali congiuntura economica e quadro di finanza pubblica,
cosicché è in definitiva onere della regione programmare una politica di
bilancio in grado di mantenere inalterato il finanziamento al trasporto locale
e contemporaneamente l’equilibrio strutturale dei propri conti.
Ed una conferma di quanto ora affermato
può ricavarsi dalla legge di attuazione dell’obbligo costituzionale del
pareggio di bilancio recentemente approvata (l. n. 243/2012), che all’art. 6
circoscrive gli eventi eccezionali impeditivi del raggiungimento degli
obiettivi programmatici a periodi di grave recessione, crisi finanziarie o gravi
calamità naturali.
Contrariamente dunque al tradizionale
schema gerarchico piramidale degli atti giuridici, che pone al vertice l’atto
normativo primario ed alla base l’atto di autonomia negoziale, nel settore in
questione è quest’ultimo che esplica effetto conformativo vincolante nei
confronti del primo, in relazione al quale, pertanto, non si può invocare
alcuna prerogativa di insindacabilità, quale configurabile in particolare, per
tradizione, a proposito delle scelte di politica di bilancio.
10.1 Esaminato il fenomeno dal punto di
vista della contabilità pubblica, non si può nutrire dubbio sul fatto che
l’onere economico complessivamente riveniente dai contratti di servizio dia
luogo all’iscrizione nello stato di previsione della spesa del bilancio
regionale di spese obbligatorie, corrispondenti ad obbligazioni giuridicamente
perfette, vale a dire di oneri incomprimibili in sede di redazione del
bilancio, del tipo di quelli disciplinati a livello di contabilità e finanzia
pubblica statale all’art. 21 l. n. 196/2009.
Per le quali spese, principi
giuscontabilitistici di prudenza prescrivono la costituzione di fondi di
riserva (cfr. art. 26 l. n. 196 citata), dai quali attingere per fronteggiare
fenomeni di contrazione delle disponibilità, del tipo di quella verificabile in
caso di riduzione dei finanziamenti, dovendosi poi riconoscere alle regioni, al
fine di non rimanere inesorabilmente schiacciate dal peso delle obbligazioni
civilistiche su di essa gravanti, da un lato, e le esigenze di coordinamento finanziario
pubblico e riequilibrio dei conti dello Stato, dall’altro, di reagire contro la
manovra imposta da quest’ultimo nella sede preposta, segnatamente attraverso
l’impugnativa davanti alla Corte Costituzionale (ad es. per violazione del
citato precetto costituzionale che impone la salvaguardia dei livelli minimi
delle prestazioni ex art. 117, comma 1, lett. “m”, qualora il taglio dei
trasferimenti venga prospettata come lesiva delle funzioni amministrative
decentrate alle regioni ed afferenti tali livelli, nel senso dell’impossibilità
di assicurarne il soddisfacimento; o per violazione del principio
costituzionale del pareggio di bilancio recentemente introdotto, in relazione
agli imperativi di rispetto dei vincoli europei posti dalla citata legge n. 243/2012
a carico delle regioni; senza considerare che per il futuro il problema
potrebbe risolversi grazie al fondo statale, prefigurato all’art. 10 della
citata legge n. 243/2012, per il finanziamento dei livelli essenziali delle
prestazioni e delle funzioni fondamentali inerenti ai diritti civili e sociali
devolute alle regioni.
11. Dopo questa lunga digressione è quindi
possibile tirare le fila del discorso e fornire risposta alle questioni
rilevanti in questo giudizio:
- deve innanzitutto convenirsi con la
regione appellante che le assegnazioni dei fondi regionali impugnate, adottate
ai sensi dell’art. 32 l. reg. n. 25/1998, altro non costituiscono che prese
d’atto dello stanziamento regionale in bilancio;
- più precisamente, l’assegnazione dei
fondi costituisce dal punto di vista contabile l’atto di impegno dei fondi
stanziati in bilancio;
- conseguentemente, tale assegnazione non
può eccedere l’ammontare di questi ultimi;
- la lesione delle posizioni di enti
affidanti e delle imprese affidatarie del servizio di trasporto pubblico locale
discende dunque dalla riduzione delle risorse finanziarie destinate in bilancio
per tale aggregato di spesa, non già dalla successiva assegnazione;
- conseguentemente l’interesse ad agire in
sede giurisdizionale amministrativa può reputarsi sorto, per entrambe le
categorie dei predetti soggetti, in sede di manovra di bilancio;
- più precisamente, detto interesse deve
reputarsi concretizzato ogniqualvolta la regione abbia operato una riduzione
del finanziamento dei servizi minimi di trasporto senza che ciò sia
giustificato da una quantificazione degli oneri da essi rivenienti in misura
minore rispetto all’esercizio precedente;
- nondimeno l’azionabilità in giudizio di
tale interesse non può evidentemente appuntarsi sullo stanziamento di bilancio,
stante il valore formale di legge dell’atto con cui esso viene approvato;
- né vi è interesse ad impugnare l’atto
giuntale di impegno e destinazione dello stanziamento allocato in bilancio,
vale a dire gli atti impugnati in questa sede, giacché, da un lato, essi recano
un effetto favorevole ai soggetti interessati, rivelandosi dunque non lesivi,
e, dall’altro lato, con il loro annullamento questi ultimi non otterrebbero il
risultato sperato di rimpinguare la dotazione finanziaria in misura
corrispondente all’onere imposto dai contratti di servizio.
12. Conseguentemente, deve convenirsi con la
regione appellante sul fatto che l’interesse dei soggetti ricorrenti in primo
grado in questo giudizio non sussiste, dacché l’annullamento delle delibere
giuntali e relativi atti consequenziali non reintegrerebbe la loro sfera
giuridica e cioè non consentirebbe di ottenere l’integrale copertura
finanziaria ad essi spettante per l’assolvimento degli obblighi loro imposti
dai contratti di servizio, in quanto ciò lascerebbe comunque inalterato lo
stanziamento di bilancio approvato in sede legislativa.
12.1 Quest’ultimo rilievo non equivale
evidentemente a dire che i predetti soggetti si troverebbero privi di tutela
giurisdizionale ed è dovere di questo Collegio fugare i dubbi sul punto,
ancorché ciò non abbia utilità concreta ai fini del presente giudizio, essendo
quanto finora osservato sufficiente per l’accoglimento dell’appello.
Sul punto, nella memoria conclusionale (e
precisamente a pag. 6) la regione enuclea un profilo degno di rilievo,
prospettando la possibilità di ricorrere ad altre azioni e cioè quella contro
il silenzio ex art. 31 cod. proc. amm..
Il riferimento coglie un aspetto di fondo
della questione meritevole di approfondimento.
Si allude cioè al dovere giuridico
gravante sulla giunta regionale, organo di indirizzo politico-legislativo e
titolare del potere di iniziativa in materia di bilancio, di assicurare la
capienza dello stanziamento per la copertura finanziaria dei servizi minimi di
trasporto pubblico regionale. Si è visto infatti sopra, analizzando la
normativa di settore, come la regione non possa vantare al riguardo alcun
potere discrezionale, essendo questo “prosciugato” a monte dalla legislazione
statale e regionale, attuativa dei precetti comunitari, la quale, al fine di
assicurare la copertura dei contratti di servizio, vincola giuridicamente
l’ente regionale responsabile finanziariamente ad allocare nel bilancio
previsionale una somma corrispondente a tale onere economico.
Del pari, analogo obbligo è configurabile
per quanto concerne la convocazione della conferenza di servizi prodromica
all’intesa sull’offerta dei servizi minimi inerenti il trasporto pubblico
locale.
Tanto evidenziato, è noto che il nostro
ordinamento processuale consente di rendere coercibili in sede giurisdizionale
i doveri giuridici gravanti sull’autorità amministrativa, non già attraverso
l’azione di annullamento, che mira invece ad opporsi a manifestazioni di potere
unilaterale di questa, bensì con l’azione di esatto adempimento, recentemente
positivizzata con il secondo correttivo al codice del processo amministrativo
di cui al d.lgs. n. 160/2012 (all’art. 34, comma 1, lett. “c”, ancorché in
connessione con l’azione di annullamento o contro il silenzio), ma per il
passato ripetutamente ammessa dall’Adunanza plenaria di questo Consiglio di
Stato (sentenze 23 marzo 2011, n. 3 e 29 luglio 2011, n. 15), sul fondamento
del principio di atipicità delle azioni e della tutela davanti al giudice
amministrativo, quale corollario del precetto fondamentale di pienezza e
satisfattività di tale tutela (art. 1 cod. proc. amm.). A questo specifico
riguardo, non va dimenticato che nel solco tracciato nelle pronunce ora citate
dell’organo di nomofilachia si è di recente posta questa Sezione (sentenza 27
novembre 2012, n. 6002), la quale ha statuito che l’azione di esatto adempimento
è esperibile proprio nelle ipotesi in cui l’amministrazione si ponga non già
come ente dotato di supremazia, titolare di poteri discrezionali o tanto meno
prerogative di carattere politico, ma, come qualsiasi altro soggetto di
diritto, destinatario di obblighi.
E ciò anche al fine specifico di ottenere
una riprogrammazione dell’offerta (e del livello) dei servizi minimi del
trasporto pubblico locale e di addivenire ad un’intesa nell’ambito del
procedimento previsto dall’art. 20 l.reg. n. 25/1998.
13. Per tornare al presente giudizio,
resta tuttavia ferma la conclusione di carenza di interesse ad agire dei
soggetti originari ricorrenti per l’annullamento dei provvedimenti impugnati,
per cui, in accoglimento del pertinente motivo d’appello, ripropositivo della
relativa eccezione, deve essere dichiarata l’inammissibilità dei ricorsi
rispettivamente proposti, con conseguente riforma della sentenza di primo
grado.
13.1 Va peraltro soggiunto che sarebbe
fondata anche l’eccezione, svolta in via subordinata, di improcedibilità per
sopravvenuta carenza di tale interesse, per le ragioni debitamente esposte e
documentate dalla regione odierna appellante.
In particolare, risulta dal computo
chilometrico a consuntivo di cui alle delibere giuntali prodotte in questo
grado d’appello [in particolare nel raffronto tra la delibera n. 3402 del 2011,
relativa all’esercizio 2010, e n. 2312 del 2012, relativa all’esercizio 2011,
il tutto come illustrato in memoria conclusionale (a pagg. 13 - 15)], che le
imprese affidatarie del servizio ed odierne appellate hanno ridotto le
percorrenze complessive, sulla cui base avviene la compensazione finanziaria
imposta dal regolamento n. 1370/2007.
Ne consegue che, se da un lato ciò
conferma, in termini pratici, la traslazione del taglio regionale del
finanziamento al trasporto locale sulla complessiva offerta al pubblico attuato
con le delibere impugnate, nondimeno risulta comprovato che ciò non si è
tradotto in un pregiudizio di carattere economico per gli enti locali affidanti
e soprattutto per i gestori privati.
Le spese di causa possono essere
integralmente compensate per la novità e complessità delle questioni in essa
trattate.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede
giurisdizionale (Sezione Quinta) definitivamente pronunciando sull'appello, come
in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza
appellata, dichiara inammissibili i ricorsi di primo grado.
Spese del doppio grado di giudizio
integralmente compensate tra tutte le parti.
Ordina che la presente sentenza sia
eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di
consiglio del giorno 29 gennaio 2013 con l'intervento dei magistrati:
Carmine Volpe, Presidente
Francesco Caringella, Consigliere
Nicola Gaviano, Consigliere
Fabio Franconiero, Consigliere, Estensore
Carlo Schilardi, Consigliere
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L'ESTENSORE
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IL PRESIDENTE
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DEPOSITATA
IN SEGRETERIA
Il
27/03/2013
IL
SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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