domenica 15 settembre 2013

PROCESSO: l'azione d'accertamento nel processo amministrativo; presupposti (Cons. St., Sez. V, sentenza 27 marzo 2013 n. 1799).


PROCESSO: 
l'azione d'accertamento
 nel processo amministrativo; 
presupposti 
(Cons. St., Sez. V, sentenza  27 marzo 2013 n. 1799).


"In cauda venenum" dicevano i Romani.
Detto fatto: il Consiglio di Stato riconosce come ammissibile l'azione d'accertamento, ma solo quando è volta a dichiarare un'obbligo di "facere" privatistico (e non pubblicistico). 


Massima

1.  Nel codice del processo amministrativo l'azione di accertamento, che non è espressamente disciplinata, può scaturire da un'interpretazione sistematica delle norme dallo stesso dettate, che prevedono la definizione del giudizio con sentenza di merito puramente dichiarativa agli artt. 31, comma 4 (sentenza dichiarativa della nullità), 34, comma 3 (sentenza dichiarativa dell'illegittimità quante volte sia venuto meno l'interesse all'annullamento e persista l'interesse al risarcimento), 34, comma 5 (sentenza di merito dichiarativa della cessazione della materia del contendere), 114, comma 4, lett. b (sentenza dichiarativa della nullità degli atti adottati in violazione od elusione del giudicato), nonché dall'art. 34, comma 2 che, prevedendo che "in nessun caso il giudice può pronunciare con riferimento a poteri amministrativi non ancora esercitati", non può che riferirsi all'azione di accertamento, per sua natura caratterizzata da tale rischio d'indebita ingerenza, visto che le altre azioni tipizzate dal codice sono per definizione dirette a contestare l'intervenuto esercizio (od omesso esercizio) del potere amministrativo.
2.  Nel processo amministrativo l' azione di esatto adempimento è esperibile nelle ipotesi in cui l'Amministrazione si propone non già come ente dotato di supremazia, titolare di poteri discrezionali o tanto meno prerogative di carattere politico, ma come qualsiasi altro soggetto di diritto che agisce iure privatorum, destinatario di obblighi.


Sentenza per esteso

Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6474 del 2012, proposto da:
Regione Veneto, in persona del presidente in carica, rappresentata e difesa dagli avv. Andrea Manzi, Francesco Zanlucchi, Luisa Londei ed Ezio Zanon, con domicilio eletto presso il primo in Roma, via Federico Confalonieri, 5; 
contro
Comune di Verona, in persona del sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli avv. Marcello Clarich, Fulvia Squadroni e Giovanni Caineri, con domicilio eletto presso il primo in Roma, viale Liegi, 32;
Provincia di Verona, in persona del presidente in carica, rappresentata e difesa dagli avv. Giovanni Sala e Simone Cadeddu, con domicilio eletto presso quest’ultima, in Roma, via San Sebastianello n. 9;
Actv s.p.a., Anav - Associazione Nazionale Autotrasporti Viaggiatori - Sezione Territoriale Regione Veneto, Actt s.p.a., Atm s.p.a., Ctm s.p.a., Aps Holding s.p.a., Atvo s.p.a., Atv s.r.l., Aim Mobilità s.r.l., Ftv s.p.a., Busitalia - Sita Nord s.r.l., in persona dei rispettivi legali rappresentanti in carica, tutte rappresentate e difese dall'avv. Massimo Malena, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via dei Gracchi, 81; 
per la riforma
della sentenza del T.A.R. VENETO, SEZIONE I, n. 00984/2012, resa tra le parti, concernente interventi per fronteggiare gli oneri derivanti dall'effettuazione dei servizi minimi automobilistici e lagunari - assegnazione finanziamenti.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Verona e di Provincia di Verona e di Actv s.p.a., Anav - Associazione Nazionale Autotrasporti Viaggiatori - Sezione Territoriale Regione Veneto, Actt s.p.a., Atm s.p.a., Ctm s.p.a., Aps Holding s.p.a., Atvo s.p.a., Atv s.r.l., Aim Mobilità s.r.l., Ftv s.p.a., Busitalia - Sita Nord s.r.l.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 29 gennaio 2013 il Cons. Fabio Franconiero e uditi per le parti gli avvocati Manzi, Clarich, Cadeddu e Malena;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO
1. Il presente giudizio ha ad oggetto la delibera della giunta regionale veneta del 19 aprile 2011, n. 512, recante il finanziamento erogato dalla regione Veneto, per i mesi da aprile a dicembre 2011, al servizio pubblico di trasporto locale, automobilistico e lagunare, nonché i relativi atti consequenziali, ed in particolare il decreto dirigenziale n. 60/62.01.02 in data 27 maggio 2011, con cui i fondi stanziati con la predetta delibera sono stati ripartiti tra quelli destinati alla copertura degli oneri derivanti dai contratti di servizio e quelli relativi ai rinnovi contrattuali del comparto autoferrotranvieri.
I citati atti sono stati impugnati, con distinti ricorsi: dal comune e dalla provincia di Verona; da alcune società affidatarie di servizi di trasporto pubblico urbano ed extraurbano (in epigrafe indicate), nella rispettiva qualità di titolari di contratti di servizio i primi e di gestori del servizio di trasporto pubblico nel territorio della regione Veneto le seconde; ed inoltre dall’Associazione nazionale autotrasporto viaggiatori – Anav, collettivamente con queste ultime (fatta eccezione per la sola Actv s.p.a., esercente il servizio di trasporto pubblico per il comune di Venezia, che proponeva autonomo ricorso).
1.1 Le impugnative sono originate dal fatto che la delibera giuntale n. 512 ha operato una riduzione del finanziamento regionale destinato alla copertura dei servizi minimi di trasporto, pari al 10% delle risorse stanziate nel precedente esercizio 2010, a fronte di una quantità di servizi da espletare rimasta invariata.
Con riguardo alla citata determinazione dirigenziale è stata formulata anche un’autonoma censura di violazione dell’art. 32 della l. reg. n. 25/1998 (“Disciplina ed organizzazione del trasporto pubblico locale”), in relazione alla distinzione in essa operata tra gli oneri derivanti dalla stipula dei contratti di servizio e quelli relativi alla copertura degli oneri del contratto collettivo nazionale di lavoro (CCNL) degli autoferrotranvieri.
1.2 La sola provincia di Verona ha proposto motivi aggiunti contro la delibera giuntale in data 20 dicembre 2011, n. 2208, di riparto, per il medesimo titolo, delle ulteriori somme risultanti dall’assestamento al bilancio regionale, lamentando la violazione del principio dell’affidamento sulla disponibilità delle risorse necessarie allo svolgimento del servizio.
2. Riuniti i ricorsi, il TAR adito li ha accolti, giudicando gli atti impugnati illegittimamente emanati in difetto della previa convocazione della conferenza di servizi finalizzata al raggiungimento dell’intesa con gli enti locali interessati ed associazioni sindacali e rappresentative del comparto trasporti per la modifica del piano regionale dei trasporti pubblici locali, il tutto ai sensi dell’art. 16, comma 2, d.lgs. n. 422/1997 ("Conferimento alle regioni ed agli enti locali di funzioni e compiti in materia di trasporto pubblico locale, a norma dell'articolo 4, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59") e 20 della l. reg. n. 25/1998 citata. Disattendendo le difese della regione resistente, il giudice di primo grado, rilevata l’incidenza del finanziamento regionale sui livelli minimi del servizio il cui onere finanziario è a carico dell’amministrazione regionale, ha negato valenza esonerativa di tale snodo procedimentale alla circostanza che la contestata riduzione fosse stata disposta in conseguenza del taglio dei trasferimenti statali a tale titolo stabilita a livello nazionale (con il d.l. n. 78/2010 “Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica”), e che a tal fine possa supplire l’atipico e non disciplinato dalla legge “tavolo di confronto tecnico-politico”, istituito con la precedente delibera giuntale n. 338 del 29 marzo 2011 (con la quale si era provveduto ad assegnare le risorse per i mesi da gennaio a marzo 2011, sulla base di quanto stanziato per l’esercizio 2010).
3. La sentenza è appellata dalla regione Veneto.
3.1 Con un primo motivo ripropone l’eccezione di carenza di interesse di tutti gli odierni appellati ad impugnare la delibera n. 512, fondata sul rilievo che la contestata riduzione del finanziamento regionale del trasporto pubblico locale non possa farsi risalire a tale atto, bensì alla legge di approvazione del bilancio regionale, come è dato evincere dal fatto che l’annullamento della ridetta delibera di assegnazione dei fondi lascerebbe comunque inalterata la quantificazione delle risorse finanziarie stanziate per tale servizio dal bilancio regionale 2011, mentre un’assegnazione maggiore di somme per il titolo in questione determinerebbe l’insorgere di un debito fuori bilancio.
Ribadisce un ulteriore profilo di carenza di interesse ad agire in capo alle imprese affidatarie del servizio, per carenza di lesività nei loro confronti della delibera impugnata.
A questo specifico riguardo sottolinea che la delibera giuntale qui impugnata raccomanda agli enti locali affidanti di adottare misure volte al recupero di efficienza del servizio (riduzione dei costi o aumento delle tariffe), in funzione compensativa del minor contributo finanziario regionale. Sulla base di questa premessa, assume che le predette imprese avrebbero dovuto insorgere contro i successivi provvedimenti in tal senso adottati, i quali rimarrebbero pienamente efficaci anche se detta delibera fosse annullata in questa sede.
Sostiene per contro che gli enti pubblici ricorrenti, che tali misure hanno concretamente adottato, avrebbero invece prestato acquiescenza al provvedimento impugnato, laddove le ridette misure dovessero essere interpretate come vincolanti per tali soggetti.
3.2 In via subordinata eccepisce l’improcedibilità delle impugnative, stante l’impossibilità di rinnovare ora per allora le procedure di determinazione dei servizi minimi e la relativa copertura finanziaria regionale quali interessate dalle delibere giuntali in contestazione: queste si riferiscono infatti all’esercizio finanziario 2011 ormai concluso.
3.3 Nel merito, critica il ragionamento sillogistico alla base della decisione di primo grado, secondo cui la riduzione del contributo regionale ha diretta incidenza sui livelli minimi del servizio, con conseguente necessità di convocare la conferenza di servizi prevista dai citati art. 16 d.lgs. n. 422/1997 e 20 l. reg. n. 25/1998, al fine di procedere ad una rimodulazione del servizio in termini di percorrenze e chilometri da coprire, obiettando che l’equilibrio di gestione del servizio è dipendente da altre variabili, segnatamente dai livelli tariffari stabiliti dagli enti locali affidanti e dall’organizzazione aziendale del servizio da parte del gestore, rispetto alle quali l’intervento finanziario regionale, ridotto peraltro nel caso di specie di circa il 10% rispetto all’esercizio finanziario 2010, non assume rilievo determinante. Contesta inoltre l’assunto del TAR secondo cui gli enti locali interessati non sono stati coinvolti nel processo decisionale in contestazione, sottolineando che la delibera impugnata ha istituito un tavolo tecnico-politico con gli enti locali, le associazioni rappresentative delle imprese di trasporto ed i sindacati dei lavoratori, i quali hanno dunque concretamente potuto interloquire sulle misure finanziarie ed organizzative concernenti il servizio di trasporto per l’anno in discussione.
3.4 Censura inoltre l’annullamento, pronunciato dal TAR in via derivata, della delibera giuntale n. 2208, osservando in contrario che questa si fonda su un innovativo criterio di riparto del finanziamento regionale tendente a superare il criterio della spesa storica, per cui sulla relativa impugnativa avrebbe dovuto essere integrato il contraddittorio con tutti i soggetti controinteressati.
Ribadisce inoltre la carenza di interesse a dolersi della stessa, in quanto portante risorse aggiuntive rispetto alla prima, tali da limitare la contrazione del finanziamento regionale rispetto al 2010 del 5% circa, oltre che perché meramente attuativa ancora una volta di scelte di bilancio a monte.
Quindi, sostiene che il TAR sia incorso in ultrapetizione, per averla annullata in via derivata dall’accoglimento delle impugnative avverso la delibera n. 512, laddove nessuna censura in tali termini è stata formulata dall’unica ricorrente provincia di Verona.
3.5 Infine, con riguardo a tutte le impugnative di primo grado eccepisce il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, per l’ipotesi in cui queste siano considerate “come lo strumento per ottenere la condanna dell’Amministrazione a pagare un’obbligazione pecuniaria da essa asseritamente dovuta, a fronte della prestazione di servizi stabiliti dal contratto di servizi”.
4. Nella propria memoria costitutiva l’Anav e le imprese di trasporto con essa collettivamente ricorrenti in primo grado hanno eccepito la nullità dell’appello, perché notificato in unica copia presso il proprio domiciliatario, malgrado la pluralità di parti rappresentate (nel ricorso iscritto al n. di r.g. 1559 del 2011 davanti al TAR).
5. La predetta parte processuale e le altre appellate costituitesi in resistenza hanno controdedotto all’appello dell’amministrazione regionale osservando che:
- la normativa di attuazione interna del regolamento Ue n. 1370/2007 (relativo ai servizi pubblici di trasporto di passeggeri su strada e per ferrovia), e cioè i ridetti d.lgs. n. 422/1997 e l. reg. n. 25/1998, pone a carico della regione l’onere finanziario per i servizi minimi di trasporto pubblico locale (in particolare l’art. 16, comma 1, d.lgs. n. 422 cit.);
- la programmazione di questi servizi deve quindi porsi in posizione di stretta consequenzialità rispetto al loro finanziamento;
- una volta ridotto quest’ultimo, come nel caso di specie, è giocoforza rivedere la programmazione, attraverso il coinvolgimento degli enti locali affidanti e dei gestori del servizio, secondo le inderogabili procedure fissate dalla legge nazionale e regionale attuativa (art. 16, comma 2, d.lgs. citato e 20 l. reg. n. 25/1998 citata).
6. Così riassunte le questioni dedotte in giudizio, in conformità al principio di diritto espresso dall’Adunanza plenaria di questo Consiglio nella sentenza 4 giugno 2011, n. 10, deve essere esaminata con priorità la contestazione della giurisdizione amministrativa formulata dall’amministrazione regionale odierna appellante.
Essa è da un lato inammissibile, perché formulata in modo perplesso, su un assunto interpretativo rimasto allo stadio di ipotesi, e dall’altro infondata, giacché, come osservano le appellate, sebbene si controverta, nel presente giudizio, in tema di ripartizione tra diversi enti dell’onere finanziario riveniente dallo svolgimento di un servizio pubblico, è incontestabile che la contestazione alla base delle impugnative di primo grado scaturisce dell’adozione di atti amministrativi incidenti autoritativamente sul concorso tra i medesimi enti di tale onere finanziario, donde la pacifica ascrivibilità di esse alla giurisdizione generale di legittimità ex art. 7 cod. proc. amm..
7. Può ora passarsi allo scrutinio dell’eccezione di nullità dell’appello sollevata da Anav e dalle aziende collettivamente ricorrenti con essa.
Si tratta di un’eccezione palesemente destituita di fondamento, alla luce del combinato disposto degli artt. 330, comma 1, e 170, comma 1, cod. proc. civ., come modificati dalla legge n. 69/2009 (“Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile”), dai quali si ricava la regola della ritualità della notifica nei confronti delle parti collettivamente rappresentate da un solo difensore costituito per più parti presso il domicilio dichiarato, conformemente del resto al principio di diritto formulato dalle Sezioni unite della Cassazione nella sentenza (citata dalla regione appellante) 15 dicembre 2008, n. 29290.
Peraltro, quand’anche si volesse ritenere nulla la notificazione in tal modo effettuata, è evidente che la rituale costituzione di tutti soggetti in questo grado ha sanato il supposto vizio per raggiungimento dello scopo (a prescindere dalle ragioni per le quali è stata fatta, per rispondere alle inconferenti deduzioni sul punto degli appellati), avendo determinato la corretta instaurazione del contraddittorio.
8. Nel merito, risulta dalla normativa di settore, e non è contestato da alcuna delle parti in causa, che il finanziamento dei servizi minimi del trasporto pubblico regionale, vale a dire dei servizi destinati a soddisfare i bisogni essenziali di mobilità della popolazione residente, è a carico del corrispondente livello di governo territoriale, al quale fa capo anche la corrispondente funzione di definizione e programmazione.
Per la regione Veneto, ciò si ricava dal combinato degli artt. 1, comma 2, lett. d), 4, comma 2, 7, comma 1, lett. d), l. reg. n. 25/1998, con riguardo al finanziamento e dagli artt. 20 e 21 per quanto concerne la programmazione ed organizzazione.
Le citate disposizioni attuano a livello regionale quanto stabilito dal legislatore nazionale con gli artt. 14 e 16 d.lgs. n. 422/1997.
In sintesi, il comma 3 dell’art. 14 da ultimo menzionato impone infatti per l’organizzazione dei servizi minimi, vale a dire quelli “qualitativamente e quantitativamente sufficienti a soddisfare la domanda di mobilità dei cittadini” ex art. 16 citato, il metodo della programmazione su base triennale e previa concertazione con i sindacati confederali e le associazioni rappresentative di consumatori e utenti. Il ridetto art. 16 demanda poi alle medesima regioni, previa intesa con gli enti locali, la determinazione “del livello dei servizi minimi”.
In attuazione di tale precetto normativo del legislatore nazionale, l’art. 20, comma 1, l. reg. n. 25/1998 prevede la regione Veneto determini “il livello dei servizi minimi del trasporto pubblico locale con oneri a carico del bilancio regionale”, d’intesa con gli enti locali affidanti (province e comuni), per il raggiungimento della quale il successivo comma 6 prescrive la convocazione di apposite conferenze di servizi.
A valle di questo procedimento, infine, l’art. 32 l. cit. stabilisce che la giunta regionale “assegna annualmente agli enti affidanti i finanziamenti destinati alla copertura degli oneri derivanti dalla stipula dei contratti di servizio con gli affidatari dei servizi minimi di trasporto pubblico locale” (comma 1) e che il finanziamento in questione sia corrispondente “allo stanziamento complessivo che la Regione iscrive nel proprio bilancio di previsione” (comma 3).
Rimanendo ai profili di carattere finanziario, la lett. e) del citato art. 7, comma 1, e 27 l. reg. n. 25/1998 attribuisce alla regione la fissazione delle tariffe per tali servizi, mentre gli artt. 8 e 9 demandano alle province ed ai comuni la stipula dei contratti, rispettivamente, per servizi minimi per le reti extraurbane ed interregionali le prime e per le reti urbane i secondi.
All’autonomia decisionale di questi enti, ed in parallelo di quanto visto finora, è invece attribuita l’attivazione di servizi aggiuntivi rispetto a quelli minimi, con onere finanziario a carico degli stessi.
8.1 Come si evince dalle finalità e dalla disciplina complessiva del regolamento Ue n. 1370/2007, tutto ciò è funzionale ad una trasparente, equa e non distorsiva della concorrenza compensazione degli oneri sostenuti dalle imprese incaricate dello svolgimento del servizio di trasporto pubblico, nell’ambito di contratti di servizio, stipulati con gli enti affidanti, nei quali siano enunciati con chiarezza gli obblighi inerenti la gestione di questo (art. 4).
L’art. 7 e l’allegato al regolamento in questione pongono, infatti, l’obiettivo che la compensazione degli oneri sostenuti dalle imprese incaricate dello svolgimento del servizio di trasporto pubblico determini un “effetto finanziario netto”, e cioè avvenga in misura strettamente necessaria a far fronte agli squilibri connessi all’assolvimento del servizio (tale effetto finanziario netto è determinato a partire dai costi sostenuti, da cui vanno sommati algebricamente i ricavi tariffari e “gli effetti finanziari positivi generati all’interno della rete gestita”, tenendo infine conto di una ragionevole remunerazione del capitale investito).
Questa imprescindibile esigenza è attuata sul piano dell’ordinamento interno attraverso l’assicurazione della copertura finanziaria del servizio (“completa corrispondenza fra oneri per servizi e risorse disponibili, al netto dei proventi tariffari”, nonché “caratteristiche di certezza finanziaria e copertura di bilancio”: art. 19 d.lgs. n. 422/1997), non disgiunta da obiettivi di incremento dell’efficienza ed economicità del servizio (cfr. comma 5 del citato art. 19).
In linea con le previsioni normative nazionali ora menzionate, si è posto anche il legislatore regionale veneto, con l’art. 30, l. reg. 25 citata, il quale, nel definire le finalità dei contratti di servizio, impone, in conformità a quanto previsto dall’art. 19 d.lgs. n. 422/1997, che in essi sia assicurata, a consuntivo, “la completa corrispondenza tra oneri per servizi e risorse disponibili, al netto dei proventi tariffari”.
Il mancato rispetto di questo imperativo è sanzionato con la nullità dei contratti di servizio (art. 19, comma 5, d.lgs. n. 422/1997 e 30, comma 6, l. reg. n. 25/1998).
Ancora in ordine al profilo della copertura finanziaria dei contratti di servizio, la legislazione regionale veneta impone, nel citato comma 6 dell’art. 30, la messa a disposizione, tramite corrispondente finanziamento regionale, delle risorse finanziarie necessarie a far fronte agli oneri “posti a carico degli enti contraenti” per la copertura dei contratti di servizio, estendendo, al successivo comma 8, anche a tali contratti la regola di bilancio prevista dal comma 7 per quelli di diretta competenza regionale, vale a dire quella di integrale provvista in bilancio di tali oneri.
La menzionata disposizione di legge regionale ipotizza poi, in caso di mancato raggiungimento dell’obiettivo di copertura finanziaria integrale, l’intervento degli enti locali affidanti sul lato dell’offerta al pubblico, attraverso la “ristrutturazione o riduzione della rete”.
8.2 Dal descritto quadro normativo si ricava che l’assolvimento dei servizi minimi, corrispondenti come detto ai bisogni fondamentali di mobilità della popolazione - e dunque ai livelli essenziali delle prestazioni afferenti i diritti civili e sociali ex art. 117, comma 2, lett. “m”, Cost., nell’ambito di funzioni attribuite alle regioni con il d.lgs. n. 422/1997, nell’ambito del decentramento amministrativo realizzato con le riforme “Bassanini” di fine anni ’90 - è garantita dal finanziamento pubblico, cui fa coerentemente capo anche la definizione dell’offerta al pubblico di tali servizi.
Inoltre, poiché tali servizi attengono ad esigenze fondamentali della persona, ma il loro assolvimento è assicurato attraverso il ricorso ad operatori privati, la legislazione di settore fa sì che le condizioni economiche in cui gli stessi sono chiamati ad operare sia chiaro e prevedibile.
8.3 Il contratto di servizio è lo strumento (di natura privatistica) con cui questo obiettivo è perseguito.
Con esso l’ente pubblico affidante assume infatti l’obbligazione giuridicamente perfetta di compensare il gestore privato degli oneri economici sostenuti a causa dello svolgimento del servizio.
Strumentale all’adempimento di detto obbligo è, sul piano della contabilità pubblica, l’integrale sua copertura nel bilancio dell’ente pubblico su cui grava in definitiva il corrispondente onere finanziario.
Inoltre, coerentemente con effetti protettivi (nei confronti dell’utenza) che il contratto di servizio esplica, la legislazione tende ad assicurare che i servizi minimi siano in ogni caso coperti finanziariamente dall’ente pubblico cui essi fanno capo, confinando le ipotesi di riduzione nell’offerta di questi laddove la relativa copertura finanziaria sia impossibile e cioè nelle ipotesi in cui per obiettivi impedimenti legati alle condizioni di svolgimento del servizio non sia possibile raggiungere l’effetto finanziario netto di equilibrio della gestione da parte del privato affidatario, come preteso a livello europeo.
In altri termini, nel quadro macroeconomico dei servizi pubblici di trasporto il finanziamento regionale non costituisce un fattore esogeno, una variabile indipendente in grado di mutarne l’organizzazione e l’offerta. Al contrario, esso è la variabile dipendente risultante dell’onere economico predeterminato e complessivamente riveniente dai contratti di servizio stipulati in ambito regionale.
9. Da queste considerazioni possono essere ricavati i seguenti corollari:
1) come giustamente rilevato dal TAR, la riduzione del finanziamento regionale ha incidenza diretta sui servizi minimi di trasporto;
2) stante la correlazione biunivoca tra finanziamento ed organizzazione del servizio, sopra evidenziata, non è consentito alla Regione di incidere sul volume del primo, perché con ciò si induce una riduzione dell’offerta, la quale può invece essere giustificata solo dall’impossibilità, verificata a consuntivo, di assicurare la copertura finanziaria al privato gestore, per le condizioni in cui esso si trova concretamente ad operare;
3) tanto meno è consentito sottrarsi al necessario confronto preventivo con gli enti locali affidanti ed eludere tale obbligo con la raccomandazione di misure volte ad incrementare l’efficienza del servizio, come nella specie avvenuto, perché in tal modo si trasla su questi ultimi la responsabilità organizzativa e finanziaria inerente la fornitura del servizio di trasporto, oltre che a rischi di contenziosi nei confronti degli affidatari privati.
10. I punti ora enucleati meritano una notazione aggiuntiva.
Per venire alle questioni poste dal caso di specie, deve essere sottolineato che nemmeno la riduzione dei trasferimenti statali costituisce, di per sé, giusta causa di riduzione del finanziamento dei servizi minimi, laddove questa non si accompagni ad una preventiva rimodulazione degli stessi, da adottare secondo le procedure concertative stabilite dalla legislazione nazionale e regionale (le quali, come puntualmente evidenziato dal TAR, rimettono comunque alla regione la decisione finale, in caso di mancato raggiungimento dell’intesa: art. 20, comma 6, l. reg. n. 25/1998).
Come detto poc’anzi, infatti, il finanziamento regionale è la risultante dell’onere economico complessivamente riveniente dai contratti di servizio già stipulati ed impegnativi per gli enti locali stipulanti ai sensi dell’art. 1372 cod. civ.; inoltre, la regione è a sua volta obbligata dalla legislazione sopra esaminata a regolare i propri rapporti finanziari con gli enti locali in modo da garantire loro l’integrale copertura di tale onere.
Se infatti, come parimenti visto sopra, la mancanza originaria dei fondi regionali è causa di nullità testuale del contratto di servizio, laddove invece tale carenza sopravvenga alla stipulazione, a causa della riduzione unilaterale di detto finanziamento da parte della regione, è certamente configurabile la responsabilità contrattuale degli enti affidanti nei confronti dei gestori privati affidatari. Ma, sempre sulla base della ricostruzione dei rapporti sopra effettuata, anche la regione non può ritenersi esente da responsabilità, segnatamente in ragione del rapporto di garanzia che le norme sopra citate enucleano, con possibilità di chiamata in manleva, ed in ultima analisi di riversamento dell’onere economico dell’inadempimento sull’ente cui esso in definitiva avrebbe dovuto fare capo già dalla fase di formazione del bilancio.
Nell’ambito del rapporto tra i diversi livelli di governo, poi, appare assai arduo ricondurre la riduzione dei trasferimenti statali ad evento esonerativo di responsabilità per la regione, in specie negli attuali congiuntura economica e quadro di finanza pubblica, cosicché è in definitiva onere della regione programmare una politica di bilancio in grado di mantenere inalterato il finanziamento al trasporto locale e contemporaneamente l’equilibrio strutturale dei propri conti.
Ed una conferma di quanto ora affermato può ricavarsi dalla legge di attuazione dell’obbligo costituzionale del pareggio di bilancio recentemente approvata (l. n. 243/2012), che all’art. 6 circoscrive gli eventi eccezionali impeditivi del raggiungimento degli obiettivi programmatici a periodi di grave recessione, crisi finanziarie o gravi calamità naturali.
Contrariamente dunque al tradizionale schema gerarchico piramidale degli atti giuridici, che pone al vertice l’atto normativo primario ed alla base l’atto di autonomia negoziale, nel settore in questione è quest’ultimo che esplica effetto conformativo vincolante nei confronti del primo, in relazione al quale, pertanto, non si può invocare alcuna prerogativa di insindacabilità, quale configurabile in particolare, per tradizione, a proposito delle scelte di politica di bilancio.
10.1 Esaminato il fenomeno dal punto di vista della contabilità pubblica, non si può nutrire dubbio sul fatto che l’onere economico complessivamente riveniente dai contratti di servizio dia luogo all’iscrizione nello stato di previsione della spesa del bilancio regionale di spese obbligatorie, corrispondenti ad obbligazioni giuridicamente perfette, vale a dire di oneri incomprimibili in sede di redazione del bilancio, del tipo di quelli disciplinati a livello di contabilità e finanzia pubblica statale all’art. 21 l. n. 196/2009.
Per le quali spese, principi giuscontabilitistici di prudenza prescrivono la costituzione di fondi di riserva (cfr. art. 26 l. n. 196 citata), dai quali attingere per fronteggiare fenomeni di contrazione delle disponibilità, del tipo di quella verificabile in caso di riduzione dei finanziamenti, dovendosi poi riconoscere alle regioni, al fine di non rimanere inesorabilmente schiacciate dal peso delle obbligazioni civilistiche su di essa gravanti, da un lato, e le esigenze di coordinamento finanziario pubblico e riequilibrio dei conti dello Stato, dall’altro, di reagire contro la manovra imposta da quest’ultimo nella sede preposta, segnatamente attraverso l’impugnativa davanti alla Corte Costituzionale (ad es. per violazione del citato precetto costituzionale che impone la salvaguardia dei livelli minimi delle prestazioni ex art. 117, comma 1, lett. “m”, qualora il taglio dei trasferimenti venga prospettata come lesiva delle funzioni amministrative decentrate alle regioni ed afferenti tali livelli, nel senso dell’impossibilità di assicurarne il soddisfacimento; o per violazione del principio costituzionale del pareggio di bilancio recentemente introdotto, in relazione agli imperativi di rispetto dei vincoli europei posti dalla citata legge n. 243/2012 a carico delle regioni; senza considerare che per il futuro il problema potrebbe risolversi grazie al fondo statale, prefigurato all’art. 10 della citata legge n. 243/2012, per il finanziamento dei livelli essenziali delle prestazioni e delle funzioni fondamentali inerenti ai diritti civili e sociali devolute alle regioni.
11. Dopo questa lunga digressione è quindi possibile tirare le fila del discorso e fornire risposta alle questioni rilevanti in questo giudizio:
- deve innanzitutto convenirsi con la regione appellante che le assegnazioni dei fondi regionali impugnate, adottate ai sensi dell’art. 32 l. reg. n. 25/1998, altro non costituiscono che prese d’atto dello stanziamento regionale in bilancio;
- più precisamente, l’assegnazione dei fondi costituisce dal punto di vista contabile l’atto di impegno dei fondi stanziati in bilancio;
- conseguentemente, tale assegnazione non può eccedere l’ammontare di questi ultimi;
- la lesione delle posizioni di enti affidanti e delle imprese affidatarie del servizio di trasporto pubblico locale discende dunque dalla riduzione delle risorse finanziarie destinate in bilancio per tale aggregato di spesa, non già dalla successiva assegnazione;
- conseguentemente l’interesse ad agire in sede giurisdizionale amministrativa può reputarsi sorto, per entrambe le categorie dei predetti soggetti, in sede di manovra di bilancio;
- più precisamente, detto interesse deve reputarsi concretizzato ogniqualvolta la regione abbia operato una riduzione del finanziamento dei servizi minimi di trasporto senza che ciò sia giustificato da una quantificazione degli oneri da essi rivenienti in misura minore rispetto all’esercizio precedente;
- nondimeno l’azionabilità in giudizio di tale interesse non può evidentemente appuntarsi sullo stanziamento di bilancio, stante il valore formale di legge dell’atto con cui esso viene approvato;
- né vi è interesse ad impugnare l’atto giuntale di impegno e destinazione dello stanziamento allocato in bilancio, vale a dire gli atti impugnati in questa sede, giacché, da un lato, essi recano un effetto favorevole ai soggetti interessati, rivelandosi dunque non lesivi, e, dall’altro lato, con il loro annullamento questi ultimi non otterrebbero il risultato sperato di rimpinguare la dotazione finanziaria in misura corrispondente all’onere imposto dai contratti di servizio.
12. Conseguentemente, deve convenirsi con la regione appellante sul fatto che l’interesse dei soggetti ricorrenti in primo grado in questo giudizio non sussiste, dacché l’annullamento delle delibere giuntali e relativi atti consequenziali non reintegrerebbe la loro sfera giuridica e cioè non consentirebbe di ottenere l’integrale copertura finanziaria ad essi spettante per l’assolvimento degli obblighi loro imposti dai contratti di servizio, in quanto ciò lascerebbe comunque inalterato lo stanziamento di bilancio approvato in sede legislativa.
12.1 Quest’ultimo rilievo non equivale evidentemente a dire che i predetti soggetti si troverebbero privi di tutela giurisdizionale ed è dovere di questo Collegio fugare i dubbi sul punto, ancorché ciò non abbia utilità concreta ai fini del presente giudizio, essendo quanto finora osservato sufficiente per l’accoglimento dell’appello.
Sul punto, nella memoria conclusionale (e precisamente a pag. 6) la regione enuclea un profilo degno di rilievo, prospettando la possibilità di ricorrere ad altre azioni e cioè quella contro il silenzio ex art. 31 cod. proc. amm..
Il riferimento coglie un aspetto di fondo della questione meritevole di approfondimento.
Si allude cioè al dovere giuridico gravante sulla giunta regionale, organo di indirizzo politico-legislativo e titolare del potere di iniziativa in materia di bilancio, di assicurare la capienza dello stanziamento per la copertura finanziaria dei servizi minimi di trasporto pubblico regionale. Si è visto infatti sopra, analizzando la normativa di settore, come la regione non possa vantare al riguardo alcun potere discrezionale, essendo questo “prosciugato” a monte dalla legislazione statale e regionale, attuativa dei precetti comunitari, la quale, al fine di assicurare la copertura dei contratti di servizio, vincola giuridicamente l’ente regionale responsabile finanziariamente ad allocare nel bilancio previsionale una somma corrispondente a tale onere economico.
Del pari, analogo obbligo è configurabile per quanto concerne la convocazione della conferenza di servizi prodromica all’intesa sull’offerta dei servizi minimi inerenti il trasporto pubblico locale.
Tanto evidenziato, è noto che il nostro ordinamento processuale consente di rendere coercibili in sede giurisdizionale i doveri giuridici gravanti sull’autorità amministrativa, non già attraverso l’azione di annullamento, che mira invece ad opporsi a manifestazioni di potere unilaterale di questa, bensì con l’azione di esatto adempimento, recentemente positivizzata con il secondo correttivo al codice del processo amministrativo di cui al d.lgs. n. 160/2012 (all’art. 34, comma 1, lett. “c”, ancorché in connessione con l’azione di annullamento o contro il silenzio), ma per il passato ripetutamente ammessa dall’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato (sentenze 23 marzo 2011, n. 3 e 29 luglio 2011, n. 15), sul fondamento del principio di atipicità delle azioni e della tutela davanti al giudice amministrativo, quale corollario del precetto fondamentale di pienezza e satisfattività di tale tutela (art. 1 cod. proc. amm.). A questo specifico riguardo, non va dimenticato che nel solco tracciato nelle pronunce ora citate dell’organo di nomofilachia si è di recente posta questa Sezione (sentenza 27 novembre 2012, n. 6002), la quale ha statuito che l’azione di esatto adempimento è esperibile proprio nelle ipotesi in cui l’amministrazione si ponga non già come ente dotato di supremazia, titolare di poteri discrezionali o tanto meno prerogative di carattere politico, ma, come qualsiasi altro soggetto di diritto, destinatario di obblighi.
E ciò anche al fine specifico di ottenere una riprogrammazione dell’offerta (e del livello) dei servizi minimi del trasporto pubblico locale e di addivenire ad un’intesa nell’ambito del procedimento previsto dall’art. 20 l.reg. n. 25/1998.
13. Per tornare al presente giudizio, resta tuttavia ferma la conclusione di carenza di interesse ad agire dei soggetti originari ricorrenti per l’annullamento dei provvedimenti impugnati, per cui, in accoglimento del pertinente motivo d’appello, ripropositivo della relativa eccezione, deve essere dichiarata l’inammissibilità dei ricorsi rispettivamente proposti, con conseguente riforma della sentenza di primo grado.
13.1 Va peraltro soggiunto che sarebbe fondata anche l’eccezione, svolta in via subordinata, di improcedibilità per sopravvenuta carenza di tale interesse, per le ragioni debitamente esposte e documentate dalla regione odierna appellante.
In particolare, risulta dal computo chilometrico a consuntivo di cui alle delibere giuntali prodotte in questo grado d’appello [in particolare nel raffronto tra la delibera n. 3402 del 2011, relativa all’esercizio 2010, e n. 2312 del 2012, relativa all’esercizio 2011, il tutto come illustrato in memoria conclusionale (a pagg. 13 - 15)], che le imprese affidatarie del servizio ed odierne appellate hanno ridotto le percorrenze complessive, sulla cui base avviene la compensazione finanziaria imposta dal regolamento n. 1370/2007.
Ne consegue che, se da un lato ciò conferma, in termini pratici, la traslazione del taglio regionale del finanziamento al trasporto locale sulla complessiva offerta al pubblico attuato con le delibere impugnate, nondimeno risulta comprovato che ciò non si è tradotto in un pregiudizio di carattere economico per gli enti locali affidanti e soprattutto per i gestori privati.
Le spese di causa possono essere integralmente compensate per la novità e complessità delle questioni in essa trattate.

P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, dichiara inammissibili i ricorsi di primo grado.
Spese del doppio grado di giudizio integralmente compensate tra tutte le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 29 gennaio 2013 con l'intervento dei magistrati:
Carmine Volpe, Presidente
Francesco Caringella, Consigliere
Nicola Gaviano, Consigliere
Fabio Franconiero, Consigliere, Estensore
Carlo Schilardi, Consigliere


L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 27/03/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)


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