PROCESSO:
la conversione dell'intervento "ad adiuvandum"
in ricorso "principale"
(Cons. St., Sez. III ,
sentenza 30 aprile 2014 n. 2280).
Massima
Nel processo amministrativo, in ossequio alla teoria del
raggiungimento dello scopo, se un soggetto che, legittimato a proporre
direttamente impugnazione, propone invece atto di intervento ad adiuvandum, tale atto, se notificato e depositato nei
termini, può essere convertito in atto di assunzione in proprio del ricorso al
quale si era aderito, in applicazione del generale principio di conversione
negoziale di cui all'art. 1424 c.c., applicabile anche agli atti processuali.
*
* *
Sentenza per esteso
INTESTAZIONE
Il
Consiglio di Stato
in
sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha
pronunciato la presente
SENTENZA
sul
ricorso numero di registro generale 10445 del 2010, proposto da:
Carmine Damiano, Walther Faedi, Carlo Fideghelli, Giancarlo Imbroglini, Efisio Piano e Tito Schiva,
tutti rappresentati e difesi dagli avv.ti Luciano De Luca, Gianfranco Passalacqua e Guglielmo Calcerano, con domicilio eletto presso Gianfranco Passalacqua, in Roma, via Giovanni Vitelleschi n. 26;
Carmine Damiano, Walther Faedi, Carlo Fideghelli, Giancarlo Imbroglini, Efisio Piano e Tito Schiva,
tutti rappresentati e difesi dagli avv.ti Luciano De Luca, Gianfranco Passalacqua e Guglielmo Calcerano, con domicilio eletto presso Gianfranco Passalacqua, in Roma, via Giovanni Vitelleschi n. 26;
contro
-
Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura - CRA,
in persona del legale rappresentante pro tempore;
Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali,
in persona del Ministro pro tempore,
costituitisi in giudizio, per legge rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato e domiciliati presso gli uffici della stessa, in Roma, via dei Portoghesi, 12;
in persona del legale rappresentante pro tempore;
Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali,
in persona del Ministro pro tempore,
costituitisi in giudizio, per legge rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato e domiciliati presso gli uffici della stessa, in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei
confronti di
Emilio
Amorini, Silvano Avolio, Paolo Bazzoffi, Anna Benedetti, Enrico Biancardi,
Antonio Borghese, Caterina Briccoli Bati, Luciano Cappellozza, Giovanni
Cargnello, Marisa Castagnoli, Alfredo Cersosimo, Gaetano Ciolfi, Giuliano
Colorio, Maria Grazia D'Egidio, Giovanna Del Bene, Ersilio Desiderio, Natale Di
Fonzo, Gianfranco Fabbio, Enrico Farina, Valentino Ferrari, Donato Ferri,
Roberto Giangiacomo, Italo Giordano, Liviana Leita, Nicola Losavio, Vitangelo
Magnifico, Giorgio Masoero, Marcello Mastrorilli, Maria Bianca Moioli, Mario
Motto, Miriam Odoardi, Sandro Palmieri, Renato Paoletti, Carlo Pasini, Livia
Persano Oddo, Giacomo Pirlo, Filippo Piro, Marcello Raglione, Giovanni Santoro,
Gianfranco Scrinzi, Emilio Senesi, Paolo Sequi, Giovanni Tabacchi, Armando
Testoni e Giovanna Vlahov,
non costituitisi in giudizio;
non costituitisi in giudizio;
sul
ricorso numero di registro generale 10471 del 2010, proposto da:
Emilio Amorini, Silvano Avolio, Paolo Bazzoffi, Antonio Borghese, Caterina Briccoli Bati, Alfredo Cersosimo, Gaetano Ciolfi, Giuliano Colorio, Giovanna Del Bene, Gianfranco Fabbio, Enrico Farina, Valentino Ferrari, Donato Ferri, Vitangelo Magnifico, Marcello Mastrorilli, Miriam Odoardi, Carlo Pasini, Livia Persano Oddo, Marcello Raglione, Giovanni Santoro, Gianfranco Scrinzi, Emilio Senesi, Paolo Sequi e Giovanni Vlahov,
rappresentati e difesi dagli avv.ti Luciano De Luca, Gianfranco Passalacqua e Guglielmo Calcerano, con domicilio eletto presso Gianfranco Passalacqua, in Roma, via Vitelleschi n.26;
Emilio Amorini, Silvano Avolio, Paolo Bazzoffi, Antonio Borghese, Caterina Briccoli Bati, Alfredo Cersosimo, Gaetano Ciolfi, Giuliano Colorio, Giovanna Del Bene, Gianfranco Fabbio, Enrico Farina, Valentino Ferrari, Donato Ferri, Vitangelo Magnifico, Marcello Mastrorilli, Miriam Odoardi, Carlo Pasini, Livia Persano Oddo, Marcello Raglione, Giovanni Santoro, Gianfranco Scrinzi, Emilio Senesi, Paolo Sequi e Giovanni Vlahov,
rappresentati e difesi dagli avv.ti Luciano De Luca, Gianfranco Passalacqua e Guglielmo Calcerano, con domicilio eletto presso Gianfranco Passalacqua, in Roma, via Vitelleschi n.26;
contro
-
Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura - CRA,
in persona del legale rappresentante pro tempore;
Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali,
in persona del Ministro pro tempore,
non costituitisi in giudizio;
in persona del legale rappresentante pro tempore;
Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali,
in persona del Ministro pro tempore,
non costituitisi in giudizio;
nei
confronti di
Carmine
Damiano, Walther Faedi, Carlo Fideghelli, Giancarlo Imbroglini, Pasquale
Martinelli, Giancarlo Moretti, Efisio Piano, Antonio Piracci e Tito Schiva,
non costituitisi in giudizio;
non costituitisi in giudizio;
per
la riforma
della
sentenza del T.a.r. Lazio –Roma, Sezione II Quater, n. 18499/2010.
Visti
i ricorsi in appello ed i relativi allegati;
Visto
l’atto di costituzione in giudizio del Consiglio per la Ricerca e La
Sperimentazione in Agricoltura-Cra e del Ministero delle Politiche Agricole
Alimentari e Forestali nel solo ricorso n. 10445/2010;
Viste
le memorie difensive;
Visti
tutti gli atti della causa;
Relatore,
nell'udienza pubblica del giorno 20 febbraio 2014, il Cons. Roberto Capuzzi;
Uditi
per le parti, alla stessa udienza, gli avvocati G. Passalacqua e G.Calcerano,
nonché l’Avvocato dello Stato Cinzia Melillo;
Ritenuto
e considerato in fatto e diritto quanto segue:.
FATTO
Gli
appellanti nel ricorso n. 10445/2010 all’esame, costituitisi con atto di
intervento ad adiuvandum ritualmente notificato e con
assunzione in proprio del ricorso principale nel giudizio di primo grado
proposto da alcuni direttori di istituto e di sezione degli istituti e delle
strutture di cui all’allegato I al D. Lgs. n. 454/1999, esponevano che con d.
lgs. n. 454/1999 veniva istituito il Consiglio per la ricerca e la
sperimentazione in agricoltura (d’ora in poi CRA), al fine di razionalizzare il
sistema della ricerca agricola mediante istituzione di un unico ente, vigilato
e tutelato dal MIPAF.
In
base all’art. 1, co. 4, del d. lgs. n. 454/1999 “Gli Istituti scientifici e
tecnologici e le relative sezioni operative di cui al decreto del Presidente
della Repubblica 23 novembre 1967, n. 1318 e alla legge 6 giugno 1973, n. 306 e
le altre istituzioni e strutture di ricerca incluse nell’allegato I al presente
decreto, costituiscono, in prima attuazione, gli istituti del Consiglio,
mantenendo la propria autonomia scientifica, amministrativa, contabile e
finanziaria, nell’ambito delle disposizioni del presente decreto”.
Gli
interventori ad adiuvandum, così come gli originarii ricorrenti,
erano tutti vincitori di concorso bandito per la copertura dei rispettivi
profili direttivi di tali istituzioni e strutture, con espressa equiparazione
al profilo di professore universitario ed estensione delle garanzie didattiche
e di autonomia scientifica proprie di tale status.
Vigente
la disciplina di cui al d.P.R. n. 1318/1967, gli stessi, in qualità di
Direttori di Istituto e di Sezione, erano stati inquadrati nel relativo ruolo
fino alla data del 1° ottobre 2004, con retribuzione a valere sulle risorse del
MIPAF.
A
seguito della approvazione dello statuto del CRA con D.I. 5 marzo 2004 e dei
regolamenti di organizzazione e contabilità con DD. 1 ottobre 2004, gli
interessati, secondo le previsioni di cui al d.lgs. n. 454/1999, venivano
trasferiti nell’organico del nuovo ente nel corrispondente profilo.
L’art.
9, co. 4, del d.lgs. n. 454/1999 prevede, in particolare, che a decorrere dalla
data di approvazione dello statuto e dei regolamenti interni del CRA “i
direttori di istituto e i direttori di sezione degli istituti e delle strutture
di cui all'allegato I, in servizio alla data di entrata in vigore del presente
decreto, sono inseriti nel ruolo di cui al comma 3, ed inquadrati, anche in
soprannumero riassorbibile nel corrispondente livello del profilo professionale
dei ricercatori del comparto della ricerca, mantenendo l'anzianità di servizio
maturata e la retribuzione in godimento, se più favorevole”.
Con
provvedimento del Direttore Generale del CRA, sulla base di deliberazioni
assunte dal consiglio di amministrazione dell’ente nelle sedute del 3 e 16
novembre 2004, i Direttori d’Istituto e di Sezione in carica venivano
confermati transitoriamente nelle responsabilità di direzione, in attesa della
operatività del nuovo piano di organizzazione.
Il
CRA, peraltro, non provvedeva in via definitiva al perfezionamento contrattuale
del nuovo status dei Direttori e l’assetto transitorio perdurava per circa tre
anni, in assenza di qualsivoglia determinazione in ordine al trattamento
accessorio spettante a fronte del carico di responsabilità connesse
all’incarico attribuito ai ricorrenti.
Gli
interessati, infatti, in assenza di un formale, definitivo, riconoscimento
degli incarichi dirigenziali ricoperti, svolgevano, in virtù di pubblico
concorso, le funzioni di Direttore di Istituto e di Sezione, con assunzione di
responsabilità gestionali, oltre a quelle legate alla direzione dell’attività
di ricerca scientifica.
Al
fine di chiarire la propria posizione nei confronti della Amministrazione, con
apposito atto stragiudiziale depositato presso il CRA in data 1 agosto 2007,
alcuni Direttori di Istituto e di Sezione invitavano l’ente ad avviare “un
confronto formale in contraddittorio finalizzato alla definizione della
rispettiva posizione contrattuale, alla luce delle previsioni di legge ed in considerazione
della peculiarità dello status rivestito”.
Con
il medesimo atto si proponeva formale istanza di partecipazione ed accesso agli
atti del procedimento, ai sensi degli artt. 7, 9, 10 e 22 della legge n.
241/1990.
In
data 10 settembre 2007 i Direttori di Istituto e di Sezione ricorrenti in primo
grado, per mezzo del proprio legale, effettuavano accesso agli atti del
procedimento presso la sede legale del CRA.
In
tale occasione i medesimi venivano a sapere che l’Amministrazione resistente
aveva già assunto una notevole mole di provvedimenti in merito alla
organizzazione dei propri livelli direttivi ed all’inquadramento giuridico
contrattuale dei Direttori, senza peraltro coinvolgere in alcun modo nella
detta procedura i diretti interessati.
Infatti,
si apprendeva che in data 18 giugno 2007 il CRA e talune Organizzazioni
Sindacali avevano approvato, con distinti verbali di accordo, un documento
denominato “Criteri di inquadramento nel ruolo del CRA del personale ex decreto
legislativo 29 ottobre 1999, n. 454 ‘Riorganizzazione del settore della ricerca
in agricoltura, a norma dell’art. 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59’ articolo
9, comma 4”.
I
suddetti criteri risultavano, si espone, gravemente lesivi della posizione
Direttori di Istituto e di Sezione.
In
particolare le modalità di calcolo evidenziate all’art. 4 dell’accordo sui
criteri di inquadramento producevano numerosi effetti distorsivi e contrari
alla ratio dell’art. 9, co. 4, d.lgs. n. 454/99 senza conservare ai soggetti
trasferiti nei ruoli del CRA il migliore trattamento economico e giuridico già
in godimento.
Inoltre,
l’accordo del 18 giugno 2007 non si sarebbe preoccupato di assicurare
l’opportuno e necessario riconoscimento, sotto il profilo economico e
giuridico, delle mansioni direttive per anni svolte nella fase transitoria
successiva al D.Lgs. n. 454/1999.
In
occasione dell’accesso svoltosi in data 10 settembre 2007, si apprendeva
altresì che con delibera n. 98/07 del 2 agosto 2007 il consiglio di
amministrazione dell’ente di ricerca stabiliva che “gli atti istitutivi dei
centri e delle unità saranno resi efficaci con la sottoscrizione dei rispettivi
decreti del Presidente il 9 agosto 2007”.
Al
contempo, con delibera del consiglio di amministrazione n. 116/07 in pari data,
preso atto che “le attuali disponibilità finanziarie iscritte in bilancio non
consentono di far fronte agli oneri per l’affidamento degli incarichi di
direzione a personale esterno all’Ente” si conferiva mandato al Direttore f.f.
affinché procedesse al “perfezionamento dei provvedimenti di conferimento degli
incarichi di direzione temporanea”.
Tali
provvedimenti ed il connesso piano di riorganizzazione, che prevedeva
l’istituzione di Centri e Unità di ricerca in luogo dei precedenti Istituti e
Sezioni, determinavano, sempre secondo la tesi degli istanti, una illegittima
ed arbitraria discriminazione tra alcuni Direttori, che avrebbero continuato ad
essere assegnatari di mansioni direttive ed altri, nonostante che tutti fossero
risultati vincitori a suo tempo di apposito concorso a tal fine bandito.
A
seguito del contraddittorio instauratosi con l’Amministrazione in virtù della
già richiamata istanza stragiudiziale in data 1 agosto 2007, il CRA trasmetteva
nota, con cui manifestava la disponibilità ad attivare un formale confronto con
i Direttori in merito ai criteri di inquadramento.
Inoltre,
l’amministrazione si impegnava a formalizzare, con successivi atti, il
riconoscimento delle funzioni direttive svolte dai Direttori nei pregressi
istituti di ricerca in agricoltura nell’ambito dei futuri bandi per la
copertura degli incarichi direttivi nelle nuove strutture del CRA, ai fini
della valutazione dei candidati.
Con
successiva delibera n. 149/07 del 26 settembre 2007 il CRA stabiliva “di
nominare i responsabili della gestione degli ex istituti per il residuo periodo
dell’anno come da elenco allegato” e “di delegare il Direttore Generale
all’emanazione di apposito disciplinare che stabilisca le modalità di gestione
e i tempi di trasferimento delle competenze e delle connesse responsabilità
dalle strutture di cui all’allegato I d.lgs. n. 454/99 ai centri ed alle Unità
istituite con delibera n. 63/07”.
Anche
tale ultima delibera si risolveva, secondo i ricorrenti, nella introduzione di
ulteriori arbitrarie discriminazioni tra i Direttori di Istituto e di Sezione
in ordine alla attribuzione delle mansioni direttive e nessun provvedimento era
comunque adottato al fine di sospendere le procedure di inquadramento in corso,
per consentire l’effettiva apertura di un tavolo di concertazione volto a
rideterminare i criteri di cui alla delibera del 26 giugno 2007.
Infine
alcuni Direttori di Istituto e di Sezione, odierni appellanti nel ricorso n.
10471 del 2010, impugnavano davanti al Tar per il Lazio, sede di Roma i
seguenti atti:
-
la delibera del Consiglio di Amministrazione del CRA n. 84/07 in data 26 giugno
2007, recante “Inquadramento dei Direttori d’istituto e Direttori di Sezione di
cui all’allegato I del D.Lgs. n. 454/99”, acquisita mediante accesso agli atti
del procedimento ex L. n. 241/1990 effettuato in data 10 settembre 2007;
-
la delibera del consiglio di amministrazione del CRA n. 98/07 in data 2 agosto
2007, recante “Decorrenza dell’efficacia degli atti istitutivi dei Centri e
delle Unità di Ricerca”, acquisita mediante accesso agli atti del procedimento
ex L. n. 241/1990 effettuato in data 10 settembre 2007;
-
la delibera del consiglio di amministrazione del CRA n. 116/07 in data 2 agosto
2007, recante “Nomina dei Direttori incaricati dei Centri e delle Unità di
Ricerca”, acquisita mediante accesso agli atti del procedimento ex L. n.
241/1990 effettuato in data 10 settembre 2007;
-
la delibera del consiglio di amministrazione del CRA n. 149/07 in data 26
settembre 2007, recante “Gestione bilancio 2007 e nomina responsabili amministrativi”;
-
il verbale di intesa CRA-USI/RdB in data 18 giugno 2007, acquisito mediante
accesso agli atti del procedimento ex L. n. 241/1990 effettuato in data 10
settembre 2007, per quanto di interesse;
-
il verbale di intesa CRA-ANPRI in data 18 giugno 2007, acquisito mediante
accesso agli atti del procedimento ex L. n. 241/1990 effettuato in data 10
settembre 2007, per quanto di interesse;
-
il verbale di intesa CRA-FLC/CGIL, FIR/CISL, UIL/PA UR in data 18 giugno 2007,
acquisito mediante accesso agli atti del procedimento ex L. n. 241/1990
effettuato in data 10 settembre 2007;
-
la delibera del consiglio di amministrazione del CRA n. 48 del 3 novembre 2004,
recante “Elementi di valutazione per l’individuazione dei Direttori temporanei
delle strutture di Ricerca”, acquisita mediante accesso agli atti del
procedimento ex L. n. 241/1990 effettuato in data 10 settembre 2007;
-
la delibera del consiglio di amministrazione del CRA n. 49 in data 3 novembre
2004, recante “Incarico temporaneo dei Direttori degli Istituti di cui all’art.
25, comma 3 dello Statuto ed all’art. 24, comma 2, del Regolamento di
organizzazione e funzionamento”, acquisita mediante accesso agli atti del
procedimento ex L. n. 241/1990 effettuato in data 10 settembre 2007;
-
la delibera del consiglio di amministrazione del CRA n. 62 in data 16 novembre
2004, recante “Integrazioni e rettifiche alla delibera relativa agli affidamenti
di incarichi di direzione temporanei”, acquisita mediante accesso agli atti del
procedimento ex L. n. 241/1990 effettuato in data 10 settembre 2007.
Deducevano
la illegittimità degli atti per violazione degli artt. 2, 3, 35, 51 e 97 della
Costituzione; violazione e/o falsa applicazione di legge e regolamento, con
particolare riferimento alla legge n. 241/1990 e al d.lgs. n. 454/1999;
disparità di trattamento, difetto di istruttoria, illogicità e carenza di
motivazione.
Si
costituiva in giudizio per il CRA l’Avvocatura dello Stato, deducendo la
infondatezza del ricorso e chiedendone il rigetto.
Con
ricorso per motivi aggiunti gli stessi ricorrenti impugnavano la delibera del
consiglio di amministrazione del CRA n. 10 in data 6 febbraio 2008, recante
“Inquadramento dei Direttori delle strutture di ricerca del CRA” deducendone la
illegittimità per violazione degli artt. 2, 3, 35, 51 e 97 della Costituzione;
violazione e/o falsa applicazione di legge e regolamento, con particolare
riferimento alla legge n. 241/1990, al d.lgs. n. 454/1999; disparità di
trattamento, difetto di istruttoria, illogicità e carenza di motivazione.
Si
costituivano con intervento ad adiuvandum, tra gli altri, i signori
Carmine Damiano, Walther Faedi, Carlo Fideghelli, Giancarlo Imbroglini, Efisio
Piano, Tito Schiva, odierni appellanti nel ricorso n. 10445 del 2010.
Il
Tar riteneva con ampia motivazione che il ricorso fosse infondato.
Con
l’atto di appello rubricato n. 10445 del 2010 gli anzidetti interventori ad
adiuvandum nel giudizio di primo grado lamentano con dovizia di
argomentazioni vari profili di erroneità della sentenza sotto il profilo della
mancanza di formale contraddittorio procedimentale da parte del Ministero e del
CRA con i Direttori di Istituto e di Sezione, nonché violazione del d.lgs. n.
454/1999; chiedono altresì che venga rimesso alla Corte Costituzionale l’esame
della questione di costituzionalità dell’art. 9, co. 4, del d.lgs. n. 454/1999
per violazione degli artt. 2, 3, 35, 51 e 97 della Costituzione.
L’amministrazione
appellata, costituitasi in giudizio, non ha presentato memorie difensive.
Con
distinto atto di appello, rubricato al n. R.G. 10471/2010, la stessa sentenza
di primo grado è impugnata pure dagli originari ricorrenti, con censure in
tutto identiche a quelle sviluppate nel sopra indicato atto di appello n. 10445
del 2010.
Non
si è costituita in tale giudizio l’Amministrazione dell’Agricoltura.
Alla
pubblica udienza del 20 febbraio 2014, dopo l’ampia discussione, le due cause,
chiamate e trattate congiuntamente, sono state trattenute dal Collegio per la
decisione.
DIRITTO
1.
Le due impugnazioni, proposte separatamente avverso la stessa sentenza, vanno
riunite, per essere definite con una sola decisione ( art. 96, comma 1, c.p.a.
).
2.
Sempre preliminarmente, in relazione all’atto di appello n. 10445 del 2010, va
rilevata la ammissibilità dell’atto di intervento ad adiuvandum proposto
in primo grado dai titolari di una posizione tutelabile con una propria
impugnativa ( odierni appellanti ), valendo tale intervento quale ricorso
autonomo, nella misura in cui con lo stesso, ritualmente notificato al CRA ed
al Ministero, gli interessati hanno inteso gravare, facendo valere un interesse
autonomo alla loro rimozione, gli stessi provvedimenti lesivi impugnati dai ricorrenti
principali nel ricorso innanzi al T.A.R. rubricato al n. 11104 del 2007, nel
momento in cui gli intervenienti stessi ne avevano acquisito conoscenza.
Ed
infatti, in ossequio alla teoria del raggiungimento dello scopo, se un soggetto
che, legittimato a proporre direttamente impugnazione, propone invece atto di
intervento ad adiuvandum, tale atto, se notificato e depositato nei
termini, può essere convertito in atto di assunzione in proprio del ricorso al
quale si era aderito, in applicazione del generale principio di conversione
negoziale di cui all’art. 1424 cod. civ., applicabile anche agli atti
processuali (Cons. Stato, Sez. IV, 27.5.2002, n. 2928).
Poiché
nel caso in esame vengono impugnati atti amministrativi mai notificati
formalmente agli interessati, né pubblicati, non è possibile individuare un dies
a quo da cui fare decorrere il termine decadenziale di proposizione
del ricorso di primo grado con riferimento alla posizione di quei soggetti,
come gli appellanti nel predetto atto n. 10445/2010, che non parteciparono
all’accesso amministrativo svoltosi presso il CRA in data 10 settembre 2007, di
cui alla parte in fatto della presente sentenza; del resto, nemmeno è
contestata da controparte la tardività dell’impugnazione, che riguarda,
affermano gli intervenienti odierni appellanti, “delibere del CdA del C.R.A. …
mai rese pubbliche ... né comunicate individualmente agli interessati”.
Da
tanto deriva anche la legittimazione degli stessi a proporre appello (v. art.
102 c.p.a.).
3.
Venendo al merito dei proposti appelli, va premesso che con il d. lgs. n.
454/1999, recante la “Riorganizzazione del settore della ricerca in
agricoltura, a norma dell’articolo 11 della legge 15 marzo 1997 n.59”, veniva
istituito il Consiglio per la ricerca e sperimentazione in agricoltura, di
seguito CRA, al fine di razionalizzare il sistema della ricerca agricola
mediante istituzione di un unico ente vigilato e tutelato dal MIPAF (oggi
MIPAAF).
Le
figure professionali dei Direttori di Istituto e di Sezione, che da anni operavano
nell’ambito della ricerca nelle strutture che oggi fanno capo al CRA, sono
state interessate, secondo le previsione di cui al d. lgs. n. 454/99, dalle
procedure di trasferimento nell’organico del nuovo ente nel corrispondente
profilo.
Il
Ministero, d’intesa con le OO.SS., ha proposto l’inquadramento di tali figure
professionali anche in soprannumero riassorbibile al I° livello di Dirigente di
Ricerca del profilo professionale di Ricercatore e con un assegno ad personam
ai fini del mantenimento del medesimo livello retributivo precedentemente
percepito (art.9 co.4 del d.lgs. 454/99).
Con
provvedimento del Direttore Generale del CRA, sulla base di deliberazioni
assunte dal consiglio di amministrazione dell’ente nelle sedute del 3 e 16
novembre 2004, i Direttori di Istituto e di Sezione in carica venivano
confermati per il periodo transitorio nelle responsabilità di direzione in
attesa della operatività del nuovo piano di organizzazione e senza che il CRA
provvedesse al contestuale inquadramento dei Direttori stessi nel nuovo profilo
professionale del comparto di Ricerca.
I
criteri di inquadramento approvati nel 2007, con notevole ritardo rispetto alla
data di entrata in vigore del d. l.vo n. 454/1999 ed all’entrata in vigore
dello Statuto del CRA (1 ottobre 2004), erano finalizzati all’inquadramento dei
ricorrenti nei ruoli del CRA con efficacia retroattiva, a fare data dal 1
ottobre 2004.
4.
Con il primo motivo gli appellanti contestano la reiezione, da parte del primo
giudice, della censura, dagli stessi già sollevata in primo grado, di assenza
di un formale contraddittorio procedimentale nonostante che il CRA avesse
avviato e portato a compimento una complessa procedura di riassetto
organizzativo degli enti di ricerca in agricoltura che aveva comportato l’azzeramento
e la ridefinizione dei vertici scientifici ed amministrativi del settore, senza
alcun confronto con i soggetti che costituivano l’apice di tale ramo della
amministrazione pubblica e che, depositari della memoria storica per la
esperienza quarantennale negli istituti di ricerca e sperimentazione, meglio di
altri avrebbero potuto contribuire alla razionalizzazione e alla rispondenza
all’interesse pubblico dei provvedimenti gravati.
Secondo
gli appellanti tale coinvolgimento avrebbe costituito un obbligo giuridico per
l’amministrazione, al fine di indirizzare le scelte operative dell’Ente verso
la individuazione di criteri di inquadramento e di riorganizzazione coerenti
con il perseguimento dell’interesse pubblico, dando attuazione alle previsioni
del dettato normativo.
Il
Tar ha ritenuto che la doglianza fosse infondata, in quanto le OO.SS.
rappresentative del comparto ricerca, che avevano partecipato alle numerose
consultazioni tenutesi per definire i criteri da utilizzarsi per
l’inquadramento dei Direttori, erano le uniche normativamente legittimate a
tale rappresentanza, poiché i ricorrenti, in applicazione dell’art. 9 del D.
Lgs. n. 454/1999 ed in specie dei relativi co. 2, 3 e 4, erano inseriti dal
1°.10.2004 nel relativo comparto, risultando destinatari delle norme dettate
dal C.C.N.L. di categoria stipulato per il tramite delle organizzazioni
sindacali, senza che potesse in alcun modo avere rilevanza, ai fini della
rappresentatività, la mancata iscrizione degli stessi in tali organizzazioni.
Gli
appellanti criticano le conclusioni del Tar, sull’assunto che fino al loro
formale inquadramento i Direttori avrebbero costituito personale non
contrattualizzato disciplinato ex lege (dPR n. 1318/67) e quindi non potevano
considerarsi rappresentati dalle OO.SS. di categoria del comparto ricerca; né
l’art. 9 del d.lgs. n. 454/1999 disponeva, così come opinato dal Tar,
l’immediato passaggio al regime disciplinato dalla contrattazione collettiva
rinviando sul punto alla successiva attività della amministrazione ed alla
concreta stipulazione di rapporti di lavoro individuali, tant’è che fino al
2008 ognuno degli appellanti aveva continuato a percepire il trattamento
economico e giuridico previsto dal dPR n.1318/1967.
5.
Le argomentazioni degli appellanti non sono condivisibili e la sentenza del Tar
sul punto deve essere confermata.
In
generale occorre ricordare che, ai sensi dell'art. 13 l. n. 241 del 1990, il
principio di partecipazione procedimentale, di cui all'art. 7 della medesima
legge, non trova applicazione nei confronti degli atti amministrativi generali.
Tra
tali atti vanno compresi anche quelli di organizzazione degli uffici della p.a.
ed i criteri generali di inquadramento, ai quali deve ricondursi il verbale del
18 giugno 2007, con il quale il CRA ed alcune OO.SS. avevano approvato i
criteri di inquadramento nel ruolo CRA del personale di cui al d. lgs. n.
454/1999.
Inoltre
deve osservarsi che la titolarità di un pubblico ufficio, se è idonea ad
abilitare il titolare ad impugnare gli atti di organizzazione che incidono
negativamente sull'assetto e sulle funzioni dell' ufficio rivestito, non
implica per ciò solo anche il diritto del titolare di partecipare, ai sensi
della generale previsione dell'art. 7 della legge n. 241 del 1990, al
procedimento volto all'adozione degli atti organizzatori stessi, dovendo,
l'eventuale apporto collaborativo del titolare dell'ufficio interessato dalle
modifiche organizzative, essere strutturato ed incardinato all'interno della
disciplina posta dall'ordinamento generale o da fonti interne all'ente, che
prevede e regola il procedimento stesso.
Orbene,
in materia di “Potere di organizzazione” dei pubblici uffici, a norma
dell’articolo 5, comma 2, primo periodo, del D. Lgs. n. 165/2001, “nell'ambito
delle leggi e degli atti organizzativi di cui all'articolo 2, comma 1, le
determinazioni per l'organizzazione degli uffici e le misure inerenti alla
gestione dei rapporti di lavoro sono assunte in via esclusiva dagli organi
preposti alla gestione con la capacità e i poteri del privato datore di lavoro,
fatti salvi la sola informazione ai sindacati per le determinazioni relative
all'organizzazione degli uffici ovvero, limitatamente alle misure riguardanti i
rapporti di lavoro, l'esame congiunto, ove previsti nei contratti di cui
all'articolo 9”.
Ne
deriva che nella materia di cui trattasi la partecipazione procedimentale va
garantita, ed i soggetti abilitati alla stessa vanno individuati, nei limiti
risultanti dalla norma indicata, del cui rispetto non si fa’ qui discussione.
Sotto
altro ed ancor più decisivo profilo, occorre sottolineare che, a mente del già
richiamato articolo 9 del d.lgs. n. 454/1999, “a decorrere dalla data di
approvazione dello statuto dei regolamenti di cui all'articolo 7 sono soppressi
tutti gli organismi preposti agli istituti inclusi nell'allegato I e cessano
dall'incarico i direttori degli stessi” (co. 2) e “… dalla stessa data viene
soppresso il ruolo del personale degli istituti di ricerca e sperimentazione
agraria del Ministero ed il personale è trasferito nel ruolo organico del
Consiglio, mantenendo l'anzianità di servizio maturata e il profilo e livello
acquisiti” (co. 3); “a decorrere dalla medesima data, i direttori inseriti nel
ruolo di cui al comma 3, vengono inquadrati, anche in soprannumero
riassorbibile nel corrispondente livello del profilo professionale dei
ricercatori del comparto della ricerca, mantenendo l'anzianità di servizio
maturata e la retribuzione in godimento, se più favorevole” (co. 4).
Lo
Statuto del CRA veniva approvato con D.I. 5 marzo 2004 e successivamente
venivano approvati i regolamenti di organizzazione e contabilità (con DD.II. 1°
ottobre 2004); pertanto risulta erronea l’affermazione degli appellanti di
avere mantenuto la posizione di inquadramento in precedenza rivestita negli
Istituti sino al 2008, in quanto il nuovo ruolo doveva considerarsi già
esistente dal 1° ottobre 2004 e gli ex Direttori degli IRSA, così come
esattamente argomentato dal Tar, ricadevano a pieno titolo nella contrattazione
collettiva degli enti di ricerca con connessa rappresentanza delle
organizzazioni sindacali di categoria, mentre agli atti di formale
inquadramento non poteva attribuirsi alcun effetto costitutivo ma meramente
ricognitivo dell’ inserimento nel comparto di ricerca già avvenuto ex lege.
6.
Con un secondo motivo (punto 3) gli appellanti lamentano la erroneità della
sentenza del primo giudice in relazione alla reiezione della articolata censura
con la quale essi denunziavano la contraddittorietà ed inadeguatezza dei
criteri generali approvati dal CRA il 26.6.2007 e della relativa istruttoria
procedimentale.
I
ricorrenti sostenevano che, a seguito degli inquadramenti, i corrispettivi
spettanti ai Direttori risultavano non solo illegittimamente sottostimati in
quanto non garantivano la conservazione del migliore trattamento economico fino
allora percepito, ma altresì ancorati ad un riferimento temporale del tutto
erroneo ed incongruo.
Infatti,
secondo gli atti impugnati, ai fini della collocazione nelle fasce stipendiali,
si sarebbe tenuto conto della “anzianità di servizio maturata dalla nomina a
Direttore straordinario fino al 30 settembre 2004”, con ciò ponendo nel nulla
gli ulteriori 3 anni di anzianità maturati dai ricorrenti quali Direttori degli
Istituti e delle Sezioni di ricerca nel periodo transitorio.
Oltre
al mancato mantenimento del miglior trattamento economico già in godimento, gli
appellanti si dolevano del fatto che nel nuovo assetto organizzativo solo per
alcuni di loro fosse prevista lo svolgimento di funzioni direttive, pur essendo
risultati tutti vincitori di concorsi finalizzati a tale svolgimento.
Il
Tar respingeva il motivo ritenendo, con analitiche argomentazioni, che, al
contrario di quanto sostenuto nel ricorso, i criteri di inquadramento avevano
garantito il mantenimento, per il tramite di un assegno ad personam, della
stessa retribuzione precedentemente percepita e, quanto all’aspetto giuridico,
che l’inquadramento nell’ambito della Dirigenza al livello apicale era tale da
conservare e valorizzare lo status in precedenza raggiunto e la esperienza
lavorativa maturata nella direzione dei rispettivi plessi di ricerca.
In
specie, per l’aspetto giuridico, il Tar rilevava che si era tenuto conto
dell’art. 2103 c.c. come recepito nel pubblico impiego dall’art. 52 co.1 del
d.lgs. n.165/01 e dei criteri di cui all’art. 6 del CCNL del comparto enti e
istituzioni di ricerca (equivalenza del titolo di studio previsto
dall’inquadramento nel comparto di provenienza con quello corrispondente nel
comparto di ricerca ed equivalenza dei compiti propri del profilo di
inquadramento di origine con quelli del profilo di destinazione).
7.
Nell’atto di appello vengono criticate le argomentazioni del giudice di primo
grado sul rilievo che in esse si rinvengono statuizioni in ordine ad aspetti
sostanziali e giuslavoristici da considerare riservati al sindacato del giudice
ordinario.
Vengono
censurati in particolare i seguenti i passaggi della sentenza, che si assumono
del tutto erronei:
a)
“l’assegno aggiuntivo previsto dal d.P.R. 382/80 viene conservato quale assegno
ad personam non riassorbibile e pensionabile per l’importo risultante dalla
differenza tra la somma relativa a detto assegno in godimento alla data del 30
settembre 2004 e la somma dell’indennità di valorizzazione professionale
spettante ai dirigenti di ricerca ai sensi dell’art. 8 CCNL 21/2/2002, comparto
ricerca, II° biennio economico”;
b)
“risulta garantito il mantenimento, per il tramite di un assegno ad personam,
del medesimo livello retributivo precedentemente percepito mentre
l’inquadramento nell’ambito della Dirigenza consente di garantire la
valorizzazione della esperienza lavorativa maturata dai ricorrenti nei
rispettivi plessi di ricerca”.
c)
“le figure professionali dei Direttori di Istituti e di Sezione sono state
inserite nel ruolo dei ricercatori universitari con la conservazione del
medesimo trattamento giuridico goduto in precedenza”.
8.
Osserva preliminarmente sul punto la Sezione che è sicuramente ipotizzabile che
la tutela giurisdizionale inerente al rapporto di lavoro di un pubblico
dipendente possa avvenire davanti al giudice amministrativo quando venga
impugnato direttamente un atto di macro-organizzazione che si assume
autonomamente lesivo e davanti al giudice ordinario quando il dipendente
contesti l'atto di gestione, applicativo o consequenziale rispetto a quello
organizzativo.
Infatti
la giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione ha chiarito che spetta alla
giurisdizione del giudice amministrativo la diretta cognizione degli atti
recanti le linee fondamentali di organizzazione degli uffici, adottati dalle
amministrazioni quali atti presupposti, nei confronti dei quali sono
configurabili situazioni di interesse legittimo derivando gli effetti pregiudizievoli
direttamente dall'atto presupposto, mentre la cognizione spetta al giudice
ordinario quando il giudizio investe direttamente atti di gestione del rapporto
in relazione ai quali i suddetti provvedimenti di autoregolamentazione
costituiscono solamente atti presupposti (Cass. Civ., SS.UU. , n. 25254/09;
SS.UU. n. 21592/05).
9.
Nel caso in esame risulta quindi corretta la scelta dei ricorrenti di impugnare
davanti al giudice amministrativo gli atti di macro-organizzazione che si
assumono direttamente lesivi della loro posizione giuridica; cionondimeno,
sottolinea la Sezione, tale scelta soffre di un notevole grado di genericità e
di astrattezza, affidandosi, nella congerie di atti impugnati, per lo più a
doglianze approssimative ed appena accennate, prive di concretezza e di
esemplificazioni, che avrebbero potuto consentire al giudice amministrativo,
pur senza un esame diretto degli atti applicativi a lui precluso dal riparto di
giurisdizione, una comprensione reale della dinamica degli asseriti meccanismi
distorsivi conseguenti alle contestate scelte di ordine generale
dell’amministrazione e dell’asserito peggioramento del trattamento giuridico ed
economico degli appellanti; in ogni caso, proprio in relazione alla
delimitazione dell’oggetto del giudizio, come risultante dalla scissione
operata dagli stessi ricorrenti ed intervenienti con gli atti introduttivi di
primo grado, le censure svolte possono essere vagliate nella ristretta misura
in cui le doglianze sono riconducibili agli atti di macroorganizzazione oggetto
del giudizio, che il TAR ha correttamente fatto oggetto di scrutinio nei limiti
attribuiti alla sfera di giurisdizione del g.a..
10.
Sulla questione pensionistica ( punto sub a) di cui sopra ), la Sezione ritiene
che, poiché il rapporto pensionistico è disciplinato dalla vincolante normativa
di riferimento comune a tutti i pubblici dipendenti e non da scelte
discrezionali delle singole amministrazioni, il richiesto annullamento della
nota CRA prot. n.1055/3 del 19.12.2008 ( che ha ritenuto possibile la
pensionabilità dell’assegno ad personam in sola quota “B” ) non determinerebbe
alcuna utilità diretta per i ricorrenti, in quanto ogni pretesa di diverse
modalità di computo in ordine alla pensionabilità dell’assegno medesimo deve
essere indirizzata all’INPS ( ex INPDAP, ente istituzionalmente preposto al
rapporto pensionistico dei ricorrenti ), non evocato nel presente giudizio, il
quale peraltro ha già fornito delle indicazioni al riguardo ritenendo la non
pensionabilità in quota A/regime CPDEL dell’assegno (cfr. nota INPDAP prot. n.
2828/2009).
11.
Sulla questione sub b) relativa al mantenimento del medesimo livello
retributivo precedentemente percepito, a proposito della quale si sostiene che
l’inquadramento nel profilo di dirigente di ricerca avrebbe comportato
l’insorgere di conguagli a debito a carico degli appellanti con riferimento al
periodo in cui i medesimi hanno continuato ad operare quali Direttori in via
temporanea ( dal 1° ottobre 2004 sino alla ricezione della rispettiva determina
di inquadramento del maggio-dicembre 2008 ), la censura si limita a rinviare
genericamente a documenti in atto, ma nulla spiega sui criteri di calcolo di
ordine generale, che hanno indotto la amministrazione ad effettuare tali
conguagli, connessi al ritardo in cui sono stati effettuati gli inquadramenti;
con l’effetto che la doglianza, che presuppone la complessa problematica della
restituzione alla amministrazione di emolumenti non dovuti e del riconoscimento
di funzioni svolte, è inammissibile per genericità e avrebbe dovuto rivolgersi,
in relazione alla posizione concreta di ciascuno dei diretti interessati,
contro i relativi atti applicativi, davanti al giudice competente.
12.
Sull’ulteriore questione di cui al punto c), incentrato sulle critiche alla affermazione
del Tar, che si assume priva di fondamento e non veritiera, secondo cui le
figure professionali dei Direttori di Istituti e di Sezione sono state inserite
nel ruolo dei ricercatori con la conservazione del medesimo trattamento
giuridico goduto in precedenza, ritiene la Sezione che il primo giudice si sia
limitato a rilevare che nel passaggio al nuovo status i ricorrenti non hanno
perso la posizione giuridica acquisita, che veniva loro conservata, sia pure
nel mutato assetto organizzativo del CRA e con la nuova qualifica del comparto
di appartenenza di dirigenti di ricerca.
Al
riguardo non possono trovare favorevole esame le argomentazioni degli
appellanti, che lamentano che nel nuovo inquadramento di dirigenti di ricerca
siano previsti solo 7 livelli di anzianità e di corrispondente trattamento
economico per un massimo di 31 anni di progressione giuridica ed economica,
mentre nel vecchio sistema dei Direttori di Istituti e di Sezione le
prospettive di crescita economica erano più favorevoli in quanto assicurate
sino al collocamento a riposo.
La
sopravvenienza del complesso riassetto organizzativo degli istituti di ricerca
in agricoltura, con il passaggio al nuovo ente di personale che proveniva da un
comparto non contrattualizzato, implicava, invero, la necessità di
equiparazione delle qualifiche di provenienza originarie con quelle dell'ente
di destinazione; in assenza di una tabella di equiparazione il Ministero,
d’intesa con le OO.SS., del tutto logicamente ha proposto l’inquadramento delle
figure professionali dei Direttori di Istituto e di Sezione anche in
soprannumero al I° livello di dirigente di ricerca del profilo professionale di
ricercatore, dunque al massimo livello possibile, e con il mantenimento di un
assegno ad personam non riassorbibile del medesimo livello
retributivo precedentemente percepito.
Si
osserva al riguardo che il divieto per il datore di lavoro di variazione in
peius delle funzioni e responsabilità del pubblico dipendente non si
applica nel caso in cui vi sia una sopravvenienza normativa tale che non possa
consentirsi allo stesso la conservazione della precedente posizione lavorativa
né lo spostamento a posizioni lavorative non pregiudizievoli della
professionalità pregressa, giacché l'applicabilità di detto divieto presuppone
la concreta alternativa della possibilità di non retrocessione della precedente
posizione professionale (Cons. Stato, sez. V, 26.09.2013, n. 4794).
Nel
caso in esame la completa riforma degli istituti di ricerca non consentiva la
conservazione delle posizioni di lavoro rivestite in precedenza, dovendo il CRA
individuare la posizione di ciascuno dei ricorrenti in relazione alla dinamica
della nuova realtà organizzativa ed alla struttura giuridico-economica
risultante dal C.C.N.L. del comparto di nuovo inquadramento.
13.
Con ulteriore doglianza si critica il meccanismo individuato dal CRA in vista
della rideterminazione dell’anzianità di servizio dei Direttori nel nuovo
profilo contrattualizzato.
Gli
appellanti si dolgono del fatto che nella nuova posizione di dirigenti di
ricerca i periodi di servizio prestati nei ruoli del Ministero antecedentemente
alla nomina a Direttori possano rilevare fino ad un massimo di otto anni,
mentre altri dipendenti inquadrati nel CRA, che non avevano mai abbandonato i
comparti di ricerca, né avevano mai superato il concorso per la acquisizione
dello status di Direttore, al momento del passaggio nel profilo di dirigente di
ricerca potevano usufruire del più vantaggioso criterio di calcolo della
anzianità del nuovo profilo previsto dal CCNL ricerca e consistente nella
moltiplicazione per il coefficiente di 2/3 dell’anzianità già maturata in veste
di ricercatore (così l’art. 22 del DPR 28.9.1987, n. 568).
Gli
appellanti ritengono, con censura peraltro per la prima volta formulata in
appello, che la ratio del preesistente limite di rilevanza di
otto anni dei servizi prestati precedentemente alla nomina a Direttore fosse da
riconnettere al fatto che ciascun interessato, una volta divenuto Direttore,
avrebbe ricoperto tale peculiare profilo sino al termine della carriera
conservandone i relativi benefici in termini di proiezione sul trattamento
previdenziale; ma, una volta mutata tale premessa ed in considerazione del
forzoso rientro degli appellanti nel comparto ricerca, la conservazione del
limite di otto anni sarebbe stata irragionevole e penalizzante.
14.
Rileva la Sezione, in disparte la veduta inammissibilità della doglianza, che
l’amministrazione ha operato una distinzione tra periodo maturato in qualità di
Direttore di Istituto e di Sezione e periodo maturato nella qualifica di
ricercatore, riconoscendo soltanto con riguardo al primo periodo l’intera
anzianità corrispondente, mentre, con riguardo al secondo periodo, ha applicato
la disciplina prevista in tema di riconoscimento del servizio prestato in
qualità di ricercatore dall’art. 103, commi 1 e 5, D.P.R. n. 382/1980, che
prevede il riconoscimento dei servizi prestati in tale qualifica nel limite
massimo di otto anni.
La
scelta della amministrazione è coerente con il disposto dell’art. 9, co. 4, del
d.lgs. n. 454/1999, che riconosce l'anzianità di servizio maturata e la
retribuzione in godimento solo con riferimento alla qualifica di Direttore di
Istituto e di Sezione, senza prendere in considerazione la differente e
pregressa posizione del ricercatore; peraltro detta anzianità prima del
passaggio nei nuovi ruoli di ricercatori era stata definitivamente
cristallizzata in otto anni dai provvedimenti ministeriali che riguardavano gli
appellanti (sul punto relativo alla anzianità maturata nel ruolo dei
ricercatori la Corte Costituzionale, con sentenza 9 marzo 1992, n. 96 ha
dichiarato la infondatezza della questione di legittimità costituzionale
dell’art. 103, co. 5, del D.P.R. n. 382/1980, nella parte in cui prevede che,
ai fini della carriera di professore universitario ordinario, il riconoscimento
di attività e servizi pregressi non può comunque superare il limite massimo di
otto anni, in riferimento agli art. 3, 36 e 97 Cost. indipendentemente dalla
natura dei servizi e dalla percentuale di riconoscibilità dei servizi stessi).
Deve
ancora osservarsi che la posizione dei ricorrenti non è comparabile con quella
di altri ricercatori provenienti da enti pubblici di ricerca, essendo
differenziati i rispettivi percorsi di carriera e provenendo i primi da un
regime giuridico non contrattualizzato, laddove gli altri vengono da realtà
disciplinate dalle norme dei rispettivi comparti del settore di ricerca.
Al
riguardo è il caso di ricordare che, nel passaggio da un sistema organizzativo
ad un altro, rientra nella potestà discrezionale della amministrazione
stabilire la disciplina delle carriere dei propri dipendenti differenziando il
relativo trattamento in relazione alla diversa posizione di stato giuridico di
provenienza; d’altro canto non è dato di rinvenire nell’ordinamento un
principio di diritto che imponga alla amministrazione di riconoscere
integralmente l’anzianità di servizio maturata nel precedente status.
15.
Tale doglianza viene ripresa nel terzo motivo di appello, con il quale i
ricorrenti chiedono che venga sollevata questione di legittimità costituzionale
del d. lgs. n. 454/1999 ed in specie dell’art. 9, co. 4, in quanto si assume
che il legislatore, nel determinare il riassetto del settore della ricerca e
sperimentazione in agricoltura, avrebbe determinato un inammissibile
azzeramento della posizione già acquisita dai Direttori di Istituto e di
Sezione mediante il superamento di un pubblico concorso, travolgendo il
legittimo affidamento riposto dai medesimi in ordine alla conservazione del
proprio status direttoriale.
Inoltre
il legislatore avrebbe violato il principio di uguaglianza e della
ragionevolezza normativa (art. 3 Cost.), in quanto in sede di inquadramento dei
Direttori nel profilo di dirigente di ricerca la legge avrebbe disciplinato in
maniera discriminatoria posizioni identiche, attribuendo ai Dirigenti di
Ricerca, ex Direttori di Istituto e di Sezione, una anzianità inferiore
rispetto a quella riconosciuta ai dipendenti del CRA che non avevano ricoperto
tale posizione, penalizzando tale ristretta e ben determinata categoria di
pubblici dipendenti che pure erano pervenuti a tale posizione mediante concorso
pubblico e che avevano maturato un solido affidamento in ordine alla
conservazione del predetto status.
I
ricorrenti avrebbero vantato una aspettativa consolidata, che avrebbe
legittimato l’inserimento in un ruolo ad esaurimento, mentre il decreto
legislativo n. 494/99 avrebbe determinato una lesione di diritti quesiti, a cui
non è corrisposto alcun beneficio in termini di economie di bilancio e finanza
pubblica, né in termini di accresciuta funzionalità ed operatività dei plessi
di ricerca.
Un
ulteriore profilo di incostituzionalità viene individuato nella violazione dei
limiti della delega legislativa (artt. 70 e 76 Cost.) in quanto l’art. 11 della
legge n. 59/97, di cui il d.lgs. n. 454/99 costituisce attuazione, non
attribuiva al Governo il potere di vanificazione dei risultati delle procedure
concorsuali sostenute dai ricorrenti, peraltro mediante la successiva adozione
di meri atti amministrativi da parte del CRA.
16.
Le questioni di incostituzionalità, ammissibili nella stretta misura in cui
ripropongono quelle che sono state ritualmente invocate nel ricorso
introduttivo ( non potendosi a tal proposito tener conto di quanto per la prima
volta svolto con la memoria depositata in primo grado in vista dell'udienza di
merito, con la quale non possono essere ampliati i motivi di ricorso ), sono
palesemente infondate.
A
mente dell’articolo 9, co. 4, del d.lgs. n. 454/999, i Direttori di Istituto ed
i Direttori di Sezione degli Istituti sono stati inseriti nel ruolo di ricerca
ed inquadrati, anche in soprannumero, nel corrispondente livello del profilo
professionale dei ricercatori del comparto della ricerca, mantenendo
l'anzianità di servizio maturata e la retribuzione in godimento, se più favorevole.
Il
legislatore ha quindi conservato per tale personale lo status giuridico ed
economico in precedenza goduto, sia pure prevedendo necessariamente una
riconfigurazione della loro posizione con riferimento al nuovo comparto, in cui
i Direttori, per effetto del nuovo assetto organizzativo, venivano ad
inserirsi.
Nel
riconoscere il corrispondente livello del profilo nel nuovo comparto, il
legislatore ha inteso salvaguardare anche il concorso effettuato dagli
appellanti al fine di accedere alle qualifiche a suo tempo rivestite,
conservando, nella nuova qualifica del comparto della ricerca, la anzianità di
servizio e la retribuzione in godimento.
La
scelta di non istituire un ruolo ad esaurimento sfugge ai vizi di
irragionevolezza ed ingiustizia lamentati dagli appellanti, in considerazione
sia dell’ampia discrezionalità goduta al riguardo dal legislatore, sia del
fatto che i Direttori di Istituto e di Sezione sono stati automaticamente
inquadrati nella qualifica corrispondente del comparto di ricerca in cui venivano
a collocarsi tutti di dipendenti del CRA.
Gli
appellanti non evidenziano peraltro in riferimento a quale disposizione del
decreto legislativo si sarebbe perpetrata la violazione del principio di parità
di trattamento normativo con riguardo ad altri dipendenti del settore della
ricerca.
Si
ribadisce comunque che le posizioni degli interessati sono disomogenee e non
comparabili con quelle di altro personale inquadrato nel CRA, essendo
differenziati i rispettivi percorsi di carriera, nella misura in cui i
ricorrenti provengono da un regime giuridico non contrattualizzato, mentre gli
altri da realtà disciplinate dalle norme dei rispettivi comparti.
17.
In conclusione gli appelli non meritano accoglimento.
18.
Spese ed onorari possono essere integralmente compensati fra le parti nel
giudizio n. 10445/2010 in relazione alla assenza di attività difensiva da parte
della amministrazione appellata, mentre nulla è da statuirsi a riguardo nel
ricorso n. 10471/2010, nel quale le amministrazioni appellate non si sono
costituite.
P.Q.M.
il
Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), preliminarmente
riuniti gli appelli di cui in epigrafe, definitivamente pronunciando sugli
stessi, li respinge e, per l’effetto, conferma, nei sensi di cui in
motivazione, la sentenza impugnata .
Spese
compensate nel giudizio n. 10445/2010, nulla spese nel giudizio 10471/2010.
Ordina
che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così
deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 20 febbraio 2014 con
l'intervento dei magistrati:
Salvatore
Cacace, Presidente FF
Roberto
Capuzzi, Consigliere, Estensore
Hadrian
Simonetti, Consigliere
Dante
D'Alessio, Consigliere
Massimiliano
Noccelli, Consigliere
L'ESTENSORE
|
IL PRESIDENTE
|
|
DEPOSITATA
IN SEGRETERIA
Il
30/04/2014
IL
SEGRETARIO
(Art.
89, co. 3, cod. proc. amm.)
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