PROCESSO:
l'interruzione
ai sensi dell'art. 80 co. 3 C.p.A.
(Cons. St., Sez. V,
sentenza 27 maggio 2014 n. 2713).
Massima
1. Ai sensi dell’art. 80, co. 3, C.p.A., la
decorrenza dei termini per la prosecuzione di un giudizio interrotto ha come
riferimento iniziale la “data di conoscenza legale dell’atto interruttivo”, in
conformità al principio secondo cui l’interruzione del giudizio è conseguenza
automatica dell’evento, a cui la legge collega tale effetto, con valore
puramente dichiarativo della successiva pronuncia del giudice al riguardo.
2. Il “dies a quo” del termine per la riassunzione
decorre, pertanto, non dal giorno della dichiarazione della morte, né da
quando si è verificato l’evento interruttivo, ma dalla data in cui detto evento
sia venuto in forma legale a conoscenza della parte interessata alla
riassunzione, ossia da quando vi è prova della ufficiale conoscenza, tramite
comunicazione della segreteria, dell’intervenuta pronuncia di interruzione, non
bastando nemmeno la presenza del legale della parte interessata all’udienza in
cui è avvenuta la dichiarazione di morte.
*
* *
Sentenza per esteso
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale
2428 del 2001, proposto dal signor Filippin Giacinto, rappresentato e difeso
dall’avv. Bruno Barel, con domicilio eletto in Roma presso lo studio dell’avv.
Federica Scafarelli, via Giosuè Borsi, 4;
contro
Comune di Canazei (Tn),in persona del
Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Giorgio De
Pilati e dall’avv. Giuseppe Antonini, con domicilio eletto presso lo studio di
quest’ultimo in Roma, viale Parioli, 180;
nei confronti di
Il signor Dezulian Danilo, costituitosi in
giudizio, rappresentato e difeso dall’avv. Luciano Perco e dall’avv. Andrea
Manzi, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, via
Federico Confalonieri, 5;
sul ricorso numero di registro generale
7426 del 2012, proposto dal signor Filippin Giacinto, rappresentato e difeso
dall’avv. Bruno Barel e dall’avv. Luigi Manzi, con domicilio eletto presso lo
studio di quest’ultimo in Roma, via Federico Confalonieri, 5;
contro
Comune di Canazei (Tn), in persona del
Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Giorgio De Pilati e
dall’avv. Giuseppe Antonini, con domicilio eletto presso lo studio di
quest’ultimo in Roma, via Michele Mercati,51;
nei confronti di
Il Comune di Livinallongo del Col di Lana
(Bl);
per la riforma
quanto al ricorso n. 2428 del 2001:
della sentenza del T.R.G.A. della
Provincia di Trento n. 437 dd. 14 novembre 2000, resa tra le parti e
concernente la demolizione di opere edilizie.
quanto al ricorso n. 7426 del 2012:
della sentenza del T.R.G.A. della
Provincia di Trento n. 278 dd. 13 settembre 2012, resa tra le parti,
concernente il divieto di inizio di una attività commerciale di vendita al
dettaglio - ris. danni;
Visti i ricorsi in appello e i relativi
allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio
del Comune di Canazei;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno
11 febbraio 2014 il Cons. Fulvio Rocco e uditi per l’appellante l’avv. Federica
Scafarelli, su delega dell’avv. Bruno Barel, e per il Comune di Canazei l’avv.
Giuseppe Antonini;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto
quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.1. Per la definizione dei due ricorsi in
epigrafe, va esposta una dettagliata esposizione dei fatti di causa.
Negli anni cinquanta il padre
dell’appellante Giacinto Filippin, ossia il sig. Pietro Filippin, iniziò a
svolgere attività di commercio ambulante di articoli di maglieria con un banco
fisso a Passo Pordoi, su di un terreno che all’epoca era inserito nelle mappe
catastali del Comune di Livinallongo,
ricadente nella Provincia di Belluno.
Il Passo Pordoi è un valico alpino delle
Dolomiti posto a 2.239 m. sul livello del mare, situato tra il Gruppo del Sella
e alcune alture frontistanti a loro volta il gruppo della Marmolada, ed è
attraversato dalla Strada Statale n. 48 delle Dolomiti.
La località, già facente parte del c.d. Welschtirol absburgico,
è stata annessa all’Italia dopo il primo conflitto mondiale per effetto del
Trattato di Saint Germain-en-Laye del 10 settembre 1919, e il Passo medesimo,
che consente la comunicazione tra valli indifferentemente abitate da
popolazioni di lingua ladina (Val di Fassa e Livinallongo, ossia –
rispettivamente –Fascia e Fodom, i cui abitanti
egualmente denominano nel loro comune idioma la località predetta Jouf
de Pordou), è ora attraversato nella sua sommità dalla demarcazione
amministrativa tra la Regione del Veneto e la Provincia Autonoma di Trento e,
quindi – rispettivamente – tra il Comune di Pieve di Livinallongo (La Pli de
Fodom) e il Comune di Canazei (Cianacéi).
L’appellante afferma che tale attività
esercitata dal padre è comprovata da un provvedimento rilasciato in data 13
aprile 1960 del Commissario Prefettizio del Comune di Livinallongo e in forza
del quale il sig. Pietro Filippin era –per l’appunto - autorizzato ad occupare “tutti
i giorni della settimana l’area di proprietà comunale in località “Passo
Pordoi” nel posto indicato al mappale n.52 (segnato in rosso) di mq.
220 circa, con il banco per la vendita di maglierie e confezioni varie” (cfr.
doc. l fascicolo primo grado).
L’appellante espone pure di aver
collaborato con il padre nella gestione di tale attività, per poi subentrarvi
personalmente, e che nel 1964 il banco di vendita ha assunto le caratteristiche
di una vera e propria costruzione costituita da una parete in legno, da una in
lamiera e da altre due dotate di porte apribili, con pavimento in legno e
copertura.
A conferma di ciò, egli ha depositato le
dichiarazioni rese dai due falegnami ai quali era stata commissionata la
costruzione e la posa in opera della parete in legno e, nell’anno successivo,
delle porte. I falegnami medesimi hanno dichiarato pure che nel 1964, quando
vennero incaricati di realizzare le porte, di aver denotato la presenza di una
vera e propria costruzione con strutture fisse, pavimento in legno e copertura.
L’appellante riferisce di aver esercitato
la propria attività di vendita al minuto di articoli di maglieria nel chiosco
costruito nel 1964: e ciò in forza dell’avvenuto rilascio delle autorizzazioni
commerciali da parte del Comune di Livinallongo.
IEgli – altresì - riferisce e documenta
che nel 1975 si è per lui prospettata l’opportunità di acquistare il terreno,
di proprietà del medesimo Comune di Livinallongo, sul quale insisteva il
manufatto sopradescritto, e che tale era il suo interesse ad acquisire la
proprietà della piccola area di alcune decine di mq. su cui aveva realizzato il
chiosco che ha accettato di trasferire in permuta all’anzidetto Comune un
terreno di oltre 7000 mq. ubicato nell’immediata periferia della frazione di
Arabba (Reba) (cfr. decreto di intavolazione dd. 12 marzo 1976, prodotto
quale doc. 2 nel fascicolo primo grado sub R.G. 108 del 1997 , dal quale consta
che, a’ sensi dell’art. 2 del R.D. 28 marzo 1929, n. 499, - vigente, tra
l’altro, nei territori comunali sia di Livinallongo, sia di Canazei - il sig.
Filippin ha acquistato dal Comune di Livinallongo il fondo allibrato al mappale
n.69 del fg.52 del Nuovo Catasto Terreni cedendo all’Amministrazione
l’appezzamento di terreno di cui ai mappali n.34, 36 e 67 del fg. 38 del Comune
censuario di Livinallongo).
Consta pure che nel corso del 1978
l’appellante, necessitando l’esecuzione di lavori di manutenzione del manufatto
di cui trattasi, ha chiesto e ottenuto dal Comune di Livinallongo il rilascio
di una concessione gratuita per la sua manutenzione straordinaria (cfr. ibidem,
doc.3 del fascicolo di primo grado ).
1.2. A metà degli anni ’80 è insorta,
peraltro, tra la Regione Veneto e la Provincia Autonoma di Trento (e, quindi,
anche tra il Comune di Livinallongo e il Comune di Canazei) una controversia
circa il tracciato dei confini tra i rispettivi territori nelle aree del Gruppo
della Marmolada e di Passo Pordoi, indotta da talune incertezze circa il
confine tra Italia e Impero austro-ungarico così come fissato dalle due
delegazioni nel 1911, recepito nel Protocollo d’intesa tra i due Stati firmato
nel 1912 e quindi divenuto delimitazione amministrativa tra i Comuni di Rocca
Pietore (Bl) e Livinallongo da un lato, e Canazei dall’altro.
La disputa, che ha formato oggetto di
trattazione anche in sede contenziosa innanzi al T.A.R. del Veneto, nonché
innanzi a questo stesso Consiglio di Stato, era indotta anche dal comprensibile
interesse di tutti e tre gli anzidetti Comuni di esercitare le proprie funzioni
su di un’area importante sotto il profilo economico, in quanto interessata sia
nella stagione invernale che in quella estiva da un forte afflusso turistico,
dal quale era conseguita la realizzazione di strutture ricettive, di esercizi
commerciali e di impianti di risalita.
In tale contesto, quindi, è stata rilevata
nell’area del Passo Pordoi una sovrapposizione di rappresentazione cartografica
nelle mappe catastali dei Comuni di Canazei e di Livinallongo, segnatamente tra
il catasto della Provincia Autonoma di Trento e il Catasto Veneto, e in
dipendenza di ciò nel 1985 l’allora Ministero delle Finanze ha pertanto
provveduto a cancellare l’anzidetto mappale n. 69, di proprietà del signor
Filippin, dal comune censuario di Livinallongo.
Tale provvedimento (anche in forza
dell’inderogabile principio di concordanza tra libri fondiari e catasto a
tutt’oggi imposta nei territori annessi all’Italia a seguito dell’anzidetto
Trattato di Saint Germain-en-Laye del 10 settembre 1919 dal tuttoggi vigente §
11 della Legge austriaca 23 maggio 1883, B.L.I. n.83 e confermato dalla L.R.
Trentino Alto Adige 19 dicembre 1980, n. 12) avrebbe pertanto dovuto
determinare anche il trasferimento del mappale anzidetto e, quindi, della
proprietà del signor Filippin, dal c.d. Libro di archiviazione del
comune censuario di Livinallongo (affine a quelli fondiari e impiantato per
effetto dello Statuto tirolese del 1573) al Libro fondiario del comune
catastale di Canazei.
In effetti, dagli atti di causa si
evinceva, all’epoca dei fatti di causa, una materiale corrispondenza tra
l’antico mappale n. 69 di Livinallongo con la particella fondiaria (p.f.)
2824/1 inscritta nel libro fondiario di Canazei: ma dalle risultanze
dell’Ufficio tavolare di Cavalese (Tn) constava che la proprietà non era intestata
al Comune di Livinallongo, né al signor Filippin, ma al Club Alpino Italiano
(C.A.I.), Sede centrale di Milano, essendo la particella anzidetta attigua alla
Casa Alpina con l’annesso Centro di formazione per la montagna“Bruno Crepaz”,entrambi
di proprietà di tale sodalizio.
Dal che, pertanto, si dovrebbe dedurre che
l’eliminazione del mappale n. 69 del comune censuario di Livinallongo intestato
al signor Filippin aveva fatto venir meno la documentazione del suo titolo di
proprietà sul mappale medesimo, sostituito nell’evidenza tavolare e nel
conseguente rigore del relativo ordinamento (“Das Buch hat immer Recht”:
cfr. la recezione del relativo principio nell’art. 2, primo comma, del predetto
R.D. 499 del 1929, in forza del quale “a modificazione di quanto è
disposto dal codice civile italiano, il diritto di proprietà e gli altri
diritti reali sui beni immobili non si acquistano per atto tra vivi se non con
la iscrizione del diritto nel libro fondiario”) dalle contrarie risultanze
- divenute in ogni senso “esclusive” proprio in dipendenza
dell’eliminazione medesima – evincibili presso l’Ufficio tavolare di Cavalese,
dalle quali infatti altro soggetto risultava titolare della proprietà sul
medesimo appezzamento di terreno.
Giova anche evidenziare che
nell’ordinamento tavolare comunemente in vigore nella Provincia Autonoma di
Trento e di Bolzano a’ sensi dell’anzidetta L.R. T.A.A. 19 dicembre 1980, n.
12, la “particella fondiaria” (ossia “p.f.”, o “Grundparzelle”)
è entità indicativa delle realità immobiliari che nel sistema di coordinamento
tra il catasto fabbricati e il libro fondiario di cui al R.D. 28 marzo 1929, n.
499, e successive modifiche non risultano edificate; viceversa, le realità
sulle quali è stata realizzata attività di edificazione, ancorchè parziale,
sono denominate“particelle edificiali” (“p.ed.”, ovvero “Bauparzellen”).
Secondo le risultanze dell’Ufficio
tavolare di Cavalese, la superficie della p.f. 2824/1 non risultava quindi a
quel tempo edificata e, conseguentemente, neppure accatastata.
Va inoltre chiarito, per una migliore
comprensione della fattispecie ed in particolare per quanto riferito al § 3.1.
e al § 3.3. della presente sentenza, che nel “sistema” tavolare
medesimo, le particelle fondiarie edificiali e fondiarie hanno due numerazioni
distinte, progressive per comune catastale, e che nella suddivisione di una
particella originaria in più lotti si mantiene il numero originario di
particella seguito da una barra e da un numero progressivo che identifica il
singolo lotto (ad es., per l’appunto: 2824/1).
Consta sempre dagli atti di causa che il
Comune di Canazei ha comunque attribuito al chiosco del sig. Filippin il civico
comunale n. 101 della “Strèda” (Strada) del Pordoi.
Il provvedimento di cancellazione del
predetto mappale n. 69 dal comune censuario di Livinallongo è stato invero
impugnato dall’Amministrazione comunale di Livinallongo con ricorso proposto
sub R.G. 22 del 1986 innanzi al T.A.R. per il Veneto, ma lo stesso Comune ha
poi rinunciato alla relativa azione, e l’adito T.A.R. ha dato atto di ciò con
sentenza n. 82 dd. 12 novembre 1996.
1.3. Il mese successivo al deposito di
tale sentenza, con ordinanza n. 23 dd. 18 dicembre 1996 il Sindaco di Canazei
ha imposto a’ sensi dell’art. 122, comma 1, della Legge provinciale 5 settembre
1991, n. 22, al sig. Filippin quale responsabile dell’abuso edilizio e al Club
Alpino Italiano quale proprietario del sedime sul quale l’abuso medesimo era
stato realizzato, di demolire il chiosco anzidetto in quanto edificato senza
rilascio di titolo edilizio in epoca susseguente all’entrata in vigore della L.
6 agosto 1967 n. 765 (c.d. “legge ponte”).
Tale provvedimento è stato impugnato dal
Filippin con ricorso proposto sub R.G. 108 del 1997 innanzi al T.R.G.A., Sede
di Trento.
Non consta che il Club Alpino Italiano
abbia proposto impugnative al riguardo; né lo stesso sodalizio è intervenuto in
tale giudizio.
Nel giudizio medesimo è – viceversa -
intervenuto ad opponendum il sig. Danilo Dezulian, residente
nel territorio di Pozza di Fassa (Tn), proprietario di un terreno confinante
con quello di proprietà del sig. Filippin e sul quale sorge un esercizio
alberghiero condotto con la sua famiglia.
1.4. L’adito T.R.G.A., dopo aver disposto
con l’ordinanza cautelare n. 52 dd. 20 marzo 1997 la sospensione del
provvedimento impugnato in dipendenza del danno dedotto, con sentenza n. 437
dd. 14 novembre 2000 ha respinto il ricorso.
Il giudice di primo grado ha ritenuto che
le risultanze processuali portavano infatti ad escludere che il chiosco
anzidetto fosse esistito prima del settembre del 1967, posto che “il 16
maggio 1968 il Sindaco di Livinallongo concedeva in affittanza al Sig. Filippin
Giacinto un terreno al Passo Pordoi, affinché lo stesso vi potesse esercitare
il commercio ambulante. Tale concessione viene ripetuta il 10 gennaio 1970.
Solo il 7 gennaio 1975 il Sig. Filippin richiede l’apertura di un nuovo
esercizio di commercio fisso al Passo Pordoi. La domanda viene accolta dal
Sindaco di Livinallongo con autorizzazione n. 118 dd. 5 maggio 1975. Solo da
tale momento il Sig. Filippin avrebbe potuto quindi erigere una qualche
costruzione. In realtà fino al 1977 compare il solito tendone dei commercianti
ambulanti. La realizzazione della nuova costruzione invece è iniziata solo il
24 ottobre 1977, con l’esecuzione di scavi della profondità di 60 cm. su una
superficie di 50 mq. In tale scavo il giorno 28 ottobre 1977 sono stati gettati
quattordici plinti di calcestruzzo, completati con tirafondi in ferro. Tali
fatti vengono segnalati da tali Perathoner Fiorenzo e Giambisi Aimo di
Cavalese, nonché da Dezulian Danilo di Livinallongo con denuncia inviata alla
Procura della Repubblica di Trento, a quella di Belluno, ai Sindaci di
Livinallongo e Canazei ed al Club Alpino Italiano (CAI) , proprietario
intavolato della superficie in questione. Pur avendo ricevuto tale denuncia, il
Sindaco di Livinallongo rilascia in data 1 aprile 1978 una “concessione
gratuita” relativa al foglio 52 sul mappale”demanio comunale”. Tale
concessione, che si riferisce alla manutenzione straordinaria di una
costruzione mai licenziata o concessa, verrà poi rettificata il 26 ottobre 1991
con l’indicazione che la stessa si riferisce non al mappale del citato demanio
comunale, ma al mappale 69. Nella stessa rettifica si afferma che la revisione
delle mappe catastali non si sarebbe conclusa, pur risultando la stessa
conclusa nel 1985. L’attuale costruzione, del tutto diversa dal tendone
precedente, risulta pertanto realizzata nell’autunno del 1977 per la base in calcestruzzo
e, per la posa del prefabbricato, non oltre i primi mesi del 1978. E’ del tutto
irrilevante che prima di tali date il Sig. Filippin già gestisse fino al 1975
un commercio ambulante e successivamente al 5 maggio 1975 un punto fisso di
commercio. L’attuale costruzione risulta esser stata realizzata ex
novo dieci anni dopo la Legge ponte, per cui il primo motivo è privo di
fondamento. … Il Sindaco di Livinallongo era del tutto incompetente a
rilasciare una concessione per un territorio da sempre facente parte del Comune
di Canazei. La grossolana falsificazione delle mappe catastali venete, tra
l’altro ripetuta in vari punti del confine tra le due regioni, non poteva certo
ingannare il Sindaco di Livinallongo. Una concessione per manutenzione straordinaria
non poteva non indicare la concessione o licenza in base alla quale la
costruzione sarebbe stata realizzata. Tra l’altro – nella fretta – la
concessione è stata rilasciata per un’area diversa da quelladove sorgeva la
costruzione, tanto è vero che nel 1991 il Sindaco pro tempore ha
cambiato l’oggetto della concessione del 1978, affermando falsamente che la
rettifica delle mappe catastali non era conclusa. Oltretutto il Sindaco aveva
ricevuto la denuncia di privati sulla costruzione eseguita nell’ottobre 1977,
scavando per 60 cm. tutta l’area e gettando nello scavo plinti di calcestruzzo,
per cui nulla poteva essere rimasto di un’eventuale costruzione preesistente
(le foto indicano però che prima esisteva solo un bancone da ambulante coperto
di teli). Non vi era quindi nulla da “mantenere” e del resto
l’amministrazione disponeva di una serie di propri atti dimostranti almeno
l’inesistenza di costruzioni fino al maggio 1975. Nel terzo motivo il
ricorrente ignora la disposizione dell’art. 122, comma 1, della Legge
provinciale 5 settembre 1991 n. 22 che recita: “In caso di opere
abusive eseguite in assenza di concessione o in difformità da essa, il Sindaco
emette ingiunzione di rimessa in pristino entro il termine di 90 giorni,
termine eventualmente prorogabile solo per ragioni tecniche comprovate”. L’invio
della ingiunzione è quindi un atto dovuto ed anche un atto garantistico, perché
permette all’intimato di sottrarsi alle penalità previste dalla legge
ripristinando i luoghi. Le penalità seguono poi con successivo atto ed è in
tale sede che il comune compirà le proprie valutazioni e determinerà le
penalità appropriate. Giova però osservare che il Sig. Filippin era già stato
intimato di ripristinare i luoghi nel 1986, per cui l’atto impugnato è solo una
reiterazione della precedente ingiunzione. Ciò nonostante il Sig. Filippin,
avendo costruito senza licenza, non si è nemmeno preoccupato di richiedere il
condono edilizio, né ha richiesto la concessione in sanatoria, lasciando
scadere due volte il termine per proporla. Infine il Sig. Filippin non ha
richiesto l’autorizzazione paesaggistica, senza la quale lo stesso Sindaco non
potrebbe rinunciare all’abbattimento della costruzione. … L’evidente
infondatezza del ricorso permette di non esaminare d’ufficio l’esistenza di un
caso di inammissibilità del ricorso. Il ricorso appare infatti notificato al
solo Comune di Canazei, mentre l’art. 21, comma 1, della L. 6 dicembre 1971 n.
1034 prescrive che l’atto deve essere notificato anche ai controinteressati o
almeno ad uno di essi. Ora l’ingiunzione è stata espressamente fondata, oltre
che sul difetto di concessione edilizia, anche sulla mancanza
dell’autorizzazione della Commissione per la Tutela del paesaggio. Di tale
tutela paesaggistica è titolare la Provincia Autonoma di Trento, che doveva
quindi essere citata come controinteressata. Ed in merito a tale difetto di
autorizzazione provinciale non sono state proposte nemmeno difese”.
Il T.R.G.A. ha compensato integralmente
tra tutte le parti le spese e gli onorari di tale primo grado del giudizio.
2.1. Avverso tale sentenza il signor
Filippin ha proposto il primo degli appelli in epigrafe (R.G. 2428 del 2001).
Al riguardo l’appellante ha dedotto i
motivi di impugnazione qui appresso descritti.
a) L’assunto del giudice di primo grado -
secondo il quale il chiosco in questione sarebbe stato costruito, in difetto di
rilascio del titolo edilizio in epoca posteriore al 1967 - è contestato dal
Filippin mediante l’allegazione della dichiarazione resa dai falegnami secondo
i quali nel 1964 sarebbe stata realizzata una struttura fissa con copertura e
pavimentazione in legno, dotata di una parete in lamiera, una in legno e di
altre due con porte apribili.
b) In merito alla dedotta illegittimità
del provvedimento impugnato per difetto di motivazione in ordine all’interesse
pubblico che giustificherebbe l’irrogazione della sanzione della demolizione,
l’appellante rileva che il T.R.G.A. si sarebbe limitato ad affermare che
l’ordinanza di demolizione assume la natura di atto dovuto.
Secondo l’appellante tale assunto
oblitererebbe il lungo lasso di tempo decorso e l’affidamento ingeneratosi
prima dell’adozione del provvedimento sanzionatorio.
3) A differenza di quanto affermato dal
giudice di primo grado, la Provincia Autonoma di Trento non risulterebbe nella
specie titolare di un interesse diretto ed immediato alla conservazione
dell’atto impugnato, posto che l’eventuale annullamento del provvedimento di
demolizione, adottato per carenza degli atti abilitativi di competenza del
Comune, non interferirebbe sui poteri sanzionatori, autonomi e distinti, che
fanno capo alla Provincia medesima nella sua qualità di Ente preposto alla
tutela del paesaggio.
2.2. Si sono costituiti anche in tale
ulteriore grado di giudizio il Comune di Canazei e il signor Dezulian,
concludendo per la reiezione dell’appello.
2.3. Con ordinanza n. 2109 dd. 3 aprile
2001, questa Sezione ha respinto la domanda di sospensione cautelare della
sentenza resa in primo grado, avanzata dall’appellante.
3.1. Nel frattempo, con ordinanza n. 14
dd. 29 ottobre 2001 il Sindaco di Canazei ha disposto a’ sensi dell’art. 122,
comma 3, della Legge Provinciale 5 settembre 1991, n. 22,“l’acquisizione al
patrimonio indisponibile del Comune di Canazei del chiosco abusivamente
realizzato sulla p.f. 2824/1 in comune censuario di Canazei con l’area su cui
insiste, oggi individuato catastalmente con la p.ed. (particella
edificiale) 1185 del comune catastale Canazei, come da tipo di
frazionamento n. 505 del 2001 a firma del dott. Marco Simeoni”.
In questo modo, pertanto, il Comune di
Canazei ha fatto costituire per scorporo, agli effetti dell’acquisizione al
proprio patrimonio della realità abusiva e del relativo sedime, la nuova p.ed.
1185 dalla p.f. 2824/1, rendendo con ciò per la prima volta evidente nel
concordante regime di pubblicità immobiliare e catastale l’avvenuta
realizzazione del chiosco sull’area in questione.
Con ricorso straordinario proposto innanzi
al Presidente della Repubblica a’ sensi dell’art. 8 e ss. del D.P.R. 24
novembre 1971, n. 1191, il signor Filippin ha pertanto chiesto l’annullamento
di tale provvedimento, nonché dell’autorizzazione n. 5012 dd. 9 agosto 2001
all’accesso alla p.f. 2824/1 ai fini della redazione del frazionamento del
chiosco abusivo ivi realizzato, del tipo di frazionamento n. 505/2001 dd. 31
agosto 2001, redatto dal dott. Marco Simeoni e con il quale il chiosco di cui
trattasi è stato catastalmente individuato con la nuova p. ed. 1185 nel Comune
catastale di Canazei, di mq. 65.
3.2. Tale ricorso è stato accolto con
D.P.R. 22 ottobre 2008, emesso previo parere n. 2196 dd. 24 ottobre 2007 reso
dalla Sez. II del Consiglio di Stato, così testualmente motivato:
“Il sig. Giacinto Filippin espone di
essere subentrato al padre nell’esercizio dell’attività di venditore ambulante
(nella specie, vendita di articoli di maglieria), in un’area di proprietà
comunale in località “Passo Pordoi”, concessagli in
godimento dal Comune di Livinallongo (Provincia di Belluno - Regione Veneto).
Su detta area, il sig. Filippin realizzava un manufatto da adibire
all’intrapresa attività. Successivamente, il ricorrente otteneva dal Comune di
Livinallongo l’autorizzazione ad esercitare la vendita in modo stabile, anziché
come ambulante. Al contempo, egli concludeva con il predetto Comune un
contratto di permuta, in virtù del quale, quest’ultimo si impegnava a cedere al
sig. Filippin, previa sdemanializzazione, la proprietà dell’area su cui lo
stesso esercitava l’attività commerciale, in cambio del trasferimento di un
vasto terreno edificabile di proprietà del ricorrente, sito nella località
turistica di Arabba. A distanza di ben 21 anni, a seguito di rettifica delle
mappe catastali eseguita dall’Ufficio Tecnico Erariale di Belluno, la porzione
di territorio nella quale ricadeva l’area di proprietà del Filippin è stata
fatta rientrare nel territorio di competenza del Comune di Canazei (Provincia
di Trento – Regione Trentino-Alto Adige).
Con provvedimento del 18 novembre 1996, il
Comune di Canazei ha ordinato al ricorrente, la demolizione del manufatto
adibito all’esercizio della propria attività commerciale e, con successivo
provvedimento, accertata l’inottemperanza all’ingiunzione di demolizione, ha
disposto l’acquisizione dello stesso al patrimonio indisponibile
dell’Amministrazione.
Il ricorrente ha impugnato gli atti
indicati in epigrafe deducendo a fondamento del gravame i seguenti motivi di
censura: inesistenza dell’atto impugnato per assoluta carenza di potere;
eccesso di potere rilevante sotto svariati profili; violazione dell’art. 126
D.G.P. 18 gennaio 1994, n. 273; violazione dei principi costituzionali di buon
andamento ed imparzialità e dei principi generali dell’ordinamento (certezza
del diritto).
I motivi sono fondati.
Il Collegio rileva che l’Amministrazione
non abbia ben operato.
Lo svolgimento di adeguata istruttoria
avrebbe infatti consentito all’Amministrazione di tenere in debita
considerazione la circostanza, per la quale, da tempo risalente, l’area
interessata dal preteso abuso edilizio è ritenuta parte del territorio del
Comune di Livinallongo che, pertanto, ha sempre esercitato sulla stessa tutte
le potestà inerenti e conseguenti al suo esclusivo diritto territoriale:
rilascio di concessioni in godimento del suolo pubblico, rilascio delle
autorizzazioni per l’esercizio dell’attività commerciale, nonché per le opere
di manutenzione straordinaria da eseguirsi sul manufatto ivi realizzato,
procedura di sdemanializzazione dell’area e cessione in proprietà di
quest’ultima in favore del ricorrente, oggetto dell’intervenuto contratto di
permuta.
I provvedimenti impugnati sono
manifestamente inficiati dal denunciato vizio di eccesso di potere (per
violazione dei canoni di imparzialità e buon andamento, in particolare). Nella
specie, l’acquisizione non solo è stata adottata dopo moltissimi anni, ma le
situazioni asseritamente abusive erano ben note e sono state sempre avallate
con i diversi atti sopra menzionati, con i quali è stata espressa costantemente
la volontà di lasciare inalterata la situazione posta in essere dal ricorrente.
Pertanto, la situazione per la quale viene
invocata tutela, per il lungo lasso di tempo trascorso dalla commissione
dell’abuso, per il protrarsi dell’inerzia – e, ancor più - per l’emanazione di
provvedimenti favorevoli al ricorrente, è stata illegittimamente vulnerata
dall’Amministrazione comunale di Canazei”.
3.3 Giova anche evidenziare che, dopo
l’emanazione dell’anzidetto D.P.R. 22 ottobre, con atto a rep. n. 26795 – racc.
n. 7034 dd. 24 marzo 2010 a rogito del dott. Michele Palumbo, notaio in Sedico
(Bl), il signor Filippin ha concluso a’ sensi e per gli effetti dell’art. 1965
cod. civ. un atto di transazione con la Sede centrale del Club Alpino Italiano,
ottenendo da quest’ultima il riconoscimento della sua proprietà sulle anzidette
p.f. 2824/1 e p.ed. 1185 del comune censuario di Canazei, con il contestuale
riconoscimento al sodalizio anzidetto del diritto a posizionare nel sottosuolo
della predetta p.f. 2824/1 dei serbatoi d’acqua ad uso potabile e di
prevenzione incendi con possibilità di utilizzo anche da parte del Consorzio
acquedotto del Passo Pordoi, nonché del diritto ad erigere sul sedime della
stessa particella una pensilina a ridosso del marciapiede e destinata alla
sosta delle autocorriere (cfr. doc. 33 di parte resistente sub R.G. 7426 del
2012).
I relativi diritti costituiti a favore
delle due parti nel contratto risultano quindi debitamente intavolati sulla
base di tale titolo d’acquisto (cfr. ibidem), con la conseguente
incorporzione della p.ed. 1185 e della p.f. nella nuova partita tavolare (P.T.)
1820 del comune catastale di Canazei a nome di Giacinto Filippin (cfr. decreto
tavolare G.N. 1178/2010 dd. 18 maggio 2010 formato presso l’Ufficio tavolare di
Cavalese).
In tale contesto, pertanto, lo stesso
appellante, al fine di inscrivere le sue proprietà nel Libro fondiario del
Comune catastale di Canazei, si è indubitabilmente avvalso del frazionamento
già disposto dal Comune di Canazei (nonostante lo stesso risulterebbe, di per
sé, formalmente annullato per effetto dell’anzidetto D.P.R. decisorio: ma,
evidentemente, il giudice tavolare ha applicato al riguardo il principio utile
per inutile non vitiatur, posto che indiscutibilmente lo stesso sig.
Filippin avrebbe potuto comunque predisporre per effetto del medesimo D.P.R.
decisorio altro piano di frazionamento del tutto identico), e ad oggi risulta
pertanto intestatario della proprietà sia della p.f. 2824/1, sia della p.ed.
1185 unificate nella nuova P.T. 1820.
4.1. Nondimeno, con ulteriore
provvedimento n. 1 dd. 22 febbraio 2011 il Responsabile dell’Ufficio commercio
e pubblici esercizi del Comune di Canazei, in esito a due denunce di inizio di
attività di vendita al dettaglio di abbigliamento nel chiosco di cui trattasi,
ivi presentate dal sig. Filippin sub n. 8626 dd. 15 novembre 2010 e n. 614 dd.
25 gennaio 2011, ha fatto divieto di svolgere l’attività medesima a’ sensi
dell’art. 23 della Legge Provinciale 30 novembre 1992, n. 23.
4.2. Il sig. Filippin ha impugnato anche
tale provvedimento sub R.G. 111 del 2011 innanzi al T.R.G.A., Sede di Trento,
deducendo le seguenti censure:
a) eccesso di potere per ingiustizia
manifestata, per illogicità, per travisamento dei fatti ed erronea valutazione
del presupposto e violazione del giudicato;
b) violazione di principi costituzionali
(imparzialità e buon andamento) e principi generali dell’ordinamento (certezza
del diritto);
c) violazione e falsa applicazione
dell’art. 8 della Legge Provinciale 30 luglio 2010, n. 17, nonchè violazione
della deliberazione della Giunta provinciale n. 177 del 8 febbraio 2010.
Con l’impugnazione è stata - altresì -
proposta una domanda di condanna del Comune di Canazei al risarcimento dei
danni.
4.3. Il Comune si è costituito in tale
primo grado di giudizio, chiedendo la reiezione del ricorso.
4.4. Con ordinanza n. 39 del 9 giugno
2011, l’adito T.R.G.A. ha disposto l’accoglimento della sospensiva, “Rilevato
che l’impugnato divieto di inizio attività commerciale di vendita di maglieria
nel chiosco a Passo Pordoi, di cui alla D.I.A. del gennaio 2011, è stato
opposto all’Amministrazione comunale in ragione di un risalente abuso edilizio
perpetrato dal ricorrente nelle more della lite territoriale fra i comuni di
Canazei e Livinallongo, poi compostasi nel 1985 allorchè il Ministero delle
Finanze provvide a cancellare dal catasto del Comune di Livinallongo il mappale
che si sovrapponeva a quello di Canazei; che con la sentenza n. 437 del 2000
questo Tribunale respingeva il ricorso avverso l’ingiunzione a demolire emessa
dal comune di Canazei, avendo il Sig. Filippin costruito il chiosco senza
licenza; Considerato: che, ad una prima sommaria delibazione tipica della fase
cautelare ed impregiudicata ogni definitiva decisione in rito, nel merito e
sulle spese di giudizio, il ricorso appare assistito da sufficiente fumus
boni iuris, atteso che l’accoglimento definitivo (equiparabile ad un
giudicato) in data 22.10.2008 del ricorso straordinario al Presidente della
Repubblica avverso il provvedimento sindacale di acquisizione gratuita al
patrimonio del Comune di Canazei del manufatto abusivamente realizzato,
travolge nella specie la fase acquisitiva al patrimonio comunale della
procedura sanzionatoria edilizia, lasciando di conseguenza il ricorrente nella
disponibilità giuridica del chiosco per l’esercizio dell’attività commerciale
in questione; che, pertanto, sussistono i requisiti di cui alle citate disposizioni
normative, anche in relazione alla concorrente esistenza del lamentato
pregiudizio”.
4.5. Con susseguente sentenza n. 278 dd.
13 settembre 2012, il medesimo T.R.G.A. ha peraltro respinto il ricorso,
rilevando testualmente che con il primo ordine di censure il sig. Filippin
aveva dedotto “eccessodi potere sotto vari profili, negando l’esistenza
dell’abuso e della conseguente illiceità del manufatto, che comunque sarebbe
sanato dalla decisione del Capo dello Stato che ha annullato il provvedimento di
acquisizione del chiosco in questione al patrimonio del Comune di Canazei. Il
Comune sostiene, per contro, di non poter assentire l’attività commerciale, non
essendosi ancora completato il procedimento sanzionatorio, atteso che
l’ordinanza ingiunzione del 1996 sarebbe tuttora valida.
Osserva il Collegio che la decisione del
Presidente della Repubblica sul ricordato ricorso straordinario , riguardando
nello specifico l’ordinanza sindacale numero 14/2001, non investe l’ingiunzione
di demolizione per le opere edilizie eseguite in assenza di titolo abilitativo
emessa in data 18 dicembre 1996.
Invero, il decreto del Capo dello Stato ha
sì annullato il provvedimento di acquisizione del manufatto al patrimonio del
Comune di Canazei, restituendo all’interessato la disponibilità dell’immobile,
ma non poteva certo estendere i suoi effetti anche all’ordinanza ingiunzione
del 1996 che rimane, come correttamente sostenuto dal Comune, ancora valida ed
efficace.
Del resto, tale ordinanza ingiuntiva è
fondata, oltre che sull’assenza di concessione edilizia, anche sulla mancanza
dell’autorizzazione paesaggistica, la cui previa acquisizione era
imprescindibile, trovandosi il chiosco nell’area di pertinente tutela
provinciale.
Invero, l’art. 8 della Legge Provinciale
30 luglio 2010 n. 17 (Disciplina dell’attività commerciale), pur consentendo
l’apertura dei cosiddetti esercizi di vicinato con la semplice presentazione di
DIA, la subordina al rispetto dei criteri di programmazione urbanistica del
settore commerciale e anzitutto delle norme urbanistiche ed ambientali.
L’immobile destinato all’attività commerciale deve cioè essere perfettamente
regolare, sia dal punto di vista urbanistico – edilizio, sia da quello
paesaggistico - ambientale e naturalmente munito di licenza di agibilità.
L’attività commerciale non può infatti essere esercitata in immobili affetti da
abusi edilizi e/o paesaggistico – ambientali o anche solo privi di agibilità”.
Lo stesso giudice si è quindi richiamato
al contenuto della predetta sentenza n. 437 del 2000 per concludere che “in
definitiva, il chiosco, in cui l’interessato intende esercitare l’attività
commerciale, risulta abusivo e allo stato privo della necessaria conformità
urbanistica e ambientale”.
Per quanto attiene al secondo ordine di
censure, il T.R.G.A. rileva che con esso il sig. Filippin aveva sostenuto
l’avvenuta violazione dei principi di imparzialità e buon andamento, nonché
della certezza del diritto in relazione alla esistenza di pregressi titoli
edilizi, asseritamente legittimanti il chiosco in contestazione, rilasciati dal
Comune di Livinallongo nelle more della definizione del contenzioso
territoriale tra detto con quello di Canazei e che, peraltro, anche tale
tematica risulterebbe affrontata nella medesima sentenza n. 437 del 2000 in
senso sfavorevole per il medesimo sig. Filippin, ribadendo anche in
quest’ultima sentenza che il Sindaco di Livinallongo sarebbe stato del tutto
‘incompetente’ a rilasciare provvedimenti per un territorio da sempre facente
parte del Comune di Canazei e , per di più, comunque incidenti su di un’area
diversa da quella dove sorgeva la costruzione, tanto è vero che nel 1991 il
Sindaco medesimo avrebbe cambiato l’oggetto della concessione per manutenzione
straordinaria da lui rilasciata nel 1978, affermando falsamente che la
rettifica delle mappe catastali non risultava ancora conclusa.
Lo stesso T.R.G.A. ha anche respinto il
terzo ordine di censure dedotto dal sig. Filippin, con il quale era stata
dedotta la violazione dell’art. 8 della Legge Provinciale n. 17 del 2010,
nonché della deliberazione della Giunta provinciale n. 177 del 8 febbraio 2010,
rilevando che l’art. 8 anzidetto dispone al suo comma 1 che, “ fermo
restando il rispetto delle norme urbanistiche e ambientali, l'apertura,
l’ampliamento della superficie e il trasferimento di sede degli esercizi di
vicinato sono subordinati al rispetto dei criteri di programmazione urbanistica
del settore commerciale e sono soggetti a dichiarazione di inizio attività da
presentare al comune competente per territorio ai sensi dell'articolo 23 della legge
provinciale 30 novembre 1992 n. 23” e che – anche al di là della
circostanza che il chiosco di cui trattasi risulterebbe situato in zona
classificata dalla vigente strumentazione urbanistica come “ area
sciabile “, nella quale sarebbe astrattamente consentita una limitata
espansione edificatoria a vocazione turistica, necessiterebbe comunque “ribadire
che nella specie si discute della assentibilità o meno di un’attività di natura
commerciale, legittimamente subordinata, ai sensi del richiamato art. 8 della
Legge Provinciale n. 17 del 2010, alla positiva verifica della conformità dei
locali di svolgimento dell’attività alla normativa edilizio – urbanistica ed
ambientale; conformità, come si è detto, assente al momento dell’adozione del
diniego impugnato, posto che la già citata sentenza n. 437 del 2000 di questo
Tribunale, allo stato esecutiva, ha statuito che il manufatto in contestazione
debba essere considerato abusivo”.
Dalla reiezione di tutti gli ordini di
censure proposti dal signor Filippin il T.R.G.A. ha fatto conseguire anche la
reiezione della domanda di risarcimento dei danni da lui contestualmente
proposta.
Lo stesso giudice ha anche condannato il
sig. Filippin al pagamento delle spese e degli onorari di tale primo grado di
giudizio, complessivamente liquidati nella misura di € 3.000,00 (tremila), “oltre
ad I.V.A., C.N.P.A. ed al 12,5% sull’importo dei diritti e degli onorari a
titolo di spese generali”.
5.1. Con il secondo appello in epigrafe
(R.G. 7426 del 2012) il Filippin chiede ora la riforma anche di tale seconda
sentenza, deducendo al riguardo i motivi di impugnazione qui appresso descritti
a) Error iuris; violazione,
falsa applicazione e comunque falsa interpretazione della decisione sul ricorso
straordinario; riesame e riproposizione integrale del primo motivo di ricorso
già proposto in primo grado.
b) Error iuris; erroneo
rigetto del secondo motivo di ricorso.
c) Error iuris con
riferimento al terzo motivo di ricorso.
d) Riesame della domanda di risarcimento
del danno proposta nei confronti del Comune di Canazei.
5.2. Si è costituito anche in tale grado
di giudizio il Comune di Canazei, replicando ai motivi d’appello e concludendo
per la loro reiezione.
6. Tutte le parti hanno prodotto in
entrambi i procedimenti diffuse e puntuali memorie a sostegno delle rispettive
tesi e in replica a quelle avversarie.
7.1. Alla pubblica udienza del 26 febbraio
2013 entrambi gli appelli in epigrafe sono stati chiamati per la decisione.
Peraltro, il difensore del signor Dezulian
- interveniente ad opponendum nel giudizio di primo grado
proposto sub R.G. 108 del 1997 e costituitosi nel procedimento in appello
proposto sub R.G. 2428 del 2001 - ha in tale sede richiamato la circostanza di
aver depositato il 16 gennaio 2013 il certificato di morte del proprio assistito, medio
tempore deceduto in data 12 aprile 2005.
Con ordinanza n. 1752 dd. 26 febbraio 2013
la Sezione ha pertanto provveduto a riunire i due appelli in epigrafe, a’ sensi
dell’art. 70 cod. proc. amm., “sussistendo intima connessione tra i due
giudizi, in quanto il divieto di esercizio dell’attività commerciale, oggetto
del ricorso n. 7426 del 2012, ha quale presupposto l’abusività del manufatto ed
il correlato ordine di demolizione, oggetto del giudizio n. 2428 del 2001”,
e ha dato atto dell’interruzione del giudizio, a’ sensi del combinato disposto
dell’art. 79, comma 2, cod. proc. amm. e dell’art. 300, commi 1 e 2, cod. proc.
civ.
7.2. Con atto notificato il 24 aprile 2013
e depositato il 16 maggio 2013 l’appellante ha provveduto alla riassunzione del
giudizio.
7.3. A sua volta, il patrocinio del Comune
di Canazei ha eccepito la tardività della riassunzione medesima, nonché la
tardività – segnatamente, a’ sensi dell’art. 104, comma 2, cod. proc. amm. –
del deposito agli atti di causa da parte del difensore dell’appellante, di
altra documentazione costituita dalla copia informe di un accordo asseritamente
concluso in data 24 maggio 2000 tra lo stesso Comune di Canazei e il Comune di
Livinallongo in ordine alla “definizione della competenza di funzioni
amministrative al Passo Pordoi”.
7.4. Alla pubblica udienza dell’11
febbraio 2014 la causa è stata nuovamente trattenuta per la decisione.
8.1. Il Collegio deve innanzitutto
esaminare l’eccezione formulata dal Comune di Canazei in ordine alla tempestività
della riassunzione del giudizio da parte dell’appellante.
Secondo la prospettazione dell’appellato
Comune, tale riassunzione sarebbe tardiva in quanto, al di là della formale
dichiarazione resa alla pubblica udienza del 26 febbraio 2013 (cfr. ivi: “L’Avvocato
Reggio D’Aci” - delegato dall’Avv. Andrea Manzi - dichiara la
morte della parte come da certificato depositato in data 13 gennaio 2013”),
rileverebbe, quale dies a quo agli effetti del computo dei 90
giorni fissati per la riassunzione a’ sensi dell’art. 80 cod. proc. amm., non
già la data della pubblica udienza nella quale la dichiarazione del decesso
sarebbe stata resa, ma – per l’appunto – la data del deposito agli atti di
causa del certificato di morte della parte: dal che discenderebbe, pertanto,
che la notificazione della riassunzione sarebbe nella specie avvenuta dopo 98
giorni, e quindi dopo la consunzione del termine di 90 giorni previsto dalla
norma.
8.2. Tale eccezione della parte appellata
non può essere accolta.
Il comma 3 dell’art. 80 cod. proc. amm.
dispone, per quanto qui segnatamente interessa, che “il processo deve
essere riassunto, a cura della parte più diligente, con apposito atto
notificato a tutte le altre parti, nel termine perentorio di novanta giorni
dalla conoscenza legale dell’evento interruttivo, acquisita mediante
dichiarazione, notificazione o certificazione”.
Le vicende che danno luogo
all’interruzione del processo amministrativo sono — per espresso richiamo
contenuto nell’art. 79 cod. proc. amm. — le stesse contemplate dall’art. 299
cod. proc. civ., ma le modalità e i termini della riassunzione del processo
sono sensibilmente diverse.
L’art. 303, secondo comma, cod. proc. civ.
dispone infatti che l’atto di riassunzione deve essere notificato entro il
termine decorrente “dalla morte … della parte” (cfr. ivi), nel
mentre per il processo amministrativo il termine per la riassunzione, definito
espressamente come “perentorio”, decorre – come si è detto innanzi
– “dalla conoscenza legale dell’evento interruttivo, acquisita mediante
dichiarazione, notificazione o certificazione”.
A tale riguardo è già stato evidenziato
che a’ sensi sia dell’art. 80, comma 3, cod. proc. amm., sia del previgente
art. 24, secondo comma, della L. 6 dicembre 1971, n. 1034, la decorrenza dei
termini per la prosecuzione di un giudizio interrotto ha come riferimento
iniziale la “data di conoscenza legale dell’atto interruttivo”, in
conformità al principio, secondo cui l’interruzione del giudizio è conseguenza
automatica dell’evento, a cui la legge collega tale effetto, con valore
puramente dichiarativo della successiva pronuncia del giudice al riguardo (così
Cons. Stato, Sez. VI, 20 dicembre 2011, n. 6730); e, pertanto, in tale contesto
il “dies a quo” del termine per la riassunzione decorre non
dal giorno della dichiarazione della morte, né da quando si è verificato
l’evento interruttivo, ma dalla data in cui detto evento sia venuto in forma
legale a conoscenza della parte interessata alla riassunzione, ossia da quando
vi è prova della ufficiale conoscenza, tramite comunicazione della segreteria,
dell’intervenuta pronuncia di interruzione, non bastando nemmeno la presenza
del legale della parte interessata all’udienza in cui è avvenuta la
dichiarazione di morte (così Cons. Stato, Sez. IV, 31 dicembre 2010, n. 9608;
Cons. giust. amm. sic., 29 aprile 2013, n. 421).
9. Il Collegio, sempre in via preliminare,
rileva che l’eccezione della tardività del deposito, da parte dell’appellante,
di copia informe di un accordo asseritamente concluso in data 24 maggio 2000
tra lo stesso Comune di Canazei e il Comune di Livinallongo in ordine alla “definizione
della competenza di funzioni amministrative al Passo Pordoi”, non
rileva nell’economia di causa, posto che la stessa può essere decisa anche a
prescindere da tale atto.
10.1. Tutto ciò premesso, gli appelli in
epigrafe vanno accolti.
10.2.1. La difesa del Comune di Canazei
reputa che per la definizione nel merito della presente causa si debba
prescindere dal D.P.R. 22 ottobre 2008, emesso previo parere n. 2196 dd. 24
ottobre 2007 reso dalla Sez. II del Consiglio di Stato e per effetto del quale
sono stato annullati l’ordinanza n. 14 dd. 29 ottobre 2001, con la quale il
Sindaco di Canazei aveva disposto a’ sensi dell’art. 122, comma 3, della L.P.
22 del 1991 l’acquisizione al patrimonio indisponibile del Comune il chiosco in
questione, nonché i prodromici provvedimenti con i quali era stata autorizzato
l’accesso all’area sulla quale era sorto il chiosco medesimo ai fini del
necessario frazionamento catastale e tavolare, nonché il tipo di frazionamento
n. 505/2001 dd. 31 agosto 2001 conseguentemente redatto.
Il Comune argomenta in tal senso che il
decreto decisorio del ricorso straordinario al riguardo proposto dal signor
Filippin risulterebbe comunque un provvedimento ‘amministrativo’ e non
‘giurisdizionale’, che esso sarebbe stato emesso in violazione delle regole del
contraddittorio (in quanto non sarebbero state in alcun modo considerate le
memorie difensive inoltrate dalla medesima Amministrazione comunale a sostegno
delle proprie ragioni) e fa da ultimo propria la tesi sviluppata dallo stesso
T.R.G.A. nella sua sentenza n. 278 dd. 13 settembre 2012, qui impugnata sub
R.G. 7426 del 2012 e riguardante il divieto di inizio attività commerciale di
vendita al dettaglio opposto al signor Filippin, ossia che l’annullamento disposto
per effetto dell’anzidetto decreto presidenziale decisorio riguarderebbe
soltanto il provvedimento di acquisizione del chiosco al patrimonio del Comune
medesimo e gli anzidetti atti ad essa direttamente prodromici, nel mentre non
sarebbe stata caducata – e rimarrebbe quindi ad oggi del tutto efficace –
l’ingiunzione a demolire il manufatto disposta con l’ordinanza n. 23 dd. 18
dicembre 1996 e ravvisata legittima dalla sentenza n. 437 dd. 14 novembre 2000,
precedentemente resa dal T.R.G.A.
10.2.2. Il Collegio non concorda con
l’insieme di tali affermazioni.
Quanto alla decisione del Presidente della
Repubblica, resa il 22 ottobre 2008, è decisivo considerare che la sua cogenza
non può essere messa in discussione nel presente giudizio, perché essa è stata
resa nel regime della alternatività.
Al riguardo, rileva la giurisprudenza
delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, la quale – a seguito del
mutamento del quadro normativo disposto dall’art. 69 della L.18 giugno 2009, n.
69, e dal codice del processo amministrativo – ha chiarito che, per le
decisioni straordinarie rese prima di tali riforme, vanno distinte quelle rese
nel regime della alternatività, da quelle rese prater legem su una controversia
rimessa alla giurisdizione del giudice civile.
Per quelle rese nel regime della
alternatività ‘prima’ della revisione, le citate riforme hanno preso atto della
loro già indiscussa cogenza ed immodificabilità ed hanno aggiunto il rimedio
del giudizio d’ottemperanza, «a prescindere dall'epoca di proposizione» del
ricorso straordinario (per tutte, Sez. Un., 28 gennaio 2011, n. 2065, § 2.14;
Sez. Un., 7 febbraio 2011, nn. 2818, 2819, 2829, 2830 fino a 2939; Sez. Un., 10
marzo 2011, n. 5684; Sez. Un. 28 aprile 2011, n. 9447; Sez. Un., 19 luglio
2011, n. 15765).
Per quelle rese prater legem ‘prima’ della
revisione su una controversia rimessa alla giurisdizione del giudice civile
(ormai precluse dall’art. 7, comma 8, del codice del processo amministrativo:
cfr. Corte Cost., sent. n. 73 del 2014), esse – in quanto disapplicabili dal
medesimo giudice e non decisorie della controversia – hanno invece conservato
natura amministrativa (Sez. Un., n. 20569 del 2013, Sez. III, nn. 19531 e n.
20054 del 2013), non potendo la legge sopravvenuta determinare una soccombenza
non prevista dalla normativa previgente.
Pertanto, la decisione del 22 ottobre
2008, in quanto resa nel regime della alternatività in ragione della
impugnazione di provvedimenti autoritativi incidenti di interessi legittimi, ha
comportato la soccombenza dell’allora amministrazione resistente e non può
essere posta in discussione in questa sede.
Pertanto, il collegio non può sottrarsi
dal prendere atto che una statuizione giudiziale ha nella specie annullato il
provvedimento finale di un procedimento puntualmente normato dall’art. 122,
commi 1, 2 e 3, della L.P. 22 del 1991 alla stessa guisa di quanto all’epoca
disposto dall’allora vigente art. 7 della L. 28 febbraio 1985, n. 47, e
pertanto, consistente in un primo provvedimento che ingiunge al contravventore
la demolizione dell’opera abusiva e in un secondo provvedimento che,
nell’ipotesi di inottemperanza dell’ingiunzione dopo il decorso del termine
fissato ex lege, dispone l’acquisizione gratuita dell’opera
medesima al patrimonio indisponibile del Comune.
Pertanto, nessun rilievo può essere
attribuito al provvedimento annullato con la decisione straordinaria, sicché il
Comune di Canazei non risulta titolare del bene oggetto del presente giudizio.
10.2.4. Va anche evidenziata la
sostanziale coincidenza tra le censure dedotte dal medesimo signor Filippin in
sede di ricorso straordinario - e accolte con la decisione del 2008 - e le
censure formulate nell’appello da lui proposto sub R.G. 2428 del 2001 (volto ad
ottenere, in riforma della sentenza impugnata, l’annullamento dell’ordinanza di
demolizione n. 23 dd. 18 dicembre 1996)
Egli ha infatti fondatamente dedotto in
entrambi i procedimenti il vizio di difetto di istruttoria e di motivazione: e,
infatti, non è stata considerata a tale riguardo, né dal Comune di Canazei, né
dal T.R.G.A,, la sostanziale valenza assunta dalla concessione gratuita
rilasciata nel 1978 dal Comune di Livinallongo al medesimo sig. Filippin (per
l’esecuzione di lavori di “manutenzione straordinaria struttura portante banco
vendita”, cioè del manufatto di cui trattasi, così come, peraltro, gli atti
impugnati in primo grado non hanno tenuto conto neppure del fatto che il
Sindaco di Livinallongo in data 16 maggio 1968 ha concesso in affittanza al
signor Filippin il terreno, per lo svolgimento del commercio ambulante (con
atto reiterato in data 10 maggio 1970), ed ha accolto in data 5 maggio 1975
l’istanza volta alla apertura di un nuovo esercizio per il commercio fisso.
Il primo di tali provvedimenti,- tutti
divenuti inoppugnabile, poiché nessuno a quel tempo ne ha contestato la
legittimità - costituisce un titolo che giustifica il mantenimento del
manufatto, e ciò a prescindere dall’epoca della sua originaria costruzione,
considerandolo quindi per implicito come legittimamente realizzato per
l’innanzi, mentre gli altri due atti evidenziano che il Comune di Livinallongo
ha più volte esercitato i propri poteri istituzionali con riferimento alle aree
in questione.
Queste circostanze non possono non avere
ricadute sull’esito del presente giudizio.
Così come il Presidente della Repubblica
con la decisione del 22 ottobre 2008 ha annullato il provvedimento di
acquisizione, per corrispondenti ragioni questo Collegio ritiene di annullare
l’ordinanza di demolizione n. 23 del 18 dicembre 1996.
Infatti, il Comune di Canazei e lo stesso
T.R.G.A. non hanno tenuto in adeguata considerazione il contenuto e l’anzidetta
valenza della concessione gratuita anzidetta: essi hanno considerato che “da
sempre” il relativo sedime sarebbe stato incluso nel territorio
comunale di Canazei, e ciò proprio in quanto il problema confinario tra il
medesimo Comune di Canazei è insorto soltanto nel 1985.
Tuttavia, l’amministrazione comunale qui
appellata – e, in primis, con i suoi provvedimenti impugnati in primo grado –
avrebbe dovuto tener conto non solo della preesistente storia amministrativa
dei luoghi e dei provvedimenti abilitativi più volte emessi dal Comune di
Livillongo.
Del resto, il Comune di Canazei era anche
a propria volta a conoscenza delle varie attività poste in essere dal sig.
Filippin e dal suo dante causa, da tempo note e oggetto di altri provvedimenti,
se non altro poiché il sedime di cui si discute era stato inscritto – come
rilevato innanzi - nel libro fondiario del comune catastale di Canazei: ciò
avrebbe reso ben possibile nei termini dovuti una impugnazione degli atti del
Comune di Livillongo da parte dello stesso Comune di Canazei, se si assume come
veritiero il proprio assunto circa il fatto che l’area in questione era “da
sempre” ricadente nel suo territorio.
Sempre in dipendenza di ciò, peraltro,
neppure risulta condivisibile l’assunto contenuto nelle premesse motivazionali
dell’ingiunzione a demolire, secondo il quale “presso il Comune di
Livinallongo non risulta essere depositata nessuna concessione in sanatoria relativamente
al chiosco abusivo in località Passo Pordoi”, posto che il Comune di
Canazei era in ogni caso tenuto a considerare al riguardo anche l’esistenza
dell’anzidetto titolo edilizio rilasciato nel 1978 all’appellante dal Comune di
Livillongo, oltre agli altri provvedimenti rilasciati dal medesimo Comune
Parrebbe di capire che nell’implicita
prospettazione del Comune di Canazei, nonché dello stesso T.R.G.A., i
provvedimenti emanati nei riguardi dell’appellante da parte del Comune di
Livinallongo dovrebbero essere ritenuti ‘nulli’ in quanto viziati da
incompetenza assoluta, in quanto eccedenti la competenza territoriale di
quest’ultimo: ma la stessa e ben dirimente circostanza dell’incertezza del
confine tra i due Comuni e l’invero significativa circostanza che il mappale n.
69 del Comune censuario di Livinallongo risultava ab origine inscritto
come proprietà di quest’ultimo induce il Collegio a rilevare che la nullità del
provvedimento amministrativo per difetto assoluto di attribuzione, prevista
dall’art. 21-septies della L. 7 agosto 1990, n. 241, va circoscritta ai soli
casi di incompetenza assoluta o di c.d. “carenza di potere in astratto”,
ossia al caso in cui manchi del tutto una norma che attribuisca
all’amministrazione il potere in fatto esercitato (cfr. al riguardo, ex
plurimis, Cons. Stato, Sez. IV, 28 gennaio 2011, n. 676).
Tale evenienza non è nella specie
ravvisabile, e in dipendenza di ciò i richiamati provvedimenti rilasciati dal
Comune di Livinallongo (anche quello del 1978) non possono essere dichiarati
nulli da questo giudice a’ sensi di quanto disposto dall’art. 31, comma 4,
seconda parte, cod. proc. amm. e, semmai, considerati, in dipendenza della sua
intervenuta inoppugnabilità, quale implicita legittimazione circa l’insistenza in
loco del manufatto.
In altri termini, al riguardo rileva un
principio generale del diritto pubblico, per il quale – se un ente locale
esercita i propri poteri con riferimento ad alcune particelle che ritiene
rientrare nell’ambito del proprio territorio – i relativi provvedimenti sono
idonei a diventare inoppugnabili in assenza dell’impugnazione di un soggetto
interessato (incluso il Comune che lamenti l’invasione dei propri poteri
istituzionali): per esigenze di tutela dell’affidamento dei consociati, posto a
base anche dei principi riguardanti il funzionario di fatto, si deve ritenere
che – se, in base ad accertamenti sopravvenuti, un’area considerata rientrante
nel territorio di un Comune in realtà risulta rientrare nel territorio di un
altro Comune – conservano piena rilevanza giuridica gli atti amministrativi
emessi dal Comune poi risultato incompetente.
10.2.5. Neppure può essere accolta la tesi
del Comune di Canazei e fatta sempre propria dal T.R.G.A., secondo la quale
rimarrebbe comunque salva la parte dell’anzidetta ingiunzione a demolire, che
richiama la difformità del chiosco in questione rispetto al vincolo
paesaggistico gravante sull’area in cui tale manufatto è stato realizzato.
E’ decisivo considerare che, non essendo
state valutate decisive circostanze di fatto e di diritto, la medesima
ordinanza n. 23 del 1996 va annullata nella sua unitarietà.
Peraltro, si deve anche osservare come, a’
sensi dell’art. 8, comma 1, nn. 5 e 6 dello Statuto di autonomia speciale della
Regione Trentino Alto Adige, approvato con D.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, la
Provincia Autonoma di Trento ha competenza esclusiva non solo in materia di “urbanistica
e piani regolatori”, ma anche di “tutela del paesaggio” (cfr.
ivi).
Orbene, nelle premesse motivazionali
dell’ingiunzione a demolire è invero richiamata anche la circostanza che il
manufatto in questione è stato realizzato “senza la necessaria
autorizzazione della Commissione Comprensoriale per la tutela del paesaggio”,
competente al riguardo a’ sensi dell’art. 98 della L.P. 22 del 1991.
Tuttavia, il potere di ingiunzione in
concreto esercitato dal Sindaco di Canazei identifica una repressione di
un’attività confliggente con un interesse edilizio, e non già paesaggistico, posto
che a’ sensi dell’art. 131 della L.P. 22 del 1991 il procedimento per il
ripristino dei luoghi è di competenza della Giunta Provinciale, e non già del
Sindaco.
Nel caso di specie risulta quindi
applicato l’art. 122 della medesima L.P. 22 del 1991, il quale - per l’appunto
- disciplina la repressione degli abusi edilizi, e non già paesaggistici:
circostanza, questa, ulteriormente comprovata anche dal puntuale richiamo,
operato sempre nelle premesse dell’ingiunzione a demolire, della disciplina
contenuta al riguardo nella L. 28 gennaio 1977, n. 10.
10.3. Dall’annullamento in questa sede
dell’ingiunzione a demolire n. 23 del 18 dicembre 1996 (e risultando già
annullato l’atto di acquisizione emesso nel 2001 con la decisione del
Presidente della Repubblica), discende per ineludibile necessità l’annullamento
anche del provvedimento n. 1 dd. 22 febbraio 2011 con il quale il Responsabile
dell’Ufficio commercio e pubblici esercizi del Comune di Canazei, in esito a
due denunce di inizio di attività di vendita al dettaglio di abbigliamento nel
chiosco di cui trattasi, ivi presentate dal signor Filippin sub n. 8626 dd. 15
novembre 2010 e n. 614 dd. 25 gennaio 2011, ha fatto divieto di svolgere
l’attività medesima a’ sensi dell’art. 23 della Legge Provinciale 30 novembre
1992, n. 23.
Anche a prescindere dalla già assorbente
circostanza per cui la sentenza n. 278 dd. 13 settembre 2012 resa al riguardo
dal T.R.G.A. fonda sostanzialmente il proprio impianto motivazionale in termini
di stretta consequenzialità rispetto alla predetta – e, per quanto detto
innanzi, non corretta – sentenza n. 437 del 2000, concernente l’anzidetta
ingiunzione a demolire, va comunque evidenziato che l’art. 8 della L.P. 30
luglio 2010, n. 17, laddove subordina l’attività commerciale al “rispetto
delle norme urbanistiche e ambientali”, presuppone – all’evidenza – che il
mancato rispetto di tali norme sia stato già accertato dalle autorità a ciò
competenti: il che, nella specie non può dirsi proprio perché gli atti
sanzionatori al riguardo emessi dallo stesso Comune sono risultati illegittimi,
dapprima con la decisione straordinaria del 22 ottobre 2008 (quanto all’atto di
acquisizione) e poi con la presente sentenza (quanto all’ordinanza di
demolizione del chiosco).
11. Se, per tutto quanto detto innanzi, le
sentenze impugnate con i due appelli in epigrafe devono essere riformate
accogliendo i relativi ricorsi proposti in primo grado dal Filippin, nondimeno
la sua domanda di risarcimento del danno da lui in primo grado sub R.G. 111 del
2011 e qui reiterata nell’appello proposto sub R.G. 7426 del 2012 va respinta:
e ciò non solo in quanto difetta un’idonea comprova dei danni da lui subiti, ma
per la considerazione – del tutto assorbente – che il medesimo signor Filippin,
pur potendo attivare il proprio esercizio commerciale in dipendenza
dell’ordinanza cautelare n. 39 del 9 giugno 2011 - a lui favorevole - emessa
dal T.R.G.A., non ha provveduto a ciò.
Deve pertanto concludersi nel senso che il
mancato esercizio da parte dell’appellante dell’attività commerciale è dipeso
da una sua scelta imprenditoriale che in alcun modo può essere imputata per le
sue conseguenze al Comune.
D’altra parte, la complessità delle
questioni emerse nel corso dei procedimenti evidenzia l’assenza della
rimproverabilità dell’amministrazione appellata.
12. Le spese e gli onorari di entrambi i
gradi dei giudizi possono essere integralmente compensati tra le parti.
Vanno peraltro poste carico del Comune di
Canazei le somme corrisposte per entrambi i gradi dei due giudizi a titolo di contributo
unificato di cui all’art. 9 e ss. del D.P.R. 31 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede
giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sugli appelli in
epigrafe – previa loro riunione – li accoglie (appelli: n. 2428 del 2000 e n.
7426 del 2012) e, per l’effetto, in riforma delle sentenze impugnate, accoglie
i ricorsi rispettivamente proposti in primo grado e annulla gli atti con essi
impugnati, nei sensi precisati in motivazione.
Respinge la domanda di risarcimento del
danno presentata dal signor Filippin Giacinto.
Compensa integralmente tra le parti le
spese e gli onorari di entrambi i gradi dei due giudizi.
Pone a carico del Comune di Canazei le
somme corrisposte per entrambi i gradi dei due giudizi a titolo di contributo
unificato di cui all’art. 9 e ss. del D.P.R. 31 maggio 2002 n. 115.
Ordina che la presente sentenza sia
eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di
consiglio del giorno 11 febbraio 2014 con l’intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti, Presidente
Antonio Amicuzzi, Consigliere
Fulvio Rocco, Consigliere, Estensore
Antonio Bianchi, Consigliere
Raffaele Prosperi, Consigliere
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L'ESTENSORE
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IL PRESIDENTE
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 27/05/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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