lunedì 18 maggio 2015

PUBBLICI CONCORSI: anche il concorso per dirigenti Agenzia dei Monopoli e delle Dogane viene annullato (T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II, sentenza 28 aprile 2015, n. 6097).


PUBBLICI CONCORSI: 
anche il concorso per dirigenti 
Agenzia dei Monopoli e delle Dogane
 viene annullato 
(T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II, 
sentenza 28 aprile 2015, n. 6097)



Breve commento

Qui un problema delle procedure concorsuali si sta ponendo; il T.A.R. Roma, Sez. II, ad esempio, ha annullato il concorso di Roma Capitale per l'accesso a 110 posti da funzionari con la sentenza n. 11106/2014 (clicca qui per visualizzarla).
A mio modestissimo parere, la spending review finalizzata (anche) alla drastica riduzione del personale lavorante nelle p.a., ed al contempo, al relativo rinnovamento generazionale, incide su una certa "sensibilità" dei Giudici amministrativi nel buttare giù intere prove selettive 
Nel caso di specie, la sentenza mi sembra comunque assolutamente condivisibile.
P.S.: consiglio a tutti di leggere il notissimo "L'uomo ad una dimensione" di Herbert Marcuse, quel opuscolo in cui il grande Filosofo contestava la natura oppressiva della cultura, imposta, standardizzata, incanalata, asservita,incapace di sprigionare le energie positive (specie) delle giovani generazioni.
 L'apposizione di "crocette" in un concorso pubblico, non è forse una forma paradigmatica di imposizione "unidirezionale"  che appiattisce a puro tecnicismo, spesso mnemonico, le straordinarie (non sempre e comunque presenti, ma pur sempre presenti!) capacità dei candidati ad un pubblico impiego?


Massima

1. Il Collegio ritiene che non sussistano i presupposti per accogliere la tesi secondo la quale, in ossequio al principio di economicità dell’azione amministrativa e del principio di conservazione degli atti amministrativi, sarebbe possibile salvaguardare la posizione dei canditati per i quali sia pacifico che la correzione di entrambi gli elaborati è stata effettuata collegialmente dalla Commissione. 
2. Con riferimento ad una fattispecie in parte simile a quella in esame, infatti, la giurisprudenza (T.A.R. Campania, sent. n. 1586/2015) ha recentemente affermato che l’amministrazione, avendo l’obbligo di soddisfare la pretesa del ricorrente vittorioso, non può frustrare la sua legittima aspettativa con comportamenti elusivi e, quindi, non può far salvi alcuni degli atti della procedura di correzione degli elaborati qualora la commissione esaminatrice abbia omesso la verbalizzazione delle sedute di correzione, così rendendo impossibile individuare se vi fossero alcuni momenti suscettibili di essere valutati secondo il principio di conservazione degli atti, principio sul quale deve comunque prevalere quello della unicità e contestualità delle operazioni della commissione esaminatrice, secondo le regole generali in tema di pubblici concorsi che non consentono di frazionare l’attività della commissione stessa. 
3. Ciò posto, il Collegio ritiene che nel caso in esame la soluzione delle rinnovazione integrale, a cura di una nuova Commissione esaminatrice, della fase di correzione degli elaborati di tutti i candidati che hanno partecipato alle prove scritte si imponga perché: 
a. i componenti della Commissione non hanno dato prova di affidabilità nell’esecuzione dei compiti ad essi affidati;
b. occorre comunque garantire l’unicità e contestualità delle operazioni di correzione e valutazione delle prove scritte.



Sentenza per esteso 

INTESTAZIONE
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10155 del 2014, integrato con motivi aggiunti, proposto da Giovanni Mungioli, rappresentato e difeso dagli avvocati Domenico Tomassetti e Maria Cristina Manni, ed elettivamente domiciliato in Roma, via Giovanni Pierluigi da Palestrina n. 19, presso lo studio dei predetti avvocati;
contro
contro
l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, in persona del suo legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, con la quale è per legge domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12; 
nei confronti di
Danilo Roncalli e Francesco Gattola; 
e con l'intervento di

ad opponendum:
- Giovanni Mosca, Maria Silvano, Edoardo Francesco Mazzilli, Paolo Raimondi, Michele Tirocchi, Claudia Mori, Marco Confalonieri, Antonella Bianchi, Marcello Fici, Antonella Manicastri, Raffaele Grandone, Natalina Cea, Damiano Sposato, Giuseppe Sabatino e Giorgio Pugliese, tutti rappresentati e difesi dagli avvocati Carlo Maria D’Acunti e Stefano D’Acunti, con domicilio eletto in Roma, viale delle Milizie n. 9, presso lo studio dell’avvocato Stefano D’Acunti;
- Elisabetta Biondi, Marina Luigia Zanga, Francesca Romani, Luca Moriconi, Danilo Roncalli, Pietro Orsini, Francesco Gattola, Andrea Lombardi, Alessandro Proposito, Gabriele Patta e Roberto Galdi, tutti rappresentati e difesi dall’avvocato Andrea Reggio d’Aci e, per quanto riguarda Elisabetta Biondi, anche dall’avvocato Francesco Angelini, con domicilio eletto in Roma, via F. Confalonieri n. 5, presso lo studio dell’avvocato Andrea Reggio d’Aci;
- Lucio Iacobucci, rappresentato e difeso dall’avvocato Andrea Reggio d’Aci ed elettivamente domiciliato in Roma, via F. Confalonieri n. 5, presso lo studio del predetto avvocato; 

per l'annullamento
degli atti del concorso per esami a complessivi 69 posti di dirigente di seconda fascia presso l’Agenzia delle Dogane e deiMonopoli, indetto con determinazione dirigenziale prot. n. 146312 R.U. del 16 dicembre 2011, e, in particolare, della comunicazione dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli del 27 maggio 2014 con la quale è stata data notizia dei risultati delle prove scritte e degli elenchi dei candidati ammessi e non ammessi alle prove orali; nonché di ogni altro atto presupposto, connesso e conseguente, ivi compresi i verbali della Commissione esaminatrice, con particolare riferimento al verbale n. 30/2014 relativo alla correzione delle prove scritte del ricorrente, e la determinazione dirigenziale prot. n. 48142 R.U. del 2 maggio 2012, con la quale è stata disposta la nomina della Commissione di concorso;


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli e degli intervenienti;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 marzo 2015 il dott. Carlo Polidori e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO
1. Il dottor Giovanni Mungioli con il ricorso principale ha impugnato gli atti del concorso per esami a complessivi 69 posti di dirigente di seconda fascia presso l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (di seguito denominata “ADM”), indetto con la determinazione dirigenziale prot. n. 146312 R.U. del 16 dicembre 2011 e, in particolare gli elenchi dei candidati ammessi e non ammessi alla prova orale. In particolare il ricorrente riferisce, in punto di fatto, che: A) il bando prevede l’espletamento di due prove scritte; B) per la prima prova scritta, a contenuto teorico, è stata sorteggiata la seguente traccia: «le sospensioni cautelari dal servizio e il problema della restituito in integrum retributiva»; C) per la seconda prova scritta, a contenuto pratico, è stata sorteggiata la seguente traccia: «a seguito della verifica ad un deposito fiscale è stato evidenziato il mancato e/o irregolare appuramento dei documenti doganali che accompagnano prodotti petroliferi destinati all’esportazione per imbarco su navi. Dopo aver brevemente esposto la disciplina normativa delle provviste e dotazioni di bordo, e della circolazione dei prodotti soggetti ad accisa, il candidato descriva l’organizzazione dei servizi e il flusso procedurale da organizzare in un ufficio delle dogane, al fine di gestire in maniera efficiente ed efficace l’imbarco di prodotti petroliferi destinati all’esportazione, evidenziando le misure previste per evitare irregolarità o illiceità»; D) a seguito della pubblicazione, sul sito web istituzionale dell’ADM, dei risultati delle prove scritte, egli ha appresso che non risultava inserito nell’elenco dei concorrenti ammessi alla prova orale, avendo riportato il punteggio di 33/100 nella prima prova scritta e di 45/100 nella seconda prova scritta.
2. Avverso i provvedimenti impugnati il ricorrente deduce le seguenti censure.
I) Violazione e falsa applicazione del decreto legislativo n. 165/2001, del D.P.R. n. 487/1994, del D.P.R. n. 445/2000, della legge n. 241/1990, nonché dei principi in materia di concorsi pubblici sanciti dagli articoli 97 e 98 Cost.; eccesso di potere per errata valutazione dei presupposti, travisamento, carenza di istruttoria, illogicità, difetto di motivazione, perplessità, contraddittorietà, irragionevolezza e sviamento di potere. Il ricorrente, muovendo dal presupposto che il Giudice amministrativo possa operare un sindacato di legittimità sui giudizi delle Commissioni esaminatrici, sebbene tali giudizi siano connotati da discrezionalità tecnica, censura - anche attraverso un analitico confronto tra gli elaborati del ricorrente e quelli di altri candidati - i giudizi ed i punteggi che la Commissione esaminatrice nella seduta del 9 maggio 2014 ha attribuito ai due elaborati dallo stesso redatti.
II) Violazione e falsa applicazione del decreto legislativo n. 165/2001, del D.P.R. n. 487/1994, del D.P.R. n. 445/2000, della legge n. 241/1990, nonché dei principi in materia di concorsi pubblici sanciti dagli articoli 97 e 98 Cost.; eccesso di potere per errata valutazione dei presupposti, travisamento, carenza di istruttoria, illogicità, difetto di motivazione, perplessità, contraddittorietà, irragionevolezza e sviamento di potere. Il ricorrente, muovendo dal presupposto che (secondo quanto risulta dal verbale giornaliero n. 30) la Commissione esaminatrice nella seduta del 9 maggio 2014 ha proceduto, in soli 330 minuti, alla lettura ed alla valutazione di ben 46 elaborati, nonché alle relative operazioni di verbalizzazione, deduce che l’attività della Commissione è viziata per difetto di istruttoria, perché sono stati impiegati appena 7,17 per la lettura, valutazione e compilazione della scheda relativa a ciascun elaborato.
III) Violazione e falsa applicazione del decreto legislativo n. 165/2001, del D.P.R. n. 487/1994, del D.P.R. n. 445/2000, degli articoli 51 e 52 cod. proc. civ., della legge n. 241/1990, nonché dei principi in materia di concorsi pubblici sanciti dagli articoli 97 e 98 Cost.; eccesso di potere per errata valutazione dei presupposti, travisamento, carenza di istruttoria, illogicità, difetto di motivazione, perplessità, contraddittorietà, irragionevolezza e sviamento di potere. Il ricorrente deduce che la nomina del dottor Alberto Libeccio a componente della Commissione esaminatrice ha determinato in capo allo stesso una situazione di incompatibilità, ai sensi dell’art. 11 del D.P.R. n. 487/1994 e degli articoli 51 e 52 cod. proc. civ., e una palese violazione del principio della par condicio dei candidati. In particolare il ricorrente sostiene che: A) il dottor Libeccio ha «fortemente influenzato la Commissione stessa nell’individuazione della traccia della prima prova scritta», perché successivamente alla sua nomina a membro della Commissione (avvenuta con determinazione del 2 maggio 2012) ha tenuto un corso di formazione, organizzato dall’ADM nei giorni 18 e 19 luglio 2012, sul tema «La sospensione cautelare facoltativa ed obbligatoria del dipendente. Casistica», che coincide con l’oggetto della traccia della prima prova scritta («le sospensioni cautelari dal servizio e il problema della restituito in integrum retributiva»); B) di tale corso è stata data notizia agli uffici dell’Agenzia ed alle associazioni sindacali (con nota del 19 giugno 2012), ma non a tutti i partecipanti al concorso di cui trattasi; C) la traccia predisposta dalla Commissione esaminatrice ha, quindi, favorito i candidati che hanno partecipato al predetto corso di formazione. In altri termini, secondo il ricorrente, il dottor Libeccio, avendo tenuto il predetto corso di formazione, aveva due possibilità: astenersi dall’attività di membro della Commissione esaminatrice, oppure non consentire l’inserimento, tra le tracce della prima prova scritta, di un argomento da lui trattato nell’ambito del predetto corso di formazione. Invece a seguito della scelta della traccia sulle sospensioni cautelari dal servizio e la restituito in integrum retributiva si è venuto a trovare in una condizione di conflitto di interessi, perché «nella valutazione delle prove sarà stato influenzato dalla circostanza che alcuni candidati “aderivano” pedissequamente a quanto da lui “insegnato” ad alcuni candidati».
IV) Violazione e falsa applicazione del decreto legislativo n. 165/2001, del D.P.R. n. 487/1994, del D.P.R. n. 445/2000, degli articoli 51 e 52 cod. proc. civ., della legge n. 241/1990,della legge n. 475/1925 nonché dei principi in materia di concorsi pubblici sanciti dagli articoli 97 e 98 Cost.; eccesso di potere per errata valutazione dei presupposti, travisamento, carenza di istruttoria, illogicità, difetto di motivazione, perplessità, contraddittorietà, irragionevolezza e sviamento di potere. Il ricorrente lamenta anche un’ulteriore violazione del principio della par condicio dei candidati, che sarebbe resa palese dal fatto che entrambi gli elaborati dei candidati Francesco Natale e Marco Falconieri -ambedue ammessi agli orali, rispettivamente con la posizione di 49° e 6° in graduatoria - sono pressoché identici, quanto alla prima prova scritta, al materiale didattico fornito durante il suddetto corso di formazione organizzato dall’ADM (tenuto dal dottor Libeccio) e, quanto alla seconda prova scritta, ad una disposizione di servizio dell’ADM (la disposizione prot. n. 20049 del 2012) redatta dal direttore della Direzione Interregionale delle Dogane per la Campania e la Calabria (da individuare nel dottor Libeccio).
V) Violazione e falsa applicazione del decreto legislativo n. 165/2001, del D.P.R. n. 487/1994, del D.P.R. n. 445/2000, degli articoli 51 e 52 cod. proc. civ., della legge n. 241/1990,della legge n. 475/1925 nonché dei principi in materia di concorsi pubblici sanciti dagli articoli 97 e 98 Cost.; eccesso di potere per errata valutazione dei presupposti, travisamento, carenza di istruttoria, illogicità, difetto di motivazione, perplessità, contraddittorietà, irragionevolezza e sviamento di potere. Il deduce la violazione della disposizione dell’art. 7, comma 3, del D.P.R. n. 487/1994 - secondo il quale nei concorsi per esami “Il punteggio finale è dato dalla somma della media dei voti conseguiti nelle prove scritte o pratiche o teorico-pratiche e della votazione conseguita nel colloquio” - evidenziando che l’art. 6, comma 7, del bando di concorso prevede, invece, che il punteggio finale, ai fini della formazione della graduatoria definitiva, sia dato dalla somma aritmetica dei voti conseguiti in ciascuna delle due prove scritte e nella prova orale.
3. La Difesa erariale si è costituita in giudizio in data 15 settembre 2014 e con memoria depositata in data 1° ottobre 2014 ha chiesto il rigetto del ricorso, evidenziando quanto segue: A) il ricorrente con il primo motivo contrappone ai giudizi formulati dalla Commissione esaminatrice una diversa valutazione delle sue prove scritte, sicché la censura ancor prima che infondata è inammissibile, perché implica un sindacato di merito sulla discrezionalità tecnica della Commissione; B) solo 12 dei 46 elaborati valutati dalla Commissione esaminatrice nella seduta del 9 maggio 2014 hanno riportato il punteggio minimo previsto dal bando (pari a 70/100), mentre gli altri sono risultati largamente insufficienti, sicché il secondo motivo risulta privo di fondamento in quanto «è presumibile che la relativa valutazione ... abbia richiesto meno tempo»; C) il terzo motivo di ricorso è infondato sia perché riguardava l’intera materia dei procedimenti disciplinari, e non solo il tema delle sospensioni cautelari dal servizio e della restituito in integrum retributiva, sia perché le tre tracce predisposte dalla Commissione esaminatrice con riferimento alla prima prova scritta sono equamente distribuite tra le materie previste dal bando di concorso (diritto amministrativo, diritto tributario e diritto del lavoro, sia perché la traccia estratta a sorte per la prima prova concerne istituti che tutti i partecipanti ad un concorso per dirigente dovrebbero conoscere, anche perché ampiamente trattati dalla giurisprudenza, dalla dottrina e dalla manualistica, sia perché il ricorrente è un dipendente dell’ADM e, quindi, aveva libero accesso al materiale didattico relativo al corso di cui trattasi, che è pubblicato sul sito intranet dell’Agenzia, sia perché il dottor Libeccio è stato nominato componente della Commissione esaminatrice in ragione della sua qualità di dirigente di prima fascia dell’Agenzia e della sua comprovata qualificazione nelle materie oggetto del concorso, sicché non versava in alcuna delle situazioni in presenza delle quali insorge l’obbligo di astensione; D) non sussiste neppure la violazione della par condicio dedotta con il quarto motivo, perché lo stesso ricorrente, seppur implicitamente, ritiene verosimile che i candidati Francesco Natale e Marco Falconieri abbiano memorizzato e, quindi, riprodotto nei propri elaborati brani di testo o documentazione oggetto dei propri studi; E) parimenti infondato risulta il quinto motivo di ricorso, perché in materia di accesso alla qualifica di dirigente trova applicazione l’art. 5, comma 5, del D.P.R. n. 272/2004, secondo il quale “Il punteggio complessivo è determinato sommando i voti riportati in ciascuna prova scritta e il voto riportato nella prova orale”.
4. Con atto depositato in data 4 ottobre 2014 sono intervenuti in giudizio il dottor Giovanni Mosca, e gli altri concorrenti in epigrafe indicati (di seguito denominati “primi intervenienti ad opponendum”), i quali hanno eccepito l’inammissibilità e l’infondatezza: A) del primo motivo di ricorso, perché teso a contestare il merito dei giudizi formulati dalla Commissione esaminatrice, che risultano comunque adeguatamente motivati e tutt’altro che illogici; B) del secondo motivo di ricorso, perché non è sindacabile, da parte del Giudice amministrativo, la congruità del tempo dedicato dalla Commissione esaminatrice alla valutazione delle prove d’esame; C) del terzo motivo di ricorso, sia perché la prima prova scritta del concorso si è svolta a distanza di oltre un anno dal corso di formazione al quale si riferisce il ricorrente, che aveva ad oggetto “I procedimenti disciplinari”, sia perché la traccia sulle sospensioni cautelari dal servizio e sul problema della restituito in integrum retributiva è stata estratta a sorte da un candidato nell’ambito della terna predisposta dalla Commissione esaminatrice, sia perché il ricorrente, al pari di qualsiasi altro dipendente dell’ADM, aveva libero accesso al materiale didattico relativo al corso in questione, pubblicato sul sito intranet dell’Agenzia, sia perché, come chiarito dalla giurisprudenza con riferimento ad analoghe fattispecie, il dottor Libeccio non versava in una di quelle situazioni in presenza delle quali la giurisprudenza ritiene che insorga l’obbligo di astensione; D) del quarto motivo di ricorso, sia perché il Giudice amministrativo per valutare la pretesa disparità di trattamento tra candidati dovrebbe operare un sindacato di merito sui giudizi formulati dalla Commissione esaminatrice, sia perché, in ogni caso, non vi è identità tra gli elaborati dei candidati Francesco Natale e Marco Falconieri e il materiale didattico al quale si riferisce il ricorrente; E) del quinto motivo di ricorso, perché il D.P.R. n. 487/1994 trova applicazione in materia di accesso alla qualifica di dirigente solo per quanto non previsto dal D.P.R. n. 272/2004, il quale dispone, all’art. 5, comma 5, che “Il punteggio complessivo è determinato sommando i voti riportati in ciascuna prova scritta e il voto riportato nella prova orale”.
5. Con atto depositato in data 4 ottobre 2014 sono intervenuti in giudizio la dottoressa Elisabetta Biondi e gli altri concorrenti in epigrafe indicati (di seguito denominati “secondi intervenienti ad opponendum”), i quali hanno eccepito l’inammissibilità e l’infondatezza dei suesposti motivi di ricorso per ragioni sostanzialmente analoghe a quelle indicate dai primi intervenienti.
6. Con atto depositato in data 8 ottobre 2014 è intervenuto ad opponendum il dottor Lucio Iacobucci, il quale ha eccepito l’inammissibilità e l’infondatezza dei suesposti motivi di ricorso per ragioni analoghe a quelle indicate dai primi intervenienti.
7. Il dottor Giovanni Mungioli con ricorso per motivi aggiunti depositato in data 28 ottobre 2014 - a seguito dell’accesso agli atti della procedura selettiva e, in particolare, al verbale della Commissione esaminatrice n. 31 del 22-23 maggio 2014 - ha dedotto avverso i provvedimenti in epigrafe indicati, le seguenti ulteriori censure.
I) Violazione e falsa applicazione del decreto legislativo n. 165/2001, del D.P.R. n. 487/1994, del D.P.R. n. 272/2004, del D.P.R. n. 445/2000, della legge n. 241/1990, nonché dei principi in materia di concorsi pubblici sanciti dagli articoli 97 e 98 Cost.; eccesso di potere per errata valutazione dei presupposti, travisamento, carenza di istruttoria, illogicità, difetto di motivazione, perplessità, contraddittorietà, irragionevolezza, violazione del principio di collegialità delle operazioni di selezione dei candidati e sviamento di potere. Il ricorrente deduce che le operazioni di correzione degli elaborati si sono svolte: A) in violazione dell’art. 15 del D.P.R. n. 487/1994 e del bando di concorso, che impongono la correzione di tutti gli elaborati oggetto delle prove scritte, perché dalla lettura del predetto verbale n. 31 si desume che la Commissione esaminatrice per i primi 221 candidati ha proceduto a correggere un solo elaborato dei due consegnati e, se tale elaborato era insufficiente, ha omesso di correggere il secondo elaborato; B) in violazione del principio di collegialità, perché dalla lettura del predetto verbale n. 31 si desume che la Commissione esaminatrice, dopo essere stata esortata a correggere entrambi gli elaborati di tutti i candidati, ha proceduto alla correzione in forma collegiale soltanto se gli elaborati, valutati da parte di un singolo componente della Commissione, ottenevano un punteggio non inferiore a 40/100; C) in violazione dei principi di imparzialità e trasparenza delle operazioni concorsuali, sanciti dall’art. 1 della legge n. 241/1990, perché dalla lettura coordinata del predetto verbale n. 31 e dei verbali dal n. 12 al n. 18 (che riguardano le valutazioni effettuate in data anteriore al 4 ottobre 2013) non si riesce a comprendere come la Commissione esaminatrice abbia potuto compilare e sottoscrivere i fogli formato excel allegati ai predetti verbali dal n. 12 al n. 18, contenenti la valutazione di entrambi gli elaborati dei primi 221 candidati, se poi la Commissione stessa nel verbale n. 31 afferma che, in caso di insufficienza, ha limitato la valutazione ad un solo elaborato, sicché sorge il sospetto che la valutazione del secondo elaborato, in caso di insufficienza del primo elaborato, sia stata «a dir poco superficiale, se non addirittura semplicemente stimata, ovvero meramente prognostica, o peggio ancora non effettiva».
II) Violazione e falsa applicazione del decreto legislativo n. 165/2001, del D.P.R. n. 487/1994, del D.P.R. n. 272/2004, del D.P.R. n. 445/2000, della legge n. 241/1990, nonché dei principi in materia di concorsi pubblici sanciti dagli articoli 97 e 98 Cost.; eccesso di potere per errata valutazione dei presupposti, travisamento, carenza di istruttoria, illogicità, difetto di motivazione, perplessità, contraddittorietà, irragionevolezza, violazione del principio di collegialità delle operazioni di selezione dei candidati, violazione dei principi di trasparenza ed imparzialità dell’operato della Commissione esaminatrice, violazione della par condicio tra i candidati e sviamento di potere. Il ricorrente si duole del fatto che la Commissione esaminatrice non abbia rilevato la presenza di plurimi segni di riconoscimento sull’elaborato A del candidato inserito nella posizione n. 9 dell’elenco degli ammessi all’orale, candidato da individuare nella dottoressa Angela Palmesano, attuale direttore dell’Area personale, formazione e organizzazione della Direzione Interregionale delle Dogane per la Campania e la Calabria, diretta dal dottor Libeccio.
III) Violazione e falsa applicazione del decreto legislativo n. 165/2001, del D.P.R. n. 487/1994, del D.P.R. n. 272/2004, del D.P.R. n. 445/2000, della legge n. 241/1990, nonché dei principi in materia di concorsi pubblici sanciti dagli articoli 97 e 98 Cost.; eccesso di potere per errata valutazione dei presupposti, travisamento, carenza di istruttoria, illogicità, difetto di motivazione, perplessità, contraddittorietà, irragionevolezza, violazione del principio di collegialità delle operazioni di selezione dei candidati, violazione dei principi di trasparenza ed imparzialità dell’operato della Commissione esaminatrice, violazione della par condicio tra i candidati e sviamento di potere. Il ricorrente si duole altresì: A) del fatto che, come si evince dal verbale n. 9 del 3 luglio 2013, la Commissione esaminatrice si riunisca, senza alcuna giustificazione, presso lo studio professionale di uno dei componenti della Commissione stessa (la dottoressa Silvestri) e, quindi, in un luogo esterno all’ADM; B) del fatto che in data 25 novembre 2013 e 16 dicembre 2013 la Commissione esaminatrice, constatata l’assenza di un proprio membro effettivo, non abbia provveduto a convocare il relativo supplente; C) del fatto che l’ADM, nonostante il collocamento a riposo del Dirigente al quale è stato attribuito l’incarico di Presidente supplente della Commissione esaminatrice, avvenuto a fine novembre 2013, non abbia ancora pubblicato il provvedimento di conferma nell’incarico, previsto dall’art. 10 del D.P.R. n. 487/1994.
8. I primi intervenienti ad opponendum con memoria depositata in data 14 novembre 2011 hanno eccepito l’infondatezza del primo dei motivi aggiunti, evidenziando che: A) le censure ivi dedotte sono state formulate sulla base di un’affermazione contenuta nel verbale n. 31 «apparentemente incoerente» con i verbali dal n. 12 al n. 30, redatti giorno per giorno dalla Commissione, che non lasciano, invece, dubbi di sorta in ordine all’intervenuta valutazione collegiale delle due prove scritte consegnate da tutti i candidati; B) le operazioni di valutazione di entrambi gli elaborati dei primi 221 candidati risultano correttamente verbalizzate nei verbali dal n. 12 al n. 18, relativi alle sedute dal 29 luglio 2013 al 2 ottobre 2013, mentre è piuttosto «il “riepilogo” - effettuato a conclusione delle operazioni di valutazione degli elaborati e di abbinamento delle prove ai nominativi dei candidati, inserito nel verbale n. 31 del 22/23 maggio 2013 e, dunque, diversi mesi dopo lo svolgimento delle singole sedute in cui sono state effettuate le operazioni di valutazione degli elaborati - a non essere pienamente in linea con l’effettivo svolgimento delle operazioni stesse, quali verbalizzate giorno per giorno in relazione alle singole sedute»; C) posto che i verbali giornalieri sono atti pubblici, che fanno piena prova fino a querela di falso di quanto in essi indicato, il disallineamento tra in verbale di riepilogo n. 31 ed verbali giornalieri dal n. 12 al n. 30 non può in alcun modo indurre a ritenere che le operazioni di correzione delle prove scritte si siano svolte diversamente da quanto indicato nei verbali giornalieri. Inoltre gli intervenienti hanno eccepito l’inammissibilità del secondo dei motivi aggiunti, per carenza di interesse, evidenziando che la dottoressa Angela Palmesano è risultata non idonea all’esito della prova orale, fermo restando che i supposti segni di riconoscimento non possono considerarsi tali. Infine gli intervenienti hanno eccepito l’inammissibilità e l’infondatezza del terzo dei motivi aggiunti, evidenziando che: A) non risulta violata alcuna disposizione normativa con riferimento al luogo in cui deve riunirsi la Commissione; B) nelle sedute del 25 novembre 2013 e del 16 dicembre 2013 non è stata assunta alcuna decisione; C) la Commissione è stata sempre presieduta dal Presidente effettivo, dottor Enrico Maria Puja.
9. I secondi intervenienti ad opponendum con memoria depositata in data 14 novembre 2011 hanno eccepito l’inammissibilità e l’infondatezza delle censure dedotte con il ricorso per motivi aggiunti per ragioni analoghe a quelle indicate dai primi intervenienti.
10. Questa Sezione con l’ordinanza n. 5863 in data 20 novembre 2014 ha accolto in parte le domande cautelari proposte dal ricorrente e, per l’effetto, ha disposto la sospensione degli effetti di tutti gli atti della procedura concorsuale a partire dalla correzione delle prove scritte. In particolare, con riferimento alla domanda cautelare proposta con il ricorso introduttivo, in motivazione è stato evidenziato che, «in considerazione delle circostanze di fatto rappresentate dall’Amministrazione intimata nella sua memoria difensiva (e, in particolare, in considerazione del fatto che anche il ricorrente è un dipendente dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli), ... è possibile escludere “l’ingiusto vantaggio” dei candidati che hanno frequentato il corso “procedimenti disciplinari” tenuto dal dottor Libeccio ed hanno avuto diretta conoscenza delle disposizioni di servizio emanate dal medesimo dottor Libeccio». Invece, con riferimento alle domande cautelari proposte con i motivi aggiunti, in motivazione è stato evidenziato quanto segue: A) «secondo la giurisprudenza (T.A.R. Toscana Firenze, Sez. I, 22 aprile 2013, n. 688) - posto che le commissioni di concorso operano come collegi perfetti in tutti i momenti in cui vengano adottate determinazioni rilevanti, ivi compresi il momento della correzione e quello della valutazione delle prove scritte - non è rispettosa della regola l’attribuzione dei punteggi operata individualmente dai singoli commissari, né l’attribuzione dei punteggi operata collegialmente ma a seguito della lettura individuale dell’elaborato da parte di uno soltanto dei commissari, incaricato di riferire agli altri»; B) «ad un primo esame il ricorso per motivi aggiunti appare supportato dal fumus boni iuris in relazione alla lamentata violazione della regola della collegialità, desumibile dal punto 5 del verbale n. 31, dal quale si evince che la commissione di concorso ha istituito una sorta di “filtro” affidato alle valutazioni di un solo commissario». Inoltre è stata disposta l’integrazione del contraddittorio nei confronti dei controinteressati.
11. La Quarta Sezione del Consiglio di Stato con l’ordinanza n. 191 in data 14 gennaio 2015 ha respinto l’appello cautelare proposto avverso la predetta ordinanza n. 5863/2014.
12. L’ADM con ricorso depositato in data 26 novembre 2014 ha chiesto, ai sensi dell’art. 112, comma 5, cod. proc. amm., chiarimenti utili per provvedere all’esatta esecuzione dell’ordinanza n. 5863/2014.
13. Questa Sezione con l’ordinanza n. 322 in data 12 gennaio 2015: A) ha fornito i seguenti chiarimenti: «l’esatta esecuzione dell’ordinanza n. 5863/2014 postula la conservazione dello stato di fatto nelle more della decisione sul merito del ricorso n. 10155/2014»; B) su istanza di parte, ha autorizzato la notificazione del ricorso ai controinteressati mediante pubblici proclami.
14. I primi intervenienti ad opponendum con memoria depositata in data 14 febbraio 2015 hanno insistito per la reiezione delle domande formulate da controparte evidenziando, in particolare, quanto segue: A) dai verbali dal n. 12 al n. 30 e, in particolare, dai fogli formato excel allegati a tali verbali, sottoscritti da tutti componenti della Commissione esaminatrice, risulta che la Commissione stessa ha proceduto alla valutazione collegiale di entrambe le prove scritte svolte e consegnate da tutti i candidati; B) sebbene il riepilogo delle operazioni di valutazione, risultante dal verbale n. 31, «non risulti pienamente in linea con l’effettivo svolgimento delle operazioni stesse quali verbalizzate giorno per giorno in relazione alle singole sedute, nessun dubbio può sussistere circa la fede privilegiata che assiste il verbale redatto di ciascuna delle sedute in cui sono state svolte le operazioni di valutazione»; C) la sentenza del T.A.R. Toscana richiamata nella motivazione dell’ordinanza cautelare n. 5863/2014 è stata riformata dal Consiglio di Stato con la sentenza n. 991 del 3 marzo 2014; D) quanto alle censure incentrate sulla mancata verbalizzazione della valutazione, in forma collegiale, dei secondi elaborati dei primi 221 candidati che non avevano riportato la sufficienza nella prima prova, a fronte della efficacia probatoria privilegiata dei verbali redatti giorno per giorno dalla Commissione «al più potrebbe ritenersi che è il “riepilogo” - effettuato a conclusione delle operazioni di valutazione degli elaborati ..., inserito nel verbale n. 31 del 22/23 maggio 2014 e, dunque, diversi mesi dopo lo svolgimento delle singole sedute in cui sono state effettuate le operazioni di valutazione degli elaborati - a non essere pienamente in linea con l’effettivo svolgimento delle operazioni stesse quali verbalizzate giorno per giorno in relazione alle singole sedute». In via subordinata, per il caso in cui questo Tribunale dovesse decidere di confermare la decisione assunta nella sede cautelare, gli intervenienti hanno evidenziato che: A) la nuova correzione delle prove scritte dovrebbe essere effettuata solo per i candidati che hanno riportato una valutazione fino a 40/100, e non per i candidati che hanno riportato una valutazione superiore a 40/100, per i quali dal punto 5 del verbale n. 31 risulta che la lettura è stata condivisa «con gli altri membri della Commissione per arrivare ad una valutazione comune»; B) «nessuna delle censure formulate dai ricorrenti, sulla base di quanto riportato nel riepilogo di cui al verbale n. 31, intacca in alcun modo la regolarità e la veridicità dei verbali relativi alla correzione delle due prove scritte dei candidati che ... sono risultati idonei alle medesime prove», in quanto entrambi gli elaborati relativi a tali soggetti, «avendo riportato un punteggio pari ai 70/100 previsti dal bando, sono stati certamente letti collegialmente e valutati contestualmente».
15. La Difesa erariale con memoria depositata in data 16 febbraio 2015 - dopo aver espressamente definito «stravagante» il riepilogo delle operazioni di correzione delle prove scritte risultante dal verbale della Commissione n. 31 - ha osservato che: A) il contenuto di tale verbale potrebbe essere ritenuto non in contrasto coi i verbali dal n. 12 al n. 30, redatti giorno per giorno dalla Commissione, se si considerasse che in nessuno di tali verbali «la Commissione esaminatrice ha mai dichiarato di aver effettuato una lettura collegiale degli elaborati che, a seguito di una prima lettura individuale, avessero riportato una valutazione palesemente insufficiente (fino a 40/100): in tali verbali è attestato semplicemente che l’attribuzione dei punteggi a tutti i candidati e, quindi, la relativa valutazione, è stata operata collegialmente»; B) il verbale n. 31 è stato redatto sette mesi dopo la conclusione delle operazioni di correzione degli elaborati dei primi 221 candidati ed è, quindi, «verosimile che al momento in cui ha effettuato lo stravagante riepilogo la Commissione potesse non ricordare bene la tempistica dello svolgimento delle suddette operazioni»; C) «il verbale n. 31 ed i “pentimenti” che sembrano esprimere vengono redatti “a buste aperte”, quando i nomi dei candidati ammessi e non ammessi alla prova orale sono noti. La contestualità della verbalizzazione delle operazioni della Commissione e l’anonimato delle prove scritte ... vengono trascurati». Inoltre, secondo la Difesa erariale, «seppure si volesse dar credito a tutte le perplessità prospettate dai ricorrenti sulla base del maldestro riepilogo redatto ex post dalla Commissione esaminatrice ed inserito nel verbale n. 31», questo Tribunale - «tenuto conto sia dell’esigenza di assicurare il massimo rigore formale agli atti concorsuali, sia dell’esigenza di preservare, nel rispetto del principio di economicità, la validità degli atti della procedura non inficiati da illegittimità (esigenza da ultimo ribadita dal Consiglio di Stato con le sentenze n. 990 e n. 991 del 3 marzo 2014)» - ben potrebbe ordinare all’Amministrazione di tenere distinte le posizioni delle seguenti categorie di concorrenti: A) quelli che hanno riportato in entrambe le prove scritte una valutazione superiore a 70/100, per i quali è pacifico che la correzione degli elaborati è stata effettuata collegialmente dalla Commissione e, quindi, non sussiste l’esigenza di ripetere la correzione; B) quelli che hanno riportato una valutazione inferiore a 40/100, per i quali occorre procedere ad una lettura collegiale degli elaborati e ad una nuova correzione, da parte della stessa o di una nuova Commissione esaminatrice; C) quelli, compresi tra i primi 221 candidati, che hanno riportato, in relazione al primo elaborato, una valutazione compresa tra 41/100 e 70/100, per i quali «il maldestro riepilogo inserito ai punti 1, 2, 3 e 4 del verbale n. 31 crea confusione», sicché per fugare ogni dubbio sulla regolarità delle operazioni di correzione si rende necessario procedere ad una nuova correzione, previa lettura collegiale, di tali elaborati. Peraltro tale modus operandi renderebbe possibile definire il presente giudizio indipendentemente dalla decisione del Giudice ordinario sulla querela di falso proposta dai ricorrenti, perché «in nessuno degli atti/verbali oggetto della querela di falso la Commissione ha mai dichiarato di aver effettuato una lettura collegiale degli elaborati che abbiano riportato una valutazione fino a 40/100».
16. I secondi intervenienti ad opponendum con memoria depositata in data 17 febbraio 2015 - oltre ad evidenziare che la sentenza del T.A.R. Toscana richiamata nella motivazione della predetta ordinanza cautelare n. 5863/2014 è stata riformata in appello - hanno contestato radicalmente quanto affermato in tale ordinanza con riferimento alla violazione del principio di collegialità, osservando, in particolare, quanto segue: «se vi è stata ... una attribuzione collegiale dei voti, essa non può che essere stata anticipata da un esame collegiale dei compiti, a meno che non si voglia arrivare a dire - ma sarebbe davvero assurdo - che, nell’ambito delle dinamiche di confronto collegiale, i singoli commissari abbiano in definitiva espresso il proprio voto personale a caso o, peggio, su “suggerimento” di altro componente, come se fossero dei “pupazzi”. La prospettazione dei fatti secondo una chiara violazione del principio di collegialità ... rimane anche tecnicamente inverosimile, perché per un Commissario è impossibile esprimere un qualsivoglia voto personale senza avere prima esaminato l’oggetto della valutazione e, quindi, è evidente che, se è pacifico che il voto è stato espresso da tutti i Commissari nella sede collegiale, deve ritenersi altrettanto pacifico che è proprio nella sede collegiale che è stato esaminato il compito scritto dei candidati esaminati».
17. Il ricorrente con memoria depositata in data 25 febbraio 2015 ha replicato alla memoria depositata dalla Difesa erariale in data 16 febbraio 2015, osservando quanto segue: A) la Difesa erariale - nel definire «stravagante» il riepilogo delle operazioni di correzione delle prove scritte risultante dal verbale della Commissione n. 31 - sostanzialmente ammette che è mancata la collegialità nelle operazioni di valutazione della prima prova scritta, salvo poi tentare di «salvare il salvabile» sostenendo una tesi ardita, secondo la quale non sarebbe mancata la collegialità nella valutazione degli elaborati, bensì nella sola fase di lettura degli stessi; B) la tesi della Difesa erariale, non solo non fa venir meno la dedotta violazione del principio di collegialità, perché comunque gli altri componenti della Commissione «avrebbero valutato la prova sulla base di quanto riferito loro dal componente che l’ha letta», ma risulta altresì smentita dagli atti di causa, in base ai quali si deve ritenere che un solo componente della Commissione ha letto la prova ed ha attribuito il voto, mentre gli altri componenti, se il voto era inferiore alla soglia dei 40/100, «si limitavano a prendere atto di tale valutazione, senza procedere ad una ulteriore valutazione dell’elaborato stesso»; C) in ragione di quanto precede all’annullamento delle operazioni di correzione delle prove scritte deve conseguire la rinnovazione di tali operazioni, a cura di una diversa Commissione esaminatrice, perché l’attuale Commissione non può essere considerata in grado di operare nel rispetto dei principi di anonimato e di imparzialità, fermo restando che l’accoglimento della censura incentrata sulla violazione del principio di collegialità consentirebbe a questo Tribunale di ritenere assordite le ulteriori censure dedotte con il ricorso per motivi aggiunti.
18. I primi intervenienti ad opponendum con memoria depositata in data 25 febbraio 2015 hanno replicato alla memoria depositata dal ricorrente in data 25 febbraio 2015 ribadendo sostanzialmente le stesse considerazioni già svolte nella propria precedente memoria depositata in data 14 febbraio 2015 e, in particolare, che: A) è assolutamente inverosimile la tesi di controparte secondo la quale tutti membri della Commissione avrebbero espresso collegialmente la valutazione di un elaborato dagli stessi non conosciuto; B) in luogo del sospetto del ricorrente, secondo il quale la valutazione del secondo elaborato, in caso di insufficienza del primo elaborato, sarebbe stata «a dir poco superficiale, se non addirittura semplicemente stimata, ovvero meramente prognostica, o peggio ancora non effettiva», è ben più verosimile che sia «il “riepilogo” - effettuato a conclusione delle operazioni di valutazione degli elaborati e di abbinamento delle prove ai nominativi dei candidati ... e, dunque, diversi mesi dopo lo svolgimento delle sedute in cui sono state effettuate le operazioni di valutazione degli elaborati - a non essere pienamente in linea con l’effettivo svolgimento delle operazioni stesse, quali verbalizzate giorno per giorno in relazione alla singole sedute».
19. Il ricorrente in data 25 febbraio 2015 ha depositato documentazione atta a dimostrare l’avvenuta integrazione del contraddittorio nei confronti dei controinteressati.
20. La Difesa erariale in data 27 febbraio 2015 ha depositato un’ulteriore memoria con la quale ha ribadito le medesime considerazioni già svolte nella precedente memoria depositata in data 16 febbraio 2015 per spiegare le contraddizioni che emergono dal confronto tra lo «stravagante» riepilogo delle operazioni di correzione risultante dal verbale della Commissione n. 31 ed i verbali giornalieri dal n. 12 al n. 30.
21. Alla pubblica udienza del 18 marzo 2015 il ricorso è stato chiamato e trattenuto per la decisione.

DIRITTO
1. L’esame del ricorso principale deve iniziare dal terzo e dal quarto motivo di ricorso l’accoglimento dei quali comporterebbero l’annullamento di tutti gli atti della procedura selettiva in questione, a partire dalla nomina della Commissione esaminatrice. Ciò posto - e considerato che, secondo la giurisprudenza in tema di concorsi pubblici (ex multis, Cons. Stato Sez. V, 13 ottobre 2010, n. 7468), le commissioni esaminatrici nella scelta delle tracce per l’effettuazione delle prove scritte esercitano un potere tecnico-discrezionale sindacabile dal giudice amministrativo solo laddove l’esercizio del potere stesso sia affetto da errori, ovvero sconfini nell’irragionevolezza e nell’arbitrio - il Collegio ritiene di non discostarsi dalla decisione assunta da questa Sezione nella sede cautelare, alla luce delle seguenti considerazioni.
2. In particolare con il terzo motivo il ricorrente deduce che il dottor Alberto Libeccio - già designato a far parte della Commissione esaminatrice del concorso in questione con determinazione dirigenziale del 2 maggio 2012 - aveva trattato, nell’ambito di un corso di formazione in materia di procedimenti disciplinari, organizzato dall’ADM presso la struttura centrale nei giorni 18 e 19 luglio 2012, il tema della sospensione cautelare del dipendente e quello della restitutio in integrum. Pertanto, posto che tali temi hanno formato oggetto della traccia somministrata ai candidati per la prima prova scritta, da un lato, coloro i quali avevano partecipato al predetto corso di formazione si sarebbero venuti a trovare in una posizione di ingiusto vantaggio, con conseguente violazione del principio della par condicio dei candidati; dall’altro, il dottor Alberto Libeccio con la scelta della traccia sulle sospensioni cautelari dal servizio e la restituito in integrum retributiva si sarebbe venuto a trovare in una condizione di conflitto di interessi, perché «nella valutazione delle prove sarà stato influenzato dalla circostanza che alcuni candidati “aderivano” pedissequamente a quanto da lui “insegnato” », in palese violazione dell’art. 11 del D.P.R. n. 487/1994 e degli articoli 51 e 52 cod. proc. civ.. Inoltre il ricorrente con il quarto motivo lamenta una ulteriore violazione del principio della par condicio dei candidati, resa palese dal fatto che entrambi gli elaborati redatti da due candidati ammessi agli orali sarebbero pressoché identici, quanto alla prima prova scritta, al materiale didattico fornito durante il suddetto corso di formazione tenuto dal dottor Libeccio e, quanto alla seconda prova scritta, ad una disposizione di servizio adottata dal dottor Libeccio in qualità di direttore della Direzione Interregionale delle Dogane per la Campania e la Calabria.
3. A tal riguardo il Collegio osserva innanzi tutto che gli istituti giuridici oggetto della prima prova scritta: A) hanno portata generale e sono ampiamente trattati anche nella manualistica relativa al pubblico impiego privatizzato, oltre che negli approfondimenti della dottrina e nelle raccolte di giurisprudenza; B) risultano senz’altro coerenti con le conoscenze generalmente richieste ad un candidato che partecipi ad un concorso pubblico nel quale, tra le materie oggetto della prova scritta, vi sono anche il “diritto del lavoro, con particolare riguardo alla disciplina del pubblico impiego e alla contrattazione collettiva del comparto di appartenenza delle Agenzie fiscali” ed il “diritto amministrativo”. Inoltre non vi è contestazione sul fatto che il materiale didattico relativo al corso di formazione tenuto dal dottor Libeccio nel mese di luglio del 2012 - ossia un anno prima dello svolgimento delle prove scritte - sia stato reso disponibile sul sito intranet dell’ADM e fosse, quindi accessibile da parte di tutti i dipendenti dell’Agenzia (ivi compreso il ricorrente), al pari del materiale didattico relativo a qualsiasi altro corso di formazione organizzato dall’Agenzia per i propri dipendenti. Pertanto - considerato che, come già evidenziato da questa Sezione nell’ordinanza n. 5863/2014, anche il ricorrente è un dipendente dell’ADM - non è possibile ritenere che la traccia in questione abbia leso la par condicio dei candidati favorendo quelli che hanno partecipato al suddetto corso di formazione, sia perché il materiale didattico relativo al corso era a disposizione di tutti i dipendenti dell’Agenzia, sia perché tutti i corsi organizzati dall’Agenzia nell’anno precedente all’espletamento della prova scritta in questione hanno evidentemente riguardato argomenti in qualche modo attinenti alle materie indicate nel bando.
4. Anche con riferimento alla seconda prova scritta il ricorrente deduce una violazione del principio della par condicio - connessa alla presenza del dottor Libeccio all’interno della Commissione esaminatrice - desumibile dal fatto che due candidati nei propri elaborati abbiano ripreso molteplici passaggi della disposizione di servizio prot. n. 20049 del 2012 in materia di «Provviste di bordo a unità da diporto-uso privato e uso commerciale. Istruzioni operative nel settore dei controlli», predisposta dal dottor Libeccio in qualità di direttore della Direzione Interregionale delle Dogane per la Campania e la Calabria. Tuttavia il Collegio ritiene che valgano comunque ad escludere la dedotta violazione della par condicio sia la circostanza (sulla quale non vi è contestazione) che tutte le disposizioni di servizio dell’ADM (ivi compresa la predetta disposizione di servizio prot. n. 20049 del 2012) siano a disposizione di tutti i dipendenti dell’Agenzia, in quanto pubblicate sul sito intranet dell’Agenzia stessa, sia la circostanza che il dottor Francesco Natale ed il dottor Marco Falconieri - i due soggetti ammessi alle prove orali ai quali fa espresso riferimento il ricorrente - non risultino prestare o aver prestato servizio alle dirette dipendenze del dottor Libeccio. Inoltre il Collegio osserva che è notoriamente diffusa, tra i candidati più interessati al superamento di un concorso pubblico, la prassi di documentarsi sull’attività accademica, scientifica e professionale svolta dai singoli componenti della Commissione esaminatrice, nella speranza che le tracce sorteggiate si riferiscano proprio a tale attività. Pertanto non si può escludere che la approfondita conoscenza della disposizione di servizio prot. n. 20049 del 2012, dimostrata dal dottor Francesco Natale e dal dottor Marco Falconieri, sia dipesa proprio dal fatto che essi, nel prepararsi per il concorso di cui trattasi, abbiano acquisito e studiato anche la predetta disposizione di servizio.
5. Le considerazioni sin qui svolte valgono altresì ad escludere la possibilità che la Commissione esaminatrice, attraverso l’individuazione delle tracce delle prove scritte, in realtà abbia inteso favorire ben determinate categorie di candidati, da individuare nei dipendenti dell’ADM che hanno partecipato al suddetto corso di formazione in materia di procedimenti disciplinari e che prestano servizio all’interno degli uffici dell’Agenzia gerarchicamente sottoposti alla Direzione Interregionale delle Dogane per la Campania e la Calabria. Infatti, da un lato, che la gravità di tale ipotesi (peraltro adombrata dal ricorrente anche con il ricorso per motivi aggiunti, con riferimento alla dottoressa Angela Palmesano), imponeva senz’altro al ricorrente di fornire elementi di prova ben più consistenti di quelli posti all’attenzione del Collegio; dall’altro, il Collegio ritiene che l’assenza di tale intento sviato possa essere indirettamente desunta dalle ulteriori due tracce predisposte dalla Commissione esaminatrice per ciascuna prova scritta e non sorteggiate. Infatti per la prima prova scritta le altre due tracce erano così articolate: A) «Il valore giuridico del silenzio della Pubblica Amministrazione: in particolare il candidato si soffermi sul silenzio inadempimento e sul suo regime di impugnazione»; B) «Le fonti del diritto tributario e il principio di riserva di legge sancito dall’art. 23 della costituzione. Il candidato si soffermi sul rapporto tra norme nazionali e norme comunitarie e sui sistemi di risoluzione dei conflitti». Per la seconda prova scritta le altre due tracce erano così articolate: A) «La Commissione Europea ha pubblicato nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità Europee un avviso agli importatori circa la sussistenza di ragionevoli dubbi sulla corretta applicazione di un trattamento preferenziale per merci di un determinato paese terzo. Successivamente, a seguito di un’indagine, l’OLAF ha accertato che in quel paese era stata realizzata una frode per attestare falsamente l’origine preferenziale. Valuti il candidato, alla luce della normativa vigente, se gli importatori italiani, sulla base dei certificati d’origine ricevuti, possano invocare la propria buona fede al fine di escludere il recupero dei dazi e quali misure organizzative possano essere realizzate per la migliore gestione della cooperazione amministrativa in materia d’origine»; B) «Nel corso degli anni 2011-2012, la ditta xyz ha effettuato venti operazioni di importazione di merci identiche, tutte esitate con un controllo di tipo automatizzato. A seguito di un’analisi dei rischi locale é stato evidenziato che per quelle importazioni si trattava di merci contenenti elementi tutelati dalla proprietà intellettuale. Descriva il candidato in quali casi ricorrono le condizioni affinché i relativi corrispettivi debbano essere aggiunti al prezzo effettivamente pagato per tali merci, specificando quali fattori potrebbero essere considerati per stabilire se tali condizioni sussistono in concreto, nonché i controlli e le azioni che riterrebbe opportuno effettuare». Pertanto - allo stato degli atti e considerata la palese diversità fra le tre tracce individuate dalla Commissione esaminatrice per ciascuna prova scritta, può ritenersi che sia dipesa in buona parte dal caso la circostanza che la prima prova scritta vertesse su uno temi trattato nell’ambito del corso sui procedimenti disciplinari tenuto dal dottor Libeccio e la seconda prova scritta avesse ad oggetto questioni almeno in parte affrontate nella disposizione di servizio prot. n. 20049 del 2012.
6. Quanto poi all’ulteriore censura incentrata sul fatto che il dottor Libeccio sarebbe venuto a trovarsi in una situazione di incompatibilità tale da comportare l’insorgenza dell’obbligo di astensione, occorre innanzi tutto rammentare che l’art. 7 del di Codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, approvato con il D.P.R. n. 62/2013 (che riproduce, con alcune sostanziali modifiche, la previgente disposizione dell’art. 6 del previgente Codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni approvato con il D.M. del 28 novembre 2000), distingue due gruppi di situazioni di conflitto d’interessi che determinano l’insorgenza dell’obbligo di astensione. Infatti il primo periodo dell’art. 7, comma 1, tipizza un primo gruppo di cause di astensione prevedendo che “Il dipendente si astiene dal partecipare all’adozione di decisioni o ad attività che possano coinvolgere interessi propri, ovvero di suoi parenti, affini entro il secondo grado, del coniuge o di conviventi, oppure di persone con le quali abbia rapporti di frequentazione abituale, ovvero, di soggetti od organizzazioni con cui egli o il coniuge abbia causa pendente o grave inimicizia o rapporti di credito o debito significativi, ovvero di soggetti od organizzazioni di cui sia tutore, curatore, procuratore o agente, ovvero di enti, associazioni anche non riconosciute, comitati, società o stabilimenti di cui sia amministratore o gerente o dirigente”. Invece il secondo periodo dell’art. 7, comma 1, nel prevedere che “Il dipendente si astiene in ogni altro caso in cui esistano gravi ragioni di convenienza”, reca una vera e propria norma di chiusura che evoca la disposizione dell’art. 51, cod. proc. civ. (nella parte in cui prevede che “in ogni altro caso in cui esistono gravi ragioni di convenienza, il giudice può richiedere al capo dell’ufficio l’autorizzazione ad astenersi”) e si riferisce a tutte le ipotesi non tipizzate nelle quali può venir meno l’imparzialità del soggetto chiamato ad esercitare una funzione pubblica. Inoltre, con particolare riferimento ai concorsi pubblici, giova evidenziare che l’art. 11, comma 1, secondo periodo del D.P.R. n. 487/1994 (invocato dal ricorrente) dispone che i componenti della commissione esaminatrice, “presa visione dell’elenco dei partecipanti, sottoscrivono la dichiarazione che non sussistono situazioni di incompatibilità tra essi ed i concorrenti, ai sensi degli articoli 51 e 52 del codice di procedura civile”, così anticipando la disposizione dell’art. 6 del D.M. del 28 novembre 2000 e recependo il consolidato orientamento del Consiglio di Stato secondo il quale le cause di astensione obbligatoria e facoltativa sancite dall’art. 51, cod. proc. civ. sono estensibili, in omaggio al principio costituzionale di imparzialità, a tutti i campi dell’azione amministrativa e, in particolare, nel settore dei concorsi pubblici (Consiglio di Stato, Sez. VI, 11 gennaio 1999, n. 8). Poste tali premesse, il Collegio osserva che la stessa giurisprudenza del Consiglio di Stato (ex multis, Consiglio di Stato, Sez. VI, 18 luglio 2014, n. 3856; id., 27 giugno 2014, n. 3257; id., 30 luglio 2013, n. 4015), proprio con riferimento al settore dei concorsi pubblici, ha tuttavia precisato che la conoscenza personale o l’instaurazione di rapporti lavorativi o accademici non costituiscono, di per sé, cause di astensione, a meno che tali rapporti non siano di rilievo ed intensità tali da far sorgere il sospetto che il candidato sia giudicato non in base al risultato delle prove, bensì in virtù delle conoscenze personali. Da ultimo il Consiglio di Stato, con riferimento ad un’ipotesi analoga a quella in esame (Consiglio di Stato, Sez. VI, 27 agosto 2014, n. 4348), ha affermato che non può ritenersi sussistente la violazione dell’obbligo di astensione nel caso in cui uno dei componenti della Commissione esaminatrice abbia partecipato come docente ad un corso non finalizzato alla preparazione del concorso al quale si riferisce la nomina a componente della Commissione esaminatrice. In definitiva la violazione dell’obbligo di astensione può ritenersi sussistente soltanto laddove sia dimostrata, in capo ad uno dei componenti della Commissari esaminatrice, la sussistenza di un rapporto di lavoro o professionale stabile, con la presenza di interessi economici, ovvero di un rapporto personale di intensità tale da fare sorgere il sospetto che il giudizio del Commissario non sia stato improntato al rispetto del principio di imparzialità. Ne consegue che, nel caso in esame, la circostanza che il dottor Libeccio abbia svolto funzioni di docente nell’ambito del corso di formazione in materia di procedimenti disciplinari, e la circostanza che lo stesso dottor Libeccio abbia emanato, in qualità di Direttore Interregionale delle Dogane per la Campania e la Calabria, la disposizione di servizio prot. n. 20049 del 2012, di per sé, non sono sufficienti per ritenere che il dottor Libeccio versasse in una situazione di conflitto di interessi tale da far insorgere un obbligo di astensione, anche perché non sono stati neppure individuati candidati con i quali egli avrebbe instaurato un rapporto che trascenda il mero rapporto lavorativo o accademico.
7. La reiezione del terzo e del quarto motivo del ricorso introduttivo induce il Collegio a procedere direttamente all’esame del ricorso per motivi aggiunti perché la Difesa erariale, al fine di escludere l’esistenza di un radicale contrasto tra i predetti verbali giornalieri dal n. 12 al n. 30 ed il verbale riepilogativo n. 31, ha prospettato una lettura di tale verbale che finisce, invece, per dimostrare la fondatezza delle censure incentrate sulla violazione del principio di collegialità e del principio di trasparenza delle operazioni concorsuali - al cui accoglimento consegue senz’altro l’annullamento di tutti gli atti della procedura concorsuale, a partire dalla correzione delle prove scritte - alla luce delle seguenti considerazioni.
8. Innanzi tutto, in punto di fatto, il Collegio osserva che: A) i verbali dal n. 12 al n. 30 sono stati redatti dalla Commissione esaminatrice “giorno per giorno”, ai sensi dell’art. 15, comma 1, del D.P.R. n. 487/1994, e si riferiscono alle operazioni di correzione delle prove scritte che hanno occupato le sedute della Commissione dal 29 luglio 2013 al 9 maggio 2014; B) da tali verbali risulta effettivamente che la Commissione esaminatrice ha proceduto ad una valutazione collegiale di entrambe prove scritte consegnate da tutti i candidati, perché a ciascuno dei predetti verbali è allegato un foglio in formato excel - sottoscritto da tutti i componenti della Commissione esaminatrice e costituente parte integrante del verbale stesso - recante il punteggio complessivo riportato da ciascun candidato in ognuna delle due prove scritte (punteggio risultante dalla sommatoria dei punteggi analitici attribuiti dalla Commissione per ciascuno degli “indicatori” e “descrittori” presenti nelle schede analitiche di valutazione dei singoli elaborati); C) a fronte di tali verbali giornalieri, la Commissione stessa nei giorni 22 e 23 maggio 2014 ha però redatto il verbale riepilogativo n. 31, nel quale vengono illustrate «le modalità di correzione degli elaborati relativi alle due prove scritte». In particolare in tale verbale riepilogativo la Commissione espone quanto segue: «1) Inizialmente si è effettuata una lettura collegiale degli elaborati, per definire un metro di valutazione comune, sugli elementi minimi attesi per ognuna delle due prove; e per calibrare in modo omogeneo l’attribuzione dei punteggi dei singoli descrittori e indicatori previsti nelle schede di valutazione; 2) Per i primi 221 compiti si è deciso di limitare la valutazione alla lettura di uno solo degli elaborati del candidato, quando tale valutazione non avesse raggiunto il minimo di 70/100 previsto dal bando; e di estenderla al secondo elaborato, quando invece la valutazione del primo avesse raggiunto o superato il minimo. Sulla correttezza di tale modus comportamentale si chiedeva comunque parere all’Ufficio procedimenti disciplinari - reclutamento personale dirigente - con nota della Commissione prot. n. 39 del 6 settembre 2013; 3) La valutazione contestuale di entrambi gli elaborati, a partire dal candidato n° 222, si è avviata dopo la risposta dell’Ufficio procedimenti disciplinari-reclutamento personale dirigente, prot. n. 116052/RU del 4 ottobre 2013 ..., che riteneva preferibile invece che fosse fatta una valutazione completa di tutti gli elaborati consegnati dai candidati; 4) Si è quindi proceduto al completamento della lettura degli elaborati non corretti di quei candidati che non avevano riportato il punteggio minimo di 70/100 tra i primi 221 compiti corretti, con la susseguente compilazione della scheda di valutazione; 5) Dopo questa prima fase, affinato un metodo omogeneo di valutazione degli elaborati, si è proceduto con una prima lettura di ogni elaborato affidata ad un componente della commissione: laddove fosse stata fatta una valutazione palesemente insufficiente (fino a 40/100) la lettura restava individuale; viceversa, con una prima valutazione superiore a 40/100 la lettura si condivideva con gli altri membri della commissione per arrivare ad una valutazione comune».
9. Occorre poi evidenziare che il ricorrente - una volta acquisita la piena conoscenza del verbale riepilogativo n. 31 e, in particolare, di quanto riportato nei punti 1, 2 e 5 - con il primo dei motivi aggiunti ha dedotto che le operazioni di correzione degli elaborati sono state condotte: A) in violazione del principio di collegialità, perché dalla lettura del predetto verbale n. 31 si desume che la Commissione esaminatrice, dopo essere stata esortata a correggere entrambi gli elaborati di ciascun candidato, ha proceduto alla correzione in forma collegiale soltanto se gli elaborati, preventivamente valutati da parte di un singolo componente della Commissione, ottenevano un punteggio non inferiore a 40/100; B) in violazione dei principi di imparzialità e trasparenza delle operazioni concorsuali, perché dalla lettura congiunta del predetto verbale n. 31 e dei verbali dal n. 12 al n. 18 non si riesce a comprendere come la Commissione esaminatrice abbia potuto compilare e sottoscrivere i fogli formato excelallegati ai predetti verbali dal n. 12 al n. 18, contenenti la valutazione di entrambi gli elaborati dei primi 221 candidati, se poi la Commissione stessa nel verbale n. 31 afferma che, in caso di insufficienza, ha limitato la valutazione ad un solo elaborato.
10. A fronte di tali censure, la stessa Difesa erariale con la memoria depositata in data 16 febbraio 2015 - nel definire espressamente «stravagante» e «maldestro» il riepilogo delle operazioni di correzione delle prove scritte risultante dal verbale n. 31 - ha fornito una possibile spiegazione del contrasto che emerge dalla lettura di questo verbale e dei verbali giornalieri dal n. 12 al n. 30. Infatti ha evidenziato che la Commissione in nessuno di tali verbali «ha mai dichiarato di aver effettuato una lettura collegiale degli elaborati che, a seguito di una prima lettura individuale, avessero riportato una valutazione palesemente insufficiente (fino a 40/100)», perché «in tali verbali è attestato semplicemente che l’attribuzione dei punteggi a tutti i candidati e, quindi, la relativa valutazione, è stata operata collegialmente». Tuttavia - come già accennato in precedenza - proprio tale spiegazione finisce per dimostrare la fondatezza della censura incentrata sulla violazione del principio di collegialità.
11. In particolare, dall’esame del verbale riepilogativo n. 31 si desume che la Commissione esaminatrice - al duplice fine di garantire una valutazione uniforme degli elaborati e la celerità del proprio operato - ha inizialmente deciso: A) da un lato, di effettuare «una lettura collegiale degli elaborati, per definire un metro di valutazione comune, sugli elementi minimi attesi per ognuna delle due prove; e per calibrare in modo omogeneo l’attribuzione dei punteggi dei singoli descrittori e indicatori previsti nelle schede di valutazione» (cfr. punto 1 del verbale n. 31); B) dall’altro, «di limitare la valutazione alla lettura di uno solo degli elaborati del candidato, quando tale valutazione non avesse raggiunto il minimo di 70/100 previsto dal bando; e di estenderla al secondo elaborato, quando invece la valutazione del primo avesse raggiunto o superato il minimo» (cfr. punto 2 del verbale n. 31). Tuttavia tale modus operandi - seguito per i primi 221 compiti - è stato ritenuto non corretto dall’Ufficio procedimenti disciplinari e reclutamento del personale dirigente che, con nota del 4 ottobre 2013 ha ritenuto preferibile «che fosse fatta una valutazione completa di tutti gli elaborati consegnati dai candidati» (cfr. punto 3 del verbale n. 31). Pertanto la Commissione esaminatrice, dopo aver ricevuto la predetta nota del 4 ottobre 2013, ha proceduto) dapprima, a partire dal candidato n. 222, alla «valutazione contestuale di entrambi gli elaborati» (cfr. punto 3 del verbale n. 31) e, quindi, «al completamento della lettura degli elaborati non corretti di quei candidati che non avevano riportato il punteggio minimo di 70/100 tra i primi 221 compiti corretti, con la susseguente compilazione della scheda di valutazione» (cfr. punto 4 del verbale n. 31). Peraltro, una volta esaurita questa prima fase (che la stessa Commissione esaminatrice definisce tesa ad affinare «un metodo omogeneo di valutazione degli elaborati») la Commissione - sempre al fine di garantire la celerità del proprio operato - ha previsto una sorta di “filtro” monocratico affidando «una prima lettura di ogni elaborato» ad un solo Commissario, sicché «laddove fosse stata fatta una valutazione palesemente insufficiente (fino a 40/100) la lettura restava individuale; viceversa, con una prima valutazione superiore a 40/100 la lettura si condivideva con gli altri membri della commissione per arrivare ad una valutazione comune» (cfr. punto 5 del verbale n. 31).
12. Stante quanto precede, il Collegio ritiene che quanto affermato dal Commissione esaminatrice al punto 5 del verbale n. 31 consenta di pervenire alle seguenti conclusioni: A) con riferimento ai casi nei quali il predetto “filtro” monocratico ha comportato una valutazione palesemente insufficiente (ossia fino a 40/100), l’attribuzione collegiale dei voti, risultante dai fogli in formato excel allegati ai verbali giornalieri dal n. 12 al n. 30, non è stata preceduta da una lettura collegiale degli elaborati da parte di tutti i componenti della Commissione; B) in questi casi i commissari hanno espresso il proprio voto personale (riportato nei fogli in formato excel allegati ai suddetti verbali giornalieri) su indicazione del componente della commissione incaricato della «prima lettura di ogni elaborato»; C) non risulta affatto inverosimile la tesi del ricorrente - frutto di una lettura coordinata dei verbali giornalieri dal n. 12 al n. 30 e del punto 5 del verbale riepilogativo n. 31 - secondo la quale tutti membri della Commissione avrebbero espresso collegialmente la valutazione di un elaborato dagli stessi non conosciuto, perché è stata la stessa Difesa erariale a precisare che la Commissione non «ha mai dichiarato di aver effettuato una lettura collegiale degli elaborati che, a seguito di una prima lettura individuale, avessero riportato una valutazione palesemente insufficiente (fino a 40/100)», perché nei verbali giornalieri dal n. 12 al n. 30 «è attestato semplicemente che l’attribuzione dei punteggi a tutti i candidati e, quindi, la relativa valutazione, è stata operata collegialmente». Risulta, quindi, evidente la lesione del principio di collegialità in quanto - come già evidenziato da questa Sezione nell’ordinanza cautelare n. 5863/2014 «le commissioni di concorso operano come collegi perfetti in tutti i momenti in cui vengano adottate determinazioni rilevanti, ivi compresi il momento della correzione e quello della valutazione delle prove scritte, non è rispettosa della regola l’attribuzione dei punteggi operata individualmente dai singoli commissari, né l’attribuzione dei punteggi operata collegialmente, ma a seguito della lettura individuale dell’elaborato da parte di uno soltanto dei commissari, incaricato di riferire agli altri». Del resto anche il Giudice d’appello, in una recente occasione (Consiglio di Stato, Sez. V, 12 gennaio 2015, n. 40) ha ribadito che «la collegialità dell’operato delle commissioni esaminatrici non è esclusa da una prima valutazione non collegiale, purché, tuttavia, all’esame preliminare segua comunque il rituale esame collegiale».
13. Alla luce delle considerazioni sin qui svolte, nessun rilievo può assumere la circostanza (invocata da tutti gli intervenienti ad opponendum) che la sentenza del T.A.R. Toscana n. 688/2013, richiamata da questa Sezione nell’ordinanza cautelare n. 5888/2014, sia stata riformata dal Consiglio di Stato con la sentenza n. 991/2014. Si infatti deve evidenziare che: A) la predetta sentenza n. 688/2013 è stata richiamata solo perché ha ribadito la suddetta regola generale, in base alla quale le commissioni di concorso si configurano come collegi perfetti «in tutti i momenti in cui vengano adottate determinazioni rilevanti, ivi compreso, ovviamente, quello della correzione e valutazione delle prove scritte», e che non può ritenersi rispettosa di tale regola generale «l’attribuzione dei giudizi/punteggi operata individualmente dai commissari, ma neppure l’attribuzione del giudizio operata collegialmente, ma a seguito della lettura individuale dell’elaborato da parte di uno soltanto dei commissari, il quale, per così dire, riferisca agli altri»; B) la predetta sentenza n. 991/2014 non ha affatto smentito la predetta regola generale in base alla quale la valutazione collegiale della prova scritta, da parte della commissione di concorso, deve essere preceduta dalla lettura della prova scritta da parte del collegio in ciascuno dei suoi componenti, perché il Consiglio di Stato si è limitato a riformare la sentenza del T.A.R. Toscana in quanto «i primi Giudici hanno ritenuto che i termini di una verbalizzazione probabilmente non felice potessero determinare ex se una sorta di effetto invalidante nei confronti delle operazioni sottostanti, in assenza - peraltro - di qualunque indice il quale deponesse in modo univoco nel senso che le operazioni di correzione si fossero svolte davvero in assenza della previa lettura collegiale da parte dei commissari o - addirittura - in assenza di qualunque lettura da parte di taluno di essi. In tal modo decidendo, i primi Giudici hanno - in modo non condivisibile - trasformato la mera possibilità (invero, in alcun modo dimostrata) che un’illegittimità si fosse verificata, in una sorta di presunzione assoluta di illegittimità a carico dell’amministrazione, colpevole - lo si ripete - soltanto di aver posto in essere una verbalizzazione probabilmente non ottimale. Del resto, pur ammettendo che la richiamata verbalizzazione fosse idonea ad ingenerare un dubbio sull’effettivo andamento delle operazioni, non vi era alcuna ragione effettiva per propendere per una lettura in malam partem, piuttosto che per una in bonam partem - anch’essa possibile in base ai richiamati verbali - ossia per una lettura secondo cui gli elaborati fossero stati letti sia individualmente da ciascuno dei commissari, sia collegialmente dalla commissione nel suo complesso»; C) la fattispecie sottoposta all’esame del Collegio è ben diversa da quella analizzata dai Giudici toscani e dal Giudice d’appello, perché nel caso in esame gli indici che depongono nel senso che le operazioni di correzione si siano svolte davvero in assenza della previa lettura collegiale da parte dei commissari sono costituiti dalle univoche espressioni contenute nel punto 5 del verbale n. 31 e dalla spiegazione fornita dalla Difesa erariale per tentare di giustificare il contrasto che emerge dalla lettura di questo verbale e dei verbali giornalieri dal n. 12 al n. 30.
14. Né rileva l’ulteriore circostanza evidenziata dalla Difesa erariale, secondo la quale - posto che il verbale n. 31 è stato redatto sette mesi dopo la conclusione delle operazioni di correzione degli elaborati dei primi 221 candidati - è «verosimile che al momento in cui ha effettuato lo stravagante riepilogo la Commissione potesse non ricordare bene la tempistica dello svolgimento delle suddette operazioni». Si deve infatti rilevare che anche il verbale n. 31 è un atto pubblico e, quindi, è assistito da fede privilegiata, perché fa prova sino a querela di falso di quanto in esso attestato (ex multis, Consiglio di Stato, Sez. III, 28 febbraio 2013, n. 1222). Pertanto, posto che avverso il predetto verbale n. 31 non è stata proposta alcuna querela di falso, nessun rilievo può assumere la mera circostanza che sia stato redatto a distanza di tempo dal momento al quale si riferiscono le circostanze di fatto che costituiscono oggetto della verbalizzazione.
15. Parimenti fondata risulta l’ulteriore censura incentrata sulla violazione del principio di trasparenza delle operazioni concorsuali. Infatti al punto 2 del verbale riepilogativo n. 31 viene precisato che per i primi 221 elaborati - ossia nella prima fase di correzione dei compiti, che precede la ricezione della nota dell’Ufficio procedimenti disciplinari e reclutamento del personale dirigente - la Commissione esaminatrice ha deciso di «limitare la valutazione alla lettura di uno solo degli elaborati del candidato, quando tale valutazione non avesse raggiunto il minimo di 70/100 previsto dal bando; e di estenderla al secondo elaborato, quando invece la valutazione del primo avesse raggiunto o superato il minimo». Tuttavia dall’esame dei verbali giornalieri dal n. 12 al n. 18 e dai fogli in formato excel agli stessi allegati - relativi alle sedute della Commissione dal 29 luglio 2013 al 2 ottobre 2013 - si evince che la Commissione avrebbe sempre proceduto alla valutazione di entrambi gli elaborati. Pertanto - posto che anche il verbale n. 31 è un atto pubblico e, quindi, fa piena prova sino a querela di falso di quanto in esso attestato, al pari dei verbali redatti giorno per giorno dalla Commissione ai sensi dell’art. 15, comma 1, del D.P.R. n. 487/1994 - il Collegio ritiene che la suesposta contraddizione tra i verbali giornalieri dal n. 12 al n. 18 ed verbale riepilogativo n. 31 vanifichi lo scopo stesso della verbalizzazione e determini una grave compromissione del principio di trasparenza delle operazioni concorsuali.
16. Come già accennato, l’accoglimento delle censure incentrate sulla violazione del principio di collegialità e del principio di trasparenza delle operazioni concorsuali non può non comportare l’annullamento di tutti gli atti della procedura concorsuale a partire dalla correzione delle prove scritte, con conseguente: A) declaratoria di improcedibilità, per sopravvenuta carenza di interesse, delle ulteriori censure dedotte con il ricorso introduttivo e con il ricorso per motivi aggiunti, anch’esse finalizzate ad invalidare tutti gli atti della procedura concorsuale a partire dalla correzione delle prove scritte; B) necessità di procedere alla rinnovazione integrale della fase di correzione degli elaborati di tutti i candidati che hanno partecipato alle prove scritte, a cura di una nuova Commissione esaminatrice, che avrà cura di prevedere modalità operative tali da garantire l’anonimato delle prove scritte. A tal riguardo il Collegio ritiene che non sussistano i presupposti per accogliere la tesi, sostenuta dalla Difesa erariale e dagli intervenienti ad opponendum, secondo la quale, in ossequio al principio di economicità dell’azione amministrativa, sarebbe possibile salvaguardare la posizione dei canditati per i quali sia pacifico che la correzione di entrambi gli elaborati è stata effettuata collegialmente dalla Commissione. Infatti, con riferimento ad una fattispecie in parte simile a quella in esame, la giurisprudenza (T.A.R. Campania, Sez. IV, 17 marzo 2015, n. 1586) ha recentemente affermato che l’amministrazione, avendo l’obbligo di soddisfare la pretesa del ricorrente vittorioso, non può frustrare la sua legittima aspettativa con comportamenti elusivi e, quindi, non può far salvi alcuni degli atti della procedura di correzione degli elaborati qualora la commissione esaminatrice abbia omesso la verbalizzazione delle sedute di correzione, così rendendo impossibile individuare se vi fossero alcuni momenti suscettibili di essere valutati secondo il principio di conservazione degli atti, principio sul quale deve comunque prevalere quello della unicità e contestualità delle operazioni della commissione esaminatrice, secondo le regole generali in tema di pubblici concorsi che non consentono di frazionare l’attività della commissione stessa. Ciò posto, il Collegio ritiene che nel caso in esame la soluzione delle rinnovazione integrale, a cura di una nuova Commissione esaminatrice, della fase di correzione degli elaborati di tutti i candidati che hanno partecipato alle prove scritte si imponga perché: A) i componenti della Commissione non hanno dato prova di affidabilità nell’esecuzione dei compiti ad essi affidati; B) occorre comunque garantire l’unicità e contestualità delle operazioni di correzione e valutazione delle prove scritte.
17. In applicazione della regola della soccombenza, le spese del presente giudizio, quantificate nella misura indicata nel dispositivo, devono essere poste a carico dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, fermo restando che sussistono i presupposti per disporre la compensazione con riferimento a tutti gli intervenienti.

P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso n. 10155/2014, nonché sui ricorsi per motivi aggiunti in epigrafe indicati, provvede come segue:
- dichiara il ricorso principale in parte improcedibile e in parte lo respinge perché infondato;
- dichiara il ricorso per motivi aggiunti in parte improcedibile e in parte lo accoglie. Per l’effetto, annulla tutti gli atti della procedura concorsuale a partire dalla correzione delle prove scritte;
- condanna l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli al pagamento, in favore dei ricorrenti, delle spese di giudizio, che si quantificano in complessivi euro 2.500,00 (duemilacinquecento/00), oltre i.v.a. e c.p.a. come per legge. Spese compensate con riferimento a tutti gli intervenienti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 marzo 2015 con l'intervento dei magistrati:
Filoreto D'Agostino, Presidente
Elena Stanizzi, Consigliere
Carlo Polidori, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 28/04/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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