mercoledì 12 dicembre 2012

ORGANIZZAZIONE P.A.: gli Istituti di ricovero sono Enti pubblici o privati? (Cons. St., Sez. III, sent. 17 settembre 2012 n. 4930).





ORGANIZZAZIONE P.A.: 
gli Istituti di ricovero sono Enti pubblici o privati?
 (Cons. St., Sez. III, sent. 17 settembre 2012  n. 4930)


Sentenza non recentissima ma interessante, in particolare sul piano giuridico-sociale. 
Il punto di partenza e quello di arrivo coincidono nella nozione di "P.A. a geometria variabile". Gli Istituti di ricovero sono accreditati (in base a una procedura "selettiva") presso la Regione, la quale per le strutture sanitarie private fissa un tetto massimo di rimborso. La quaestio iuris era dunque esattamente questa: gli Istituti di ricovero possono o no esser equiparate ai privati ed invocare la rinunziabilità delle prestazioni di assistenza e cura, specie in regime di pronto soccorso, all'utenza, oppure sono tenute sempre a fornirle in base alla potenzialità della struttura anche oltre il tetto preventivato?      
Leggiamo la sentenza per esteso per avere la risposta...


Massima

La posizione degli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico è omologa a quella degli altri soggetti privati che operano nel servizio sanitario regionale in regime di accreditamento, con ogni effetto in ordine alle prestazioni erogabili, che ricevono limite quantitativo e di spesa negli atti di programmazione e di autorizzazione della Regione; non può infatti riconoscersi ad essi natura di persona giuridica pubblica, con conseguente equiparazione alle Aziende sanitarie pubbliche, atteso che detta natura non può essere desunta dagli scopi perseguiti nel settore della ricerca ed in quello dell' assistenza, che l'ordinamento non riserva in via esclusiva allo Stato e/o ad altri enti di diritto pubblico; difetta inoltre ogni ingerenza della Regione per ciò che riguarda il controllo contabile e finanziario dell'Istituto e l'approvazione dei bilanci, peculiare invece alle Aziende sanitarie pubbliche; non esistono neppure poteri esterni di nomina dei vertici degli Istituti e del management.


Sentenza per esteso

[...]
FATTO e DIRITTO
1. Con ricorso proposto avanti al T.A.R. per il Lazio e successivi motivi aggiunti l'Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico Fondazione Lucia – soggetto accreditato per un totale di 187 posti per prestazioni di riabilitazione, di cui 55 da utilizzarsi in regime semiresidenziale estensivo per progetti riabilitativi di pazienti in età neonatale ed infantile con disabilità complesse e 132 destinati a pazienti adulti in regime non residenziale estensivo per il completamento del processo di riabilitazione dopo il ricovero ordinario — impugnava i seguenti provvedimenti:
— decreto n.38 del 31.05.2010 del Commissario ad acta della Regione Lazio, comunicato alla Fondazione S. Lucia dalla ASL Roma C il 14.6.2010 e recante “Remunerazione delle prestazioni di riabilitazione ex art. 26 legge 833/78 dei soggetti erogatori privati accreditati per l'anno 2010”, nonché ogni ulteriore provvedimento presupposto e consequenziale;
— decreto del Commissario ad acta n. 89 del 10.11.2010 avente ad oggetto “Definizione del fabbisogno assistenziale per i comparti riabilitativi di tipo intensivo e di mantenimento, e dei criteri per l'accesso e la dimissione ai/dai regime residenziale, semiresidenziale, non residenziale”;
Con sentenza n. 159 del 2012 il T.A.R. accoglieva in parte il ricorso ed annullava il d.m. n. 38 del 2010.
Il T.A.R., in particolare, statuiva che la Regione – nel ritenere non remunerabili ulteriori prestazioni rese dall' Istituto - aveva erroneamente equiparato l' I.R.C.C.S. alle strutture private ai fini delle determinazione del tetto massimo e del relativo budget, non tenendo conto, quindi, della sua specificità nell'ambito del servizio sanitario regionale, che non consente di sottrarsi dall'erogazione del servizio di assistenza a tutti gli utenti, da rendersi in base alla potenzialità della struttura anche oltre il tetto preventivato.
Il primo giudice rilevava che nel caso di strutture pubbliche o private ad esse equiparate le prestazioni assistenziali si configurano irrinunciabili, e fra queste rilevano quelle di carattere di urgenza in pronto soccorso, così che si configurano recessive le logiche strettamente programmatorie e di mercato.
Il provvedimento impugnato non risulterebbe, inoltre, suffragato da idonea istruttoria e motivazione, non prendendo in esame la specifica natura degli istituti di ricerca, nonché l'economicità della richiesta di trasformazione delle prestazioni da semiresidenziali a non residenziali, in considerazione del minor aggravio per la spesa pubblica e della maggiore efficacia dell'offerta assistenziale, avuto riguardo alla cerchia dei pazienti in età infantile. Doveva, infine, garantirsi la partecipazione dell' I.R.C.C.S. al procedimento programmatorio avuto riguardo alla diretta incidenza sul budget assegnato alla singola struttura.
In conclusione il T.A.R. disponeva l'annullamento del decreto n. 38 del 2010, nella parte in cui non riconosce l'attività prestata dalla ricorrente sui 55 posti di riabilitazione non residenziale destinati a complesse disabilità dell'età infantile e dichiarava inammissibili i motivi aggiunti formulati avverso il decreto n. 89 del 2010 per difetto di interesse.
Appella la Ragione Lazio che ha confutato le conclusioni del T.A.R. e chiesto l'annullamento delle sentenza impugnata.
Si è costituito in resistenza l' I.R.C.C.S. Fondazione S. Lucia che ha contraddetto i motivi di impugnativa a concluso per la conferma della sentenza gravata.
Si è altresì costituita l' U.S.L. Roma C che ha svolto considerazioni il linea con le tesi difensive articolate dalla Regione Lazio.
All'udienza del 14 giugno 2012 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.
2. Sia la Regione Lazio che la convenuta A.S.L. Roma C contestano la sentenza impugnata nella parte in cui equipara l' I.R.C.C.S. Fondazione S. Lucia alle strutture ospedaliere pubbliche e, da tale premessa, trae la conseguenza della non rinunziabilità delle prestazioni di assistenza e di cura richieste dall'utenza, da erogarsi secondo le potenzialità strutturali dell' ente, indipendentemente dal tetto massimo e dal relativo budget stabilito per le strutture private (negli aspetti qualitativi e quantitativi secondo quanto autorizzato dall' Amministrazione).
In disparte ogni considerazione sulla configurazione del rapporto che intercorre fra l' I.R.C.C.S. e la Regione Lazio in base al regime dell'accreditamento, non emergono gli indici rivelatori in presenza dei quali, secondo i consolidati canoni della giurisprudenza amministrativa, possa riconoscersi all'Istituto convenuto la natura di persona giuridica pubblica.
Siffatta natura non può, invero, ricondursi agli scopi perseguiti nel settore della ricerca ed in quello dell' assistenza, che l'ordinamento non riserva in via esclusiva allo Stato e/o ad altri enti di diritto pubblico.
Difetta inoltre ogni ingerenza della Regione per ciò che riguarda il controllo contabile e finanziario dell' Istituto ed l'approvazione dei bilanci, peculiare invece alle Aziende sanitarie pubbliche.
Non esistono poteri esterni di nomina dei vertici dell' Istituto e del management.
La gestione del personale è libera da regole pubblicistiche e di accesso concorsuale, oltreché dai limiti del turn over. L' approvvigionamento dei mezzi e delle risorse non soggiace alle regole dell'evidenza pubblica.
La posizione dell' I.R.C.C.S. convenuta è omologa a quella degli altri soggetti privati che operano nel servizio sanitario regionale in regime di accreditamento, con ogni effetto in ordine alle prestazioni erogabili, che ricevono limite quantitativo e di spesa negli atti di programmazione e di autorizzazione della Regione
3. La sentenza del T.A.R. merita, invece, conferma nella parte in cui ha riconosciuto — nei limiti del sindacato esterno sulle scelte programmatorie e di pianificazione della Regione — la non conformità del provvedimento commissariale n. 38 del 2010 — che ha stabilito gli importi per prestazioni di riabilitazione erogate dall' I.R.C.C.S. per l'anno 2010 — a canoni di congruità e di ragionevolezza, oltreché l'assenza di adeguata istruttoria e motivazione in ordine alla richiesta di trasformazione di 55 posti di cura da semiresidenziali ad residenziali, suffragata da appositi progetti riabilitativi, in aderenza alla peculiarità dell'utenza costituita da pazienti in età infantile che attendono agli obblighi scolastici.
È noto che la selezione dei mezzi per il concorso dei soggetti accreditati nell'erogazione di prestazioni riabilitative e di cura avviene, tra l'altro, in base a criteri di economicità e di appropriatezza, cui deve aggiungersi anche quello della continuità del regime assistenziale in relazione alla peculiarità dell'utenza ed alla sua distribuzione sul territorio.
Non è in contestazione che le prestazioni di cui è controversia siano state in precedenza erogate nei limiti del budget di spesa e ad una tariffa inferiore rispetto ai maggiori costi che comporta il regime semiresidenziale.
Quanto al criterio di appropriatezza, la Regione non ha opposto veto in ordine alla modulazione dei programmi riabilitativi con utilizzo dei posti qualificati semiresidenziali.
La fascia di utenza costituita da pazienti in età infantile avvalora, inoltre, l'esigenza di una continuità di prestazioni di riabilitazione, ancorché in regime che non implica la permanenza presso la struttura.
Diversamente da quanto argomentato dalla Regione appellante non viene in rilievo, con riguardo alla fattispecie di cui è controversia, il dato formale della mancata richiesta di rilascio dell'autorizzazione prevista dall'art. 4, primo comma, della L.R. n. 4 del 2003.
Si tratta, invero, di autorizzazione che investe sul piano strutturale i presidi destinati all'esercizio di attività sanitarie e socio-sanitarie. La prestazione riabilitativa non residenziale costituisce un minus rispetto a quella residenziale e non introduce modifiche significative sul piano strutturale al presidio abilitato.
Ciò che rileva è, invece, l'esigenza rappresentata dall'I.R.C.C.S. — nell'ambito del rapporto fra soggetto accreditato e Regione — di una rimodulazione del contenuto del rapporto concessorio di accreditamento, in relazione alla peculiarità della cerchia degli utenti e della stessa domanda di assistenza.
Come in precedenza posto in rilievo quanto prospettato dall'I.R.C.C.S. non si pone in contrasto con i parametri di appropriatezza e di economicità dell'offerta assistenziale.
La Regione in conseguenza, prima adottare la determinazione riduttiva del budget di spesa per il 2010 — in presenza di prestazioni rese a tariffa minore ma che, sul piano terapeutico, non si discostano da quelle autorizzate, salvo il dato della presenza temporale dell'assistito presso la struttura — doveva promuovere ogni opportuna attività istruttoria, anche in contraddittorio con l' Istituto interessato, ai fini del bilanciamento dell'interesse di rilievo pubblico inerente alla domanda di assistenza della specifica cerchia di utenti con la posizione economica dell'ente accreditato, che ad essa aveva corrisposto con prestazioni effettivamente rese.
Per le considerazioni che precedono l'appello va respinto e va confermata la sentenza impugnata con motivazione in parte diversa.

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