lunedì 17 giugno 2013

EDILIZIA: interventi edilizi anteriori al rilascio del titolo e potere di decadenza della P.A. (T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, sentenza 23 aprile 2013 n. 847).


EDILIZIA: 
interventi edilizi anteriori al rilascio del titolo 
e potere di decadenza della P.A. 
(T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 
sentenza 23 aprile 2013 n. 847)



Massima

1.  In base all’art. 10, co. primo, lett. c), del d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380, sono considerati interventi di ristrutturazione edilizia anche quegli interventi che determinano modifiche del volume o della sagoma dell’edificio sul quale sono realizzati (cd. “ristrutturazione pesante”).
Gli artt. 3, co. 1, dello stesso d.P.R. n. 380/2001 e 27, comma primo, lett. d) della L.R. 12/05 (nella formulazione risultante in esito alla sentenza della Corte Costituzionale n. 309/2011) stabiliscono invece che, nel caso in cui si proceda alla completa demolizione e ricostruzione del preesistente fabbricato, è necessario mantenere inalterata sagoma e volume.
Queste ultime disposizioni, tuttavia, in base al loro chiaro tenore letterale, si applicano solo quando si procede alla radicale demolizione del fabbricato preesistente ed alla conseguente ricostruzione del medesimo (cfr. TAR Lombardia Milano, Sez. II, 9 giugno 2009 n. 3939); se al contrario non vi è completa demolizione, trova applicazione la regola generale, contenuta nel citato art. 10 il quale, come visto, ammette la possibilità di modifiche di sagoma.
2.  Quanto al rapporto tra i lavori posti in essere in epoca anteriore al rilascio del titolo edilizio e la connessa la decadenza di cui all’art. 15, co. 2 , del d.P.R. n. 380/2001, la P.A., ai fini dell’accertamento circa il tempestivo inizio lavori a seguito di rilascio di permesso di costruire, non è tenuta a svolgere complicate indagini storiche per stabilire se i lavori siano stati effettuati proprio in esecuzione del titolo o in occasione di interventi a questo precedenti. Ciò che deve essere rilevato è se le opere riscontrate siano compatibili con il progetto assentito. Una volta effettuato tale accertamento, solo una assoluta evidenza contraria può consentire di ritenere false le dichiarazioni rese dall’interessato in merito all’avvenuto inizio lavori e, dunque, di dichiarare decaduto il titolo rilasciato.


Sentenza per esteso

INTESTAZIONE
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 84 del 2010, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
CONDOMINIO DI VIA BUONARROTI N. 5 MILANO, in persona del legale rappresentante p.t., PAOLA DE FALCO, LAURA DELLA SETA, ALESSANDRA MONTALDI, tutti rappresentati e difesi dall'avv. Luigi Decio, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Milano, P.zza Meda n. 3;
contro

COMUNE DI MILANO, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dagli avv.ti Maria Rita Surano, Antonello Mandarano e Alessandra Montagnani Amendola, domiciliato presso gli Uffici dell’Avvocatura Civica in Milano, Via Andreani n. 10;
MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITA' CULTURALI, in persona del Ministro p.t., non costituito;
MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITA' CULTURALI SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHITETTONICI E PAESAGGISTICI DI MILANO, in persona del Ministro p.t., non costituito; 
nei confronti di

WINTRUST s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti Maria Sala e Claudio Sala, con domicilio eletto presso il loro studio in Milano, Via Hoepli n. 3;
FIN-ECO LEASING s.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., non costituita; 
[...]

FATTO e DIRITTO
1. Con il ricorso introduttivo rubricato al numero di R.G. 84/2010, il Condominio sito in Milano, Via Buonarroti n. 5 e le sig.re Paola De Falco, Laura Della Seta e Alessandra Montaldi (proprietarie di alloggi situati nel suddetto Condominio) impugnano il permesso di costruire n. 116 del 5 ottobre 2009, rilasciato dal Comune di Milano alla società Wintrust s.r.l., con il quale viene autorizzata l’esecuzione di opere di ristrutturazione edilizia da realizzarsi presso il quinto ed ultimo piano dell’edificio condominiale.
2. In particolare, tali opere consistono nella demolizione del quinto piano e nella conseguente realizzazione di sei nuove unità abitative collegate a sovrastanti soppalchi.
3. Si sono costituiti in giudizio, per resistere al gravame, il Comune di Milano e la controinteressata Wintrust s.r.l.
4. La Sezione, con ordinanza n. 105 del 14 gennaio 2011, ha respinto l’istanza cautelare.
5. Successivamente, i ricorrenti hanno depositato motivi aggiunti, corredati da istanza cautelare, con i quali impugnano la nota del Comune di Milano in data 31 gennaio 2011, con la quale l’Ente dà atto dell’avvenuto inizio lavori entro il termine decadenziale di un anno dal rilascio del permesso di costruire, nonché il provvedimento dell’1 febbraio 2012, con il quale è stata rilasciata a Wintrust s.r.l. la concessione di occupazione di suolo pubblico per l’installazione di ponteggi funzionali alla realizzazione delle lavorazioni di cui al succitato titolo edilizio.
6. La Sezione, con ordinanza n. 520 del 6 aprile 2012, ha respinto l’istanza cautelare.
7. Con il ricorso rubricato al numero di R.G. 381/2011, gli stessi ricorrenti impugnano il silenzio serbato dal Comune di Milano su una loro istanza, con la quale richiedevano l’esercizio dei poteri di autotutela in relazione ad una denuncia d’inizio attività presentata da Wintrust s.r.l. in data 7 ottobre 2010, avente ad oggetto una variante minore, ai sensi dell’art. 68 del regolamento edilizio comunale, al progetto assentito con permesso di costruire n. 116/2009 (impugnato con ricorso R.G. n. 84/10).
8. In particolare la DIA riguarda una modifica alla scala d’accesso al 4^ piano e l’eliminazione di un piccolo terrazzino e relativa porta di ingresso.
9. Anche in questo giudizio si sono costituiti il Comune di Milano e la controinteressata Wintrust s.r.l.
10. La ricorrente, in data 5 marzo 2012, ha depositato istanza cautelare, che la Sezione ha respinto con la succitata ordinanza del 6 aprile 2012 n. 520.
11. Con il ricorso R.G. n. 474/2012, i medesimi ricorrenti si dolgono del silenzio serbato dal Comune di Milano su una loro istanza datata 24 gennaio 2012, con la quale avevano chiesto all’Amministrazione di dichiarare l’intervenuta decadenza del permesso di costruire n. 116/2009, per decorso del termine decadenziale di cui all’art. 15, comma 2, del d.P.R. n. 380/2001.
12. Si sono costituiti in giudizio il Comune di Milano e la controinteressata Wintur s.r.l.
13. Successivamente i ricorrenti hanno depositato motivi aggiunti, con cui hanno impugnato la nota del 5 aprile 2012, con la quale l’Amministrazione ha dato riscontro alla loro istanza.
14. La Sezione, con ordinanza n. 692 del 15 maggio 2012, ha respinto l’istanza cautelare.
15. Tutti i succitati ricorsi sono stati chiamati all’udienza pubblica del 24 gennaio 2013, in prossimità della quale le parti costituite hanno depositato memorie, insistendo nelle loro conclusioni.
16. Tenutasi l’udienza, le cause sono state trattenute in decisione.
17. Il Collegio deve preliminarmente disporre la riunione della cause, ai sensi dell’art. 70 c.p.a., stante la loro evidente connessione oggettiva e soggettiva.
18. Ciò premesso, è opportuno iniziare la trattazione partendo dall’esame del ricorso più risalente, che si rivolge principalmente contro il permesso di costruire n. 116/2009, rilasciato alla controinteressata.
19. I ricorrenti, nell’atto introduttivo del giudizio, deducono cinque motivi.
20. Con il primo motivo viene dedotta la violazione dell’art. 27, comma 1, lett. d) della l.r. n. 12/05, dell’art. 66 del Regolamento edilizio comunale e dell’art. 3, comma 1, del d.P.R. n. 380/01; viene altresì dedotto il vizio di eccesso di potere sotto svariati profili.
21. In particolare, i ricorrenti deducono che l’intervento oggetto del permesso di costruire impugnato consisterebbe, non già in una ristrutturazione edilizia ma in una nuova costruzione, posto che, in esito ad esso, verrebbe mutata la sagoma dell’edificio; ne conseguirebbe, a loro dire, la non assentibilità del medesimo.
22. Altro elemento ostativo all’assentibilità risiederebbe, poi, nel fatto che con l’intervento verrebbe mutata la s.l.p. originaria: secondo i ricorrenti, contrariamente a quanto sostenuto dalla controinteressata nella richiesta di rilascio del titolo, per il calcolo della s.l.p. complessiva, occorrerebbe computare anche la superficie dei soppalchi che, se sommata a quella di piano, determinerebbe il superamento di quella originaria.
23. In proposito si osserva quanto segue.
24. In base all’art. 10, comma primo, lett. c), del d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380, sono considerati interventi di ristrutturazione edilizia anche quegli interventi che determinano modifiche del volume o della sagoma dell’edificio sul quale sono realizzati (cd. “ristrutturazione pesante”).
25. Gli artt. 3, comma 1, dello stesso d.P.R. n. 380/2001 e 27, comma primo, lett. d) della l.r. 11 marzo 2005 n. 12 (nella formulazione risultante in esito alla sentenza della Corte Costituzionale n. 309/2011) stabiliscono invece che, nel caso in cui si proceda alla completa demolizione e ricostruzione del preesistente fabbricato, è necessario mantenere inalterata sagoma e volume
26. Queste ultime disposizioni, tuttavia, in base al loro chiaro tenore letterale, si applicano solo quando si procede alla radicale demolizione del fabbricato preesistente ed alla conseguente ricostruzione del medesimo (cfr. TAR Lombardia Milano, sez. II, 9 giugno 2009 n. 3939); se al contrario non vi è completa demolizione, trova applicazione la regola generale, contenuta nel citato art. 10 il quale, come visto, ammette la possibilità di modifiche di sagoma.
27. Nel caso concreto è del tutto pacifico che l’intervento assentito con il titolo impugnato non comporta la radicale demolizione del fabbricato che ne costituisce oggetto (l’opera consiste nella realizzazione di un sopralzo sull’edificio preesistente di m. 2,60); ne consegue che il limite di identità di sagoma non è nella fattispecie operante.
28. Per ciò che concerne invece la superficie lorda di pavimento (che a parere dei ricorrenti, con l’intervento assentito subirebbe una variazione in aumento), va rilevato che, in base all’art. 38, comma 8, del regolamento edilizio del Comune di Milano, la superficie dei soppalchi che abbiano profondità non superiore a 180 cm non si computa nel calcolo della stessa.
29. Nel caso concreto è pacifico che il progetto assentito prevede la realizzazione di soppalchi aventi profondità non superire a 180 cm.; pertanto del tutto correttamente la loro superficie non è stata computata ai fini del calcolo della s.l.p.
30. Parte ricorrente sostiene, in realtà. che dall’esame degli elaborati progettuali emergerebbe la presenza di spazi vuoti destinati, una volta ottenuto il titolo edilizio, ad essere colmati da maggiori superfici di soppalco (che in tal modo avrebbero una profondità effettiva ben superiore a 180 cm).
31. Si tratta tuttavia di mere illazioni, formulate dalla parte, che riguardano ipotetici sviluppi della futura attività edilizia e che, come tali, non possono incidere sulla legittimità del permesso di costruire rilasciato (fatto salvo, ovviamente, il dovere dell’Autorità amministrativa di sanzionare eventuali futuri abusi realizzati sfruttando gli spazi in questione).
32. Le censure contenute nel motivo in esame sono quindi tutte infondate.
33. Con il secondo motivo viene dedotta la violazione dell’art. 51.3 del regolamento edilizio del Comune di Milano, il quale impone che la superficie netta dei cortili interni ai fabbricati non possa essere inferiore ad un quarto di quella delle pareti che li delimitano. Secondo i ricorrenti, il cortile interno dell’edificio condominiale già allo stato attuale non soddisferebbe i requisiti previsti da tale disposizione; e quindi la realizzazione dell’intervento assentito, determinando un aumento della superficie di una delle pareti che lo delimita, ne aggraverebbe la condizione, con conseguente violazione della citata norma.
34. In merito a tale doglianza il Collegio osserva che, con ordinanza n. 1132 del 21 ottobre 2010, è stata disposta una verificazione, incaricando all’uopo il Direttore Generale, o suo delegato, dell’Agenzia del Territorio della Regione Lombardia, onde accertare , nel contraddittorio delle parti, la superficie netta del cortile condominiale e quella delle pareti che lo delimitano.
35. In esito alla verificazione si è accertato che, anche conteggiando la maggior superficie risultante dall’intervento assentito, il rapporto fra superficie del cortile e superficie delle pareti che lo delimitano è superiore ad un quarto; e che quindi le prescrizioni di cui all’art. 51.3. del regolamento edilizio comunale sono rispettate.
36. I ricorrenti, nella memoria finale, contestano le conclusioni cui è giunto il verificatore, affermando che questi avrebbe commesso una serie di errori procedurali e valutativi (si contesta ad esempio la scelta di individuare la quota X al piano di calpestio del primo piano del fabbricato condominiale posto a mt. 4,30 dalla quota del piano di spiccato).
37. I ricorrenti tuttavia, nel muovere tali contestazioni, commettono a loro volta un errore di valutazione laddove, nelle premesse di ragionamento, assumono quale area di cortile esclusivamente quella posta sul piano di spiccato.
38. Va al contrario osservato che, come correttamente sostenuto dall’Amministrazione intimata, essendo la ratio dell’art. 51.3. del regolamento edilizio quella di garantire adeguati parametri di aeroilluminazione e, dunque, adeguati parametri igienici ai cortili circondati da edifici, per l’effettuazione dei calcoli va fatto riferimento a tutte le aree aperte sulle quali si fronteggiano le superfici murate, indipendentemente da chi ne abbia la titolarità ed indipendentemente dalla quota sulla quale si collocano.
39. Nel caso concreto è indubbio che il piccolo cortile posto al piano di spiccato si apre, a quote maggiori, in spazi assai ampi che garantiscono sicuramente il rispetto dei parametri prescritti dall’art. 51.3 del regolamento edilizio.
40. Ne consegue che va ribadita la correttezza delle valutazioni operate dall’Amministrazione intimata e, quindi, l’infondatezza della doglianza in esame.
41. Con il terzo motivo, si deduce l’illogicità dei pareri rilasciati dalla Commissione edilizia comunale integrata dall’esperto in materia paesaggistica, evidenziandosi che il fabbricato oggetto dell’intervento assentito è sottoposto a vincolo paesistico e che lo stesso intervento presenta caratteristiche che lo renderebbero incompatibile con il suddetto vincolo.
42. In proposito si osserva che il giudizio tecnico discrezionale circa la compatibilità paesaggistico - ambientale di un intervento edilizio costituisce espressione di una scelta di merito formulata dall’autorità amministrativa; scelta che il giudice amministrativo non può sindacare se non nei limiti del vizio dell’eccesso di potere, riscontrabile quando vi sia un errato apprezzamento della situazione fattuale ovvero quando le valutazioni effettuate siano macroscopicamente illogiche o contraddittorie. (cfr. T.A.R. Cagliari Sardegna sez. II, 13 luglio 2010 n. 1863).
43. Nel caso concreto, non sono rilevabili palesi irrazionalità di ragionamento; né risulta che l’Autorità preposta al rilascio del parere paesistico - ambientale sia incorsa in errori evidenti nell’apprezzamento della situazione di fatto.
44. I ricorrenti sostengono, invero, come anticipato, che l’intervento assentito sarebbe in contrasto con il contesto paesistico della zona (in particolare lamentano il forte impatto delle vetrate che si intendono realizzare); ma in tal modo, lungi dal mettere in risalto contraddizioni o illogicità di ragionamento, pretendono, in maniera del tutto inammissibile, di sostituire le proprie valutazioni a quelle formulate dall’Autorità preposta che ha diversamente apprezzato l’impatto dell’intervento.
45. Anche la doglianza in esame non può quindi trovare accoglimento.
46. Con il quarto motivo, che sarà esaminato congiuntamente al quinto, viene dedotta la violazione dell’art. 8 del d.m. 14 gennaio 2008, in quanto il progetto assentito non sarebbe corredato da adeguato studio di fattibilità che certifichi la sostenibilità statica dell’intervento.
47. Con il quinto motivo viene dedotto eccesso di potere per violazione del Piano Regionale Amianto Lombardia (PRAL), approvato con DGR 22 dicembre 2005 n. VIII/1526, in quanto l’intervento assentito comporterebbe la manomissione di canne fumarie realizzate in fibrocemento (eternit), senza che siano state previste le misure di bonifica necessarie per scongiurare pericoli per la salute umana.
48. In proposito va osservato che, come messo in luce in sede cautelare, gli aspetti riguardanti la sostenibilità statica dell’intervento e le cautele da adottare all’atto di manomissioni di manufatti in amianto, non costituiscono profili valutabili in sede di rilascio del titolo edilizio, il quale presuppone esclusivamente, ai sensi dell’art. 12, comma 1, del d.P.R. n. 380/2001, la conformità dell’intervento alle previsioni degli strumenti urbanistici, dei regolamenti edilizi e, più in generale, della disciplina urbanistico – edilizia vigente.(cfr. TAR Sardegna, 30 dicembre 1999 n.1685)
49. In particolare, contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, le disposizioni contenute nel d.m. 14 gennaio 2008, non impongono l’allegazione di uno studio di fattibilità, che certifichi la sostenibilità statica dell’intervento, all’istanza di rilascio del permesso di costruire.
50. I controlli di idoneità statica vanno invero compiuti in una fase successiva a quella di rilascio del permesso di costruire e, precisamente, in fase di rilascio del certificato di agibilità che, ai sensi dell’art. 25, comma primo, del d.P.R. n. 380/2001, deve attestare, fra l’altro, la sussistenza delle condizioni di sicurezza dell’edificio, valutate secondo quanto disposto dalla vigente normativa. Per ciò che concerne poi in particolare le opere composte da strutture in cemento armato, come quelle di cui è causa, è previsto, dall’art. 25, comma 3, lett. b) dello stesso d.P.R. n. 380/2001, che il certificato di agibilità venga rilasciato solo previo esperimento di collaudo statico, effettuato ai sensi dell’art. 67 del d.P.R. n. 380/01; e che, comunque (cfr. art. 65 del d.P.R. n. 380/01), prima dell’inizio lavori, venga depositata presso lo sportello unico comunale una denuncia cui va allegata una relazione, firmata dal progettista incaricato, nella quale vengano riportati i calcoli che attestino l’idoneità statica dell’intervento (Nel caso concreto queste prescrizioni sono state peraltro rispettate, avendo la controinteressata depositato presso gli uffici comunali, in data 4 ottobre 2010, e quindi prima dell’inizio lavori, la suddetta denuncia, nella quale viene attestata, dal progettista incaricato, l’idoneità statica del realizzando intervento, anche con riferimento ai riflessi sulla struttura sottostante) .
51. Allo stesso modo, nessuna disposizione impone di allegare all’istanza di rilascio del titolo edilizio un piano di smaltimento dei materiali in fibrocemento; fermo restando ovviamente il potere delle competenti autorità di verificare il rispetto, in fase esecutiva, delle vigenti disposizioni in materia.
52. Anche il quarto ed il quinto motivo sono quindi infondati.
53. Terminato l’esame delle doglianze contenute nel ricorso introduttivo, può passarsi all’esame dei motivi aggiunti con i quali, come anticipato, sono stati impugnati la nota del 31 gennaio 2011, con cui il Comune di Milano ha dato atto dell’avvenuto inizio lavori entro lo scadere del termine decadenziale di un anno dal giorno di rilascio del permesso di costruire, ed il provvedimento in data 1 febbraio 2012, con cui è stata concessa l’autorizzazione di occupazione di suolo pubblico per l’installazione delle attrezzature necessarie all’esecuzione dei lavori assentiti con il permesso di costruire in questa sede impugnato.
54. I ricorrenti deducono innanzitutto che i vizi del provvedimento impugnato con il ricorso introduttivo determinerebbero, in via derivata, anche l’illegittimità degli atti impugnati con i motivi aggiunti.
55. Si è già visto tuttavia che le censure rivolte contro il permesso di costruire sono tutte infondate, sicché non può sussistere invalidità derivata.
56. Vengono poi dedotte due censure che colpiscono in via autonoma gli atti impugnati con motivi aggiunti.
57. La prima, che riguarda la nota del 31 gennaio 2011, contesta che i lavori riscontrati dall’addetto comunale in sede di sopralluogo siano stati realizzati in esecuzione del permesso di costruire in questa sede gravato; secondo i ricorrenti si tratterebbe, infatti,di lavori eseguiti in epoca anteriore al rilascio del titolo.
58. Ora, premesso che la nota in questione non ha natura provvedimentale e quindi non è impugnabile, con conseguente inammissibilità in parte qua del ricorso, la doglianza contro essa formulata è comunque infondata, in quanto, come si vedrà analiticamente quando si tratterà del ricorso RG n. 474/2012, le allegazioni di parte non sono suffragate da adeguata dimostrazione e, come tali, non sono idonee a confutare le valutazioni effettuate dall’Amministrazione comunale.
59. La seconda censura, che si rivolge contro l’atto di concessione di suolo pubblico, lamenta che tale concessione sarebbe stata rilasciata senza la previa verifica della titolarità in capo al richiedente di un valido titolo edilizio.
60. Anche questa censura va disattesa, posto che dagli atti di causa risulta che, al momento del rilascio dell’atto concessorio, la controinteressata era già in possesso di permesso di costruire; e che non spettava certo all’Ufficio Cosap vagliare la legittimità intrinseca di tale permesso .
61. Una volta constatato il possesso del titolo edilizio, il Comune ha dunque correttamente accolto l’istanza di concessione di suolo pubblico finalizzata all’installazione dei ponteggi funzionali alla realizzazione dell’intervento assentito.
62. Anche le doglianze dedotte con motivi aggiunti sono pertanto tutte inammissibili o infondate.
In conclusione, per le ragioni illustrate, il ricorso R.G. n. 84/2010, deve essere respinto.
63. E’ parere del Collegio che, per ragioni di logica espositiva, sia opportuno, a questo punto, trattare prioritariamente, anche se esso è meno risalente in ruolo, il ricorso RG n. 474/2012, con il quale, come riportato in premessa, sono stati impugnati: il silenzio serbato sulla domanda di pronuncia di decadenza del permesso di costruire n. 116/2009 e, successivamente, con motivi aggiunti, la nota comunale del 5 aprile 2012, con la quale l’Amministrazione ha dato riscontro all’istanza.
64. In proposito, il Collegio deve, innanzitutto, rilevare l’improcedibilità del ricorso sul silenzio, posto che, come più volte detto, l’Autorità amministrativa, in data 5 aprile 2012, ha dato risposta alla domanda degli interessati.
65. Per ciò che concerne quest’ultimo atto, i profili sollevati dai ricorrenti riguardano la riconducibilità degli interventi riscontrati all’attività edilizia esecutiva del permesso di costruire n. 116/2009. Secondo i ricorrenti si tratterebbe invece di lavorazioni poste in essere in epoca anteriore al rilascio del titolo edilizio; sicché, a loro dire, sarebbe maturata la decadenza di cui all’art. 15, comma secondo, del d.P.R. n. 380/2001. .
66. Ciò premesso , il Collegio osserva al riguardo che l’autorità amministrativa, ai fini dell’accertamento circa il tempestivo inizio lavori a seguito di rilascio di permesso di costruire, non è tenuta a svolgere complicate indagini storiche per stabilire se i lavori siano stati effettuati proprio in esecuzione del titolo o in occasione di interventi a questo precedenti. Ciò che deve essere rilevato è se le opere riscontrate siano compatibili con il progetto assentito.
67. Una volta effettuato tale accertamento, solo una assoluta evidenza contraria può consentire di ritenere false le dichiarazioni rese dall’interessato in merito all’avvenuto inizio lavori e, dunque, di dichiarare decaduto il titolo rilasciato.
68. Nel caso concreto, i ricorrenti non contestano che i lavori che la controinteressata dichiara di aver effettuato a partire dalla data del 5 ottobre 2010 (quindi entro il termine decadenziale di un anno decorrente dal 6 ottobre 2010, giorno di ritiro del permesso di costruire) siano conformi al progetto assentito, ma che detti lavori siano stati realizzati addirittura prima del rilascio del titolo e che, quindi, non ne costituiscano esecuzione.
69. Deducono in particolare gli interessati che l materiale di risulta, rinvenuto in sede di sopralluogo, sarebbe ascrivibile a lavori di manutenzione ordinaria effettuati nel fabbricato nell’anno 2007.
70. Va tuttavia osservato che tale ricostruzione, oltre non avere i caratteri della certezza, appare anche inverosimile.
71. Risulta invero dagli atti che i suddetti lavori di manutenzione ordinaria riguardavano il rifacimento di pavimenti e sottofondi, la coibentazione della falda inclinata e la sostituzione degli elementi idrosanitari (cfr. doc 5 di parte ricorrente)..
72. Il materiale ritrovato in loco consiste invece in una notevole quantità di laterizi frantumati, non compatibili con le suddette opere di manutenzione.
73. Inoltre, dalle foto depositate in giudizio, emerge chiaramente che il locale era originariamente suddiviso da partiture interne le quali, all’epoca dei sopralluoghi effettuati dal personale dell’Amministrazione intimata, risultano demolite.
74. Tali riscontri collimano con le dichiarazioni rilasciate dalla controinteressata (che, come visto, sostiene di avere demolito le pareti interne in data 5 ottobre 2010); mentre collidono con quanto sostenuto dai ricorrenti, giacché le opere di manutenzione da loro invocate non prevedevano affatto tali demolizioni.
75. Per completezza il Collegio deve dare atto che lavorazioni compiute sono idonee ad impedire la decadenza di cui all’art. 15, comma 2, del d.P.R. n. 380/2001.
76. Al riguardo va rilevato, infatti, che secondo la giurisprudenza, per evitare facili elusioni, è necessario che gli interventi intrapresi denotino l’effettiva volontà di realizzare l’opera assentita. In particolare sono ritenuti idonei ad impedire la decadenza quegli interventi che presuppongono una effettiva installazione di un cantiere, è cioè una significativa concentrazione di uomini e mezzi sul luogo delle lavorazioni (cfr. ex multis, Consiglio di Stato, sez. IV, 18 giugno 2008 n. 3030). Non possono invece considerarsi rilevanti i lavori consistenti in meri sbancamenti, sondaggi, recinzioni dell’area di cantiere ecc.. (cfr. TAR Lombardia Milano, sez. II, 8 marzo 2007 n. 372).
77. Nel caso concreto, come detto, le opere realizzate in data 5 ottobre 2010 consistono nella demolizione delle pareti interne dell’immobile oggetto dell’intervento assentito.
78. Ritiene, pertanto, il Collegio che tali opere siano idonee a dimostrare l’effettiva volontà della controinteressata a dare inizio ai lavori assentiti, considerato che, nonostante l’esiguo lasso di tempo a disposizione (in data 7 ottobre 2010 è infatti intervenuto il decreto presidenziale che ha sospeso gli effetti del permesso di costruire), esse hanno comunque entità significativa; e che le stesse presuppongono una effettiva installazione di un cantiere con concentrazione di uomini e mezzi rapportati alle opere stesse.
79. Anche questa doglianza va pertanto respinta.
80. In conclusione per le ragioni illustrate il ricorso R.G. n. 474/2012 è infondato.
81. Si può passare, infine, all’esame del ricorso RG n. 381/2011, che si rivolge avverso al denuncia di inizio attività presentata da Wintur s.r.l. in data 7 ottobre 2010, avente ad oggetto una variante minore, ai sensi dell’art. 68 del regolamento edilizio comunale, al progetto assentito con permesso di costruire n. 116/2009, impugnato con ricorso RG n. 84/2010.
82. In proposito si deve preliminarmente osservare che, come dedotto dalla controinteressata, il ricorso, nel suo insieme, presenta profili di inammissibilità per difetto di interesse, atteso che (come ammettono esplicitamente i ricorrenti), con la succitata DIA, la controinteressata ha inteso stralciare alcune lavorazioni già assentite con il permesso di costruire n. 116/2009; e ciò proprio al fine di accogliere alcuni rilievi sollevati dai ricorrenti stessi. Il suo accoglimento determinerebbe dunque la possibilità per la controinteressata di eseguire tutte le lavorazioni originariamente assentite, con conseguente maggior pregiudizio degli interessi di questi ultimi.
83. Si ritiene comunque, data la complessità delle questioni sollevate, di procedere al loro esame analitico, dando conto, volta per volta, dei profili di inammissibilità sottesi alle singole doglianze dedotte, nonché al fatto, già rilevato al punto 58, che vengono impugnate anche svariate comunicazioni prive di natura provvedi mentale con conseguente inutile dispiego di attività defensionale e processuale sia per le parti che ai fini della presente decisione.
84. Con una prima censura, gli interessati affermano innanzitutto che i vizi che inficiano il permesso di costruire n. 116 del 5 ottobre 2009 determinerebbero, in via derivata, anche l’illegittimità della DIA
85. Vengono quindi riproposte, nel ricorso RG n. 381/2011, tutte le doglianze già dedotte nel ricorso RG n. 84/2010.
86. Si già visto tuttavia che le suindicate censure sono tutte infondate; e qui non può che ribadirsi quanto in precedenza affermato.
87. Gli interessati deducono poi alcune autonome doglianze.
88. Con la prima lamentano che la denuncia in variante riguarderebbe un permesso di costruire ormai decaduto, in quanto i lavori non sarebbero iniziati entro il termine decadenziale di cui all’art. 15, comma 2, del d.P.R. n. 380/2001.
89. La doglianza è identica a quella sviluppata nei ricorsi in precedenza esaminati.
90. Vanno pertanto richiamate, per dimostrane l’infondatezza, le argomentazioni svolte ai punti da 65 a 79.
91. Con altra censura viene dedotto che la controinteressata non sarebbe legittimata alla presentazione della DIA, in quanto l’intervento andrebbe ad incidere anche su beni condominiali.
92. In proposito si osserva che, anche ammettendo che l’intervento nel suo complesso interessi parti condominiali del fabbricato, tale circostanza non costituisce effetto specifico della DIA (che, come detto, ha ad oggetto lo stralcio di opere già assentite con il permesso di costruire n. 116/2009) ma proprio del permesso di costruire n. 116/2009.
93. Ne consegue, posto che gli interventi asseritamente compiuti sulle parti comuni del fabbricato non sono stati comunque assentiti con la DIA impugnata, che la doglianza rivolta contro quest’ultimo titolo deve ritenersi infondata.
94. I ricorrenti lamentano poi che il compilatore della denuncia di inizio attività presentata allo sportello comunale avrebbe barrato erroneamente alcune caselle ed avrebbe omesso di barrarne delle altre.
95. In particolare: a) non si sarebbe indicato che l’intervento incide su un fabbricato già oggetto di condono; b) non si sarebbe indicato che l’intervento incide sulla statica dell’edificio (si sarebbe dovuta quindi allegare una relazione di uno strutturista abilitato); c) non sarebbe stato indicato che l’intervento comporta la manomissione di manufatti in amianto (si sarebbe dovuto quindi assumere l’impegno al rispetto della normativa vigente in materia di sicurezza per la salute); d) non sarebbe stato indicato che l’intervento ha ad oggetto anche canne fumarie.
96. Anche con riferimento a questi elementi, va preliminarmente rilevato il profilo di inammissibilità per difetto di interesse sul rilievo che essi non ineriscono specificamente all’intervento assentito con DIA, ma all’intervento già assentito con il permesso di costruire n. 116/2009.
97. Ragionamento parzialmente analogo può essere svolto con riferimento all’ultima doglianza, con la quale si censura la violazione delle disposizioni contenute nel d.m. n. 236/1989 e nel d.P.R. n. 503/1996, dettate in materia di superamento delle barriere architettoniche.
98. In questo caso, a differenza di quanto rilevato in precedenza, le censure si riferiscono specificamente ad interventi assentiti con la DIA. Resta però il fatto che il loro accoglimento comporterebbe l’effetto di consentire alla controinteressata di eseguire anche le lavorazioni assentite con il permesso di costruire n. 116/2009 e stralciate con la DIA stessa; e che quindi le censure risentono dei medesimi profili di inammissibilità in precedenza illustrati.
99. Le doglianze contenute nel ricorso R.G. n. 381/2011 sono quindi tutte infondate o, comunque inammissibili, così come è inammissibile l’impugnativa rivolta contro gli atti endoprocedimentali (in specie i verbali di sopralluogo) o non provvedimentali parimenti impugnati.
100. In conclusione, per le ragioni evidenziate, i ricorsi RG n. 84/2010, RG n. 381/2011 e RG n. 474/2012, previa loro riunione, vanno respinti.
101. Le spese, seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando, riunisce i ricorsi in epigrafe indicati e li respinge.
Condanna solidalmente i ricorrenti al pagamento delle spese processuali in favore del Comune di Milano e di Wintrust s.r.l., liquidandole in Euro 2.000, oltre IVA e c.p.a. se dovuti, per ciascuno dei suindicati soggetti.
Condanna altresì i ricorrenti al pagamento in solido del compenso dovuto al verificatore incaricato nel ricorso RG n. 84/2010, che viene liquidato in Euro 500, oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 24 gennaio 2013 con l'intervento dei magistrati:
Angelo De Zotti, Presidente
Stefano Celeste Cozzi, Primo Referendario, Estensore
Silvia Cattaneo, Primo Referendario


L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 05/04/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)


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