SERVIZI PUBBLICI:
depurazione delle scque reflue tra settore speciale
e disciplina dell'Organismo di Diritto Pubblico
(T.A.R. Toscana,Firenze, Sez. I,
sentenza 15 giugno 2013 n. 813)
Massima
1. Deve qualificarsi come organismo di diritto pubblico (quindi P.A. ai sensi dell'art. 3 co. 2 D.Lgs. n. 163/06 e dell'art. 22 L. n. 241/90) una società a prevalente partecipazione pubblica affidataria della gestione di un depuratore e costituita per la gestione di servizi pubblici locali, che effettua attività di depurazione di reflui urbani in virtù di affidamenti diretti degli enti che ne sono soci con copertura dei costi garantita dalla tariffa del servizio idrico integrato.
2. Premesso che la depurazione delle acque non ha natura di servizio pubblico locale, l'art. 209 del D.Lgs. n. 163/2006, riproduce pedissequamente l’art. 4 della Direttiva 2004/17/CE, in forza del quale la normativa a tutela della concorrenza nel settore dell’acqua si applica anche, agli appalti o ai concorsi riguardanti lo smaltimento o il trattamento delle acque reflue, qualora siano attribuiti o organizzati da alcuno degli enti che esercitano la messa a disposizione o la gestione di reti fisse destinate alla fornitura di un servizio al pubblico in connessione con la produzione, il trasporto o la distribuzione di acqua potabile, ovvero l'alimentazione di tali reti con acqua potabile.
L’attività di depurazione delle acque, ivi compresi gli scarichi di provenienza industriale, sul piano oggettivo ricade quindi nell’ambito della disciplina degli appalti pubblici inerente il settore speciale dell’acqua; analogamente è a dirsi per lo smaltimento dei fanghi prodotti dalla depurazione, che ne costituisce il necessitato complemento operativo. ciò che viene a mancare è il presupposto soggettivo della sottoposizione dell’affidamento alla disciplina dei contratti pubblici nei settori speciali, e questo anche a voler valorizzare il carattere consustanziale dell’attività di depurazione rispetto alla gestione del servizio idrico integrato: alla luce delle definizioni contenute nell’art. 209 è infatti da escludere che la gestione del depuratore possa farsi rientrare nella “messa a disposizione o gestione di reti fisse”.
Il Gestore di un depuratore non è dunque un ente aggiudicatore ex art. 207, e la conclusione non muta secondo che allo stesso si attribuisca la qualifica di impresa pubblica, ovvero di organismo di diritto pubblico.
3. La qualificazione giuridica de Gestore rileva, tuttavia, al fine di stabilire se l’appalto in questione, estraneo ai settori speciali, non debba essere ricondotto ai settori ordinari, ovvero sia integralmente sottoposto alle regole del diritto privato.
Nel primo caso, qualora il gestore abbia i requisti dell'Organismo di Diritto pubblico (O.D.P.) ex art. 3 co. 26 Codice Appalti, ossia il possesso della personalità giuridica, l’assoggettamento all’influenza pubblica e la destinazione al soddisfacimento di esigenze di interesse generale aventi carattere non industriale o commerciale, si applicanole regole della procedura d'evidenza pubblica, come nel caso di specie.
Sentenza per esteso
INTESTAZIONE
Il Tribunale Amministrativo Regionale per
la Toscana
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 103 del 2013,
proposto da:
C.R.E. Centro Ricerche Ecologiche S.p.a., rappresentata e difesa dagli avv.ti Pietro Ferraris, Elena Vignolini ed Enzo Robaldo, con domicilio eletto presso lo studio della seconda in Firenze, via F. Bonaini 10;
C.R.E. Centro Ricerche Ecologiche S.p.a., rappresentata e difesa dagli avv.ti Pietro Ferraris, Elena Vignolini ed Enzo Robaldo, con domicilio eletto presso lo studio della seconda in Firenze, via F. Bonaini 10;
contro
Acquapur Multiservizi S.p.a., rappresentata e difesa
dall'avv. Mario Pilade Chiti, presso il cui studio è elettivamente domiciliata
in Firenze, via Lorenzo il Magnifico 83;
per l'annullamento
- del diniego opposto da Aquapur Multiservizi S.p.A.
in data 19.12.2012, a seguito dell'istanza di accesso formulata da C.R.E.
S.p.A. in data 18.12.2012, e tesa a conseguire copia degli atti con cui Aquapur
Multiservizi S.p.A. ha disposto l'affidamento del servizio di prelievo e
smaltimento fanghi prodotti dall'impianto di "Casa del Lupo", dalla
stessa gestito;
- del silenzio diniego eventualmente formatosi a
seguito dell'istanza di accesso formulata da C.R.E. S.p.A. in data 18.12.2012;
- nonchè di ogni altro atto, conseguente, presupposto
od attuativo, ancorchè non conosciuto quanto a data e contenuto;
e per l'accertamento del diritto della ricorrente ad
ottenere l'accesso agli atti e documenti di cui alla citata istanza, nonchè per
l'adozione di una sentenza con cui si ordini alla resistente l'esibizione dei
documenti richiesti ai sensi dell'art. 116, comma 4, cod. proc. amm..
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Acquapur
Multiservizi S.p.a.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 10 aprile
2013 il dott. Pierpaolo Grauso e uditi per le parti i difensori come
specificato nel verbale;
FATTO e DIRITTO
La ricorrente C.R.E. Centro Ricerche Ecologiche
S.p.a., impresa operante nel settore dello stoccaggio, trattamento e utilizzo
in agricoltura dei rifiuti speciali non pericolosi e titolare dell’affidamento,
da parte di enti pubblici, di numerosi servizi di prelievo e smaltimento di
fanghi da depurazione, espone di aver chiesto ad Aquapur Multiservizi S.p.a.,
società a prevalente partecipazione pubblica affidataria della gestione del
depuratore di “Casa del lupo”, sito nel Comune di Porcari, di poter concorrere
con una propria offerta all’affidamento del servizio di prelievo e smaltimento
dei fanghi prodotti dal depuratore suddetto per il periodo 1 gennaio – 31 dicembre
2013. A seguito delle risposte evasive ricevute, C.R.E. riferisce di aver
altresì presentato una formale istanza di accesso agli atti, finalizzata a
conoscere l’iter seguito per l’affidamento del servizio in questione,
incorrendo nel diniego di cui alla nota 19 dicembre 2012, in epigrafe,
sinteticamente motivato con riferimento all’estraneità dell’attività posta in
essere da Aquapur alla disciplina sull’accesso di cui alla legge n. 241/1990 ed
al D.Lgs. n. 163/2006.
Tanto premesso in fatto, la società ricorrente da un
lato rivendica il proprio interesse di operatore del settore a concorrere per
l’affidamento del servizio e, dall’altro, deduce che, trattandosi di servizio
strumentale indispensabile al funzionamento stesso del depuratore, non potrebbe
negarsene la rilevanza sul piano pubblicistico, da cui l’assoggettamento di
Aquapur – da qualificarsi come organismo di diritto pubblico, ovvero come
impresa pubblica operante nel settore speciale disciplinato dall’art. 209 del
D.Lgs. n. 163/2006 – al rispetto della normativa sull’accesso e a quella
sull’evidenza pubblica. C.R.E. conclude pertanto affinché, ai sensi dell’art.
116 cod. proc. amm., sia accertato il proprio diritto ad accedere agli atti e
documenti concernenti la procedura seguita da Aquapur per l’affidamento del
servizio di prelievo e smaltimento/recupero dei fanghi prodotti dal depuratore
di “Casa del lupo” e per la corrispondente condanna della controparte
all’esibizione dei documenti stessi.
Resiste alla domanda Aquapur S.p.a., la quale eccepisce
l’inammissibilità del ricorso sotto il duplice profilo della propria estraneità
alla nozione di “pubblica amministrazione” adoperata dall’art. 22 della legge
n. 241/1990, e comunque della natura di attività industriale sottoposta al
diritto comune dello smaltimento dei fanghi da depurazione. La resistente
eccepisce altresì che, avendo C.R.E. partecipato alla gara informale indetta
per l’affidamento del servizio, i documenti oggetto dell’istanza di accesso
sarebbero in realtà già noti alla ricorrente; e, nel merito, contesta la
fondatezza delle tesi avversarie.
Il ricorso è fondato, e deve essere accolto, con le
precisazioni che seguono.
Pacifico, fra le parti, che l’attività di smaltimento
dei fanghi provenienti dalla depurazione delle acque non ha natura di servizio
pubblico locale, C.R.E. S.p.a. sostiene che si tratterebbe pur sempre di
attività strumentale al perseguimento degli scopi di pubblico interesse che
costituiscono l’oggetto sociale di Aquapur S.p.a. e, in particolare, alla
gestione dei servizi di depurazione delle acque reflue addotte all’impianto di
“Casa del lupo”. La tesi è rafforzata con il richiamo ai principi enunciati
dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con la sentenza n. 16/2011 e
presuppone la riconducibilità dello smaltimento dei fanghi al settore speciale
di cui all’art. 209 D.Lgs. n. 163/2006 e la sua sottoposizione alle regole
dell’evidenza pubblica anche a prescindere dall’inquadramento nell’ambito del
servizio idrico integrato.
Ora, è noto che l’art. 209 del D.Lgs. n. 163/2006, nel
delineare il campo d’azione della disciplina invocata dalla ricorrente,
riproduce pedissequamente l’art. 4 della Direttiva 2004/17/CE, in forza del
quale la normativa a tutela della concorrenza nel settore dell’acqua si applica
anche, per quanto qui interessa, agli appalti o ai concorsi riguardanti lo
smaltimento o il trattamento delle acque reflue, qualora siano attribuiti o
organizzati da alcuno degli enti che esercitano la messa a disposizione o la gestione
di reti fisse destinate alla fornitura di un servizio al pubblico in
connessione con la produzione, il trasporto o la distribuzione di acqua
potabile, ovvero l'alimentazione di tali reti con acqua potabile. Stante il
chiaro tenore della disposizione, può convenirsi con la società ricorrente
circa l’astratta riconducibilità dell’attività di depurazione delle acque
reflue al settore speciale dell’acqua e alla relativa disciplina europea e
nazionale in materia di contratti pubblici, senza che a conclusioni differenti
autorizzi la previsione dell’art. 12 della legge regionale toscana n. 50/2011:
è vero che questa, aggiungendo l’art. 13-bis alla legge regionale
n. 20/2006, espressamente esclude dall’ambito del servizio idrico integrato la
gestione degli impianti di depurazione di acque reflue anche se di totale o
parziale proprietà pubblica classificati, come quello di Porcari, a carattere
prevalentemente industriale (si veda al riguardo la deliberazione dell’A.A.T.O.
n. 2 “Basso Valdarno” del 6 dicembre 2011, in atti); ma è un’esclusione che,
mentre vale a sottrarre la depurazione dei reflui industriali alle competenze
in materia di gestione delle risorse idriche riconosciute all’Autorità d’Ambito
dal D.Lgs. n. 152/2006, non interferisce con il perimetro applicativo dell’art.
209 D.Lgs. n. 163/2006, cit., il quale individua le attività da assoggettare
all’evidenza pubblica sulla scorta di definizioni autonome e non sovrapponibili
alla nozione di servizio idrico integrato e alla stessa nozione di servizio pubblico
locale (risultandone con ciò sterilizzata la questione di legittimità
costituzionale e comunitaria sollevata dalla ricorrente nei confronti della
richiamata norma regionale).
Una volta acclarato che l’attività di depurazione
delle acque, ivi compresi gli scarichi di provenienza industriale, sul piano
oggettivo ricade nell’ambito della disciplina degli appalti pubblici inerente
il settore speciale dell’acqua, analogamente è a dirsi per lo smaltimento dei
fanghi prodotti dalla depurazione, che ne costituisce il necessitato
complemento operativo. Il dato, tuttavia, non comporta di per sé che
qualsivoglia affidamento avente ad oggetto lo smaltimento di fanghi da
depurazione debba obbedire alla disciplina dettata dall’art. 209, posto che
questa – lo si ripete – riguarda i soli affidamenti attribuiti od organizzati
da enti che esercitano le attività di messa a disposizione o gestione di reti
fisse in connessione con la produzione, il trasporto o la distribuzione di
acque potabile, ovvero l’alimentazione delle reti con acqua potabile, attività
non più gestite da Aquapur (lo sono state in passato). In altre parole, ciò che
viene a mancare è il presupposto soggettivo della sottoposizione
dell’affidamento alla disciplina dei contratti pubblici nei settori speciali, e
questo anche a voler valorizzare, come fa la ricorrente, il carattere
consustanziale dell’attività di depurazione rispetto alla gestione del servizio
idrico integrato: se, alla luce delle definizioni contenute nell’art. 209, le
uniche rilevanti ai fini di causa, è infatti da escludere che la gestione del
depuratore possa farsi rientrare nella “messa a disposizione o gestione di reti
fisse” (la nozione di “rete fissa” coincide con quella di infrastruttura
complessa atta alla distribuzione capillare del servizio idrico sul territorio
di riferimento, mentre il singolo impianto di depurazione costituisce semmai il
terminale della rete fognaria, ma non è “rete” esso stesso), nella specie alla
resistente – la quale svolge in proprio l’attività di gestione del depuratore,
salvo appaltare a terzi la fase dello smaltimento dei fanghi – non può
riconoscersi la veste di ente aggiudicatore di cui all’art. 207, e la
conclusione non muta secondo che ad Aquapur si attribuisca la qualifica di
impresa pubblica, ovvero di organismo di diritto pubblico.
La qualificazione giuridica della resistente rileva,
tuttavia, al fine di stabilire se l’appalto in questione, estraneo ai settori
speciali, non debba essere ricondotto ai settori ordinari, ovvero sia
integralmente sottoposto alle regole del diritto privato (cfr. Cons. Stato,
A.P., 1 agosto 2011, n. 16; Corte di giustizia CE, sez. IV, 10 aprile 2008,
C-393/06). L’interesse alla conoscenza degli atti concernenti la procedura
seguita da Aquapur S.p.a. per l’affidamento del servizio di prelievo e
smaltimento dei fanghi prodotti dal depuratore accede infatti, ai sensi e per
gli effetti di cui all’art. 22 della legge n. 241/1990, all’interesse
sostanziale della ricorrente a concorrere all’affidamento stesso secondo le
regole dell’evidenza pubblica: in questa prospettiva, va dunque verificato se
la società resistente presenti, quantomeno con riferimento all’attività di
depurazione della quota di acque domestiche che affluiscono all’impianto di
Porcari (la circostanza non è contestata e comunque si ricava dalla tipologia
“mista” dei fanghi prodotti dal depuratore e oggetto dello smaltimento, quale
risulta dai codici CER in atti), i requisiti dell’organismo di diritto
pubblico, nozione oramai stabilmente recepita dall’art. 3 co. 26 del D.Lgs. n.
163/2006, vale a dire il possesso della personalità giuridica,
l’assoggettamento all’influenza pubblica e la destinazione al soddisfacimento
di esigenze di interesse generale aventi carattere non industriale o
commerciale.
Pacifici i primi due, trattandosi di società per
azioni a partecipazione pubblica prevalente (e necessaria, giacché il venir
meno della partecipazione prevalente dei Comuni soci determina lo scioglimento
della società a norma dell’art. 7 dello statuto), la sussistenza del c.d. requisito
teleologico deve essere vagliata in primo luogo alla luce dello scopo per il
quale l’ente è stato costituito, che, nella specie, coincide con l’oggetto
sociale, formato dalla “gestione di servizi di pubblico interesse” molti dei
quali integranti in astratto veri e propri servizi pubblici locali (la gestione
dei servizi di depurazione delle acque reflue addotte al depuratore di “Casa
del lupo”, l’adduzione e la distribuzione dell’acque di superficie per usi
industriali, agricoli e civili, la gestione dei cimiteri e dei servizi
cimiteriali, la gestione degli impianti di produzione e distribuzione
dell’energia, l’illuminazione pubblica: si veda l’art. 5 dello statuto di
Aquapur).
Non potendosi dubitare che Aquapur sia stata
costituita per soddisfare bisogni di interesse generale, l’ulteriore indagine
deve indirizzarsi nei confronti delle condizioni nelle quali essa svolge la
propria attività, onde chiarire se esse presentino carattere non industriale o
commerciale.
Da prendere in considerazione è, segnatamente,
l'ambito economico o, in altri termini, il mercato di riferimento al cui
interno l’ente esercita la propria attività, per verificare se esso operi in
una situazione di concorrenza e sopporti il rischio dell’attività esercitata
(per tutte, cfr. Corte giustizia CE 10 aprile 2008, cit.); e, sulla scorta
degli elementi disponibili, per Aquapur la risposta al quesito non può che
essere negativa. Basti considerare che non è noto in forza a quale titolo il
depuratore di Porcari riceve una quota di reflui urbani, il che induce a
presumere che, relativamente a questi ultimi, la gestione del servizio di
depurazione sia effettuata da Aquapur al di fuori delle logiche di mercato e in
virtù di un affidamento diretto da parte dei Comuni interessati, cioè dai suoi
stessi soci di maggioranza, e con copertura dei costi garantita dalla tariffa
del servizio idrico integrato. Né la società resistente – a ciò onerata in
applicazione dell’invalso principio della vicinanza alla prova – ha dimostrato
di gestire tale (quota dell’)attività di depurazione dei reflui del servizio
idrico integrato nella veste di operatore inserito nel mercato del servizio
erogato e a seguito di affidamento preceduto da gara o da una qualche forma di
confronto concorrenziale con altri operatori.
Per la quota dell’attività di depurazione riferibile
ai reflui urbani, Aquapur riveste dunque la qualità di organismo di diritto
pubblico, e questo anche a voler ammettere che la prevalente attività
esercitata presenti invece carattere industriale e commerciale (al riguardo la
giurisprudenza è consolidata: cfr. Cons. Stato, sez. V, 23 luglio 2009, n.
4592). L’infrazionabilità dei reflui implica peraltro l’attrazione dell’intero
affidamento del servizio di prelievo e smaltimento dei fanghi nella sfera pubblicistica
dell’attività di Aquapur, non potendosi altrimenti garantire tutela ai
superiori principi di libera concorrenza, parità di trattamento, imparzialità,
pubblicità, trasparenza.
Alla ricorrente C.R.E. deve in definitiva riconoscersi
la titolarità di un interesse qualificato ad accedere a tutti gli atti e
documenti concernenti l’affidamento a terzi, da parte di Aquapur, del servizio
di prelievo e smaltimento dei fanghi prodotti dal depuratore di Porcari per
l’anno 2013, riconoscimento che non può essere condizionato da alcuna
valutazione in merito alla ammissibilità o alla fondatezza della domanda
giurisdizionale che dalla conoscenza di quei documenti la ricorrente potrebbe
in ipotesi essere indotta a proporre. L’accesso dovrà essere esteso,
evidentemente, anche a tutti gli atti e documenti che non siano già stati
oggetto di produzione nel presente giudizio, ivi comprese le comunicazioni a
mezzo posta elettronica o con ogni altro mezzo intervenute fra Aquapur e le
imprese invitate a formulare offerte o comunque titolari delle offerte
presentate, non potendosi convenire, al riguardo, stanti le tipologie di
documenti appena elencate, con quanto dedotto dalla stessa Aquapur in merito al
fatto che la ricorrente, avendo partecipato alla gara informale indetta per
l’affidamento del servizio, sarebbe, in realtà, già a conoscenza dei documenti
oggetto dell’istanza di accesso.
La complessità delle questioni trattate giustifica la
compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
(Sezione Prima), definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso e per
l’effetto ordina ad Aquapur Multiservizi S.p.a. di consentire alla ricorrente
C.R.E. S.p.a. l’accesso a tutti gli atti e documenti meglio indicati in parte
motiva, nonché l’estrazione di copia degli stessi.
Dichiara integralmente compensate le spese del
giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita
dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del
giorno 10 aprile 2013 con l'intervento dei magistrati:
Paolo Buonvino, Presidente
Alessandro Cacciari, Consigliere
Pierpaolo Grauso, Consigliere, Estensore
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L'ESTENSORE
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IL PRESIDENTE
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 15/05/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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