martedì 18 giugno 2013

TRIBUTARIO: limiti della revocazione sul giudicato in materia di imposta sui redditi (Cass. civ., Sez. VI, sentenza 11 giugno 2013 n. 14719).


TRIBUTARIO: 
limiti della revocazione sul giudicato 
in materia di imposta sui redditi 
(Cass. civ., Sez. VI, sentenza 11 giugno 2013 n. 14719)


Massima

Considerato che l'imposta sui redditi è dovuta per anni solari per cui ad ognuno corrisponde un'obbligazione tributaria autonoma, la revocazione non è ammessa quando il giudicato si riferisce ad un'annualità diversa da quella considerata nel giudizio impugnato.


Sentenza per esteso

FATTO E DIRITTO

La Corte, ritenuto che, ai sensi dell'art. 380 bis c.p.c., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:
Il relatore cons. Giuseppe Caracciolo, letti gli atti depositati.
Osserva:
La CTR di Bari ha accolto il ricorso per revocazione di C.R. avverso la decisione n. 41/10/2008 emessa dalla stessa CTR e con la quale era stato accolto l'appello proposto da parte dell'Agenzia - appello proposto contro la sentenza n. 16/10/2007 della CTP di Bari che aveva accolto il ricorso della contribuente - ed ha perciò revocato la propria precedente decisione ed annullato l'avviso di rettifica IVA relativa all'anno 2001 con cui è stato denegato un credito d'imposta riportato in dichiarazione ma non assistito dalla necessaria documentazione. Con il ricorso per revocazione la parte contribuente aveva sostenuto che la sentenza determinasse contrasto fra giudicati perchè in contraddizione con altra precedente pronuncia, passata in cosa giudicata, adottata dalla CTP di Bari con sentenza n. 2/10/2006.
La predetta CTR ha motivato la pronuncia di revocazione evidenziando che nella sentenza passata in cosa giudicata della CTP di Bari la questione "dell'efficacia preclusiva ad ulteriori indagini sui crediti vantati dalla contribuente in presenza di condono tombale" era stata risolta nel senso dell'efficacia preclusiva del condono, sicchè appariva "evidente che sussiste un conflitto di giudicati", atteso che "il condono operante anche per l'anno 2001 ha cristallizzato l'impostazione contabile, per cui il giudicato formatosi per l'anno 1999 assume valore anche per l'anno d'imposta successivo, medesimi essendo i presupposti di fatto e di diritto della causa nella quale il giudicato viene invocato", con la conseguente necessità di revocare la sentenza n. 41/10/2008 relativa appunto all'annualità 2001.
L'Agenzia ha interposto ricorso per cassazione affidato a unico motivo.
La parte contribuente non ha svolto attività difensiva.
Il ricorso - ai sensi dell'art. 380 bis c.p.c., assegnato allo scrivente relatore, componente della sezione di cui all'art. 376 c.p.c. - può essere definito ai sensi dell'art. 375 c.p.c.. Infatti, con il motivo di censura (centrato sulla violazione dell'art. 395 c.p.c.) la ricorrente Agenzia evidenzia che le due pronunce considerate dal giudice del merito non avevano "lo stesso oggetto", sicchè aveva errato la CTR a ravvisare identità di presupposti di fatto e di diritto.
La censura appare fondata e da accogliersi.
Con allegazione appena autosufficiente (corroborata dalla condotta astensiva della parte contribuente), la parte ricorrente ha giustificato che l'oggetto del presente giudizio consiste nel "diniego di rimborso per IVA 2001", mentre l'oggetto del giudizio conclusosi con la pronuncia della CTP di Bari che si assume passata in giudicato consisteva in un "atto di contestazione di sanzione amministrativa per l'anno 1999" conseguente al "rimborso per IVA ottenuto per l'anno 1999, in carenza dei presupposti per la liquidazione del rimborso". I provvedimenti impugnati apparivano, perciò, riferiti ad una diversa tipologia di controllo e si riferivano ad annualità diverse e perciò stesso a crediti diversi.
Sulla questione conviene muovere dal ribadito insegnamento della Suprema Corte secondo cui: "Nel contenzioso tributario, ai fini dell'applicazione dell'art. 395 c.p.c., n. 5, (richiamato dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 64), perchè una sentenza possa considerarsi contraria ad altra precedente avente autorità di cosa giudicata, occorre che tra i due giudizi vi sia identità di soggetti e di oggetto, tale che l'oggetto del secondo giudizio sia costituito dal medesimo rapporto tributario definito irrevocabilmente nel primo, ovvero che in quest'ultimo sia stato definitivamente compiuto un accertamento radicalmente incompatibile con quello operante nel giudizio successivo; ne consegue che - posto che, "ex" art. 7 TUIR, l'imposta sui redditi è dovuta per anni solari, a ciascuno dei quali corrisponde un'obbligazione tributaria autonoma - non è configurarle il detto motivo di revocazione allorchè il precedente giudicato si riferisca ad un'annualità di imposta sui redditi diversa dal periodo d'imposta considerato nella impugnata sentenza. (Sez. 5, Sentenza n. 14714 del 21/11/2001; in termini più generali, Cass. Sez. 2, Sentenza n. 12348 del 27/05/2009).
Nella specie di causa (in cui si discute - per quanto se ne può intendere - di crediti di imposta riferiti ad annualità diverse, di cui in un caso è denegato il rimborso e nell'altro caso è preteso il recupero, con conseguente inflizione di sanzione) non è possibile ritenere che si tratti di giudizi con identità di soggetti e di oggetto, tale che tra le due vicende sussista una ontologica e strutturale concordanza degli estremi, nel mentre si potrebbe - tutt'al più - individuare nella prima delle decisioni emesse la sussistenza di un possibile antecedente logico rispetto alla questione da risolvere nel giudizio successivo.
Poichè la decisione qui impugnata non si è attenuta al corretto principio di diritto, essa appare meritare cassazione, con facoltà per la Corte di provvedere anche nel merito della lite, rigettando il ricorso per revocazione proposto dalla parte contribuente, siccome non appaiono necessari ulteriori accertamenti di fatto. Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per manifesta fondatezza.
Roma, 30 gennaio 2013.
che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti;
che non sono state depositate conclusioni scritte, nè memorie;
che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va accolto;
che le spese di lite possono essere regolate secondo il criterio della soccombenza.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso per revocazione proposto dalla parte contribuente avverso la sentenza di appello. Condanna la parte contribuente a rifondere le spese di lite di questo grado, liquidate in Euro 5.000,00 oltre spese prenotate a debito e compensa tra le parti le spese del giudizio di revocazione in appello.
Così deciso in Roma, il 18 aprile 2013.
Depositato in Cancelleria il 11 giugno 2013.

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