TRIBUTARIO:
limiti della revocazione sul giudicato
in materia di imposta sui redditi
(Cass. civ., Sez. VI, sentenza 11 giugno 2013 n. 14719)
Massima
Considerato che
l'imposta sui redditi è dovuta per anni solari per cui ad ognuno corrisponde
un'obbligazione tributaria autonoma, la revocazione non è ammessa quando il
giudicato si riferisce ad un'annualità diversa da quella considerata nel
giudizio impugnato.
Sentenza per esteso
FATTO
E DIRITTO
La Corte, ritenuto
che, ai sensi dell'art. 380 bis c.p.c., è stata depositata in cancelleria la
seguente relazione:
Il relatore cons.
Giuseppe Caracciolo, letti gli atti depositati.
Osserva:
La CTR di Bari ha
accolto il ricorso per revocazione di C.R. avverso la decisione n. 41/10/2008
emessa dalla stessa CTR e con la quale era stato accolto l'appello proposto da
parte dell'Agenzia - appello proposto contro la sentenza n. 16/10/2007 della CTP
di Bari che aveva accolto il ricorso della contribuente - ed ha perciò revocato
la propria precedente decisione ed annullato l'avviso di rettifica IVA relativa
all'anno 2001 con cui è stato denegato un credito d'imposta riportato in
dichiarazione ma non assistito dalla necessaria documentazione. Con il ricorso
per revocazione la parte contribuente aveva sostenuto che la sentenza
determinasse contrasto fra giudicati perchè in contraddizione con altra
precedente pronuncia, passata in cosa giudicata, adottata dalla CTP di Bari con
sentenza n. 2/10/2006.
La predetta CTR ha
motivato la pronuncia di revocazione evidenziando che nella sentenza passata in
cosa giudicata della CTP di Bari la questione "dell'efficacia preclusiva
ad ulteriori indagini sui crediti vantati dalla contribuente in presenza di
condono tombale" era stata risolta nel senso dell'efficacia preclusiva del
condono, sicchè appariva "evidente che sussiste un conflitto di
giudicati", atteso che "il condono operante anche per l'anno 2001 ha
cristallizzato l'impostazione contabile, per cui il giudicato formatosi per
l'anno 1999 assume valore anche per l'anno d'imposta successivo, medesimi
essendo i presupposti di fatto e di diritto della causa nella quale il
giudicato viene invocato", con la conseguente necessità di revocare la
sentenza n. 41/10/2008 relativa appunto all'annualità 2001.
L'Agenzia ha
interposto ricorso per cassazione affidato a unico motivo.
La parte contribuente
non ha svolto attività difensiva.
Il ricorso - ai sensi
dell'art. 380 bis c.p.c., assegnato allo scrivente relatore, componente della
sezione di cui all'art. 376 c.p.c. - può essere definito ai sensi dell'art. 375
c.p.c.. Infatti, con il motivo di censura (centrato sulla violazione dell'art.
395 c.p.c.) la ricorrente Agenzia evidenzia che le due pronunce considerate dal
giudice del merito non avevano "lo stesso oggetto", sicchè aveva
errato la CTR a ravvisare identità di presupposti di fatto e di diritto.
La censura appare
fondata e da accogliersi.
Con allegazione
appena autosufficiente (corroborata dalla condotta astensiva della parte
contribuente), la parte ricorrente ha giustificato che l'oggetto del presente
giudizio consiste nel "diniego di rimborso per IVA 2001", mentre
l'oggetto del giudizio conclusosi con la pronuncia della CTP di Bari che si
assume passata in giudicato consisteva in un "atto di contestazione di
sanzione amministrativa per l'anno 1999" conseguente al "rimborso per
IVA ottenuto per l'anno 1999, in carenza dei presupposti per la liquidazione
del rimborso". I provvedimenti impugnati apparivano, perciò, riferiti ad
una diversa tipologia di controllo e si riferivano ad annualità diverse e
perciò stesso a crediti diversi.
Sulla questione
conviene muovere dal ribadito insegnamento della Suprema Corte secondo cui:
"Nel contenzioso tributario, ai fini dell'applicazione dell'art. 395
c.p.c., n. 5, (richiamato dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 64), perchè
una sentenza possa considerarsi contraria ad altra precedente avente autorità
di cosa giudicata, occorre che tra i due giudizi vi sia identità di soggetti e
di oggetto, tale che l'oggetto del secondo giudizio sia costituito dal medesimo
rapporto tributario definito irrevocabilmente nel primo, ovvero che in
quest'ultimo sia stato definitivamente compiuto un accertamento radicalmente
incompatibile con quello operante nel giudizio successivo; ne consegue che -
posto che, "ex" art. 7 TUIR, l'imposta sui redditi è dovuta per anni
solari, a ciascuno dei quali corrisponde un'obbligazione tributaria autonoma -
non è configurarle il detto motivo di revocazione allorchè il precedente
giudicato si riferisca ad un'annualità di imposta sui redditi diversa dal
periodo d'imposta considerato nella impugnata sentenza. (Sez. 5, Sentenza n.
14714 del 21/11/2001; in termini più generali, Cass. Sez. 2, Sentenza n. 12348
del 27/05/2009).
Nella specie di causa
(in cui si discute - per quanto se ne può intendere - di crediti di imposta
riferiti ad annualità diverse, di cui in un caso è denegato il rimborso e
nell'altro caso è preteso il recupero, con conseguente inflizione di sanzione)
non è possibile ritenere che si tratti di giudizi con identità di soggetti e di
oggetto, tale che tra le due vicende sussista una ontologica e strutturale
concordanza degli estremi, nel mentre si potrebbe - tutt'al più - individuare
nella prima delle decisioni emesse la sussistenza di un possibile antecedente
logico rispetto alla questione da risolvere nel giudizio successivo.
Poichè la decisione
qui impugnata non si è attenuta al corretto principio di diritto, essa appare
meritare cassazione, con facoltà per la Corte di provvedere anche nel merito
della lite, rigettando il ricorso per revocazione proposto dalla parte
contribuente, siccome non appaiono necessari ulteriori accertamenti di fatto.
Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio
per manifesta fondatezza.
Roma, 30 gennaio
2013.
che la relazione è
stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti;
che non sono state
depositate conclusioni scritte, nè memorie;
che il Collegio, a
seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e
in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va accolto;
che le spese di lite
possono essere regolate secondo il criterio della soccombenza.
P.Q.M.
La Corte accoglie il
ricorso. Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il
ricorso per revocazione proposto dalla parte contribuente avverso la sentenza
di appello. Condanna la parte contribuente a rifondere le spese di lite di
questo grado, liquidate in Euro 5.000,00 oltre spese prenotate a debito e
compensa tra le parti le spese del giudizio di revocazione in appello.
Così deciso in Roma,
il 18 aprile 2013.
Depositato in
Cancelleria il 11 giugno 2013.
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