PUBBLICO IMPIEGO:
trasferimento e ricongiungimenti familiari
(T.A.R. Emilia Romagna, Bologna,
sentenza breve 10 maggio 2013 n. 360)
1. Prima delle modificazioni introdotte dall'art. 24, l. n. 183 del 2010, il beneficio dell'assegnazione ad una sede lavorativa più prossima al luogo di assistenza del familiare con disabilità grave, previsto dall'art. 33 comma 5, l. n. 104 del 1992, era subordinato ai requisiti della "continuità" dell'assistenza (intesa come assistenza già in atto al momento della domanda), della "esclusività" della stessa (intesa come mancanza o indisponibilità di altri soggetti tenuti in virtù di legge o di provvedimento a prestarla) e dell'effettiva possibilità di soddisfare tale richiesta ("ove possibile", in relazione alle esigenze organizzative dell'amministrazione di appartenenza).
2. Successivamente, in virtù della nuova disciplina della materia, sono venuti meno i requisiti della "continuità" e della "esclusività" nel significato suindicato, onde il presupposto della "esclusività" per accordare il trasferimento va ora inteso unicamente nel senso che il beneficio non può essere riconosciuto a più di un lavoratore dipendente per l'assistenza alla medesima persona, non già quale indisponibilità di altri familiari allo svolgimento di tale attività.
3. Più complessa è stata l'interpretazione della nuova normativa per la parte relativa al personale delle Forze Armate, di Polizia e dei Vigili del Fuoco, in quanto l'art. 19, l. n. 183 del 2010, richiede per tali categorie l'adozione di ulteriori e specifici provvedimenti legislativi, il che ha in un primo tempo indotto la giurisprudenza a ritenere loro non applicabile medio tempore la disciplina in questione ed ancora operativa la regolamentazione previgente; da ultimo, tuttavia, è stata corretta una simile restrittiva lettura della normativa, essendosi consolidato l'orientamento per cui non può mai la p.a. porre a fondamento del diniego di trasferimento ex art. 33 comma 5, L. n. 104 del 1992, l'insussistenza dei presupposti della "continuità" e della "esclusività" dell'assistenza, neppure ove si tratti del personale delle Forze Armate, di Polizia e dei Vigili del Fuoco.
4. Nella fattispecie, la p.a. ha giustificato il rigetto dell'istanza con la sola presenza in loco di altri familiari in grado di prestare l'assistenza, senza addurre preclusioni legate alle condizioni soggettive delle persone disabili interessate ed opponendo in modo del tutto generico le esigenze organizzative che impedirebbero il trasferimento dell'interessata, essendo noto come, quanto alle esigenze organizzative ostative, per non svuotare di significato la norma occorra interpretarla nel senso che, all'esito di un equo bilanciamento tra tutti i coinvolti interessi costituzionalmente rilevanti, il trasferimento può essere negato solo se ne conseguano effettive e ben individuate criticità per l'amministrazione, la quale ha l'onere di indicarle in maniera compiuta, per rendere percepibile di quali reali pregiudizi risentirebbe la sua azione, mentre non può limitarsi ad invocare generiche esigenze di corretta organizzazione e buon andamento; pertanto, risultano illegittimi gli atti impugnati - per avere la p.a. fatto indebitamente discendere il diniego di trasferimento dall'esistenza di familiari in grado di prestare la necessaria assistenza.
Sentenza (breve) per esteso
INTESTAZIONE
Il Tribunale Amministrativo Regionale per
la Emilia Romagna
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ai sensi dell’art. 60 cod.proc.amm.
sul ricorso n. 286 del 2013 proposto da Romina Caparco, rappresentata e difesa dall’avv. Francesco Bragagni e dall’avv. Marco Esposito, e presso gli stessi elettivamente domiciliata in Bologna, strada Maggiore n. 31;
sul ricorso n. 286 del 2013 proposto da Romina Caparco, rappresentata e difesa dall’avv. Francesco Bragagni e dall’avv. Marco Esposito, e presso gli stessi elettivamente domiciliata in Bologna, strada Maggiore n. 31;
contro
il Ministero dell’Interno, in persona del Ministro
p.t., rappresentato e difeso dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di
Bologna, domiciliataria ex lege;
per l'annullamento
del provvedimento in data 28 gennaio 2013, con cui il
Ministero dell’Interno - Dipartimento della Pubblica sicurezza rigettava
l’istanza di trasferimento della ricorrente ai sensi dell’art. 33, comma 5,
della legge n. 104/1992;
del provvedimento in data 20 marzo 2013, con cui il
Ministero dell’Interno - Dipartimento della Pubblica sicurezza rigettava
l’istanza di riesame del precedente diniego.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero
dell’Interno;
Vista l’istanza cautelare della ricorrente;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle
rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Nominato relatore il dott. Italo Caso;
Uditi, per le parti, alla Camera di Consiglio del 9
maggio 2013 i difensori come specificato nel verbale;
FATTO e DIRITTO
Visto l’art. 60 cod.proc.amm., che consente
l’immediata assunzione di una decisione di merito, con “sentenza in forma
semplificata”, ove nella Camera di Consiglio fissata per l’esame della domanda
cautelare il giudice accerti la completezza del contraddittorio e
dell’istruttoria e nessuna delle parti dichiari che intende proporre motivi
aggiunti, ricorso incidentale, regolamento di competenza o regolamento di
giurisdizione;
Considerato che, presentata dalla ricorrente – in
servizio presso la Questura di Bologna con la qualifica di “Assistente della
Polizia di Stato” – un’istanza di trasferimento presso la Questura di Forlì, ai
sensi dell’art. 33, comma 5, della legge n. 104 del 1992, per assistere il
padre e la suocera portatori di handicap in situazione di
gravità, l’Amministrazione rigettava la domanda in quanto presenti in
loco altri familiari in grado di prendersi cura delle persone disabili
(v. provvedimento in data 28 gennaio 2013, emesso dal Ministero dell’Interno -
Dipartimento della Pubblica sicurezza) e poi rigettava anche la richiesta di
riesame del diniego (v. provvedimento in data 20 marzo 2013, emesso dal
Ministero dell’Interno - Dipartimento della Pubblica sicurezza);
che avverso i suindicati atti ha proposto impugnativa
l’interessata, imputando all’Amministrazione di non avere dato corretta
applicazione all’art. 33, comma 5, della legge n. 104 del 1992, norma oramai
svincolata dal requisito della “esclusività” dell’assistenza, secondo una
disciplina pienamente applicabile anche al personale delle Forze Armate, di
Polizia e dei Vigili del Fuoco;
che si è costituito in giudizio il Ministero
dell’Interno, a mezzo dell’Avvocatura dello Stato, resistendo al gravame;
che alla Camera di Consiglio del 9 maggio 2013,
ascoltati i rappresentanti delle parti, la causa è passata in decisione;
Ritenuto che, prima delle modifiche introdotte
dall’art. 24 della legge n. 183 del 2010, il beneficio dell’assegnazione ad una
sede lavorativa più prossima al luogo di assistenza del familiare con
disabilità grave, previsto dall’art. 33, comma 5, della legge n. 104 del 1992,
era subordinato ai requisiti della “continuità” dell’assistenza (intesa come
assistenza già in atto al momento della domanda), della “esclusività”
dell’assistenza (intesa come mancanza o indisponibilità di altri soggetti
tenuti in virtù di legge o di provvedimento a prestare l’assistenza),
dell’effettiva possibilità di soddisfare tale richiesta (“ove possibile”,
in relazione alle esigenze organizzative dell’Amministrazione di appartenenza);
che, successivamente, in virtù della nuova disciplina
della materia, sono venuti meno i requisiti della “continuità” e della
“esclusività” nel significato suindicato, sicché il presupposto della
“esclusività” per accordare il trasferimento va ora inteso unicamente nel senso
che il beneficio non può essere riconosciuto a più di un lavoratore dipendente
per l’assistenza della medesima persona, non già quale indisponibilità di altri
familiari allo svolgimento di tale attività (v., ex multis, Cons.
Stato, Sez. IV, 28 gennaio 2013 n. 518; TAR Lazio, Sez. I, 11 gennaio 2013 n.
252);
che più complessa è stata l’interpretazione della
nuova normativa per la parte relativa al personale delle Forze Armate, di
Polizia e dei Vigili del Fuoco, in quanto l’art. 19 della legge n. 183 del 2010
richiede per tali categorie l’adozione di ulteriori e specifici provvedimenti
legislativi, il che ha in un primo tempo indotto la giurisprudenza a ritenere
loro non applicabile medio tempore la disciplina in questione
e ancora operativa la regolamentazione previgente (v., tra le altre, Cons.
Stato, Sez. IV, 10 gennaio 2012 n. 66), e da ultimo, tuttavia, è stata corretta
una simile restrittiva lettura della normativa, essendosi andato consolidando
l’orientamento per cui non può mai l’Amministrazione pubblica porre a
fondamento del diniego di trasferimento ex art. 33, comma 5, della legge n. 104
del 1992 l’insussistenza dei presupposti della “continuità” e della
“esclusività” dell’assistenza, neppure ove si tratti del personale delle Forze
Armate, di Polizia e dei Vigili del Fuoco (v. Cons. Stato, Sez. IV, 5 marzo
2013 n. 1347, 18 ottobre 2012 n. 5378, 30 luglio 2012 n. 4291 e 9 luglio 2012
n. 4047);
che, nella fattispecie, l’Amministrazione ha
giustificato il rigetto dell’istanza con la sola presenza in loco di
altri familiari in grado di prestare l’assistenza, senza addurre preclusioni
legate alle condizioni soggettive delle persone disabili interessate e
opponendo in modo del tutto generico le esigenze organizzative che
impedirebbero il trasferimento della ricorrente, essendo noto come, quanto alle
esigenze organizzative ostative, per non svuotare di significato la norma essa
va interpretata nel senso che, all’esito di un equo bilanciamento tra tutti gli
implicati interessi costituzionalmente rilevanti, il trasferimento può essere
negato solo se ne conseguano effettive e ben individuate criticità per
l’Amministrazione, la quale ha l’onere di indicarle in maniera compiuta per
rendere percepibile di quali reali pregiudizi risentirebbe la sua azione,
mentre non può limitarsi ad invocare generiche esigenze di corretta
organizzazione e buon andamento (v., tra le altre, TAR Emilia-Romagna, Bologna,
Sez. I, 8 marzo 2013 n. 178);
che, pertanto, il ricorso si presenta fondato – con
conseguente annullamento degli atti impugnati –, per avere l’Amministrazione
fatto indebitamente discendere il diniego di trasferimento dall’esistenza di
familiari in grado di prestare la necessaria assistenza;
che restano naturalmente salve le ulteriori
determinazioni che l’Amministrazione dovrà adottare in sede di riesame
dell’istanza di assegnazione della ricorrente alla diversa sede di servizio,
senza però poter ascrivere alcun rilievo al requisito della “esclusività”
dell’assistenza;
Considerato, in conclusione, che – stante la
sussistenza dei presupposti di legge – la Sezione può decidere con “sentenza in
forma semplificata”, ai sensi dell’art. 60 cod.proc.amm.;
che nel corso della Camera di Consiglio il Collegio ha
avvertito i presenti dell’eventualità di definizione del giudizio nel merito;
che le spese di lite seguono la soccombenza dell’Amministrazione,
e vengono liquidate come da dispositivo
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per
l’Emilia-Romagna, Bologna, Sez. I, pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo
accoglie nei sensi di cui in motivazione e, per l’effetto, annulla gli atti
impugnati.
Condanna l’Amministrazione al pagamento delle spese di
lite, nella misura complessiva di € 1.500,00 (millecinquecento/00), oltre agli
accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita
dall’Autorità Amministrativa.
Così deciso in Bologna, nella Camera di Consiglio del
9 maggio 2013, con l’intervento dei magistrati:
Giuseppe Calvo, Presidente
Alberto Pasi, Consigliere
Italo Caso, Consigliere, Estensore
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L'ESTENSORE
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IL PRESIDENTE
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 10/05/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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