TRIBUTARIO:
riparto di giurisdizione tra A.G.O. e A.G.T.
in materia di lite temeraria
(Cass. civ., Sez. Un., sentenza 3 giugno 2013 n. 13899)
Massima
Sussiste la
giurisdizione del giudice tributario per l'azione ex art. 96 c.p.c. promossa
dal contribuente a causa dell'esercizio, da parte dell'Amministrazione
finanziaria, di una pretesa impositiva "temeraria", cioè derivata da
mala fede o colpa grave.
Sentenza per esteso
FATTO
1. I.U.S. propone
istanza di regolamento della giurisdizione in pendenza del giudizio da lui
promosso dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Roma avverso la
cartella di pagamento notificatagli nel 2011 in qualità di coobbligato della
SIAR s.r.l., fallita, per omessi versamenti, per un importo totale di Euro
60773,09, di ritenute operate dalla società, risultanti a seguito del controllo
delle dichiarazioni presentate dallo I. in veste di curatore fallimentare.
Il ricorrente non
contestava la legittimità dell'iscrizione a ruolo del debito nei confronti
della società, ma unicamente il proprio difetto di legittimazione passiva,
essendo subentrato al legale rappresentante della società fallita, al quale si
era surrogato negli obblighi dichiarativi e certificativi, che avevano la sola
funzione strumentale di agevolare l'accertamento del credito erariale e di
ottenere l'ammissione al passivo del corrispondente importo non versato.
Oltre alla domanda
principale di annullamento della cartella esattoriale per la ragione anzidetta,
lo I. chiedeva anche la condanna delle intimate Agenzia delle entrate ed
Equitalia Gerit s.p.a. al "risarcimento del danno per lite temeraria, ex
art. 96 c.p.c., nel caso in cui insistano per la reiezione del ricorso",
nonchè, "in ogni caso", al "risarcimento del danno patito dal
contribuente", da liquidarsi in via equitativa, a titolo di ingiusta
perdita di tempo, sottratto alla propria attività professionale, di accollo di
spese per spostamenti ed impiego di collaboratori e per la difesa tecnica, di
stress e tensioni anche in ambito familiare.
2. Con il presente
ricorso, lo I. chiede che su tutte le domande proposte, comprese, quindi,
quelle di risarcimento dei danni derivanti dall'illegittima iscrizione a ruolo
e consequenziale notifica della cartella di pagamento, sia dichiarata la
giurisdizione del giudice tributario.
3. L'Agenzia delle
entrate resiste con controricorso, osservando che la domanda risarcitoria va
ricondotta nell'alveo dell'art. 96 c.p.c., con riconoscimento della
giurisdizione del giudice tributario.
Diritto
1. Il ricorrente
sostiene che il giudice tributario può sindacare la responsabilità discendente
dal comportamento gravemente negligente ed imprudente dell'Agenzia delle
entrate e dell'agente della riscossione, valutabile in sede processuale ai
sensi dell'art. 96 c.p.c..
Aggiunge che la
giurisdizione esclusiva del giudice tributario va riconosciuta per attrazione,
anche nella materia, accessoria e connessa, relativa al ristoro dei danni
extracontrattuali per illeciti compiuti dall'amministrazione finanziaria o
dall'agente di riscossione per l'adozione di atti tributari illegittimi, anche
in applicazione del principio di concentrazione e di effettività della tutela
del danneggiato, che tende ad evitare la frammentazione, in più giudizi, delle
pretese comunque azionabili in un unico contesto, senza che ciò possa snaturare
le competenze delle commissioni tributarie.
2. La giurisdizione
va regolata con l'attribuzione alla competenza del giudice tributario anche
delle domande risarcitorie proposte dal ricorrente.
Questa Corte ha
recentemente affermato il principio secondo il quale la controversia avente ad
oggetto, in via principale, una domanda di rimborso d'imposta (nella specie,
ritenute IRPEF sulle somme erogate per incentivo all'esodo D.P.R. n. 917 del
1986, ex art. 17, comma 4 bis) e, in via subordinata, una domanda di
risarcimento del danno per mancato adeguamento della legge interna alla normativa
comunitaria (nella specie, per illegittimità del regime dell'incentivo
dichiarata dalla Corte di giustizia dell'Unione Europea) appartiene alla
giurisdizione del giudice tributario per la sola domanda principale, mentre
appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario per la domanda risarcitoria
(avente in realtà natura alternativa - più che subordinata - alla principale),
essendo essa del tutto autonoma ed avulsa dal rapporto tributario ed estranea
agli "accessori" del tributo, ai quali il D.Lgs. n. 546 del 1992,
art. 2, estende la cognizione del giudice speciale (Cass., Sez. un., n. 20323
del 2012).
Ma la questione ora
in esame presenta caratteristiche peculiari, che ne escludono l'assimilabilità
a quella anzidetta.
Le pretese
risarcitorie avanzate dallo I., infatti, pur non avendo neanch'esse ad oggetto
"accessori" del tributo, di cui al citato D.Lgs. n. 546 del 1992,
art. 2, (per tali dovendosi intendere gli aggi dovuti all'esattore, le spese di
notifica, gli interessi moratori, il maggior danno da svalutazione monetaria:
cfr. sent. n. 20323 del 2012, cit., e i precedenti ivi menzionati), presentano
tuttavia un diretto ed immediato nesso causale con l'atto tributario impugnato
ed uno stretto collegamento con il rapporto tributario, il quale non è esaurito,
ma, anzi, costituisce l'oggetto del giudizio (sia pure limitatamente al
riscontro della consistenza della pretesa fatta valere con l'atto medesimo: da
ult. Cass. n. 4145 del 2013).
Ne consegue che le
domande risarcitorie in esame vanno ricondotte a pieno titolo nell'ambito
applicativo dell'art. 96 c.p.c., in tema di responsabilità processuale
aggravata, il quale: a) è applicabile al processo tributario, in virtù del
generale rinvio di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 1, comma 2; b) regola
tutti i casi di responsabilità risarcitoria per atti o comportamenti
processuali, ponendosi con carattere di specialità rispetto all'art. 2043 c.c.,
senza che sia configurabile un concorso, anche alternativo, tra i due tipi di
responsabilità (tra le altre, Cass. n. 28226 del 2008 e n. 5069 del 2010); c)
non detta tanto una regola sulla competenza, ma disciplina piuttosto un
fenomeno endoprocessuale, prevedendo che la domanda è proponibile solo nello
stesso giudizio dal cui esito si deduce l'insorgenza della detta responsabilità,
non solo perchè nessun giudice può giudicare la temerarietà processuale meglio
di quello stesso che decide sulla domanda che si assume, per l'appunto,
temeraria, ma anche e soprattutto perchè la valutazione del presupposto della
responsabilità processuale è così strettamente collegata con la decisione di
merito da comportare la possibilità, ove fosse separatamente condotta, di un
contrasto pratico di giudicati (Cass. nn. 9297 e 12952 del 2007, 18344 e 26004
del 2010).
Ciò vale, ovviamente,
per tutte le ipotesi disciplinate dall'art. 96 c.p.c., ed in particolare anche
per quella prevista dal terzo comma (introdotto dalla L. 18 giugno 2009, n. 69,
art. 45, comma 12, ed applicabile nella fattispecie ratione temporis), secondo
il quale "in ogni caso, quando pronuncia sulle spese ai sensi dell'art.
91, il giudice, anche d'ufficio, può altresì condannare la parte soccombente al
pagamento, a favore della controparte, di una somma equitativamente
determinata".
Tale ampia previsione
consente al giudice (quand'anche dovesse ritenersi che ciò non rientri già
nella portata applicativa del medesimo art. 96, comma 1) di liquidare in favore
del contribuente vittorioso una somma, in via equitativa, a titolo di
risarcimento dei danni patiti a causa dell'esercizio, da parte
dell'Amministrazione finanziaria, di una pretesa impositiva
"temeraria", cioè derivata da mala fede o colpa grave (cfr. Cass. n.
21570 del 2012), con conseguente necessità da parte del contribuente di adire
il giudice tributario, dovendosi, infatti, intendere in senso estensivo il
concetto di "responsabilità processuale", comprensivo anche, cioè,
della fase amministrativa che, qualora ricorrano i predetti requisiti, ha dato
luogo alla esigenza di instaurare un processo "ingiusto".
3. In conclusione, va
dichiarata la giurisdizione del giudice tributario.
4. La novità e la
peculiarità della questione inducono a disporre la compensazione delle spese
del giudizio.
P.Q.M.
La Corte, a sezioni
unite, dichiara la giurisdizione del giudice tributario e compensa le spese.
Così deciso in Roma,
il 26 febbraio 2013.
Depositato in
Cancelleria il 3 giugno 2013
Nessun commento:
Posta un commento