ELEZIONI:
il "favor voti" in materia elettorale
(Cons. St., Sez. V, sentenza 3 luglio 2013 n. 3570)
Massima
1. Non è condivisibile la tesi per cui la scheda che contenga una piccolo croce segno sul simbolo della lista “X” (che il primo giudice, sostiene trattarsi di una “g” minuscola ed una “V” maiuscola) sarebbe o ambigua o costituirebbe segno di riconoscimento dell’elettore, sostanzialmente una sigla.
Il segno in questione per quanto di limitate dimensioni è un crocesegno ed ha quindi la forma più usuale di espressione del voto, e le deviazioni ed arricciature che connotano lo stesso sono agevolmente spiegabili con le conseguenze di un’incapacità fisica dell’elettore a mantenere salda la propria mano.
2. Trova quindi applicazione, nella specie, il principio del “favor voti” che impone di interpretare, per quanto possibile, l’espressione della volontà dell’elettore in termini tali da assicurarne la validità.
In termini C. di S., V,18 gennaio 2006, n. 109: ai sensi dell'art. 64 comma secondo n. 2 del T.U. 16 maggio 1960, n. 570, è nullo il voto elettorale espresso con incertezze grafiche o collocazioni di nomi o segni in spazi diversi da quelli a ciò riservati che siano tali da denotare una precisa volontà dell'elettore di ricondurre alla sua persona la manifestazione del voto e costituire in tal modo un segno di riconoscimento, con l'avvertenza che tale volontà deve essere interpretata in senso oggettivo, ossia nel senso che le scritte e i segni devono risultare estranei al contenuto proprio della scheda e alle modalità con cui l'elettore esprime normalmente il suo voto.
Sentenza per esteso
Il
Consiglio di Stato
in
sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello numero di registro
generale 733 del 2013, proposto da:
Giovanni Giuseppe Caimi, Simona Buraschi, Bruno Barbieri, Marcello Proserpio, Chiara Tagliabue, Massimo Ambrogio Nava, Anna Costa, Paolo Denis Moretto, Sergio Venier, rappresentati e difesi dall'avvocato Saverio Sticchi Damiani, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Bocca di Leone n. 78;
Giovanni Giuseppe Caimi, Simona Buraschi, Bruno Barbieri, Marcello Proserpio, Chiara Tagliabue, Massimo Ambrogio Nava, Anna Costa, Paolo Denis Moretto, Sergio Venier, rappresentati e difesi dall'avvocato Saverio Sticchi Damiani, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Bocca di Leone n. 78;
contro
Comune di Meda in persona del Sindaco in
carica ed Ufficio centrale elettorale presso il Comune di Meda in persona del
legale rappresentante, non costituiti in questo grado del giudizio;
Luca Santambrogio, Mirco Busnelli, Wilma De Pieri, Angelo Fausto Valtotta, Alberto Angelo Colombo e Roberto Cassina, non costituiti in questo grado del giudizio;
Ministero dell'interno, Ufficio territoriale di Governo - Prefettura di Milano, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato per legge presso i suoi uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
Giorgio Fiorenzo Taveggia, rappresentato e difeso dagli avvocati Joseph Brigandì e Guido Francesco Romanelli, con domicilio eletto presso l’avvocato Guido Francesco Romanelli in Roma, via Cosseria n. 5;
Luca Santambrogio, Mirco Busnelli, Wilma De Pieri, Angelo Fausto Valtotta, Alberto Angelo Colombo e Roberto Cassina, non costituiti in questo grado del giudizio;
Ministero dell'interno, Ufficio territoriale di Governo - Prefettura di Milano, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato per legge presso i suoi uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
Giorgio Fiorenzo Taveggia, rappresentato e difeso dagli avvocati Joseph Brigandì e Guido Francesco Romanelli, con domicilio eletto presso l’avvocato Guido Francesco Romanelli in Roma, via Cosseria n. 5;
per
la riforma
della sentenza del Tribunale
amministrativo della Lombardia, sede di Milano, Sezione IV, n. 03051/2012, e
del dispositivo di sentenza del Tribunale amministrativo della Lombardia, sede
di Milano, Sezione IV, n. 02927/2012, resi tra le parti, concernenti operazioni
elettorali maggio 2012 per il rinnovo dell'amministrazione del comune di Meda
Visti il ricorso in appello ed i relativi
allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio
di Ministero dell'Interno e di U.T.G. - Prefettura di Milano e di Giorgio
Fiorenzo Taveggia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno
4 giugno 2013 il Cons. Manfredo Atzeni e uditi per le parti nelle preliminari
gli avvocati Caselli, avvocato dello Stato, per Santoro, avvocato dello Stato,
ed Ugoccioni per Romanelli ed in discussione gli avvocati Sticchi Damiani,
Caselli per Santoro, Ugoccioni per Romanelli;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto
quanto segue.
FATTO
e DIRITTO
1. Con ricorso al Tribunale amministrativo
della Lombardia, sede di Milano, rubricato al n. 1400/12, il signor Giorgio
Fiorenzo Taveggia impugnava le operazioni attinenti al 2° turno delle elezioni
svoltesi nel maggio 2012 per il rinnovo dell’Amministrazione Comunale di Meda
concluse con l’attribuzione di 3867 voti in favore del candidato sindaco signor
Giovanni Giuseppe Caimi e di 3866 in favore del candidato sindaco signor
Giorgio Fiorenzo Taveggia, e la conseguente proclamazione del signor Caimi come
Sindaco di Meda e l’attribuzione del 60% dei seggi in favore della sua
coalizione.
Il signor Taveggia, candidato Sindaco n. 1
per le liste collegate n.10 “Progetto Meda Città Ideale” e n. 11 “Lega Nord”
nel secondo turno elettorale (di ballottaggio) assumeva che le impugnate
operazioni elettorali sarebbero illegittime sotto più profili e, in
particolare, a causa – fondamentalmente- del fatto che sarebbero state
annullate in suo danno due schede elettorali contenenti validi voti per esso
istante: voti, questi, che, ove assegnati, avrebbero determinato la
proclamazione a sindaco di esso sig. Taveggia e l’attribuzione del 60% dei
seggi del nuovo Consiglio Comunale a candidati della coalizione di cui risulta
aver fatto parte.
Ciò premesso, il ricorrente candidato
sindaco sig. Taveggia chiedeva che venisse accertata e dichiarata l’assunta
illegittimità delle gravate operazioni elettorali nella parte sopra indicata e,
previo riscontro degli ulteriori voti da lui realmente conseguiti, i medesimi
venissero a lui riconosciuti ed attribuiti, con conseguente modifica dell’atto
di proclamazione del Sindaco nonché dei consiglieri eletti e delle graduatorie
dei non eletti.
Si costituivano in giudizio i signori
Giovanni Giuseppe Caimi, Simona Buraschi, Bruno Barbieri, Marcello Proserpio,
Chiara Tagliabue, Massimo Ambrogio Nava, Anna Costa, Paolo Denis Moretto e
Sergio Venier chiedendo il rigetto del ricorso e proponendo ricorso
incidentale.
Con la sentenza in epigrafe, n. 3051 in
data 14 dicembre 2012, il Tribunale amministrativo della Lombardia, sede di
Milano, Sezione IV, respingeva il ricorso incidentale ed accoglieva il ricorso
principale per l’effetto togliendo due voti di preferenza al candidato Caimi ed
attribuendo due voti di preferenza al candidato Taveggia; conseguentemente al
primo veniva assegnato un complessivo numero di 3.865 preferenze ed al secondo
(ricorrente principale) veniva assegnato un complessivo numero di 3.868 preferenze.
In ulteriore conseguenza il Tribunale
rettificava il verbale dell’Ufficio Centrale Elettorale sia quanto alla
proclamazione del Sindaco eletto, sia quanto all’attribuzione del premio di
maggioranza alle liste della coalizione collegate al candidato Sindaco che è
risultato aver conseguito più preferenze e sia, infine, quanto alla
individuazione dei candidati eletti al Consiglio Comunale ed alle graduatorie
di quelli non eletti.
Pertanto:
1) alla coalizione collegata al Sindaco
proclamato eletto sig. Taveggia venivano attribuiti 10 seggi di cui 8 per la
lista Lega Nord e 2 per la lista Progetto Meda Città Ideale;
2) alla coalizione collegata al Sindaco
non eletto sig. Caimi venivano attribuiti 2 seggi, il primo dei quali a tale
candidato Sindaco;
3) alle coalizioni non collegate ad uno
dei candidati sindaci ammessi al turno di ballottaggio venivano attribuiti:
- 1 seggio alla coalizione U.D.C. e Meda
Per Tutti;
- 1 seggio alla lista Con Buraschi Per
Meda;
- 2 seggi alla coalizione Rinnovamento,
Meda Da Vivere, P.D.L., La Destra.
Il Tribunale amministrativo affidava
quindi alla Prefettura di Monza e Brianza gli ulteriori incombenti conseguenti
alla pronuncia.
2. Avverso la predetta sentenza i signori
Giovanni Giuseppe Caimi, Simona Buraschi, Bruno Barbieri, Marcello Proserpio,
Chiara Tagliabue, Massimo Ambrogio Nava, Anna Costa, Paolo Denis Moretto e
Sergio Venier propongono il ricorso in appello in epigrafe, rubricato al n.
733/13, contestando gli argomenti che ne costituiscono il presupposto e
chiedendo la sua riforma ed il rigetto del ricorso di primo grado previo,
eventualmente, accoglimento del ricorso incidentale proposto in primo grado.
Si è costituito in giudizio il signor
Giorgio Fiorenzo Taveggia chiedendo il rigetto dell’appello.
Si è costituito in giudizio il Ministero
dell’interno chiedendo la propria estromissione dal giudizio ovvero la
declaratoria del proprio difetto di legittimazione passiva.
Le parti hanno scambiato memorie.
La causa è stata chiamata in decisione
alla pubblica udienza del 4 giugno 2013.
3. Deve preliminarmente essere estromesso
dal giudizio il Ministero dell’interno, legittimato a contraddire
esclusivamente in ordine alle fasi preliminari del procedimento elettorale per
il rinnovo degli organi degli enti locali, non in relazione ai suoi risultati
(C. di S., V, 21 dicembre 2012, n. 6607, qui richiamata ai sensi dell’art. 88
primo comma lett. d) c.p.a.).
L’appello è fondato nel merito.
In esito alle operazioni elettorali di
ballottaggio per l’elezione del sindaco ed il rinnovo del consiglio comunale di
Meda l’odierno appellante è stata dichiarato vincitore con un voto di scarto
sull’appellato, ricorrente in primo grado.
Il TAR ha corretto il risultato elettorale
attribuendo due voti in più al ricorrente, odierno appellato, e due in meno
all’appellante conseguentemente dichiarando eletto l’appellato con un vantaggio
di tre voti.
La sentenza appellata non è condivisibile
in alcuni punti, decisivi per stabilire l’esito del giudizio, e deve essere
riformata.
3a. Devono essere condivise le
osservazioni dell’appellante nella parte in cui contesta la sentenza di primo
grado nella parte relativa al rigetto del ricorso incidentale per quanto
concerne la sezione n. 12.
L’odierno appellante reclama due voti, non
attribuiti in quella sezione.
Il primo giudice ha dichiarato
“inaccoglibile” la censura (non è chiaro se con tale espressione venga
riassunta una pronuncia di rito o nel merito) avendo considerato decisivo il
fatto che l’appellante ha ricompreso le schede in questione fra quelle annullate,
mentre la sezione le ha catalogate fra quelle contestate e non attribuite.
Tale impostazione non è condivisibile.
Deve invece essere condivisa
l’impostazione dell’appellante, il quale rileva come nulla cambi, quanto
all’attribuzione del voto, a seconda che le schede siano qualificate nulle
ovvero contestate e non attribuite.
L’eventuale imprecisione della
terminologia usata dall’appellante risulta quindi del tutto irrilevante.
Deve pertanto essere affermato che il TAR
ha errato nell’omettere l’esame della doglianza.
Il primo giudice ha respinto la censura
proposta dall’odierno appellante ed accolto quella proposta dall’appellato.
Tale impostazione non è condivisibile.
3b1. Invero, la scheda che il primo
giudice ha considerato attribuibile in favore dell’odierno appellato è
palesemente ambigua in quanto il segno non è assolutamente assimilabile ad un
crocesegno.
Di conseguenza, il voto rimane ambiguo in
quanto la particolarità del segno grafico non consente di comprendere se
l’elettore abbia voluto esprimere la sua preferenza per l’appellato ovvero se
costituisca espressione di sfavore, costituita da una sorta di cancellatura di
quel candidato.
Lo stesso non poteva quindi essere
attribuito all’odierno appellato.
3b2. La scheda reclamata dall’odierno
appellante contiene un piccolo croce segno sul simbolo della lista “PD” che
l’appellato, il cui ragionamento è stato condiviso dal primo giudice, sostiene
trattarsi di una “g” minuscola ed una “V” maiuscola, per cui il segno o è
ambiguo o costituisce segno di riconoscimento dell’elettore, sostanzialmente
una sigla.
La tesi non è condivisibile.
Il segno in questione per quanto di
limitate dimensioni è un crocesegno ed ha quindi la forma più usuale di
espressione del voto, e le deviazioni ed arricciature che connotano lo stesso
sono agevolmente spiegabili con le conseguenze di un’incapacità fisica
dell’elettore a mantenere salda la propria mano.
Trova quindi applicazione, nella specie,
il principio del “favor voti” che impone di interpretare, per quanto
possibile, l’espressione della volontà dell’elettore in termini tali da
assicurarne la validità (in termini C. di S., V,18 gennaio 2006, n. 109: ai
sensi dell'art. 64 comma secondo n. 2 del T.U. 16 maggio 1960, n. 570, è nullo
il voto elettorale espresso con incertezze grafiche o collocazioni di nomi o
segni in spazi diversi da quelli a ciò riservati che siano tali da denotare una
precisa volontà dell'elettore di ricondurre alla sua persona la manifestazione
del voto e costituire in tal modo un segno di riconoscimento, con l'avvertenza
che tale volontà deve essere interpretata in senso oggettivo, ossia nel senso
che le scritte e i segni devono risultare estranei al contenuto proprio della
scheda e alle modalità con cui l'elettore esprime normalmente il suo voto).
La scheda deve quindi essere attribuita in
favore dell’odierno appellante.
3b3. Di conseguenza, la conclusione
consacrata nella sentenza appellata deve essere corretta, sottraendo un voto
all’appellato ed aggiungendone uno all’appellante.
4. In conclusione quanto fino ad ora
osservato rende inutile la disamina degli ulteriori profili d’appello ed impone
di sottrarre un voto alla cifra elettorale attribuita dal primo giudice all’odierno
appellato ed alla sua coalizione, che rimane fissata in 3867 voti; la cifra
elettorale attribuita dal primo giudice all’odierno appellante ed alla sua
coalizione deve invece essere aumentata di tre voti e quindi fissata in 3868
voti, uno in più dell’altra.
Di conseguenza, l’appello deve essere
accolto e, in riforma della sentenza gravata, accolto in parte, nei termini di
cui in motivazione, il ricorso incidentale di primo grado e respinto il ricorso
principale di primo grado.
Le spese di entrambi i gradi del giudizio
devono essere compensate fra tutte le parti costituite in ragione della
complessità della controversia.
P.Q.M.
il Consiglio di Stato in sede
giurisdizionale (Sezione Quinta) definitivamente pronunciando sull'appello n.
733/13, come in epigrafe proposto, lo accoglie, nei termini di cui in
motivazione e, per l'effetto, in riforma della sentenza gravata accoglie in
parte il ricorso incidentale e respinge il ricorso principale di primo grado.
Compensa integralmente spese ed onorari
del giudizio fra tutte le parti costituite.
Ordina che la presente sentenza sia
eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di
consiglio del giorno 4 giugno 2013 con l'intervento dei magistrati:
Francesco Caringella, Presidente FF
Manfredo Atzeni, Consigliere, Estensore
Paolo Giovanni Nicolo' Lotti, Consigliere
Doris Durante, Consigliere
Antonio Bianchi, Consigliere
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L'ESTENSORE
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IL PRESIDENTE
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DEPOSITATA
IN SEGRETERIA
Il
03/07/2013
IL
SEGRETARIO
(Art.
89, co. 3, cod. proc. amm.)
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