PUBBLICO IMPIEGO:
i servizi segreti rappresentano
il massimo della specialità
in materia di Pubblico Impiego
(Cons. St., Sez, II,
sentenza 4 ottobre 2013 n. 4909).
(stemmi dell'AISI e dell'AISE tratti da Wikipedia)
Massima
1. In
generale, il rapporto di lavoro alle dipendenze della P.A. (latamente intesa)
non è riconducibile ad un modello unico.
La presenza di “deroghe”, rispetto alla disciplina
generale del pubblico impiego, non può essere di per sé ritenuta costituire una
violazione dei principi costituzionali di eguaglianza e di imparzialità e buon
andamento (artt. 3 e 97 Cost.).
Ne consegue che l’esercizio della discrezionalità da
parte dell’amministrazione (ed il conseguente sindacato giurisdizionale del
giudice, nei limiti in cui questo è consentito) deve tenere senz’altro conto
della particolarità e delicatezza delle funzioni.
2. L'ordinamento
del personale degli organismi di informazione per la sicurezza della Repubblica
(AISE ed AISI, a seguito della riforma del 2007) rappresenta
il massimo di specialità nell’ambito del rapporto di pubblico impiego, come
è non solo intuitivamente desumibile dalla stessa evidenza del settore di
riferimento, ma anche e soprattutto dal regime di eccezionalità e di “deroghe”
alla disciplina generale (anche penale).
La natura eccezionale delle funzioni svolte dagli
appartenenti agli organismi di informazione, il fatto che le stesse afferiscono
alla indipendenza e sicurezza della stessa Repubblica, alla tutela dei suoi
principi democratici, al conseguente mantenimento delle garanzie costituzionali
per i cittadini, non può che costituire, per un verso, fondamento di una lata
discrezionalità nelle previsioni di organizzazione dei servizi, anche con
riferimento allo status giuridico ed economico dei soggetti ad essi
appartenenti.
Il rapporto alle dipendenze dei Servizi è quindi un rapporto
di natura fiduciaria e di carattere precario, cui si correla un
potere ampiamente discrezionale riconosciuto all’amministrazione sin dalla
genesi del rapporto e per tutto il suo svolgimento, ivi comprese le
fasi inerenti l’instaurazione, l’avanzamento nelle qualifiche, l’attribuzione
degli incarichi e la sua cessazione, in quanto strumentale alle preminenti
esigenze connesse alla delicata funzione istituzionale dei servizi in esame.
Ai vertici dei Servizi è attribuita poi un'ampia
discrezionalità da ancorare ai profili di professionalità dimostrati ed alle
esigenze di servizio ai fini di un più efficace e razionale utilizzo delle
risorse umane” e si configurano come “altamente discrezionali anche i
provvedimenti adottati in costanza di rapporto, quali le promozioni,
l’assegnazione di incarichi e la destinazione alle sedi di servizio.
3. Per
altro verso, costituisce un contro-limite ossia un parametro interpretativo delle disposizioni
concretamente adottate, potendosi le stesse ritenere illegittime nella misura
in cui risultino violative di fondamentali diritti dell’uomo e di garanzie
costituzionali inalienabili, ovvero appaiono di totale irragionevolezza.
Sentenza per esteso
INTESTAZIONE
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7707 del 2011,
proposto da:
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avv. Antonio Palma, con domicilio eletto presso Antonio Palma in Roma, via Ennio Quirino Visconti, 99;
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avv. Antonio Palma, con domicilio eletto presso Antonio Palma in Roma, via Ennio Quirino Visconti, 99;
contro
Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero della
Difesa, Ministero dell’Interno, SISMI, rappresentati e difesi per legge
dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi,
12;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE I n.
02407/2011, resa tra le parti, concernente diniego avanzamento
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di
Presidenza del Consiglio dei Ministri , di Ministero della Difesa, SISMI e di
Ministero dell'Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 dicembre
2012 il Cons. Oberdan Forlenza e uditi per le parti gli avvocati Francesco
Casertano in sostituzione di Antonio Palma e Giustina Noviello (avv.St.);
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto
segue.
FATTO
1. Con l’appello in esame, il ricorrente, proveniente
dalla Polizia di Stato e presente nell’organico del SISMI con il grado di
Direttore di sezione, impugna la sentenza 21 marzo 2011 n. 2407, con la quale
il TAR per il Lazio, sez. I, ha rigettato il suo ricorso proposto avverso gli
atti di diniego su proprie istanze tese ad ottenere un avanzamento nella
qualifica.
La sentenza appellata afferma, in particolare:
- la normativa in materia di Servizi di informazione e
di sicurezza (in primis, l. n. 801/1977), di carattere speciale,
“inequivocabilmente caratterizza il rapporto alle dipendenze dei Servizi . . .
quale rapporto di natura fiduciaria e di carattere precario, cui si correla un
potere ampiamente discrezionale riconosciuto all’amministrazione sin dalla genesi
del rapporto e per tutto il suo svolgimento, ivi comprese le fasi inerenti
l’instaurazione, l’avanzamento nelle qualifiche, l’attribuzione degli incarichi
e la sua cessazione, in quanto strumentale alle preminenti esigenze connesse
alla delicata funzione istituzionale dei servizi”;
- “l’ampia latitudine della discrezionalità attribuita
ai Servizi nella gestione del personale, modulata in relazione alle esigenze
organizzative ed operative ed al carattere fiduciario del rapporto con il
personale dipendente, rende contezza delle ragioni per le quali nessuna
aspettativa di avanzamento in carriera possono vantare i dipendenti, a
differenza di quanto avviene nell’ambito del pubblico impiego, non esistendo
alcun diritto alla carriera normativamente disciplinato, e ciò sia in ragione
del ricordato carattere fiduciario del rapporto che della atipica
organizzazione dei Servizi”;
- da quanto esposto consegue che ai vertici dei
Servizi è “attribuita ampia discrezionalità da ancorare ai profili di
professionalità dimostrati ed alle esigenze di servizio ai fini di un più
efficace e razionale utilizzo delle risorse umane” e si configurano come
“altamente discrezionali anche i provvedimenti adottati in costanza di
rapporto, quali le promozioni, l’assegnazione di incarichi e la destinazione
alle sedi di servizio”;
- inoltre, nel caso di specie, il ricorrente non è mai
“risultato destinatario di proposte di avanzamento da parte dei vari Capi
Struttura che si sono succeduti nel tempo”.
Avverso tale decisione vengono proposti i seguenti
motivi di appello (pagg. 4 – 16 ricorso):
error in iudicando; violazione e falsa applicazione l.
n. 801/1971, DPCM n. 7/1980 e n. 8/1980; violazione e falsa applicazione artt.
1 e 3 l. n. 241/1990; art. 97 Cost.; violazione e falsa applicazione della
Direttiva del Direttore del Servizio del 8 giugno 1992 e delle procedure e dei
criteri approvati dal Presidente del Consiglio dei Ministri; ciò in quanto:
a) in base alla sentenza impugnata, verrebbe meno
“qualsivoglia garanzia per il lavoratore, venendo così disapplicate le
disposizioni che regolano lo status dei dipendenti pubblici e le più banali
regole di partecipazione democratica all’esercizio della funzione
amministrativa”;
b) inoltre, lo stesso DPCM n. 8/1980 “prevede una
sequenza procedimentale per la collocazione funzionale e la attribuzione della
qualifica del personale dirigente che sottrae all’organo politico una
attribuzione di scelta esclusiva”, condizionando l’esercizio del potere alla
designazione proveniente dall’organo tecnico e precisamente dal Direttore del
Servizio competente;
c) quest’ultimo “non ha nella designazione un potere
assoluto e arbitrario, ma un potere discrezionale, che deve essere esercitato
alla stregua dei principi generali dell’azione amministrativa, il che impone
l’effettiva valutazione di tutti i soggetti aspiranti e comunque una seria
valutazione dell’aspirante che abbia fatto richiesta di attribuzione di
incarico e qualifica superiore”;
d) non è stata rispettato l’iter procedimentale
previsto dalla Direttiva del Direttore del Servizio del 8 giugno 1992, in
relazione alla sequenza procedimentale, alla acquisizione delle considerazioni
del capo struttura, quanto alla valutazione degli elementi rilevanti e
conferenti, risultando “elusi proprio i principi e le regole costituzionali,
risultando trasformata una potestà discrezionale in puro arbitrio”; in
definitiva, oltre alle disposizioni della direttiva citata, risultano violati
“anche il limite esterno e il limite interno della discrezionalità tecnica”;
e) inoltre, “la mancanza della proposta non è indice
della incandidabilità”, né in passato è stata richiesta la proposta del capo
struttura;
f) nel caso di specie, risultano violati i principi e
i criteri di azione della P.A., stabiliti dall’art. 97 Cost..
Si sono costituiti in giudizio la Presidenza del
Consiglio dei Ministri, i Ministeri della Difesa e dell’Interno, nonché il
SISMI.
All’udienza di trattazione, la causa è stata riservata
in decisione.
DIRITTO
2. L’appello è infondato e deve essere, pertanto,
respinto, con conseguente conferma della sentenza impugnata.
In materia di ordinamento dei Servizi di Informazione
e di Sicurezza (e di rapporto di lavoro con i medesimi) questo Consiglio di
Stato ha già avuto condivisibilmente modo di osservare (Cons. Stato, sez. IV,
10 luglio 2013 n. 3684, medio tempore pubblicata):
“il caso di specie (ordinamento del personale degli
organismi di informazione per la sicurezza della Repubblica) rappresenta il
massimo di specialità nell’ambito del rapporto di pubblico impiego, come è non
solo intuitivamente desumibile dalla stessa evidenza del settore di
riferimento, ma anche e soprattutto dal regime di eccezionalità e di “deroghe”
alla disciplina generale (anche penale). . .
Né la presenza di “deroghe”, rispetto alla disciplina
generale del pubblico impiego, può essere di per sé ritenuta costituire una
violazione dei principi costituzionali di eguaglianza e di imparzialità e buon
andamento (artt. 3 e 97 Cost.).
Come questo Consiglio di Stato ha già avuto modo di
affermare (Cons. Stato, sez. IV, 29 settembre 2011 n. 5411), “la non
riconducibilità del rapporto di lavoro alle dipendenze della Pubblica amministrazione
(latamente intesa) ad un modello unico (di modo che possono aversi valutazioni
differenti di un medesimo episodio in ragione di impieghi diversi), è già
desumibile dalla stessa Costituzione, laddove, all’art. 98, comma terzo,
prevede che, per determinaste categorie di pubblici dipendenti . . . possano
essere disposte limitazioni finanche all’esercizio dei diritti politici (nella
specie, iscrizioni ai partiti), purchè con legge ed in evidente considerazione
della specificità e delicatezza delle loro funzioni”.
Ne consegue che “l’esercizio della discrezionalità da
parte dell’amministrazione (ed il conseguente sindacato giurisdizionale del
giudice, nei limiti in cui questo è consentito) deve tenere senz’altro conto
della particolarità e delicatezza delle funzioni” che il candidato (ove
risultante vincitore del concorso), nel caso considerato dalla sentenza citata,
o il dipendente dovrà o deve svolgere”.
Da quanto esposto, consegue che “la natura eccezionale
delle funzioni svolte dagli appartenenti agli organismi di informazione, il
fatto che le stesse afferiscono alla indipendenza e sicurezza della stessa
Repubblica, alla tutela dei suoi principi democratici, al conseguente
mantenimento delle garanzie costituzionali per i cittadini, non può che costituire,
per un verso, fondamento di una lata discrezionalità nelle previsioni di
organizzazione dei servizi, anche con riferimento allo status giuridico ed
economico dei soggetti ad essi appartenenti; per altro verso, costituisce
parametro interpretativo delle disposizioni concretamente adottate, potendosi
le stesse ritenere illegittime nella misura in cui risultino violative di
fondamentali diritti dell’uomo e di garanzie costituzionali inalienabili,
ovvero appaiono di totale irragionevolezza”.
3. Nel caso di specie, la sentenza impugnata ha
fondato la reiezione del ricorso instaurativo del giudizio di I grado
sostenendo, in sostanza:
- per un verso, che il rapporto alle dipendenze dei
Servizi è “rapporto di natura fiduciaria e di carattere precario, cui si
correla un potere ampiamente discrezionale riconosciuto all’amministrazione sin
dalla genesi del rapporto e per tutto il suo svolgimento, ivi comprese le fasi
inerenti l’instaurazione, l’avanzamento nelle qualifiche, l’attribuzione degli
incarichi e la sua cessazione, in quanto strumentale alle preminenti esigenze
connesse alla delicata funzione istituzionale dei servizi”;
- per altro verso, che ai vertici dei Servizi è
“attribuita ampia discrezionalità da ancorare ai profili di professionalità
dimostrati ed alle esigenze di servizio ai fini di un più efficace e razionale
utilizzo delle risorse umane” e si configurano come “altamente discrezionali
anche i provvedimenti adottati in costanza di rapporto, quali le promozioni,
l’assegnazione di incarichi e la destinazione alle sedi di servizio”.
Tali considerazioni del giudice di I grado trovano
riscontro nella configurazione del rapporto di lavoro alle dipendenze dei
Servizi, che questo Consiglio di Stato ha già reso con la giurisprudenza citata
e che qui si intende ribadita.
Occorre ancora aggiungere:
- per un verso, che la presentazione di una domanda
volta al conseguimento di una superiore qualifica non ingenera ex se un obbligo
in capo alla Amministrazione dei Servizi di considerare la medesima, né di
fornire particolare motivazione in ordine alle ragioni della sua mancata
considerazione o reiezione; di modo che risulta infondata la doglianza di
pretermissione della valutazione degli aspiranti (pag. 13 app.);
- per altro verso, che eventuali regole procedimentali
indicano scansioni dell’esercizio di un potere discrezionale amplissimo (non
equiparabile a quello pur esercitato nell’ambito di altre categorie di
personale pubblico con rapporto “fiduciario”), ma non già regole cogenti la cui
mancata osservanza comporta la sussistenza del vizio di violazione di legge. E
ciò è sorretto anche dalla considerazione – condivisa dallo stesso appellante –
che nell’ambito dei Servizi non sussiste un “obbligo di bandire una selezione”
(pag. 14 app.).
Per tutte le ragioni sin qui esposte, l’appello deve
essere rigettato, con conseguente conferma della sentenza impugnata.
Stante la natura delle questioni trattate, sussistono
giusti motivi per compensare tra le parti spese, diritti ed onorari di
giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione
Quarta)
definitivamente pronunciando sull’appello n. 7707/2011
r.g., lo rigetta e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.
Compensa tra le parti spese, diritti ed onorari di
giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita
dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del
giorno 4 dicembre 2012 con l'intervento dei magistrati:
Gaetano Trotta, Presidente
Raffaele Greco, Consigliere
Fabio Taormina, Consigliere
Umberto Realfonzo, Consigliere
Oberdan Forlenza, Consigliere, Estensore
|
||
|
||
L'ESTENSORE
|
IL PRESIDENTE
|
|
|
||
|
||
|
||
|
||
|
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 04/10/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
Nessun commento:
Posta un commento