GIURISDIZIONE:
a giudicare su un caso di femminicidio è l'A.G.O.
(T.A.R. Lombardia, Brescia, Sez. I,
sentenza17 giugno 2013 n. 589)
Massima
La richiesta di risarcimento dei danni subiti dai parenti di una vittima di femminicidio spetta all'A.G.O.
Viene chiesto, difatti, di risarcire la lesione di un diritto soggettivo pieno e fondamentale non tanto disapplicando le normative che, in sede statale, ciò altrimenti non prevedono (leggi 302/90, 407/98, 227/07 e 204/07), ma quanto di colmare un vuoto legislativo statale provvedendo in analogia per colmare lo stesso tramite una diretta applicazione di normative comunitarie di scopo generico. Il che evidentemente non è possibile in questa sede. Del resto, ove fosse altrimenti possibile ignorare tale conclusione e perciò sospendere il giudizio per cercare il conforto della Corte Costituzionale o della stessa Corte di Giustizia europea, resterebbe il fatto che, nella specie, si resta altrimenti di fronte ad una posizione di diritto soggettivo, peraltro anche definita tale dal Giudice amministrativo con riguardo ai delitti di mafia e di terrorismo (TAR Lazio 505/011 e , per utili spunti, Cass. Sez. Unite 1338/06).
E’ ovvio che una simile conclusione non soddisfa i ricorrenti. Tuttavia la stessa non preclude alcunché in sede di autorità giudiziaria ordinaria (Giudice Civile).
Sentenza per esteso
INTESTAZIONE
Il Tribunale Amministrativo Regionale per
la Lombardia
sezione staccata di Brescia (Sezione
Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1060 del 2012,
proposto da:
A.D.P., G.B., rappresentati e difesi dagli avv. Andrea Mina, Pierina Buffoli, con domicilio eletto presso Andrea Mina in Brescia, via Solferino, 51;
A.D.P., G.B., rappresentati e difesi dagli avv. Andrea Mina, Pierina Buffoli, con domicilio eletto presso Andrea Mina in Brescia, via Solferino, 51;
contro
Ministero dell'Interno, U.T.G. - Prefettura di
Brescia, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Distrettuale Stato,
domiciliata in Brescia, via S. Caterina, 6;
per l'annullamento
del provvedimento del 20/4/2012 di rigetto
dell'istanza presentata dai ricorrenti e intesa a ottenere i benefici previsti
dalla legge per il decesso della loro figlia a seguito di un evento criminoso,
nonchè di ogni altro atto connesso;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero
dell'Interno e di U.T.G. - Prefettura di Brescia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 giugno
2013 il dott. Mario Mosconi e uditi per le parti i difensori come specificato
nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto
segue.
FATTO e DIRITTO
1 – I ricorrenti sono i genitori di una giovane
ragazza a cui è stata, diversi anni fa, tolta in modo tragico la vita al
seguito di un esecrabile, efferato e belluino episodio delittuoso e che non
hanno mai potuto ottenere dal colpevole un risarcimento.
2 – Gli stessi hanno così inoltrato, insieme a
consanguinei, istanza al Ministero qui intimato per ottenere un equo
indennizzo: certamente non satisfattivo od utile per cancellare dalla mente la
tremenda altrimenti indimenticabile vicenda di cui sopra, ma piuttosto come
rappresentazione simbolico partecipativa al loro immenso dolore e quale
riconoscimento del fatto che, in tal modo, lo Stato altrimenti riconoscesse
avversione e condanna pubblica, anche morale, per una simile barbarie.
3 – Tuttavia la citata domanda non è stata accolta
poiché il Legislatore del nostro Paese non prevede simili indennizzi per i
fatti su descritti ma solo per delitti di mafia e di terrorismo (L. 302/90 ed altre).
4 – Ai genitori di tale sfortunatissima e certamente
dolce ragazza è toccato perciò di intraprendere un periglioso e difficile
cammino per ottenere da un Giudice, non tanto un insignificante ristoro
economico, quanto una sostanziale declaratoria di pubblica partecipazione
collettiva, attraverso una presa di posizione dello Stato al modo di cui sopra
alla loro sofferenza che si manifesta ancor oggi nel loro animo poiché simili
disgrazie ogni genitore preferirebbe che accadessero a sé stesso e non ai propri
figli: ove il rispetto della sacralità della vita si unisce ad un amore
disinteressato.
5 – A tale scopo, di superiore valore morale, gli
istanti hanno introdotto in questa sede plurimi elementi di critica rifacendosi
ai principi in materia dedotti sia dalla Comunità europea, all’uopo richiamando
specifiche direttive, sia a statuizioni CEDU in materia di diritti fondamentali
ed irrinunciabili della persona umana.
6 – Si è costituita in giudizio l’Avvocatura erariale.
Dalle pagine dei relativi scritti, anche se traspare una comprensione morale
della vicenda, emerge la prospettazione di un’eccezione di giurisdizione e la
non condivisione delle tesi di fondo della difesa dei ricorrenti: peraltro
queste ultime ben argomentate, originali e toccanti.
7 - All’Udienza Pubblica del 5/6/2013, dopo sofferta e
partecipata discussione, la causa è stata spedita a sentenza.
8 – Il Collegio non può non sottolineare in primo
luogo, così anche rendendo pubblica una presa di coscienza intima, come fatti
delittuosi consimili non solo turbino profondamente l’animo di ciascuno dei
componenti lo stesso, in quanto genitori, ma anche che tali medesimi episodi
debbano essere banditi dal seno delle civili società affinché tali accadimenti,
che nel caso hanno visto come vittima sacrificale dell’egoismo possessivo umano
Monia, non abbiano a ripetersi. Purtroppo e tuttavia si deve altrimenti
registrare che in questa società, che vuol farsi chiamare civile, simili eventi
rischiano di diventare la norma soprattutto in termini di “femminicidio”, così
cancellando addirittura l’essere origine della vita.
9 – Il Collegio resta però e purtroppo ancorato solo a
tali considerazioni morali ed etiche dovendo necessariamente ed altrimenti
declinare giustizia in termini solo umani e relativi del diritto positivo
vigente.
9.1. – Ed invero viene chiesto di risarcire la lesione
di un diritto soggettivo pieno e fondamentale non tanto disapplicando le
normative che, in sede statale, ciò altrimenti non prevedono (leggi 302/90,
407/98, 227/07 e 204/07), ma quanto di colmare un vuoto legislativo statale
provvedendo in analogia per colmare lo stesso tramite una diretta applicazione
di normative comunitarie di scopo generico. Il che evidentemente non è
possibile in questa sede. Del resto, ove fosse altrimenti possibile ignorare
tale conclusione e perciò sospendere il giudizio per cercare il conforto della
Corte Costituzionale o della stessa Corte di Giustizia europea, resterebbe il
fatto che, nella specie, si resta altrimenti di fronte ad una posizione di
diritto soggettivo, peraltro anche definita tale dal Giudice amministrativo con
riguardo ai delitti di mafia e di terrorismo (TAR Lazio 505/011 e , per utili
spunti, Cass. Sez. Unite 1338/06).
10 – E’ ovvio che una simile conclusione non soddisfa
i ricorrenti. Tuttavia la stessa non preclude alcunché in sede di autorità
giudiziaria ordinaria (Giudice Civile).
11 – La vicenda consiglia la compensazione delle spese
di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
sezione staccata di Brescia (Sezione Prima) definitivamente decidendo dichiara
inammissibile in questa sede la su descritta vertenza, rispetto al tempo della
cui domanda relativa vengono, tuttavia, fatti salvi gli effetti processuali e
sostanziali, di modo che la stessa possa essere riassunta o riproposta, nei
termini legislativamente prescritti, avanti l’A.G.O..
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita
dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del
giorno 5 giugno 2013 con l'intervento dei magistrati:
Giuseppe Petruzzelli, Presidente
Mario Mosconi, Consigliere, Estensore
Francesco Gambato Spisani, Consigliere
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L'ESTENSORE
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IL PRESIDENTE
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 17/06/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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