PROCESSO:
il Consiglio di Stato torna sull'ottemperanza
e sulle "astreintes", ossia le "penalità di mora"
di cui all'art. 114 co. 4 C.p.A.
di cui all'art. 114 co. 4 C.p.A.
(Cons. St., Sez. V, sentenza 19 giugno 2013 n. 3342)
Massima
1. La parte privata vittoriosa in sede di cognizione non è legittimata a chiedere chiarimenti ai sensi dell’art. 112, comma 5, cod. proc. amm. (Sez. IV, 17 dicembre 2012 n. 6468).
Nella panoplia di strumenti previsti dal citato art. 112, infatti, detta parte è legittimata ad agire ai sensi del comma 2 per l’ottemperanza della sentenza ogniqualvolta la parte pubblica soccombente non vi provveda. E’ invece quest’ultima, oltre che, in virtù dell’art. 114, comma 7, cod. proc. amm., il commissario ad acta, la parte titolata a chiedere i chiarimenti. Come precisato nella citata pronuncia, quest’ultima azione, ancorché inquadrata nell’ambito del giudizio di ottemperanza, presuppone la soccombenza e la volontà di attuare la sentenza, essendo conseguentemente finalizzata ad ottenere dal giudice “i chiarimenti di punti del decisum che presentano elementi di dubbio o di non immediata chiarezza”.
2. La richiesta di chiarimenti è comunque inammissibile anche sotto altro profilo.
Con essa parte ricorrente tende infatti ad ottenere un bene della vita esulante dal titolo formatosi all’esito del giudizio di cognizione.
Si rivela sul punto non conducente il richiamo alla sentenza dell’Adunanza Plenaria 15 gennaio 2013, n. 2, giacché in tale pronuncia si è chiarito che il giudizio di ottemperanza non è equiparabile ad una mera azione di esecuzione delle sentenze, presentando plurimi profili cognitori, connotati dall’esigenza di dare compiuta attuazione al giudicato. A ben guardare, quindi, tale richiamo avvalora la presente statuizione di inammissibilità, essendosi ribadito nella decisione in esame che il rimedio dell’ottemperanza è necessariamente delimitato dal giudicato, il quale a sua volta si forma sulla base della pretesa azionata, ma non può da esso esorbitare.
3. Quanto alla richiesta di condanna dell’amministrazione ai sensi dell’art. 114, comma 4, lett. e), cod. proc. amm., il Collegio reputa la stessa ammissibile e fondata.
Si ritiene infatti esperibile il rimedio anche in caso di condanna pecuniaria, giacché la penalità di mora “assolve ad una finalità sanzionatoria e non risarcitoria, in quanto non è volto a riparare il pregiudizio cagionato dalla non esecuzione della sentenza ma a sanzionare la disobbedienza alla statuizione giudiziaria e stimolare il debitore all'adempimento” (C.d.S., sez. III, 30 maggio 2013, n. 2933; in termini anche sez. V, 14 maggio 2012, n. 2744).
Richiamato quanto detto finora, risulta evidente l’esigenza di adottare uno strumento di coazione all’esecuzione del credito pecuniario riconosciuto nella sentenza da ottemperare.
Sentenza per esteso
INTESTAZIONE
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5762 del 2011,
proposto da:
Grazia Lillo, rappresentata e difesa dall'avv. Giovanni Romano, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Valadier, 43;
Grazia Lillo, rappresentata e difesa dall'avv. Giovanni Romano, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Valadier, 43;
contro
Comune di Molinara, rappresentato e difeso dall'avv.
Andrea Abbamonte, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via degli
Avignonesi, 5;
per l'ottemperanza
della sentenza del CONSIGLIO DI STATO - SEZ. V n.
03471/2011, resa tra le parti, concernente riconoscimento rapporto di pubblico
impiego
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto il deposito documentale del Comune di Molinara;
Vista la memoria difensiva di parte ricorrente;
Visto l 'art. 114 cod. proc. amm.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 18
giugno 2013 il Cons. Fabio Franconiero e uditi per le parti gli avvocati Romano
ed Abbamonte;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto
segue.
FATTO
Con la presente “istanza di chiarimenti sulla
sentenza e nomina di commissario ad acta”, l’epigrafata parte ricorrente
riferisce:
- che il Comune di Molinara è stato condannato, giusta
sentenza di questa Sezione 4 dicembre 2012, n. 6174, resa nel giudizio di
ottemperanza della sentenza, sempre di questa Sezione, 8 giugno 2011 n. 3471, a
pagarle, per i titoli dedotti nel giudizio di cognizione di cui a quest’ultima
pronuncia, la somma di € 58.896,12, per differenze retributive, oltre ad €
18.464,13 a titolo di ritenute previdenziali e fiscali;
- che la sentenza di condanna è stata notificata in
copia esecutiva in data 7 febbraio 2013, ma che ciò nondimeno l’amministrazione
debitrice non ha provveduto al pagamento;
- nella medesima pronuncia non è contenuto il termine
di adempimento, né tanto meno la nomina di un commissario ad acta.
Tanto premesso, chiede emettersi queste ultime
statuizioni, nonché:
- di verificare “alla luce dei principi
statuiti dalla sentenza 2/2013 dell’Adunanza Plenaria, la possibilità di
liquidare altresì le differenze retributive relative a tutti gli anni di
servizio effettivamente prestato, e dunque sino al 30 novembre 1999”;
- di emettere in danno del Comune resistente il c.d.
astreinte ai sensi dell’art. 114, comma 4, lett. e), cod. proc. amm..
Quest’ultimo ha depositato copia della delibera
consiliare in data 18 maggio 2013 contenente il riconoscimento del debito
derivante dalla sentenza di condanna emessa in questo giudizio, con la
previsione di un piano rateale di pagamento dell’intero ammontare sino alla
fine del 2015.
Ha controdedotto la parte appellante denunciando la
genericità e l’elusività della delibera, con riguardo al pagamento degli
accessori liquidati in sentenza, al destinatario del pagamento degli oneri
previdenziali ed assistenziali ed alla copertura finanziaria ed alla relativa
capienza. Ha quindi insistito nelle domande, instando se del caso per la
richiesta di chiarimenti all’amministrazione.
DIRITTO
Devono essere innanzitutto accolte le domande di
fissazione di un termine per adempiere al pagamento stabilito dalla sentenza di
condanna pronunciata in questo giudizio e di nomina, in caso di persistente
inerzia, di un commissario ad acta, nella persona del Prefetto di Benevento,
con facoltà di delega ad un funzionario della Prefettura.
Occorre precisare che non si è provveduto a tanto
nella citata sentenza in ragione dell’esistenza di un termine di legge posto a
carico delle amministrazioni pubbliche per completare le procedure di pagamento
(si allude all’art. 14 d.l. n. 669/1996, conv. in l. n. 30/1997) e nello
spontaneo puntuale adempimento di tale obbligo di legge da parte del Comune di
Molinara.
Ciò non è tuttavia avvenuto e la delibera consiliare
del 18 maggio 2013 sopra citata ne costituisce la prova.
Essa, infatti, costituisce il necessario stanziamento
in bilancio delle somme necessarie e dunque l’atto prodromico al successivo
procedimento di spesa, adottato oltre tre mesi dalla notifica della copia della
sentenza in forma esecutiva, e comunque successivamente al presente ricorso.
Ha poi ragione la parte odierna ricorrente a dolersi
della scarsa chiarezza in ordine al pagamento degli interessi fissati in sentenza
(decorrenti dalla data di relativa pubblicazione, sino al saldo effettivo),
posto che gli stessi non sono formalmente compresi nello stanziamento.
Ha del pari ragione la medesima parte a paventare
dubbi in ordine all’effettività della copertura individuata, consistente in
future alienazioni di beni patrimoniali e di proventi derivanti dal parco
eolico comunale. Tanto più se si consideri che nella medesima delibera si dà
atto di avanzi di amministrazione ottenuti nei due esercizi precedenti, del tutto
insufficienti rispetto al debito complessivamente derivante dalla presente
sentenza e dalle altre tre ivi prese in considerazione.
Corretta risulta invece la previsione del pagamento
degli oneri previdenziali ed assistenziali, parimenti liquidati in sentenza, ai
competenti enti pubblici.
Alla luce delle considerazioni finora svolte, deve
essere ordinato al Comune di Molinara di ottemperare alla sentenza di condanna
resa nel presente giudizio entro il termine di 90 giorni dalla comunicazione in
via amministrativa o, se anteriore, notificazione della presente sentenza. Si
stima infatti detto termine congruo in relazione al tempo finora trascorso ed a
quello necessario ad avviare e completare le procedure di pagamento.
La richiesta di chiarimenti è invece inammissibile.
Come precisato da questo Consiglio di Stato, la parte
privata vittoriosa in sede di cognizione non è legittimata a chiedere
chiarimenti ai sensi dell’art. 112, comma 5, cod. proc. amm. (Sez. IV, 17
dicembre 2012 n. 6468). Nella panoplia di strumenti previsti dal citato art.
112, infatti, detta parte è legittimata ad agire ai sensi del comma 2 per
l’ottemperanza della sentenza ogniqualvolta la parte pubblica soccombente non
vi provveda. E’ invece quest’ultima, oltre che, in virtù dell’art. 114, comma
7, cod. proc. amm., il commissario ad acta, la parte titolata a chiedere i
chiarimenti. Come precisato nella citata pronuncia, quest’ultima azione,
ancorché inquadrata nell’ambito del giudizio di ottemperanza, presuppone la
soccombenza e la volontà di attuare la sentenza, essendo conseguentemente
finalizzata ad ottenere dal giudice “i chiarimenti di punti del decisum che
presentano elementi di dubbio o di non immediata chiarezza”.
La richiesta di chiarimenti è comunque inammissibile
anche sotto altro profilo.
Con essa parte ricorrente tende infatti ad ottenere un
bene della vita esulante dal titolo formatosi all’esito del giudizio di
cognizione.
Si è già stabilito in questo giudizio di ottemperanza,
tanto in sede di sentenza parziale con la quale è stata disposta la
verificazione, quanto in quella che ha pronunciato la condanna della cui
inesecuzione ci si duole in questa sede, che il riconoscimento a fini economici
del periodo lavorativo prestato in forza dei provvedimenti di sospensione
emessi dal TAR di Napoli nel giudizio di cognizione è suscettibile di fondare
una pretesa nuova ed autonoma, da fare valere in altro giudizio di cognizione.
In quello della cui ottemperanza si discute, per contro, era stato dedotto un
periodo precedente e ad esso occorre necessariamente riferirsi, ostando alla
pretesa di parte ricorrente il principio della domanda, in forza del quale non
può essere riconosciuto alla parte un diritto maggiore di quello derivante dai
fatti dedotti e costituenti la causa petendi azionata.
Si rivela sul punto non conducente il richiamo alla
sentenza dell’Adunanza Plenaria 15 gennaio 2013, n. 2, giacché in tale
pronuncia si è chiarito che il giudizio di ottemperanza non è equiparabile ad
una mera azione di esecuzione delle sentenze, presentando plurimi profili
cognitori, connotati dall’esigenza di dare compiuta attuazione al giudicato. A
ben guardare, quindi, tale richiamo avvalora la presente statuizione di
inammissibilità, essendosi ribadito nella decisione in esame che il rimedio
dell’ottemperanza è necessariamente delimitato dal giudicato, il quale a sua
volta si forma sulla base della pretesa azionata, ma non può da esso
esorbitare.
Quanto alla richiesta di condanna dell’amministrazione
ai sensi dell’art. 114, comma 4, lett. e), cod. proc. amm., il Collegio reputa
la stessa ammissibile e fondata.
Si ritiene infatti esperibile il rimedio anche in caso
di condanna pecuniaria, giacché la penalità di mora “assolve ad una finalità
sanzionatoria e non risarcitoria, in quanto non è volto a riparare il
pregiudizio cagionato dalla non esecuzione della sentenza ma a sanzionare la
disobbedienza alla statuizione giudiziaria e stimolare il debitore
all'adempimento” (C.d.S., sez. III, 30 maggio 2013, n. 2933; in termini anche
sez. V, 14 maggio 2012, n. 2744).
Richiamato quanto detto finora, risulta evidente
l’esigenza di adottare uno strumento di coazione all’esecuzione del credito
pecuniario riconosciuto nella sentenza da ottemperare, apparendo congrua la
somma di € 50,00 per ogni giorno di ritardo rispetto al termine come sopra
fissato.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in
dispositivo, con distrazione in favore del procuratore antistatario.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione
Quinta), accoglie nei termini di cui in motivazione il ricorso e per l’effetto:
- ordina al Comune di Molinara di ottemperare alla
sentenza in epigrafe entro il termine di 90 giorni dalla comunicazione in via
amministrativa o notificazione della presente sentenza;
- nomina sin d’ora, in caso di persistente inerzia,
commissario ad acta il Prefetto di Benevento, con facoltà di delega;
- condanna il Comune al pagamento in favore di parte
ricorrente della somma di € 50,00 per ogni giorno di ritardo rispetto a quello
sopra fissato;
- condanna inoltre il Comune medesimo alla refusione
delle spese di causa, liquidate in € 1.500,00, con distrazione in favore del
procuratore antistatario.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita
dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del
giorno 18 giugno 2013 con l'intervento dei magistrati:
Manfredo Atzeni, Presidente FF
Antonio Amicuzzi, Consigliere
Doris Durante, Consigliere
Antonio Bianchi, Consigliere
Fabio Franconiero, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE
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IL PRESIDENTE
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 19/06/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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