martedì 2 luglio 2013

CONFERENZE: il diritto d'accesso in generale e nella disciplina degli appalti (Relazione alla Conferenza tenutasi alla Facoltà di Giurisprudenza di Trento il 7 marzo 2013).


CONFERENZE: 
il diritto d'accesso in generale 
e nella disciplina degli appalti 
(Relazione alla Conferenza tenutasi alla 
Facoltà di Giurisprudenza di Trento il 7 marzo 2013)


Un sentito ringraziamento al Dott. Massimo Mazzola per l'ottimo materiale...
Una nota personale: l'accesso sembra il "diritto" per antonomasia, l'istituto più peculiare della branca amministrativa. Ne parlano Plenarie, testi, articoli, anche noi oggi con il blog...
In astratto è la pietra miliare dell'attività amministrativa, ma in concreto, anche l'accesso più "facile", specie quando sono evidenti alcune irregolarità nelle procedure selettive (di gara o di concorso), in concreto diventa "tortuoso", ossia, in termini giuridici, "differito", "da valutare in relazione all'art. 13 co. 2", "da notificare a tutti quanti", etc.
E qui ovviamente scatta la bravura dell'Avvocato nell'avere polso e pazienza.
Buona lettura!


I. Il diritto di accesso in generale


1. Funzione e contenuti dell’istituto
Il diritto di accesso ai documenti amministrativi è un’importante facoltà riconosciuta ai cittadini nell’ambito dei rapporti con le Pubbliche Amministrazioni, rispetto ai quali esso tende a realizzare, nella maniera più piena e giuridicamente immediata, i principi di trasparenza, imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa riconosciuti dalla Costituzione e dal diritto europeo.
Sul piano degli scopi, il diritto di accesso assolve pertanto a una duplice funzione: da un lato è uno strumento essenziale per la partecipazione del privato all’attività amministrativa (che non sarebbe possibile senza un’adeguata conoscenza dei suoi contenuti); dall’altro è una fondamentale garanzia del più ampio interesse pubblico alla correttezza e alla trasparenza dell’azione amministrativa (che è naturalmente incentivata dalla possibilità stessa di un controllo democratico sugli atti compiuti).
Dopo alcune circoscritte emersioni a livello settoriale (fra cui l’art. 14 della l. n. 346/1989 e l’art 7 della l n. 142/1990), il diritto di accesso agli atti e ai documenti delle Pubbliche Amministrazioni ha trovato un riconoscimento di portata generale nella stessa legge sul procedimento amministrativo (l. n. 241/1990), che dedica alla materia l’intera disciplina di cui al Capo V (artt. 22-28) e prevede espressamente, accanto a quello di “presentare memorie scritte e documenti” all’autorità procedente il diritto del privato di “prendere visione degli atti del procedimento”.   
Ciò non significa che, nell’ottica della legge, l’istituto in esame sia puramente funzionale alla partecipazione del privato al procedimento amministrativo, giacché dall’impostazione complessiva del testo e della particolare disciplina dedicata all’accesso risulta evidente, nei termini suddetti, che l’intento del legislatore è al contempo quello di assicurare la trasparenza e l’imparzialità dell’azione amministrativa, quanto meno nella misura in cui siffatto obiettivo sia coerente con la soddisfazione degli interessi del singolo alla piena conoscenza degli atti amministrativi. La garanzia dell’accesso, in altri termini, non si ricollega soltanto a un’esigenza di “trasparenza interna” al procedimento amministrativo (assicurata dal accesso “endoprocedimentale” agli atti dello stesso che interessano il privato) ma vuole anche soddisfare una più generale esigenza di trasparenza in senso lato (come quella sottesa agli atti di accesso successivo o “esoprocedimentale” posti in essere dal privato una volta esaurita l’attività amministrativa che direttamente lo ha coinvolto). A conferma della duplice valenza o della natura “bifronte” che dev’essere riconosciuta al diritto di accesso.
Come si è detto, l. n. 241/1990 (così come modificata dalla l. n. 15/2005) ha disciplinato in modo compiuto e per la prima volta unitario le forme e i contenuti del diritto di accesso, individuando espressamente non soltanto i soggetti (attivi e passivi) del relativo rapporto ma anche lo specifico oggetto delle facoltà del privato e le concrete modalità per il loro esercizio, oltre a prevedere (a chiusura del sistema) delle forme particolari di tutela delle stesse.

2. Ambito oggettivo del diritto di accesso: oggetto e contenuti
Sotto il profilo oggettivo, il diritto di accesso disciplinato dalla legge riguarda, in via generale, i “documenti amministrativi”, latamente definiti dall’art. 22 lett. d come ogni “rappresentazione grafica, foto-cinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni o non relativi a uno specifico procedimento, detenuti da una pubblica amministrazione e concernenti attività di pubblico interesse, indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale”.Nella nozione legislativa di documento accessibile non rientrano quindi unicamente gli atti scritti sopra un supporto cartaceo, ma anche quelli di natura diversa ma ugualmente idonei a riprodurne il contenuto, a prescindere dalla forma e dalle particolari modalità con cui lo stesso si manifesta. La nozione legislativa, inoltre, comprende indifferentemente tanto gli atti interni o strettamente inerenti al procedimento ancora in corso (che rileveranno tipicamente in caso di accesso endoprocedimentale) quanto quelli “non relativi a uno specifico procedimento” ma comunque in possesso di una Pubblica Amministrazione, siano essi atti (interni o finali) di una procedura diversa o atti del tutto svincolati da una sequenza procedimentale. Né sono esclusi dall’ambito oggettivo dei documenti accessibili gli atti che provengono da soggetti privati (come le istanze o i progetti che confluiscono nella procedura o i pareri dei legali), poiché a nulla rileva, ai fini del diritto, la natura della disciplina a cui l’atto è sottoposto.
La legge accoglie dunque un’accezione di documento estremamente lata e altrettanto comprensiva, la quale, coerentemente con la “doppia valenza” del diritto di accesso come garanzia individuale e di rilievo pubblicistico, non lascia fuori dall’oggetto del diritto alcun documento che possa essere utile a una compiuta conoscenza dell’agire amministrativo. Tant’è vero che il criterio di fondo in base al quale un determinato atto rientra o meno nell’ambito oggettivo di applicazione della legge non attiene tanto alla sua effettiva connessione con gli interessi del singolo, quanto piuttosto al semplice fatto di trovarsi attualmente in possesso di una Pubblica Amministrazione.
A condizione di esservi legittimati, così, si potrà accedere non soltanto agli atti preparatori del provvedimento finale e agli altri atti interni del procedimento in atto o di quello già concluso (quali pareri, relazioni tecniche e così via..), ma anche a ogni altro atto pubblico o privato che sia confluito nell’area di interesse dell’autorità procedente (come una lettera d’intenti, una proposta contrattuale o un contratto di lavoro), pur non trattandosi di documenti “amministrativi” in senso stretto in quanto si sono formati al di fuori della PA o comunque nell’esercizio di un’attività privatistica.
Con disposizione quasi apodittica, il medesimo articolo precisa d’altro canto, al successivo c. 4, che non sono accessibili le informazioni in possesso di una Pubblica Amministrazione che non abbiano forma di documento amministrativo nel senso suddetto. Oltre ovviamente a quei documenti che, pur presentando siffatto carattere, sono espressamente sottratti al diritto di accedere da previsioni eccezionali della medesima legge (art. 22 c. 3; sul punto si rinvia infra al § 7).
Quanto ai contenuti del diritto di accesso (e quindi alle facoltà che esso attribuisce al suo titolare ove intenda avvalersene), la legge sul procedimento amministrativo è altrettanto precisa e opportunamente rigorosa. Già in sede di individuazione delle definizioni introduttive, essa qualifica infatti il diritto di accesso come “il diritto degli interessati di prendere visione ed estrarre copia dei documenti amministrativi” (art. 22 lett. a), chiarendo con ciò che le possibilità riconosciute a coloro che accedono non si limitano al semplice esame del documento rilevante ma si estendono anche, almeno all’occorrenza, all’estrazione di una copia del documento medesimo, a cui non può essere opposto dall’Amministrazione interessata alcun legittimo rifiuto. Il legislatore si mostra in tal modo perfettamente consapevole che in molte occasioni, e soprattutto a fronte di documenti dal contenuto complesso, la sola possibilità di visione degli atti richiesti sarebbe una misura del tutto insufficiente, essendo necessario, ai fini di una compiuta conoscenza delle informazioni richieste, che il soggetto interessato sia in grado di disporre e rielaborare i documenti ottenuti. Nella stessa ottica di garantire l’effettività della trasparenza amministrativa, la legge prescrive inoltre che “l’esame dei documenti è gratuito” e che “il rilascio di copia è subordinato soltanto al rimborso del costo di riproduzione, salve le disposizioni vigenti in materia di bollo, nonché i diritti di ricerca e di visura”.
Tali principi sono stati peraltro ampiamente confermati anche in giurisprudenza sul presupposto che l’esercizio del diritto di accesso come strumento di partecipazione (accesso partecipativo) e come garanzia di trasparenza (accesso conoscitivo) deve essere assicurato in modo pieno e effettivamente funzionale agli interessi che tutela (si veda ad es. TAR Puglia, 31 gennaio 2009, n. 166).

3. Ambito soggettivo del diritto di accesso: soggetti e interessi legittimanti
Sotto il profilo soggettivo, dall’altro lato, occorre distinguere fra i soggetti legittimati all’esercizio del diritto (soggetti attivi del diritto di accesso) e soggetti destinatari del correlativo dovere (soggetti passivi del diritto di accesso). Il che equivale a individuare, in entrambe le ipotesi la sfera soggettiva alla quale si riferisce la disciplina in esame.
Sul versante passivo, le disposizioni di legge relative all’accesso si rivolgono genericamente a tutte le “Pubbliche Amministrazioni”  qualificate come tali dall’art. 22 lett. e della l. n. 241/1990, ovvero non solo ai soggetti di diritto pubblico che perseguono istituzionalmente scopi e finalità di interesse generale (comprensivi, ai sensi dell’art. 23, delle aziende autonome e speciali, degli enti pubblici e dei gestori di pubblici servizi), ma anche ai soggetti di diritto privato limitatamente ai compiti di pubblico interesse ad essi attribuiti. Per le autorità di garanzia e di vigilanza (cc.dd. autorità amministrative indipendenti) è invece stabilito che il diritto di accesso si eserciti “nell’ambito dei rispettivi ordinamenti”, così da rinviare alla specifica e più puntuale disciplina a esse dedicata anche per quanto riguarda l’accessibilità dei documenti amministrativi (non di rado soggetta a limitazioni più severe in considerazione della particolare natura dell’attività esercitata).
Sul versante attivo del diritto di accesso, la situazione si presenta invece assai più complessa. Non si tratta infatti di individuare semplicemente i soggetti legittimati all’esercizio del diritto, ma anche (e anzi preliminarmente) di contemperare il loro interesse con quello contrapposto alla riservatezza dei dati. Questione che costituisce evidentemente, come ognun vede, l’autentico problema del diritto di accesso, per il semplice fatto che la conoscenza di determinate informazioni da parte di un soggetto è quasi sempre lesiva dell’interesse di un altro a cui le stesse si riferiscono.
Ai sensi dell’art. 22 lett. b, legittimati all’esercizio dell’accesso in quanto “interessati” sono tutti i “soggetti privati, compresi quello portatori di interessi pubblici o diffusi (come le organizzazioni sindacali), che abbiano un interesse diretto, concreto e attuale corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è richiesto l’accesso”. La titolarità del diritto di accesso abbraccia pertanto una sfera più ampia di quella dei titolari di un diritto soggettivo o di un interesse legittimo che consentono di agire in giudizio contro la PA, in quanto ricomprende anche soggetti che sono titolari di interessi diversi ma cionondimeno qualificati dalla legge come situazioni legittimanti il diritto di accesso ai documenti amministrativi. Ne deriva che un soggetto può essere titolare del diritto di accesso anche a prescindere dal suo eventuale coinvolgimento nel procedimento amministrativo, poiché un conto è la situazione giuridica legittimante l’accesso (che corrisponde genericamente a una posizione tutelata dall’ordinamento giuridico), un altro conto la situazione di base che tramite l’accesso si vuole tutelare (ovvero quella che si farà eventualmente valere in giudizio per ottenere il “bene della vita” che si assume danneggiato). Il che è come dire che, nel nostro sistema, il diritto di accesso si configura come un’autonoma pretesa all’informazione sull’attività amministrativa, indipendente rispetto alla sussistenza di un interesse a impugnare l’atto amministrativo in sede giurisdizionale. Tant’è vero che in diverse occasioni la giurisprudenza ha avuto modo di precisare che l’interesse funzionale alla pretesa dell’accesso, in quanto autonomo rispetto alle situazioni legittimanti l’impugnativa dell’atto, permane di regola anche una volta che sia spirato il termine per impugnare (si vedano, ex multis, C. Stato, AP, 24 giugno 1999, n. 16; C. Stato, Sez. VI, 12 luglio 2011, n. 4276; TRGA Bolzano, 6 ottobre 2009, n. 3).
L’esercizio del diritto di accesso, in altri termini, si configura come pretesa giuridica autonoma e del tutto svincolata dall’interesse ad impugnare, riconosciuta dall’ordinamento in via strumentale a chiunque si dimostri titolare di una situazione legittimante, sia essa o meno connessa alla titolarità di un diritto soggettivo o di un interesse legittimo azionabile in giudizio. Quello che rileva ai fini dell’accesso, in altri termini ancora, è solo la sussistenza di due condizioni: la titolarità di una situazione giuridica soggettiva tutelata dall’ordinamento (nella forma del diritto soggettivo, dello interesse legittimo o di altro interesse giuridicamente rilevante); e il collegamento di tale situazione soggettiva con il documento amministrativo di cui si chiede l’accesso. Con l’unica precisazione operata dalla legge per cui l’interesse cui corrisponde la situazione legittimante dev’essere “diretto, concreto e attuale”, ovvero (rispettivamente) appartenere alla sfera dell’interessato, riferirsi a un suo specifico interesse sul piano sostanziale ed essere immediatamente strumentale al bene della vita che s’intende tutelare. Al che la giurisprudenza ha aggiunto, quale ulteriore requisito, che l’interesse legittimante l’esercizio dell’accesso dev’essere anche “serio” (ossia meritevole e non emulativo) e “adeguatamente motivato” (sulla motivazione dell’istanza di accesso si tornerà infra).
Ciò al fine di circoscrivere entro limiti ragionevoli la sfera dei soggetti legittimati all’accesso. ossia per evitare, come confermato dall’art. 24 c. 4, che le relative istanze possano essere impiegate come uno strumento di controllo generalizzato sull’operato della PA. Quasi a prevenire, sul piano soggettivo, l’introduzione nel nostro sistema di uno strumento analogo a un’azione popolare.
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