CONFERENZE:
il diritto d'accesso in generale
e nella disciplina degli appalti
(Relazione alla Conferenza tenutasi alla
Facoltà di Giurisprudenza di Trento il 7 marzo 2013)
Un sentito ringraziamento al Dott. Massimo Mazzola per l'ottimo materiale...
Una nota personale: l'accesso sembra il "diritto" per antonomasia, l'istituto più peculiare della branca amministrativa. Ne parlano Plenarie, testi, articoli, anche noi oggi con il blog...
In astratto è la pietra miliare dell'attività amministrativa, ma in concreto, anche l'accesso più "facile", specie quando sono evidenti alcune irregolarità nelle procedure selettive (di gara o di concorso), in concreto diventa "tortuoso", ossia, in termini giuridici, "differito", "da valutare in relazione all'art. 13 co. 2", "da notificare a tutti quanti", etc.
E qui ovviamente scatta la bravura dell'Avvocato nell'avere polso e pazienza.
Buona lettura!
I.
Il diritto di accesso in generale
1. Funzione e contenuti
dell’istituto
Il diritto di
accesso ai documenti amministrativi è un’importante facoltà riconosciuta ai
cittadini nell’ambito dei rapporti con le Pubbliche Amministrazioni, rispetto
ai quali esso tende a realizzare, nella maniera più piena e giuridicamente
immediata, i principi di trasparenza, imparzialità e buon andamento dell’azione
amministrativa riconosciuti dalla Costituzione e dal diritto europeo.
Sul
piano degli scopi, il diritto di accesso assolve pertanto a una duplice
funzione: da un lato è uno strumento essenziale per la partecipazione
del privato all’attività amministrativa (che non sarebbe possibile senza
un’adeguata conoscenza dei suoi contenuti); dall’altro è una fondamentale
garanzia del più ampio interesse pubblico alla correttezza e alla trasparenza
dell’azione amministrativa (che è naturalmente incentivata dalla
possibilità stessa di un controllo democratico sugli atti compiuti).
Dopo alcune
circoscritte emersioni a livello settoriale (fra cui l’art. 14 della l. n. 346/1989
e l’art 7 della l n. 142/1990), il diritto di accesso agli atti e ai documenti
delle Pubbliche Amministrazioni ha trovato un riconoscimento di portata generale
nella stessa legge sul procedimento amministrativo (l. n. 241/1990), che dedica
alla materia l’intera disciplina di cui al Capo V (artt. 22-28) e prevede
espressamente, accanto a quello di “presentare memorie scritte e documenti” all’autorità
procedente il diritto del privato di “prendere visione degli atti del
procedimento”.
Ciò non
significa che, nell’ottica della legge, l’istituto in esame sia puramente
funzionale alla partecipazione del privato al procedimento amministrativo,
giacché dall’impostazione complessiva del testo e della particolare disciplina
dedicata all’accesso risulta evidente, nei termini suddetti, che l’intento del
legislatore è al contempo quello di assicurare la trasparenza e l’imparzialità
dell’azione amministrativa, quanto meno nella misura in cui siffatto obiettivo
sia coerente con la soddisfazione degli interessi del singolo alla piena
conoscenza degli atti amministrativi. La garanzia dell’accesso, in altri
termini, non si ricollega soltanto a un’esigenza di “trasparenza interna” al
procedimento amministrativo (assicurata dal accesso “endoprocedimentale” agli
atti dello stesso che interessano il privato) ma vuole anche soddisfare una più
generale esigenza di trasparenza in senso lato (come quella sottesa agli atti
di accesso successivo o “esoprocedimentale” posti in essere dal privato una
volta esaurita l’attività amministrativa che direttamente lo ha coinvolto). A
conferma della duplice valenza o della natura “bifronte” che dev’essere
riconosciuta al diritto di accesso.
Come si è detto,
l. n. 241/1990 (così come modificata dalla l. n. 15/2005) ha disciplinato in
modo compiuto e per la prima volta unitario le forme e i contenuti del diritto
di accesso, individuando espressamente non soltanto i soggetti (attivi e
passivi) del relativo rapporto ma anche lo specifico oggetto delle facoltà del
privato e le concrete modalità per il loro esercizio, oltre a prevedere (a
chiusura del sistema) delle forme particolari di tutela delle stesse.
2.
Ambito oggettivo del diritto di accesso: oggetto e contenuti
Sotto il profilo
oggettivo, il diritto di accesso disciplinato dalla legge riguarda, in via
generale, i “documenti amministrativi”, latamente definiti dall’art. 22
lett. d come ogni “rappresentazione
grafica, foto-cinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del
contenuto di atti, anche interni o non relativi a uno specifico procedimento,
detenuti da una pubblica amministrazione e concernenti attività di pubblico
interesse, indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della
loro disciplina sostanziale”.Nella nozione legislativa di documento
accessibile non rientrano quindi unicamente gli atti scritti sopra un supporto
cartaceo, ma anche quelli di natura diversa ma ugualmente idonei a riprodurne
il contenuto, a prescindere dalla forma e dalle particolari modalità con cui lo
stesso si manifesta. La nozione legislativa, inoltre, comprende
indifferentemente tanto gli atti interni o strettamente inerenti al procedimento
ancora in corso (che rileveranno tipicamente in caso di accesso endoprocedimentale)
quanto quelli “non relativi a uno specifico procedimento” ma comunque in
possesso di una Pubblica Amministrazione, siano essi atti (interni o finali) di
una procedura diversa o atti del tutto svincolati da una sequenza
procedimentale. Né sono esclusi dall’ambito oggettivo dei documenti accessibili
gli atti che provengono da soggetti privati (come le istanze o i progetti che
confluiscono nella procedura o i pareri dei legali), poiché a nulla rileva, ai
fini del diritto, la natura della disciplina a cui l’atto è sottoposto.
La legge
accoglie dunque un’accezione di documento estremamente lata e altrettanto comprensiva,
la quale, coerentemente con la “doppia valenza” del diritto di accesso come
garanzia individuale e di rilievo pubblicistico, non lascia fuori dall’oggetto
del diritto alcun documento che possa essere utile a una compiuta conoscenza
dell’agire amministrativo. Tant’è vero che il criterio di fondo in base al
quale un determinato atto rientra o meno nell’ambito oggettivo di applicazione
della legge non attiene tanto alla sua effettiva connessione con gli interessi
del singolo, quanto piuttosto al semplice fatto di trovarsi attualmente in
possesso di una Pubblica Amministrazione.
A condizione di
esservi legittimati, così, si potrà accedere non soltanto agli atti preparatori
del provvedimento finale e agli altri atti interni del procedimento in atto o
di quello già concluso (quali pareri, relazioni tecniche e così via..), ma
anche a ogni altro atto pubblico o privato che sia confluito nell’area di
interesse dell’autorità procedente (come una lettera d’intenti, una proposta
contrattuale o un contratto di lavoro), pur non trattandosi di documenti
“amministrativi” in senso stretto in quanto si sono formati al di fuori della
PA o comunque nell’esercizio di un’attività privatistica.
Con disposizione
quasi apodittica, il medesimo articolo precisa d’altro canto, al successivo c.
4, che non sono accessibili le informazioni in possesso di una Pubblica
Amministrazione che non abbiano forma di documento amministrativo nel senso suddetto.
Oltre ovviamente a quei documenti che, pur presentando siffatto carattere, sono
espressamente sottratti al diritto di accedere da previsioni eccezionali della
medesima legge (art. 22 c. 3; sul punto si rinvia infra al § 7).
Quanto ai contenuti
del diritto di accesso (e quindi alle facoltà che esso attribuisce al suo
titolare ove intenda avvalersene), la legge sul procedimento amministrativo è
altrettanto precisa e opportunamente rigorosa. Già in sede di individuazione
delle definizioni introduttive, essa qualifica infatti il diritto di accesso
come “il diritto degli interessati di
prendere visione ed estrarre copia dei documenti amministrativi” (art. 22
lett. a), chiarendo con ciò che le possibilità riconosciute a coloro che
accedono non si limitano al semplice esame del documento rilevante ma si
estendono anche, almeno all’occorrenza, all’estrazione di una copia del
documento medesimo, a cui non può essere opposto dall’Amministrazione interessata
alcun legittimo rifiuto. Il legislatore si mostra in tal modo perfettamente
consapevole che in molte occasioni, e soprattutto a fronte di documenti dal
contenuto complesso, la sola possibilità di visione degli atti richiesti
sarebbe una misura del tutto insufficiente, essendo necessario, ai fini di una
compiuta conoscenza delle informazioni richieste, che il soggetto interessato
sia in grado di disporre e rielaborare i documenti ottenuti. Nella stessa ottica
di garantire l’effettività della trasparenza amministrativa, la legge prescrive
inoltre che “l’esame dei documenti è
gratuito” e che “il rilascio di copia
è subordinato soltanto al rimborso del costo di riproduzione, salve le
disposizioni vigenti in materia di bollo, nonché i diritti di ricerca e di
visura”.
Tali principi
sono stati peraltro ampiamente confermati anche in giurisprudenza sul
presupposto che l’esercizio del diritto di accesso come strumento di
partecipazione (accesso partecipativo) e come garanzia di trasparenza (accesso
conoscitivo) deve essere assicurato in modo pieno e effettivamente funzionale
agli interessi che tutela (si veda ad es. TAR Puglia, 31 gennaio 2009, n. 166).
3.
Ambito soggettivo del diritto di accesso: soggetti e interessi legittimanti
Sotto il profilo
soggettivo, dall’altro lato, occorre distinguere fra i soggetti legittimati
all’esercizio del diritto (soggetti attivi del diritto di accesso) e soggetti
destinatari del correlativo dovere (soggetti passivi del diritto di accesso). Il
che equivale a individuare, in entrambe le ipotesi la sfera soggettiva alla
quale si riferisce la disciplina in esame.
Sul
versante passivo, le disposizioni di legge relative all’accesso
si rivolgono genericamente a tutte le “Pubbliche
Amministrazioni” qualificate come
tali dall’art. 22 lett. e della l. n. 241/1990, ovvero non solo ai soggetti di
diritto pubblico che perseguono istituzionalmente scopi e finalità di interesse
generale (comprensivi, ai sensi dell’art. 23, delle aziende autonome e
speciali, degli enti pubblici e dei gestori di pubblici servizi), ma anche ai
soggetti di diritto privato limitatamente ai compiti di pubblico interesse ad
essi attribuiti. Per le autorità di garanzia e di vigilanza (cc.dd. autorità
amministrative indipendenti) è invece stabilito che il diritto di accesso si
eserciti “nell’ambito dei rispettivi
ordinamenti”, così da rinviare alla specifica e più puntuale disciplina a
esse dedicata anche per quanto riguarda l’accessibilità dei documenti
amministrativi (non di rado soggetta a limitazioni più severe in considerazione
della particolare natura dell’attività esercitata).
Sul
versante attivo del diritto di accesso, la situazione si
presenta invece assai più complessa. Non si tratta infatti di individuare
semplicemente i soggetti legittimati all’esercizio del diritto, ma anche (e
anzi preliminarmente) di contemperare il loro interesse con quello contrapposto
alla riservatezza dei dati. Questione che costituisce evidentemente, come ognun
vede, l’autentico problema del diritto di accesso, per il semplice fatto che la
conoscenza di determinate informazioni da parte di un soggetto è quasi sempre
lesiva dell’interesse di un altro a cui le stesse si riferiscono.
Ai sensi
dell’art. 22 lett. b, legittimati all’esercizio dell’accesso in quanto
“interessati” sono tutti i “soggetti
privati, compresi quello portatori di interessi pubblici o diffusi (come le
organizzazioni sindacali), che abbiano un interesse diretto, concreto e attuale corrispondente ad una situazione
giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è richiesto l’accesso”.
La titolarità del diritto di accesso abbraccia pertanto una sfera più ampia di
quella dei titolari di un diritto soggettivo o di un interesse legittimo che
consentono di agire in giudizio contro la PA, in quanto ricomprende anche
soggetti che sono titolari di interessi diversi ma cionondimeno qualificati dalla
legge come situazioni legittimanti il diritto di accesso ai documenti
amministrativi. Ne deriva che un soggetto può essere titolare del diritto di
accesso anche a prescindere dal suo eventuale coinvolgimento nel procedimento
amministrativo, poiché un conto è la situazione giuridica legittimante
l’accesso (che corrisponde genericamente a una posizione tutelata
dall’ordinamento giuridico), un altro conto la situazione di base che tramite
l’accesso si vuole tutelare (ovvero quella che si farà eventualmente valere in
giudizio per ottenere il “bene della vita” che si assume danneggiato). Il che è
come dire che, nel nostro sistema, il diritto di accesso si configura come un’autonoma
pretesa all’informazione sull’attività amministrativa, indipendente
rispetto alla sussistenza di un interesse a impugnare l’atto amministrativo in
sede giurisdizionale. Tant’è vero che in diverse occasioni la giurisprudenza ha
avuto modo di precisare che l’interesse funzionale alla pretesa dell’accesso,
in quanto autonomo rispetto alle situazioni legittimanti l’impugnativa
dell’atto, permane di regola anche una volta che sia spirato il termine per
impugnare (si vedano, ex multis, C. Stato,
AP, 24 giugno 1999, n. 16; C. Stato, Sez. VI, 12 luglio 2011, n. 4276; TRGA
Bolzano, 6 ottobre 2009, n. 3).
L’esercizio del
diritto di accesso, in altri termini, si configura come pretesa giuridica
autonoma e del tutto svincolata dall’interesse ad impugnare, riconosciuta dall’ordinamento
in via strumentale a chiunque si dimostri titolare di una situazione
legittimante, sia essa o meno connessa alla titolarità di un diritto soggettivo
o di un interesse legittimo azionabile in giudizio. Quello che rileva ai fini
dell’accesso, in altri termini ancora, è solo la sussistenza di due condizioni:
la titolarità di una situazione
giuridica soggettiva tutelata dall’ordinamento (nella forma del diritto
soggettivo, dello interesse legittimo o di altro interesse giuridicamente
rilevante); e il collegamento di tale situazione soggettiva con il documento amministrativo
di cui si chiede l’accesso. Con l’unica precisazione operata dalla legge per
cui l’interesse cui corrisponde la situazione legittimante dev’essere
“diretto, concreto e attuale”, ovvero (rispettivamente) appartenere alla
sfera dell’interessato, riferirsi a un suo specifico interesse sul piano
sostanziale ed essere immediatamente strumentale al bene della vita che s’intende
tutelare. Al che la giurisprudenza ha aggiunto, quale ulteriore requisito,
che l’interesse legittimante l’esercizio dell’accesso dev’essere anche “serio”
(ossia meritevole e non emulativo) e “adeguatamente motivato” (sulla
motivazione dell’istanza di accesso si tornerà infra).
Ciò al fine di circoscrivere entro limiti ragionevoli la
sfera dei soggetti legittimati all’accesso. ossia per evitare, come
confermato dall’art. 24 c. 4, che le relative istanze possano essere impiegate
come uno strumento di controllo generalizzato sull’operato della PA.
Quasi a prevenire, sul piano soggettivo, l’introduzione nel nostro sistema di
uno strumento analogo a un’azione popolare.
[...].
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