venerdì 5 luglio 2013

PROCESSO: le condizioni processuali dell'azione per l'efficienza "ex" art. 1 del D.Lgs. n. 198/99 (T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, 1 ottobre 2012 n. 8231).


PROCESSO: 
le condizioni processuali dell'azione per l'efficienza 
"ex" art. 1 del D.Lgs. n. 198/99 
(T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, 1 ottobre 2012 n. 8231)


Massima

Qualora l'azione per l'efficienza di cui all'art. 1, D.Lgs. n. 198 del 2009 sia presentata da un ente a tutela di un interesse collettivo l'accertamento della lesività non può che essere compiuto in astratto in relazione all'effettiva capacità di tutela degli interessi della categoria che si assume lesa dall'inefficienza amministrativa e al nesso della violazione denunciata con le finalità statutarie perseguite dall'ente. 
Se, infatti, in caso di azione per l'efficienza proposta da un singolo, ai sensi dell'art. 1 comma 1, D.Lgs. n. 198 del 2009, deve apprezzarsi quale sia l'interesse concreto al ricorso, essenzialmente al fine di verificare l'omogeneità dell'interesse del ricorrente rispetto a quello della classe che egli pretende di rappresentare, nel caso, invece, di una analoga azione proposta da un ente esponenziale è la stessa rappresentatività dell'ente associativo rispetto ad una particolare categoria di utenti o consumatori a consentire di verificare l'omogeneità dell'interesse dell'ente ricorrente rispetto a quello della classe che questo assume di rappresentare. 
E una tale verifica non può che passare attraverso la valutazione del grado di rappresentatività dell'ente e del suo fine statutario, che deve contemplare proprio la garanzia di quei particolari interessi che si intendono tutelare con il ricorso.


Sentenza per esteso


 INTESTAZIONE
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 370 del 2012, proposto da:
AI.BI. - Associazione Amici dei Bambini Onlus, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Enrica Dato, dall’Avv. Daniela Frascella e dall’Avv. Cesare Milani, con domicilio eletto presso lo Studio dell’Avv. Ernesto Grandinetti sito in Roma, Via della Croce, 44; 
contro
- il MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12; 
per ottenere
- l’accertamento, ai sensi degli artt. 1 e 3 del D.Lgs. n. 198 del 2009, dell'inadempimento del Ministero della Giustizia in relazione alla mancata emanazione, nei termini ex lege previsti, degli atti amministrativi necessari ad istituire la banca dati dei minori adottabili e delle coppie disponibili all'adozione prevista dall’art. 40, comma 1, della legge n. 149 del 2001 e dai decreti ministeriali n. 91 e n. 15025 del 2004 - class action;
- la condanna del Ministero della Giustizia a porre rimedio al proprio inadempimento entro un termine fissato, adottando gli atti idonei e necessari all’istituzione ed all’attivazione della banca dati dei minori adottabili e delle coppie disponibili all'adozione;

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 luglio 2012 il Consigliere Elena Stanizzi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

FATTO
Espone in fatto l’associazione odierna ricorrente - premessi cenni in ordine alla propria natura, obiettivi statutari ed attività – di aver trasmesso al Ministero della Giustizia, in data 24 febbraio 2011, atto di diffida stragiudiziale ai sensi dell’art. 3 della legge n. 198 del 2009 al fine di ottenere l’adozione di tutti gli atti necessari per la creazione della banca dati dei minori adottabili e delle coppie disponibili all'adozione prevista dall’art. 40, comma 1, della legge n. 149 del 2001 e dai decreti ministeriali n. 91 e n. 15025 del 2004.
A tale diffida il Ministero della Giustizia ha dato riscontro con nota del 27 maggio 2011, rappresentando di aver posto in essere adempimenti prodromici alla creazione di detta banca dati di cui alcuni tuttora in fase di svolgimento.
Nel rappresentare parte ricorrente la mancata adozione del decreto dirigenziale che accerti l’installazione e l’idoneità dello strumento elettronico e del sistema di autorizzazione previsto dall’art. 38, comma 2, del decreto ministeriale n. 15025 del 2004, e quindi la perdurante violazione degli obblighi inerenti la creazione della banca dati dei minori adottabili, deduce a sostegno della proposta azione i seguenti motivi di diritto:
1- Sussistenza delle condizioni che rendono proponibile il ricorso.
Nel richiamare parte ricorrente le previsioni di cui alla legge n. 198 del 2009 in materia di azione per l’efficienza della Pubblica Amministrazione, afferma l’ammissibilità dell’azione a fronte della mancata adozione, da parte del Ministero della Giustizia, degli atti amministrativi obbligatori necessari a consentire l’istituzione e l’attivazione della banca dati di cui all’art. 40, comma 1, della legge n. 149 del 2001 nonostante il decorso di 90 giorni dalla diffida a provvedere allo stesso indirizzata.
Con riguardo alla legittimazione ad agire, parte ricorrente la riconduce alla propria natura di ente rappresentativo degli interessi dei minori adottabili e di quelli delle coppie disponibili all’adozione, evidenziando la lesione all’interesse alla formazione di una famiglia attraverso l’adozione derivante dalla mancata attivazione della banca dati in questione in ragione delle finalità cui la stessa risponde.
2 – Violazione e falsa applicazione dell’art. 1, comma 1, del D.Lgs. n. 198 del 2009, dell’art. 40, comma 1, del D.Lgs. n. 149 del 2001 e dell’art. 38, comma 2, del decreto del Ministro della Giustizia n. 15025 del 2004, per non avere il Ministero della Giustizia provveduto all’emanazione degli atti amministrativi necessari ad istituire ed attivare la banca dati di cui all’art. 40 della legge n. 149 del 2001. Violazione dell’art. 3, comma 1, del D.Lgs. n. 198 del 2009 per mancata o quantomeno parziale eliminazione da parte del Ministero della Giustizia della situazione di inadempimento nonostante la diffida notificata dalla ricorrente. Arresto procedimentale, violazione dell’art. 3 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo con riferimento all’art. 10 della Costituzione.
Illustra parte ricorrente le fonti normative che prevedono l’obbligo del Ministero della Giustizia di emanare gli atti necessari per la realizzazione della banca dati in questione, prevista dall’art. 40 della legge n. 149 del 2001, da istituire entro 180 giorni dall’entrata in vigore della legge medesima, precisando come con decreto ministeriale n. 91 del 2004 è stato adottato il regolamento recante le modalità attuative della banca dati, mentre con decreto ministeriale n. 15025 del 2004 sono state adottate le regole procedurali per l’attivazione della banca dati, prevedendo che la stessa sia preceduta da un decreto dirigenziale che ne accerti l’installazione e l’idoneità dello strumento e del sistema di autorizzazione unitamente alla funzionalità dei servizi di comunicazione.
Nell’evidenziare come con il decreto ministeriale n. 91 del 2004 è stata prevista l’informatizzazione della gestione della banca dati in questione e come la relativa procedura debba essere completata con l’attivazione della fase di collaudo, evidenzia parte ricorrente come le finalità cui la banca dati deve rispondere avrebbero potuto essere realizzate, medio tempore, anche con altri mezzi e con canali già operanti.
Chiede, quindi, parte ricorrente l’accertamento, ai sensi degli artt. 1 e 3 del D.Lgs. n. 198 del 2009, dell'inadempimento del Ministero della Giustizia in relazione alla mancata emanazione, nei termini ex lege previsti, degli atti amministrativi necessari ad istituire la banca dati dei minori adottabili e delle coppie disponibili all'adozione prevista dall’art. 40, comma 1, della legge n. 149 del 2001 e dai decreti ministeriali n. 91 e n. 15025 del 2004, nonchè la condanna del Ministero della Giustizia a porre rimedio al proprio inadempimento entro un termine fissato, adottando gli atti idonei e necessari all’istituzione ed all’attivazione della banca dati dei minori adottabili e delle coppie disponibili all'adozione.
Si è costituita in resistenza l’intimata Amministrazione puntualmente rappresentando gli adempimenti posti in essere per la realizzazione della banca dati in questione e lo stato di avanzamento della relativa procedura, avanzando dubbi in ordine alla sussistenza della legittimazione ad agire in capo all’associazione ricorrente ed eccependo la mancanza di interesse ad agire della stessa, deducendo altresì l’infondatezza del ricorso con richiesta di corrispondente pronuncia.
Con memoria successivamente depositata parte ricorrente ha controdedotto a quanto ex adverso sostenuto ulteriormente argomentando.
Alla pubblica udienza del 4 luglio 2012 la causa è stata chiamata e trattenuta per la decisione, come da verbale.

DIRITTO
Con il ricorso in esame è azionato il rimedio introdotto dall’art. 1, comma 1, del D. Lgs. 20 dicembre 2009 n. 198, recante attuazione dell'articolo 4 della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ricorso per l'efficienza delle amministrazioni e dei concessionari di servizi pubblici – c.d. ‘class action’.
In particolare, l’associazione odierna ricorrente, nella dichiarata qualità di ente rappresentativo degli interessi dei minori adottabili e di quelli delle coppie disponibili all’adozione, chiede l’accertamento, ai sensi degli artt. 1 e 3 del D.Lgs. n. 198 del 2009, dell'inadempimento del Ministero della Giustizia in relazione alla mancata emanazione, nei termini ex lege previsti, degli atti amministrativi necessari ad istituire la banca dati dei minori adottabili e delle coppie disponibili all'adozione prevista dall’art. 40, comma 1, della legge n. 149 del 2001 e dai decreti ministeriali n. 91 e n. 15025 del 2004, nonché la condanna di detto Dicastero a porre rimedio al proprio inadempimento entro un termine fissato, adottando gli atti idonei e necessari all’istituzione ed all’attivazione della banca dati in questione.
La delibazione in ordine alla domanda proposta transita, ai fini della verifica della sua ammissibilità ed eventuale fondatezza, attraverso la previa breve ricognizione della fisionomia dell’istituto e dei relativi presupposti.
In tale direzione, va ricordato che l’art. 1 del D.Lgs. n. 198 del 2009, nell’introdurre e disciplinare il ricorso per l'efficienza delle amministrazioni e dei concessionari di servizi pubblici, prevede che “Al fine di ripristinare il corretto svolgimento della funzione o la corretta erogazione di un servizio, i titolari di interessi giuridicamente rilevanti ed omogenei per una pluralità di utenti e consumatori possono agire in giudizio, con le modalità stabilite nel presente decreto, nei confronti delle amministrazioni pubbliche e dei concessionari di servizi pubblici, se derivi una lesione diretta, concreta ed attuale dei propri interessi, dalla violazione di termini o dalla mancata emanazione di atti amministrativi generali obbligatori e non aventi contenuto normativo da emanarsi obbligatoriamente entro e non oltre un termine fissato da una legge o da un regolamento, dalla violazione degli obblighi contenuti nelle carte di servizi ovvero dalla violazione di standard qualitativi ed economici stabiliti, per i concessionari di servizi pubblici, dalle autorità preposte alla regolazione ed al controllo del settore e, per le pubbliche amministrazioni, definiti dalle stesse in conformità alle disposizioni in materia di performance contenute nel decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, coerentemente con le linee guida definite dalla Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 13 del medesimo decreto e secondo le scadenze temporali definite dal decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150”.
La proponibilità dell’azione è, quindi, subordinata alla ricorrenza di tre distinti e tassativi comportamenti tipizzati, ovvero la violazione di termini o la mancata emanazione di atti amministrativi generali obbligatori e non aventi contenuto normativo da emanarsi obbligatoriamente entro e non oltre un termine fissato da una legge o da un regolamento; la violazione degli obblighi contenuti nelle carte di servizi; la violazione di standard qualitativi ed economici stabiliti per i concessionari di servizi pubblici, dalle autorità preposte alla regolazione ed al controllo del settore e per le pubbliche amministrazioni coerentemente con le linee guida definite dalla Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 13 del medesimo decreto e secondo le scadenze temporali definite dal decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150.
Trattasi di violazioni, suscettibili di ledere la situazione giuridica presa in considerazione dalla norma, riferibili a disfunzioni strutturali dell’apparato amministrativo, non limitate a singoli casi, alla cui eliminazione il rimedio è finalizzato.
La domanda all’esame del Collegio, in quanto volta a lamentare la lesione discendente dalla mancata emanazione degli atti necessari per l’attivazione della banca dati di cui all’art. 40, comma 1, della legge n. 149 del 2001 - il quale ne prevede l’istituzione entro 180 giorni dall’entrata in vigore della legge – va ricondotta alla prima delle indicate tipologie di violazioni cui è subordinata l’esperibilità del rimedio.
Avuto riguardo alla vigenza ed applicabilità delle disposizioni recate dall’art. 1 del D.Lgs. n. 198 del 2009 alla luce della previsione contenuta nella disposizione transitoria di cui all’art. 7 del D.Lgs. n. 198 del 2009 – la quale subordina la concreta attuazione del testo normativo alla definizione degli obblighi contenuti nella carte di servizi e gli standard qualitativi ed economici ad opera di decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri - rileva il Collegio, in adesione all’orientamento giurisprudenziale formatosi sul punto (TAR Lazio – Roma - Sez. III, 20 gennaio 2011, n. 552; Sez. II, 30 luglio 2012 n. 7028; T.A.R. Sicilia - Palermo - Sez. I - 4 aprile 2012, n. 707), da cui non si ravvisano ragioni per discostarsi, che l’azione per l’efficienza delle pubbliche amministrazioni non risulta in alcun modo subordinata all’adozione di atti attuativi, nella forma di decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, nelle ipotesi in cui il legislatore abbia già delineato il comportamento esigibile da parte dell’Amministrazione, come avviene nei casi in cui venga lamentata – come nella fattispecie in esame - l’omissione o la tardiva emanazione di atti amministrativi generali obbligatori non aventi contenuto normativo, dovendosi la disposizione transitoria di cui all’art. 7 del D.Lgs. in esame intendersi riferita esclusivamente alle diverse ipotesi relative alla violazione degli obblighi contenuti nelle carte di servizi ed alla violazione di standard qualitativi ed economici, per le quali la condotta lesiva necessita di una ulteriore disciplina normativa ai fini della concreta applicazione della tutela prevista.
Il rinvio della concreta attuazione delle previsioni recate dal D.Lgs. n. 198 del 2009 alla definizione degli obblighi contenuti nelle carte di servizi e degli standard qualitativi ed economici ad opera di decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, di cui alla norma transitoria contenuta nell'art. 7 del citato testo legislativo, non può dunque estendersi a quelle norme, da quest’ultimo introdotte, che individuano fattispecie completamente definite in ogni loro aspetto, ivi compresa l'esatta perimetrazione del comportamento lesivo, quale l'obbligo di "emanazione di atti amministrativi generali obbligatori e non aventi contenuto normativo da emanarsi obbligatoriamente entro e non oltre un termine fissato da una legge o da un regolamento".
In tale fattispecie è invero compiutamente predeterminata la posizione giuridica tutelata, che è correlata all'emanazione di un atto le cui caratteristiche sono declinate direttamente dal legislatore, è regolamentata l'azione in relazione a tutti i profili rilevanti, è disciplinato il conseguente processo.
Avuto riguardo alla legittimazione ad agire, che il citato comma 1 dell’art. 1 del D.Lgs. n. 198 del 2009 attribuisce ai titolari di interessi giuridicamente rilevanti ed omogenei per una pluralità di utenti e consumatori – e quindi a soggetti singoli appartenenti a tale collettività - la stessa è altresì riconosciuta dal comma 4 del citato art. 1, ricorrendo i presupposti indicati da detto comma 1, anche alle associazioni o comitati per la tutela degli interessi dei propri associati, appartenenti a tale pluralità.
La class action per l’efficienza della pubblica amministrazione è, quindi, normativamente delineata quale strumento di tutela di interessi diffusi collettivi – dovendo le situazioni giuridiche rilevanti essere ‘plurali ed omogenee per una pluralità di utenti e consumatori’ ed essendo conseguentemente la situazioni giuridica protetta quella pluralistica – azionabile sia da parte del singolo soggetto, titolare dell’interesse indifferenziato relativo ad un bene della vita omogeneo per tutti gli appartenenti alla pluralità, che abbia subito una lesione diretta, concreta ed attuale dei propri interessi – così elevando gli interessi diffusi ad interessi individualmente azionabili - nonchè da parte di associazioni o enti rappresentativi di tali interessi.
Poste tali brevi premesse di ordine ricostruttivo, occorre procedere allo scrutinio di ammissibilità della proposta azione.
Con riferimento alla legittimazione ad agire – della cui sussistenza in capo all’associazione ricorrente la resistente Amministrazione dubita – osserva il Collegio che oggetto della tutela, nel caso di specie, sono gli interessi, facenti capo ad una peculiare categoria di soggetti, ovvero i minori adottabili e le coppie disponibili all’adozione, il cui interesse si assume leso dalla mancata realizzazione della banca dati dei minori adottabili e delle coppie disponibili all'adozione prevista dall’art. 40, comma 1, della legge n. 149 del 2001 e dai decreti ministeriali n. 91 e n. 15025 del 2004, per effetto della mancata adozione di atti amministrativi generali obbligatori e non aventi contenuto normativo da emanarsi obbligatoriamente entro e non oltre il termine di 180 giorni fissato dal citato articolo.
In applicazione del richiamato art. 1, commi 1 e 4, del D.Lgs. n. 198 del 2009 va affermata la legittimazione dell’associazione ricorrente alla proposizione del ricorso in esame, avendo la stessa dimostrato di perseguire statutariamente lo scopo di promuovere e garantire il diritto del minore ad avere una famiglia, svolgendo la propria attività nel campo delle adozioni nazionali ed internazionali
Dovendo la legittimazione delle associazioni alla proposizione dell’azione per l’efficienza delle pubbliche amministrazioni essere vagliata alla luce delle finalità statutarie dell’ente e verificata in concreto in relazione alla natura e alla tipologia dell’interesse leso, al fine di accertare se l’ente ricorrente sia statutariamente deputato alla tutela di quello specifico interesse “omogeneo per una pluralità di utenti e di consumatori”, può affermarsi che le associazioni possono proporre l’azione contemplata dal D.Lgs n. 198 del 2009 in quanto le stesse dimostrino di possedere sufficienti indici di rappresentatività degli interessi diffusi di una particolare categoria di utenti, trasformandosi gli interessi diffusi in interessi collettivi una volta “soggettivizzati” in capo all’ ente esponenziale che agisce a tutela di interessi omogenei del gruppo.
Alla luce delle illustrate coordinate, deve ritenersi sussistente la legittimazione ad agire in capo all’associazione ricorrente in quanto rappresentativa proprio dello specifico interesse asseritamente leso dal Ministero della Giustizia con la mancata attuazione della banca dati dei minori adottabili e dei coniugi disponibili all’adozione alla luce degli scopi e delle attività statutariamente stabiliti.
Positivamente delibata l’ammissibilità dell’azione e la legittimazione ad agire in capo all’associazione ricorrente, occorre scrutinare la sussistenza dell’ulteriore condizione dell’azione costituita dall’interesse al ricorso.
A mente dell'art. 1 comma 1 del D.Lgs. n. 198 del 2009 - riproduttivo delle regola processuale generale - la proposizione dell’azione è condizionata alla sussistenza di una “lesione diretta, concreta ed attuale”, derivante dalle ipotesi tipizzate di violazioni od omissioni dell’amministrazione.
Con tale previsione il legislatore - richiedendo che sia dimostrata la sussistenza di un interesse che, al di là della sua natura, abbia una sua concretezza e sia stato o sia suscettibile di essere leso dai comportamenti tassativamente enucleati - intende evidentemente stemperare la portata dell’ampliamento della legittimazione ad agire, al fine di evitare che l’azione in discorso trasmodi in un’azione popolare sino a diventare uno strumento di controllo oggettivo e generalizzato dell’operato della P.A. e quindi un modello alternativo alla funzione di controllo politico-amministrativo.
Se, dunque, non è sufficiente che il ricorrente si limiti a dedurre l’inefficienza in cui la pubblica amministrazione sia eventualmente incorsa, dovendo egli anche dedurre la lesione personale che abbia subito o che possa subire al proprio interesse, omogeneo a quello di una determinata classe di utenti o consumatori, deve ritenersi, con riferimento all’associazione ricorrente, la sussistenza di tale interesse in quanto connesso ai requisiti di adeguata rappresentatività che ne fondano la legittimazione ad agire.
Ritiene, infatti, il Collegio che qualora l’azione per l’efficienza di cui all’art. 1 del D.Lgs n. 198 del 2009 sia presentata da un ente a tutela di un interesse collettivo l’accertamento della lesività non possa che essere compiuto in astratto in relazione all’effettiva capacità di tutela degli interessi della categoria che si assume lesa dall’inefficienza amministrativa ed al nesso della violazione denunciata con le finalità statutarie perseguite dall’ente.
Se infatti in caso di azione per l’efficienza proposta da un singolo, ai sensi dell’art. 1, comma 1, del D.Lgs. n. 198 del 2009, deve apprezzarsi quale sia l’interesse concreto al ricorso, essenzialmente al fine di verificare l’omogeneità dell’interesse del ricorrente rispetto a quello della classe che egli pretende di rappresentare, nel caso, invece, di una analoga azione proposta da un ente esponenziale è la stessa rappresentatività dell’ente associativo rispetto ad un particolare categoria di utenti o consumatori a consentire di verificare l’omogeneità dell’interesse dell’ente ricorrente rispetto a quello della classe che questo assume di rappresentare. Ed una tale verifica non può che passare attraverso la valutazione del grado di rappresentatività dell’ente e del suo fine statutario, che deve contemplare proprio la garanzia di quei particolari interessi che si intendono tutelare con il ricorso.
Ciò posto, non può che ulteriormente evidenziarsi il nesso tra la finalità perseguita dalla normativa recante l’istituzione della banca dati delle adozioni – ispirata al riconosciuto diritto del minore ad una famiglia e volta a favorire il miglior esito del procedimento di adozione attraverso una rete di informazione e di collegamento tra tutti i tribunali – e gli scopi statutari perseguiti dall’associazione ricorrente, volti a promuovere e garantire il diritto del minore ad avere una famiglia attraverso l’accoglienza familiare e l’istituto dell’adozione, cosicchè il raccordo tra le finalità della normativa di cui si assume la lesione attraverso la proposizione della class action e gli scopi statutari dell’associazione ricorrente integrano il presupposto dell’interesse ad agire come veicolato dalla lesione della situazione giuridica soggettiva pluralistica cui tale interesse inerisce e di cui viene chiesta la tutela.
Delibata l’ammissibilità dell’azione come proposta e riferita all’associazione ricorrente, occorre ulteriormente rilevare, in rito, che risultano osservati gli adempimenti preliminari previsti dal D.Lgs. n. 198 del 2009 ai fini della proponibilità del ricorso, avendo parte ricorrente preventivamente notificato, in ossequio a quanto previsto dall’art. 3 comma 1, del testo normativo in esame, al soggetto poi evocato in giudizio, una diffida ad adottare, entro il termine di novanta giorni, gli atti previsti dall’art. 40 della legge n. 149 del 2001 e dai decreti ministeriali n. 91 del 2004 e n. 15025 del 2004.
Parte ricorrente ha altresì illustrato le ragioni per le quali il riscontro fornito dall'Amministrazione non possa considerarsi sufficiente a rimuovere la situazione denunciata, deducendo la persistenza della allegata omessa adozione degli atti necessari alla realizzazione della banca dati in questione (cfr. art. 3, comma 2) ed ha proposto il ricorso entro il termine perentorio di un anno dalla scadenza del termine indicato nella diffida (art. 3, comma 2).
Avuto riguardo al merito del ricorso, il Collegio ne ritiene la fondatezza.
L’azione, come anticipato, va ricondotta all’ipotesi, tipizzata dall’art. 1, comma 1, del D.Lgs. n. 198 del 2009, di omessa adozione di atti amministrativi generali obbligatori, di contenuto non normativo, da emanarsi entro il termine di 180 giorni dall’entrata in vigore della legge n. 149 del 2001, come previsto dall’art. 40 della stessa, che disciplina l’istituzione della banca dati dei minori adottabili e delle coppie disponibili all’adozione.
Prevede tale norma che “Per le finalità perseguite dalla presente legge è istituita, entro e non oltre centottanta giorni dalla data della sua entrata in vigore, anche con l'apporto dei dati forniti dalle singole regioni, presso il Ministero della giustizia, una banca dati relativa ai minori dichiarati adottabili, nonché ai coniugi aspiranti all'adozione nazionale e internazionale, con indicazione di ogni informazione atta a garantire il miglior esito del procedimento. I dati riguardano anche le persone singole disponibili all'adozione in relazione ai casi di cui all'articolo 44 della legge 4 maggio 1983, n. 184, come sostituito dall'articolo 25 della presente legge.”
Il quadro normativo di riferimento cui parametrare la violazione denunciata con la proposta azione si completa con la prevista adozione di una disciplina regolamentare – stabilendo il comma 3 dell’art. 40 in esame che “Con regolamento del Ministro della giustizia sono disciplinate le modalità di attuazione e di organizzazione della banca dati, anche per quanto attiene all'adozione dei dispositivi necessari per la sicurezza e la riservatezza dei dati” – che è stata dettata con D.M. 24 febbraio 2004, n. 91, recante modalità di attuazione e organizzazione della banca di dati relativa ai minori dichiarati adottabili – il quale stabilisce, all’art. 2, che la banca di dati è costituita presso il Dipartimento per la giustizia minorile e consente qualunque operazione o complesso di operazioni, effettuati anche senza l'ausilio di strumenti elettronici, concernenti la raccolta, la registrazione, l'organizzazione, la conservazione, la consultazione, l'elaborazione, la modificazione, la selezione, l'estrazione, il raffronto, l'utilizzo, l'interconnessione, il blocco, la comunicazione, la diffusione, la cancellazione e la distruzione di dati – nonché con D.M. n. 15025 del 14 luglio 2004, con cui vengono stabilite le regole procedurali di carattere tecnico-operativo per la definizione di dettaglio della gestione della banca dati delle adozioni, prevedendosi in particolare, all’art. 38, che l'attivazione della banca dati “è preceduta da un decreto dirigenziale, emesso d'intesa dal Capo del Dipartimento per la giustizia minorile e dal Direttore generale per i sistemi informativi automatizzati, che accerta la installazione e la idoneità dello strumento elettronico e del sistema di autorizzazione, unitamente alla funzionalità dei servizi di comunicazione”.
L’illustrata normativa individua pertanto un preciso obbligo a carico dell’Amministrazione della Giustizia, ovvero la costituzione della banca dati dei minori dichiarati adottabili e delle coppie aspiranti all’adozione nazionale ed internazionale, ed un termine entro il quale la realizzazione di tale banca dati deve avvenire, ovvero 180 giorni dall’entrata in vigore della legge n. 149 del 28 marzo 2001.
Quanto alla natura degli atti di cui viene denunciata la mancata adozione, deve osservarsi che una volta adottati gli atti regolamentari previsti dall’art. 40 della citata legge, la procedura di realizzazione della banca dati, per come disciplinata a livello regolamentare, deve completarsi con l’adozione di un decreto dirigenziale che accerti la installazione e la idoneità dello strumento elettronico e del sistema di autorizzazione, unitamente alla funzionalità dei servizi di comunicazione.
Non vi è dubbio, quindi, che venga in rilievo un atto generale obbligatorio di natura non normativa, la cui mancata adozione consente di accedere alla tutela prevista dal D.Lgs. n. 198 del 2009, derivando la lesione della pluralità degli utenti, di cui si duole l'associazione, dalla "mancata emanazione di atti amministrativi generali obbligatori e non aventi contenuto normativo da emanarsi obbligatoriamente entro e non oltre un termine fissato da una legge o da un regolamento" (art. 1, cit.).
Se il decreto dirigenziale previsto dal D.M. n. 15025 del 2004 va qualificato quale atto generale obbligatorio, la fattispecie astratta prevista dall’art. 1 del D.Lgs. n. 198 del 2009 si realizza per effetto della previsione del termine di 180 giorni stabilito dall’art. 40 della legge n. 149 del 2001, non potendo incidere sull’obbligo normativo di creazione della banca dati entro un termine fissato dalla legge, vanificandolo, la mancata previsione, da parte degli atti regolamentari, di un ulteriore termine entro il quale completare la procedura di creazione di una banca dati informatizzata con l’adozione del previsto decreto dirigenziale.
L’opzione di cui alla disciplina regolamentare – segnatamente, il D.M. n. 15025 del 2004 - per la realizzazione di una banca dati delle adozioni attraverso un sistema informativo ed i conseguenti appesantimenti procedurali, puntualmente evidenziati dall’Amministrazione resistente, non consentono invero di optare per l’inesistenza dell’inadempimento all’obbligo imposto da una norma di legge entro un preciso termine.
Al riguardo, aderendo alla prospettazione di parte ricorrente, che trova avallo nella disciplina di fonte primaria, deve osservarsi che la creazione di una banca dati delle adozioni non necessariamente avrebbe dovuto avvenire tramite sistema informatizzato, peraltro progettato come sottosistema autonomo del più ampio progetto di informatizzazione della giustizia minorile, potendo la creazione di un archivio generale strutturato su base nazionale trovare attuazione con sistemi diversi e alternativi di più rapida realizzazione, non potendosi sul punto convenire con quanto rappresentato dalla difesa erariale circa la non praticabilità di diverse modalità di scambio di informazioni tra i tribunali, ben potendo le evidenziate esigenze di riservatezza connesse ai dati sensibili coinvolti essere tutelate attraverso adeguate misure organizzative e di rappresentazione delle informazioni.
In ragione delle illustrate considerazioni, non conduce a conclusioni favorevoli alla tesi prospettata dalla difesa erariale la rappresentata considerazione che essendo il decreto dirigenziale l’unico residuale adempimento prodromico all’attivazione della banca dati, la cui emanazione implica il completamento dell’attività tecnica di realizzazione del sistema informativo, ormai prossimo alla definitiva realizzazione, dalla sua adozione non potrebbe derivare la concreta attivazione della banca dati laddove l’installazione dello strumento informatico non sia stata completata e non ne sia stata verificata l’idoneità e la funzionalità, dovendo al riguardo osservarsi che l’opzione dell’Amministrazione per la gestione informatica della banca dati facente parte del più ampio progetto di informatizzazione della giustizia minorile non può vanificare l’obbligo legislativamente imposto di realizzare la banca dati in questione entro un termine stabilito, ormai da lungo tempo decorso, dovendosi optare per una lettura sostanzialistica ed utile della norma che ne ha imposto la realizzazione della banca dati delle adozioni.
Il quadro normativo delinea, infatti, chiaramente il comportamento esigibile dall’Amministrazione, consistente nella realizzazione di una banca dati dei minori adottabili e delle coppie disponibili all’adozione entro un termine prefissato, incombendo conseguentemente sull’Amministrazione l’obbligo di adottare gli atti di carattere tecnico ed organizzativo finalizzati alla realizzazione della stessa.
Né all’adempimento di tale obbligo sono opponibili gli invocati limiti derivanti dalle risorse tecniche e finanziarie, dovendosi al riguardo rilevare come l’art. 40 della legge n. 149 del 2001 abbia espressamente stabilito che dalla creazione della banca dati in questione non dovessero derivare nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato, il che rende conseguentemente esigibile il comportamento entro il termine assegnato tenuto conto delle risorse assegnate, dovendo pertanto ritenersi positivamente accertata l’oggettiva inadempienza dell’Amministrazione per effetto della disfunzione attinente alla tempestività dell’azione rispetto ad un termine normativamente assegnato.
Il limite, di cui all’art. 1, comma 1-bis, del D.Lgs. n. 198 del 2009 – ai sensi del quale “Nel giudizio di sussistenza della lesione di cui al comma 1 il giudice tiene conto delle risorse strumentali, finanziarie e umane concretamente a disposizione delle parti intimate” – il quale subordina l’accertamento di uno dei presupposti dell’azione, costituito dalla lesione diretta, concreta ed attuale di interessi giuridicamente rilevanti ed omogenei per una pluralità di utenti e consumatori, alla esigibilità del comportamento dovuto, che deve essere vagliato alla luce delle risorse strumentali, finanziarie, e umane concretamente a disposizione, introducendo una sorta di clausola rebus sic stantibus, riveste una connotazione particolare ed affievolita in relazione all'ipotesi specifica dell'omissione di atti obbligatori per legge, dal momento che la valutazione dell’esigibilità del comportamento risulta essere stata rimessa ed esercitata dal legislatore al momento dell’imposizione dell’obbligo previsto dalla legge, non potendo quindi il limite delle risorse avere specifico rilievo in caso di inerzia e di omissione di atti generali obbligatori da adottarsi entro un termine legislativamente stabilito.
La disposizione di cui al comma 1-bis dell’art. 1 del D.Lgs. n. 198 del 2009 non offre quindi alcun utile argomento per sostenere l’insussistenza dell’inerzia, la quale risulta integrata per effetto della mancata adozione degli atti necessari per la realizzazione della banca dati delle adozioni nel termine previsto dall’art. 40 della legge n. 149 del 2001.
Alla stregua delle considerazioni svolte, in accoglimento del ricorso, a fronte dell’accertato inadempimento all’obbligo di cui alla descritta normativa, che delinea in modo chiaro il comportamento esigibile dall’intimata Amministrazione ed il termine entro cui deve essere posto in essere, va dichiarato l’obbligo ricadente sulla stessa di adottare gli atti generali di carattere tecnico ed organizzativo finalizzati alla realizzazione della banca dati dei minori adottabili e delle coppie disponibili all’adozione, entro il termine che si ritiene congruo fissare in 90 (novanta) giorni dalla comunicazione o notificazione della presente sentenza, all’uopo utilizzando le risorse strumentali, finanziarie ed umane già assegnate in via ordinaria e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
Le spese di giudizio, stante la peculiarità della vicenda processuale, possono equamente compensarsi tra le parti.

P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
- Roma - Sezione Prima
definitivamente pronunciando sul ricorso N. 370/2012 R.G., come in epigrafe proposto, lo accoglie e, accertata la mancata realizzazione della banca dati dei minori adottabili e delle coppie disponibili all’adozione di cui all’art. 40 della legge n. 149 del 2001 nel termine ivi previsto e la mancata adozione degli atti necessari a tale fine, ordina al Ministero della Giustizia, in persona del legale rappresentante pro tempore, di porre in essere gli adempimenti necessari alla realizzazione di tale banca dati, attraverso l'emanazione dei necessari atti, entro giorni 90 dalla comunicazione o notificazione della presente sentenza, all'uopo utilizzando le risorse strumentali, finanziarie ed umane già assegnate in via ordinaria e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 luglio 2012 con l'intervento dei magistrati:
Calogero Piscitello, Presidente
Roberto Politi, Consigliere
Elena Stanizzi, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 01/10/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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