PROCESSO:
le condizioni processuali dell'azione per l'efficienza
"ex" art. 1 del D.Lgs. n. 198/99
(T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, 1 ottobre 2012 n. 8231)
Massima
Qualora l'azione per
l'efficienza di cui all'art. 1, D.Lgs. n. 198 del 2009 sia presentata da un ente
a tutela di un interesse collettivo l'accertamento della lesività non può che
essere compiuto in astratto in relazione all'effettiva capacità di tutela degli
interessi della categoria che si assume lesa dall'inefficienza amministrativa e
al nesso della violazione denunciata con le finalità statutarie perseguite
dall'ente.
Se, infatti, in caso di azione per l'efficienza proposta da un
singolo, ai sensi dell'art. 1 comma 1, D.Lgs. n. 198 del 2009, deve apprezzarsi
quale sia l'interesse concreto al ricorso, essenzialmente al fine di verificare
l'omogeneità dell'interesse del ricorrente rispetto a quello della classe che
egli pretende di rappresentare, nel caso, invece, di una analoga azione
proposta da un ente esponenziale è la stessa rappresentatività dell'ente
associativo rispetto ad una particolare categoria di utenti o consumatori a
consentire di verificare l'omogeneità dell'interesse dell'ente ricorrente rispetto
a quello della classe che questo assume di rappresentare.
E una tale verifica
non può che passare attraverso la valutazione del grado di rappresentatività
dell'ente e del suo fine statutario, che deve contemplare proprio la garanzia
di quei particolari interessi che si intendono tutelare con il ricorso.
Sentenza per esteso
INTESTAZIONE
Il
Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione
Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro
generale 370 del 2012, proposto da:
AI.BI. - Associazione Amici dei Bambini Onlus, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Enrica Dato, dall’Avv. Daniela Frascella e dall’Avv. Cesare Milani, con domicilio eletto presso lo Studio dell’Avv. Ernesto Grandinetti sito in Roma, Via della Croce, 44;
AI.BI. - Associazione Amici dei Bambini Onlus, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Enrica Dato, dall’Avv. Daniela Frascella e dall’Avv. Cesare Milani, con domicilio eletto presso lo Studio dell’Avv. Ernesto Grandinetti sito in Roma, Via della Croce, 44;
contro
- il MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in
persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso per legge
dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi,
12;
per
ottenere
- l’accertamento, ai sensi degli artt.
1 e 3 del D.Lgs. n. 198 del 2009, dell'inadempimento del Ministero della
Giustizia in relazione alla mancata emanazione, nei termini ex lege previsti,
degli atti amministrativi necessari ad istituire la banca dati dei minori
adottabili e delle coppie disponibili all'adozione prevista dall’art. 40, comma
1, della legge n. 149 del 2001 e dai decreti ministeriali n. 91 e n. 15025 del
2004 - class action;
- la condanna del Ministero della
Giustizia a porre rimedio al proprio inadempimento entro un termine fissato,
adottando gli atti idonei e necessari all’istituzione ed all’attivazione della
banca dati dei minori adottabili e delle coppie disponibili all'adozione;
Visti il ricorso e i relativi
allegati;
Visto l'atto di costituzione in
giudizio del Ministero della Giustizia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del
giorno 4 luglio 2012 il Consigliere Elena Stanizzi e uditi per le parti i
difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto in fatto e considerato in
diritto quanto segue.
FATTO
Espone in fatto l’associazione odierna
ricorrente - premessi cenni in ordine alla propria natura, obiettivi statutari
ed attività – di aver trasmesso al Ministero della Giustizia, in data 24
febbraio 2011, atto di diffida stragiudiziale ai sensi dell’art. 3 della legge
n. 198 del 2009 al fine di ottenere l’adozione di tutti gli atti necessari per
la creazione della banca dati dei minori adottabili e delle coppie disponibili
all'adozione prevista dall’art. 40, comma 1, della legge n. 149 del 2001 e dai
decreti ministeriali n. 91 e n. 15025 del 2004.
A tale diffida il Ministero della
Giustizia ha dato riscontro con nota del 27 maggio 2011, rappresentando di aver
posto in essere adempimenti prodromici alla creazione di detta banca dati di
cui alcuni tuttora in fase di svolgimento.
Nel rappresentare parte ricorrente la
mancata adozione del decreto dirigenziale che accerti l’installazione e
l’idoneità dello strumento elettronico e del sistema di autorizzazione previsto
dall’art. 38, comma 2, del decreto ministeriale n. 15025 del 2004, e quindi la
perdurante violazione degli obblighi inerenti la creazione della banca dati dei
minori adottabili, deduce a sostegno della proposta azione i seguenti motivi di
diritto:
1- Sussistenza delle condizioni che
rendono proponibile il ricorso.
Nel richiamare parte ricorrente le
previsioni di cui alla legge n. 198 del 2009 in materia di azione per
l’efficienza della Pubblica Amministrazione, afferma l’ammissibilità
dell’azione a fronte della mancata adozione, da parte del Ministero della
Giustizia, degli atti amministrativi obbligatori necessari a consentire
l’istituzione e l’attivazione della banca dati di cui all’art. 40, comma 1,
della legge n. 149 del 2001 nonostante il decorso di 90 giorni dalla diffida a
provvedere allo stesso indirizzata.
Con riguardo alla legittimazione ad
agire, parte ricorrente la riconduce alla propria natura di ente
rappresentativo degli interessi dei minori adottabili e di quelli delle coppie
disponibili all’adozione, evidenziando la lesione all’interesse alla formazione
di una famiglia attraverso l’adozione derivante dalla mancata attivazione della
banca dati in questione in ragione delle finalità cui la stessa risponde.
2 – Violazione e falsa applicazione
dell’art. 1, comma 1, del D.Lgs. n. 198 del 2009, dell’art. 40, comma 1, del
D.Lgs. n. 149 del 2001 e dell’art. 38, comma 2, del decreto del Ministro della
Giustizia n. 15025 del 2004, per non avere il Ministero della Giustizia
provveduto all’emanazione degli atti amministrativi necessari ad istituire ed
attivare la banca dati di cui all’art. 40 della legge n. 149 del 2001.
Violazione dell’art. 3, comma 1, del D.Lgs. n. 198 del 2009 per mancata o
quantomeno parziale eliminazione da parte del Ministero della Giustizia della
situazione di inadempimento nonostante la diffida notificata dalla ricorrente.
Arresto procedimentale, violazione dell’art. 3 della Convenzione delle Nazioni
Unite sui diritti del fanciullo con riferimento all’art. 10 della Costituzione.
Illustra parte ricorrente le fonti
normative che prevedono l’obbligo del Ministero della Giustizia di emanare gli
atti necessari per la realizzazione della banca dati in questione, prevista
dall’art. 40 della legge n. 149 del 2001, da istituire entro 180 giorni
dall’entrata in vigore della legge medesima, precisando come con decreto
ministeriale n. 91 del 2004 è stato adottato il regolamento recante le modalità
attuative della banca dati, mentre con decreto ministeriale n. 15025 del 2004
sono state adottate le regole procedurali per l’attivazione della banca dati,
prevedendo che la stessa sia preceduta da un decreto dirigenziale che ne
accerti l’installazione e l’idoneità dello strumento e del sistema di
autorizzazione unitamente alla funzionalità dei servizi di comunicazione.
Nell’evidenziare come con il decreto
ministeriale n. 91 del 2004 è stata prevista l’informatizzazione della gestione
della banca dati in questione e come la relativa procedura debba essere
completata con l’attivazione della fase di collaudo, evidenzia parte ricorrente
come le finalità cui la banca dati deve rispondere avrebbero potuto essere
realizzate, medio tempore, anche con altri mezzi e con canali già operanti.
Chiede, quindi, parte ricorrente
l’accertamento, ai sensi degli artt. 1 e 3 del D.Lgs. n. 198 del 2009,
dell'inadempimento del Ministero della Giustizia in relazione alla mancata
emanazione, nei termini ex lege previsti, degli atti amministrativi necessari
ad istituire la banca dati dei minori adottabili e delle coppie disponibili
all'adozione prevista dall’art. 40, comma 1, della legge n. 149 del 2001 e dai
decreti ministeriali n. 91 e n. 15025 del 2004, nonchè la condanna del
Ministero della Giustizia a porre rimedio al proprio inadempimento entro un
termine fissato, adottando gli atti idonei e necessari all’istituzione ed
all’attivazione della banca dati dei minori adottabili e delle coppie
disponibili all'adozione.
Si è costituita in resistenza
l’intimata Amministrazione puntualmente rappresentando gli adempimenti posti in
essere per la realizzazione della banca dati in questione e lo stato di
avanzamento della relativa procedura, avanzando dubbi in ordine alla
sussistenza della legittimazione ad agire in capo all’associazione ricorrente
ed eccependo la mancanza di interesse ad agire della stessa, deducendo altresì
l’infondatezza del ricorso con richiesta di corrispondente pronuncia.
Con memoria successivamente depositata
parte ricorrente ha controdedotto a quanto ex adverso sostenuto ulteriormente
argomentando.
Alla pubblica udienza del 4 luglio
2012 la causa è stata chiamata e trattenuta per la decisione, come da verbale.
DIRITTO
Con il ricorso in esame è azionato il
rimedio introdotto dall’art. 1, comma 1, del D. Lgs. 20 dicembre 2009 n. 198,
recante attuazione dell'articolo 4 della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia
di ricorso per l'efficienza delle amministrazioni e dei concessionari di
servizi pubblici – c.d. ‘class action’.
In particolare, l’associazione odierna
ricorrente, nella dichiarata qualità di ente rappresentativo degli interessi
dei minori adottabili e di quelli delle coppie disponibili all’adozione, chiede
l’accertamento, ai sensi degli artt. 1 e 3 del D.Lgs. n. 198 del 2009,
dell'inadempimento del Ministero della Giustizia in relazione alla mancata
emanazione, nei termini ex lege previsti, degli atti amministrativi necessari
ad istituire la banca dati dei minori adottabili e delle coppie disponibili
all'adozione prevista dall’art. 40, comma 1, della legge n. 149 del 2001 e dai
decreti ministeriali n. 91 e n. 15025 del 2004, nonché la condanna di detto
Dicastero a porre rimedio al proprio inadempimento entro un termine fissato,
adottando gli atti idonei e necessari all’istituzione ed all’attivazione della
banca dati in questione.
La delibazione in ordine alla domanda
proposta transita, ai fini della verifica della sua ammissibilità ed eventuale
fondatezza, attraverso la previa breve ricognizione della fisionomia
dell’istituto e dei relativi presupposti.
In tale direzione, va ricordato che
l’art. 1 del D.Lgs. n. 198 del 2009, nell’introdurre e disciplinare il ricorso
per l'efficienza delle amministrazioni e dei concessionari di servizi pubblici,
prevede che “Al fine di ripristinare il corretto svolgimento della funzione o
la corretta erogazione di un servizio, i titolari di interessi giuridicamente
rilevanti ed omogenei per una pluralità di utenti e consumatori possono agire
in giudizio, con le modalità stabilite nel presente decreto, nei confronti
delle amministrazioni pubbliche e dei concessionari di servizi pubblici, se
derivi una lesione diretta, concreta ed attuale dei propri interessi, dalla
violazione di termini o dalla mancata emanazione di atti amministrativi
generali obbligatori e non aventi contenuto normativo da emanarsi
obbligatoriamente entro e non oltre un termine fissato da una legge o da un
regolamento, dalla violazione degli obblighi contenuti nelle carte di servizi
ovvero dalla violazione di standard qualitativi ed economici stabiliti, per i
concessionari di servizi pubblici, dalle autorità preposte alla regolazione ed
al controllo del settore e, per le pubbliche amministrazioni, definiti dalle
stesse in conformità alle disposizioni in materia di performance contenute nel
decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, coerentemente con le linee guida
definite dalla Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità
delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 13 del medesimo decreto e
secondo le scadenze temporali definite dal decreto legislativo 27 ottobre 2009,
n. 150”.
La proponibilità dell’azione è,
quindi, subordinata alla ricorrenza di tre distinti e tassativi comportamenti
tipizzati, ovvero la violazione di termini o la mancata emanazione di atti
amministrativi generali obbligatori e non aventi contenuto normativo da
emanarsi obbligatoriamente entro e non oltre un termine fissato da una legge o
da un regolamento; la violazione degli obblighi contenuti nelle carte di
servizi; la violazione di standard qualitativi ed economici stabiliti per i
concessionari di servizi pubblici, dalle autorità preposte alla regolazione ed
al controllo del settore e per le pubbliche amministrazioni coerentemente con
le linee guida definite dalla Commissione per la valutazione, la trasparenza e
l'integrità delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 13 del medesimo
decreto e secondo le scadenze temporali definite dal decreto legislativo 27
ottobre 2009, n. 150.
Trattasi di violazioni, suscettibili
di ledere la situazione giuridica presa in considerazione dalla norma,
riferibili a disfunzioni strutturali dell’apparato amministrativo, non limitate
a singoli casi, alla cui eliminazione il rimedio è finalizzato.
La domanda all’esame del Collegio, in
quanto volta a lamentare la lesione discendente dalla mancata emanazione degli
atti necessari per l’attivazione della banca dati di cui all’art. 40, comma 1,
della legge n. 149 del 2001 - il quale ne prevede l’istituzione entro 180
giorni dall’entrata in vigore della legge – va ricondotta alla prima delle
indicate tipologie di violazioni cui è subordinata l’esperibilità del rimedio.
Avuto riguardo alla vigenza ed
applicabilità delle disposizioni recate dall’art. 1 del D.Lgs. n. 198 del 2009
alla luce della previsione contenuta nella disposizione transitoria di cui
all’art. 7 del D.Lgs. n. 198 del 2009 – la quale subordina la concreta
attuazione del testo normativo alla definizione degli obblighi contenuti nella
carte di servizi e gli standard qualitativi ed economici ad opera di decreti
del Presidente del Consiglio dei Ministri - rileva il Collegio, in adesione
all’orientamento giurisprudenziale formatosi sul punto (TAR Lazio – Roma - Sez.
III, 20 gennaio 2011, n. 552; Sez. II, 30 luglio 2012 n. 7028; T.A.R. Sicilia -
Palermo - Sez. I - 4 aprile 2012, n. 707), da cui non si ravvisano ragioni per
discostarsi, che l’azione per l’efficienza delle pubbliche amministrazioni non
risulta in alcun modo subordinata all’adozione di atti attuativi, nella forma
di decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, nelle ipotesi in cui il
legislatore abbia già delineato il comportamento esigibile da parte
dell’Amministrazione, come avviene nei casi in cui venga lamentata – come nella
fattispecie in esame - l’omissione o la tardiva emanazione di atti
amministrativi generali obbligatori non aventi contenuto normativo, dovendosi
la disposizione transitoria di cui all’art. 7 del D.Lgs. in esame intendersi
riferita esclusivamente alle diverse ipotesi relative alla violazione degli
obblighi contenuti nelle carte di servizi ed alla violazione di standard
qualitativi ed economici, per le quali la condotta lesiva necessita di una
ulteriore disciplina normativa ai fini della concreta applicazione della tutela
prevista.
Il rinvio della concreta attuazione
delle previsioni recate dal D.Lgs. n. 198 del 2009 alla definizione degli
obblighi contenuti nelle carte di servizi e degli standard qualitativi ed economici
ad opera di decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, di cui alla
norma transitoria contenuta nell'art. 7 del citato testo legislativo, non può
dunque estendersi a quelle norme, da quest’ultimo introdotte, che individuano
fattispecie completamente definite in ogni loro aspetto, ivi compresa l'esatta
perimetrazione del comportamento lesivo, quale l'obbligo di "emanazione di
atti amministrativi generali obbligatori e non aventi contenuto normativo da
emanarsi obbligatoriamente entro e non oltre un termine fissato da una legge o
da un regolamento".
In tale fattispecie è invero
compiutamente predeterminata la posizione giuridica tutelata, che è correlata
all'emanazione di un atto le cui caratteristiche sono declinate direttamente
dal legislatore, è regolamentata l'azione in relazione a tutti i profili
rilevanti, è disciplinato il conseguente processo.
Avuto riguardo alla legittimazione ad
agire, che il citato comma 1 dell’art. 1 del D.Lgs. n. 198 del 2009 attribuisce
ai titolari di interessi giuridicamente rilevanti ed omogenei per una pluralità
di utenti e consumatori – e quindi a soggetti singoli appartenenti a tale
collettività - la stessa è altresì riconosciuta dal comma 4 del citato art. 1,
ricorrendo i presupposti indicati da detto comma 1, anche alle associazioni o
comitati per la tutela degli interessi dei propri associati, appartenenti a
tale pluralità.
La class action per l’efficienza della
pubblica amministrazione è, quindi, normativamente delineata quale strumento di
tutela di interessi diffusi collettivi – dovendo le situazioni giuridiche
rilevanti essere ‘plurali ed omogenee per una pluralità di utenti e
consumatori’ ed essendo conseguentemente la situazioni giuridica protetta
quella pluralistica – azionabile sia da parte del singolo soggetto, titolare
dell’interesse indifferenziato relativo ad un bene della vita omogeneo per
tutti gli appartenenti alla pluralità, che abbia subito una lesione diretta,
concreta ed attuale dei propri interessi – così elevando gli interessi diffusi
ad interessi individualmente azionabili - nonchè da parte di associazioni o
enti rappresentativi di tali interessi.
Poste tali brevi premesse di ordine
ricostruttivo, occorre procedere allo scrutinio di ammissibilità della proposta
azione.
Con riferimento alla legittimazione ad
agire – della cui sussistenza in capo all’associazione ricorrente la resistente
Amministrazione dubita – osserva il Collegio che oggetto della tutela, nel caso
di specie, sono gli interessi, facenti capo ad una peculiare categoria di soggetti,
ovvero i minori adottabili e le coppie disponibili all’adozione, il cui
interesse si assume leso dalla mancata realizzazione della banca dati dei
minori adottabili e delle coppie disponibili all'adozione prevista dall’art.
40, comma 1, della legge n. 149 del 2001 e dai decreti ministeriali n. 91 e n.
15025 del 2004, per effetto della mancata adozione di atti amministrativi
generali obbligatori e non aventi contenuto normativo da emanarsi
obbligatoriamente entro e non oltre il termine di 180 giorni fissato dal citato
articolo.
In applicazione del richiamato art. 1,
commi 1 e 4, del D.Lgs. n. 198 del 2009 va affermata la legittimazione
dell’associazione ricorrente alla proposizione del ricorso in esame, avendo la
stessa dimostrato di perseguire statutariamente lo scopo di promuovere e
garantire il diritto del minore ad avere una famiglia, svolgendo la propria
attività nel campo delle adozioni nazionali ed internazionali
Dovendo la legittimazione delle
associazioni alla proposizione dell’azione per l’efficienza delle pubbliche
amministrazioni essere vagliata alla luce delle finalità statutarie dell’ente e
verificata in concreto in relazione alla natura e alla tipologia dell’interesse
leso, al fine di accertare se l’ente ricorrente sia statutariamente deputato
alla tutela di quello specifico interesse “omogeneo per una pluralità di utenti
e di consumatori”, può affermarsi che le associazioni possono proporre l’azione
contemplata dal D.Lgs n. 198 del 2009 in quanto le stesse dimostrino di
possedere sufficienti indici di rappresentatività degli interessi diffusi di
una particolare categoria di utenti, trasformandosi gli interessi diffusi in
interessi collettivi una volta “soggettivizzati” in capo all’ ente esponenziale
che agisce a tutela di interessi omogenei del gruppo.
Alla luce delle illustrate coordinate,
deve ritenersi sussistente la legittimazione ad agire in capo all’associazione
ricorrente in quanto rappresentativa proprio dello specifico interesse
asseritamente leso dal Ministero della Giustizia con la mancata attuazione
della banca dati dei minori adottabili e dei coniugi disponibili all’adozione
alla luce degli scopi e delle attività statutariamente stabiliti.
Positivamente delibata l’ammissibilità
dell’azione e la legittimazione ad agire in capo all’associazione ricorrente,
occorre scrutinare la sussistenza dell’ulteriore condizione dell’azione
costituita dall’interesse al ricorso.
A mente dell'art. 1 comma 1 del D.Lgs.
n. 198 del 2009 - riproduttivo delle regola processuale generale - la
proposizione dell’azione è condizionata alla sussistenza di una “lesione
diretta, concreta ed attuale”, derivante dalle ipotesi tipizzate di violazioni
od omissioni dell’amministrazione.
Con tale previsione il legislatore -
richiedendo che sia dimostrata la sussistenza di un interesse che, al di là
della sua natura, abbia una sua concretezza e sia stato o sia suscettibile di
essere leso dai comportamenti tassativamente enucleati - intende evidentemente
stemperare la portata dell’ampliamento della legittimazione ad agire, al fine
di evitare che l’azione in discorso trasmodi in un’azione popolare sino a
diventare uno strumento di controllo oggettivo e generalizzato dell’operato
della P.A. e quindi un modello alternativo alla funzione di controllo
politico-amministrativo.
Se, dunque, non è sufficiente che il
ricorrente si limiti a dedurre l’inefficienza in cui la pubblica
amministrazione sia eventualmente incorsa, dovendo egli anche dedurre la
lesione personale che abbia subito o che possa subire al proprio interesse,
omogeneo a quello di una determinata classe di utenti o consumatori, deve
ritenersi, con riferimento all’associazione ricorrente, la sussistenza di tale
interesse in quanto connesso ai requisiti di adeguata rappresentatività che ne
fondano la legittimazione ad agire.
Ritiene, infatti, il Collegio che
qualora l’azione per l’efficienza di cui all’art. 1 del D.Lgs n. 198 del 2009
sia presentata da un ente a tutela di un interesse collettivo l’accertamento
della lesività non possa che essere compiuto in astratto in relazione
all’effettiva capacità di tutela degli interessi della categoria che si assume
lesa dall’inefficienza amministrativa ed al nesso della violazione denunciata
con le finalità statutarie perseguite dall’ente.
Se infatti in caso di azione per
l’efficienza proposta da un singolo, ai sensi dell’art. 1, comma 1, del D.Lgs.
n. 198 del 2009, deve apprezzarsi quale sia l’interesse concreto al ricorso,
essenzialmente al fine di verificare l’omogeneità dell’interesse del ricorrente
rispetto a quello della classe che egli pretende di rappresentare, nel caso,
invece, di una analoga azione proposta da un ente esponenziale è la stessa
rappresentatività dell’ente associativo rispetto ad un particolare categoria di
utenti o consumatori a consentire di verificare l’omogeneità dell’interesse
dell’ente ricorrente rispetto a quello della classe che questo assume di
rappresentare. Ed una tale verifica non può che passare attraverso la valutazione
del grado di rappresentatività dell’ente e del suo fine statutario, che deve
contemplare proprio la garanzia di quei particolari interessi che si intendono
tutelare con il ricorso.
Ciò posto, non può che ulteriormente
evidenziarsi il nesso tra la finalità perseguita dalla normativa recante
l’istituzione della banca dati delle adozioni – ispirata al riconosciuto
diritto del minore ad una famiglia e volta a favorire il miglior esito del
procedimento di adozione attraverso una rete di informazione e di collegamento
tra tutti i tribunali – e gli scopi statutari perseguiti dall’associazione
ricorrente, volti a promuovere e garantire il diritto del minore ad avere una
famiglia attraverso l’accoglienza familiare e l’istituto dell’adozione,
cosicchè il raccordo tra le finalità della normativa di cui si assume la
lesione attraverso la proposizione della class action e gli scopi statutari
dell’associazione ricorrente integrano il presupposto dell’interesse ad agire
come veicolato dalla lesione della situazione giuridica soggettiva pluralistica
cui tale interesse inerisce e di cui viene chiesta la tutela.
Delibata l’ammissibilità dell’azione
come proposta e riferita all’associazione ricorrente, occorre ulteriormente
rilevare, in rito, che risultano osservati gli adempimenti preliminari previsti
dal D.Lgs. n. 198 del 2009 ai fini della proponibilità del ricorso, avendo
parte ricorrente preventivamente notificato, in ossequio a quanto previsto
dall’art. 3 comma 1, del testo normativo in esame, al soggetto poi evocato in
giudizio, una diffida ad adottare, entro il termine di novanta giorni, gli atti
previsti dall’art. 40 della legge n. 149 del 2001 e dai decreti ministeriali n.
91 del 2004 e n. 15025 del 2004.
Parte ricorrente ha altresì illustrato
le ragioni per le quali il riscontro fornito dall'Amministrazione non possa
considerarsi sufficiente a rimuovere la situazione denunciata, deducendo la
persistenza della allegata omessa adozione degli atti necessari alla
realizzazione della banca dati in questione (cfr. art. 3, comma 2) ed ha
proposto il ricorso entro il termine perentorio di un anno dalla scadenza del
termine indicato nella diffida (art. 3, comma 2).
Avuto riguardo al merito del ricorso,
il Collegio ne ritiene la fondatezza.
L’azione, come anticipato, va ricondotta
all’ipotesi, tipizzata dall’art. 1, comma 1, del D.Lgs. n. 198 del 2009, di
omessa adozione di atti amministrativi generali obbligatori, di contenuto non
normativo, da emanarsi entro il termine di 180 giorni dall’entrata in vigore
della legge n. 149 del 2001, come previsto dall’art. 40 della stessa, che
disciplina l’istituzione della banca dati dei minori adottabili e delle coppie
disponibili all’adozione.
Prevede tale norma che “Per le
finalità perseguite dalla presente legge è istituita, entro e non oltre
centottanta giorni dalla data della sua entrata in vigore, anche con l'apporto
dei dati forniti dalle singole regioni, presso il Ministero della giustizia,
una banca dati relativa ai minori dichiarati adottabili, nonché ai coniugi
aspiranti all'adozione nazionale e internazionale, con indicazione di ogni
informazione atta a garantire il miglior esito del procedimento. I dati
riguardano anche le persone singole disponibili all'adozione in relazione ai
casi di cui all'articolo 44 della legge 4 maggio 1983, n. 184, come sostituito
dall'articolo 25 della presente legge.”
Il quadro normativo di riferimento cui
parametrare la violazione denunciata con la proposta azione si completa con la
prevista adozione di una disciplina regolamentare – stabilendo il comma 3
dell’art. 40 in esame che “Con regolamento del Ministro della giustizia sono
disciplinate le modalità di attuazione e di organizzazione della banca dati,
anche per quanto attiene all'adozione dei dispositivi necessari per la
sicurezza e la riservatezza dei dati” – che è stata dettata con D.M. 24
febbraio 2004, n. 91, recante modalità di attuazione e organizzazione della
banca di dati relativa ai minori dichiarati adottabili – il quale stabilisce,
all’art. 2, che la banca di dati è costituita presso il Dipartimento per la
giustizia minorile e consente qualunque operazione o complesso di operazioni,
effettuati anche senza l'ausilio di strumenti elettronici, concernenti la
raccolta, la registrazione, l'organizzazione, la conservazione, la consultazione,
l'elaborazione, la modificazione, la selezione, l'estrazione, il raffronto,
l'utilizzo, l'interconnessione, il blocco, la comunicazione, la diffusione, la
cancellazione e la distruzione di dati – nonché con D.M. n. 15025 del 14 luglio
2004, con cui vengono stabilite le regole procedurali di carattere
tecnico-operativo per la definizione di dettaglio della gestione della banca
dati delle adozioni, prevedendosi in particolare, all’art. 38, che
l'attivazione della banca dati “è preceduta da un decreto dirigenziale, emesso
d'intesa dal Capo del Dipartimento per la giustizia minorile e dal Direttore
generale per i sistemi informativi automatizzati, che accerta la installazione
e la idoneità dello strumento elettronico e del sistema di autorizzazione,
unitamente alla funzionalità dei servizi di comunicazione”.
L’illustrata normativa individua
pertanto un preciso obbligo a carico dell’Amministrazione della Giustizia,
ovvero la costituzione della banca dati dei minori dichiarati adottabili e
delle coppie aspiranti all’adozione nazionale ed internazionale, ed un termine
entro il quale la realizzazione di tale banca dati deve avvenire, ovvero 180
giorni dall’entrata in vigore della legge n. 149 del 28 marzo 2001.
Quanto alla natura degli atti di cui
viene denunciata la mancata adozione, deve osservarsi che una volta adottati
gli atti regolamentari previsti dall’art. 40 della citata legge, la procedura
di realizzazione della banca dati, per come disciplinata a livello
regolamentare, deve completarsi con l’adozione di un decreto dirigenziale che
accerti la installazione e la idoneità dello strumento elettronico e del
sistema di autorizzazione, unitamente alla funzionalità dei servizi di
comunicazione.
Non vi è dubbio, quindi, che venga in
rilievo un atto generale obbligatorio di natura non normativa, la cui mancata
adozione consente di accedere alla tutela prevista dal D.Lgs. n. 198 del 2009,
derivando la lesione della pluralità degli utenti, di cui si duole
l'associazione, dalla "mancata emanazione di atti amministrativi generali
obbligatori e non aventi contenuto normativo da emanarsi obbligatoriamente
entro e non oltre un termine fissato da una legge o da un regolamento"
(art. 1, cit.).
Se il decreto dirigenziale previsto
dal D.M. n. 15025 del 2004 va qualificato quale atto generale obbligatorio, la
fattispecie astratta prevista dall’art. 1 del D.Lgs. n. 198 del 2009 si
realizza per effetto della previsione del termine di 180 giorni stabilito
dall’art. 40 della legge n. 149 del 2001, non potendo incidere sull’obbligo normativo
di creazione della banca dati entro un termine fissato dalla legge,
vanificandolo, la mancata previsione, da parte degli atti regolamentari, di un
ulteriore termine entro il quale completare la procedura di creazione di una
banca dati informatizzata con l’adozione del previsto decreto dirigenziale.
L’opzione di cui alla disciplina
regolamentare – segnatamente, il D.M. n. 15025 del 2004 - per la realizzazione
di una banca dati delle adozioni attraverso un sistema informativo ed i
conseguenti appesantimenti procedurali, puntualmente evidenziati
dall’Amministrazione resistente, non consentono invero di optare per
l’inesistenza dell’inadempimento all’obbligo imposto da una norma di legge
entro un preciso termine.
Al riguardo, aderendo alla
prospettazione di parte ricorrente, che trova avallo nella disciplina di fonte
primaria, deve osservarsi che la creazione di una banca dati delle adozioni non
necessariamente avrebbe dovuto avvenire tramite sistema informatizzato,
peraltro progettato come sottosistema autonomo del più ampio progetto di
informatizzazione della giustizia minorile, potendo la creazione di un archivio
generale strutturato su base nazionale trovare attuazione con sistemi diversi e
alternativi di più rapida realizzazione, non potendosi sul punto convenire con
quanto rappresentato dalla difesa erariale circa la non praticabilità di
diverse modalità di scambio di informazioni tra i tribunali, ben potendo le
evidenziate esigenze di riservatezza connesse ai dati sensibili coinvolti
essere tutelate attraverso adeguate misure organizzative e di rappresentazione
delle informazioni.
In ragione delle illustrate
considerazioni, non conduce a conclusioni favorevoli alla tesi prospettata
dalla difesa erariale la rappresentata considerazione che essendo il decreto
dirigenziale l’unico residuale adempimento prodromico all’attivazione della
banca dati, la cui emanazione implica il completamento dell’attività tecnica di
realizzazione del sistema informativo, ormai prossimo alla definitiva
realizzazione, dalla sua adozione non potrebbe derivare la concreta attivazione
della banca dati laddove l’installazione dello strumento informatico non sia
stata completata e non ne sia stata verificata l’idoneità e la funzionalità,
dovendo al riguardo osservarsi che l’opzione dell’Amministrazione per la
gestione informatica della banca dati facente parte del più ampio progetto di
informatizzazione della giustizia minorile non può vanificare l’obbligo
legislativamente imposto di realizzare la banca dati in questione entro un termine
stabilito, ormai da lungo tempo decorso, dovendosi optare per una lettura
sostanzialistica ed utile della norma che ne ha imposto la realizzazione della
banca dati delle adozioni.
Il quadro normativo delinea, infatti,
chiaramente il comportamento esigibile dall’Amministrazione, consistente nella
realizzazione di una banca dati dei minori adottabili e delle coppie
disponibili all’adozione entro un termine prefissato, incombendo
conseguentemente sull’Amministrazione l’obbligo di adottare gli atti di carattere
tecnico ed organizzativo finalizzati alla realizzazione della stessa.
Né all’adempimento di tale obbligo
sono opponibili gli invocati limiti derivanti dalle risorse tecniche e
finanziarie, dovendosi al riguardo rilevare come l’art. 40 della legge n. 149
del 2001 abbia espressamente stabilito che dalla creazione della banca dati in
questione non dovessero derivare nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello
Stato, il che rende conseguentemente esigibile il comportamento entro il
termine assegnato tenuto conto delle risorse assegnate, dovendo pertanto
ritenersi positivamente accertata l’oggettiva inadempienza dell’Amministrazione
per effetto della disfunzione attinente alla tempestività dell’azione rispetto
ad un termine normativamente assegnato.
Il limite, di cui all’art. 1, comma 1-bis,
del D.Lgs. n. 198 del 2009 – ai sensi del quale “Nel giudizio di sussistenza
della lesione di cui al comma 1 il giudice tiene conto delle risorse
strumentali, finanziarie e umane concretamente a disposizione delle parti intimate”
– il quale subordina l’accertamento di uno dei presupposti dell’azione,
costituito dalla lesione diretta, concreta ed attuale di interessi
giuridicamente rilevanti ed omogenei per una pluralità di utenti e consumatori,
alla esigibilità del comportamento dovuto, che deve essere vagliato alla luce
delle risorse strumentali, finanziarie, e umane concretamente a disposizione,
introducendo una sorta di clausola rebus sic stantibus, riveste una
connotazione particolare ed affievolita in relazione all'ipotesi specifica
dell'omissione di atti obbligatori per legge, dal momento che la valutazione
dell’esigibilità del comportamento risulta essere stata rimessa ed esercitata
dal legislatore al momento dell’imposizione dell’obbligo previsto dalla legge,
non potendo quindi il limite delle risorse avere specifico rilievo in caso di
inerzia e di omissione di atti generali obbligatori da adottarsi entro un
termine legislativamente stabilito.
La disposizione di cui al comma 1-bis dell’art.
1 del D.Lgs. n. 198 del 2009 non offre quindi alcun utile argomento per
sostenere l’insussistenza dell’inerzia, la quale risulta integrata per effetto
della mancata adozione degli atti necessari per la realizzazione della banca
dati delle adozioni nel termine previsto dall’art. 40 della legge n. 149 del
2001.
Alla stregua delle considerazioni
svolte, in accoglimento del ricorso, a fronte dell’accertato inadempimento
all’obbligo di cui alla descritta normativa, che delinea in modo chiaro il
comportamento esigibile dall’intimata Amministrazione ed il termine entro cui
deve essere posto in essere, va dichiarato l’obbligo ricadente sulla stessa di
adottare gli atti generali di carattere tecnico ed organizzativo finalizzati
alla realizzazione della banca dati dei minori adottabili e delle coppie
disponibili all’adozione, entro il termine che si ritiene congruo fissare in 90
(novanta) giorni dalla comunicazione o notificazione della presente sentenza,
all’uopo utilizzando le risorse strumentali, finanziarie ed umane già assegnate
in via ordinaria e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
Le spese di giudizio, stante la
peculiarità della vicenda processuale, possono equamente compensarsi tra le
parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale
per il Lazio
- Roma - Sezione Prima
definitivamente pronunciando sul
ricorso N. 370/2012 R.G., come in epigrafe proposto, lo accoglie e, accertata
la mancata realizzazione della banca dati dei minori adottabili e delle coppie
disponibili all’adozione di cui all’art. 40 della legge n. 149 del 2001 nel
termine ivi previsto e la mancata adozione degli atti necessari a tale fine,
ordina al Ministero della Giustizia, in persona del legale rappresentante pro
tempore, di porre in essere gli adempimenti necessari alla realizzazione di
tale banca dati, attraverso l'emanazione dei necessari atti, entro giorni 90
dalla comunicazione o notificazione della presente sentenza, all'uopo
utilizzando le risorse strumentali, finanziarie ed umane già assegnate in via
ordinaria e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia
eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di
consiglio del giorno 4 luglio 2012 con l'intervento dei magistrati:
Calogero Piscitello, Presidente
Roberto Politi, Consigliere
Elena Stanizzi, Consigliere, Estensore
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L'ESTENSORE
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IL PRESIDENTE
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DEPOSITATA IN
SEGRETERIA
Il 01/10/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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