lunedì 1 luglio 2013

PROCEDIMENTO: la ritardata nomina del Presidente aggiunto del Consiglio di Stato dà luogo ad un aggravamento procedimentale risarcibile (Cons. St., Sez. IV, sentenza 26 giugno 2013 n. 3519).


PROCEDIMENTO: 
la ritardata nomina del Presidente aggiunto 
del Consiglio di Stato 
dà luogo ad un aggravamento procedimentale risarcibile 
(Cons. St., Sez. IV, sentenza 26 giugno 2013 n. 3519)


Massima

1.  La disciplina da applicare nel procedimento di nomina del Presidente aggiunto del Consiglio di Stato è proprio quella contenuta nell’art. 13 della L. 186 del 1982, e non già quella contemplata dal susseguente art. 22.
Va premesso che la qualifica di Presidente aggiunto del Consiglio di Stato è stata istituita per effetto dell’art. 6-bis, comma 2, del D.L. 24 dicembre 2003 n. 354, convertito con modificazioni in L. 26 febbraio 2004 n. 45, a completamento di quanto disposto dall’art. 14 della L. 186 del 1982, contemplante, fino a quel momento, l’ordine delle qualifiche del personale della magistratura amministrativa (cfr. ivi: “1) presidente del Consiglio di Stato; 2) presidenti di sezione del Consiglio di Stato; presidenti di tribunale amministrativo regionale; 3) consiglieri di Stato; 4) consiglieri di tribunale amministrativo regionale, primi referendari e referendari”).
Analoghe innovazioni ordinamentali sono state contestualmente introdotte dai commi 1, 3 e 4 dello stesso articolo, rispettivamente per la Corte di Cassazione, per la Corte dei Conti e per l’Avvocatura dello Stato, istituendo in tali plessi le qualifiche sub-apicali del Procuratore generale aggiunto presso la Corte di Cassazione (la qualifica di Presidente aggiunto della Corte medesima era stata, infatti, già istituita per effetto dell’art. 1 della L. 4 gennaio 1963 n. 1), del Presidente aggiunto della Corte dei Conti, del Procuratore generale aggiunto della Corte dei Conti e dell’Avvocato generale aggiunto dello Stato.
2.  Nonostante l’utilizzo, da parte del legislatore, della locuzione “entro e non oltre” (che, di per sé, potrebbe suggerire la sussistenza di un termine che non può in alcun modo essere superato) non può revocarsi in dubbio che il termine di trenta giorni contemplato dal terzo comma dell’art. 22 ora in esame non assume nel contesto del procedimento di cui trattasi carattere perentorio (ossia, non inficia la validità del procedimento stesso, con conseguente illegittimità dei relativi atti), ma ordinatorio, comportante pertanto una mera irregolarità della procedura, che non determina l’illegittimità del provvedimento tardivamente adottato (vitiatur sed non vitiat), ma effetti di altro genere, ossia responsabilità disciplinari, penali, contabili, risarcitorie per danni da ritardo, in presenza dei relativi presupposti
Il che, del resto, risulta del tutto coerente sia con la notazione per cui, in forza di un principio generale – traslabile dall’ordinamento processuale al procedimento amministrativo, a’ sensi dell’art. 152 cod. proc. civ. - l’esercizio dell’azione amministrativa, in difetto di espressa previsione di perentorietà o decadenza, è scandito da termini ordinatori,  sia con la considerazione per cui risulterebbe ictu oculi fuori da ogni logica che la ritardata nomina del Presidente o del Presidente aggiunto dell’Istituto possa riguardarsi come intrinsecamente illegittima in dipendenza della sua tardività, non potendosi ragionevolmente sostenere che il Consiglio dei Ministri perda irrevocabilmente il proprio potere di provvedere al riguardo in dipendenza della consumazione del termine in questione.
Nella presente fattispecie la circostanza del superamento dello stesso termine di 30 giorni non costituisce ritardo ex se valutabile come fattispecie generatrice di danno, ma va riguardata quale conseguenza che discende segnatamente da un aggravamento del procedimento – ossia da una violazione dell’art. 1, comma 2, della L. 241 del 1990 - puntualmente censurato già in primo grado dall’attuale appellante, alla quale va ascritta una lesione della posizione di interesse legittimo del medesimo dott. R., che determina il parziale accoglimento della domanda risarcitoria da lui proposta.


Sentenza per esteso

INTESTAZIONE
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4037 del 2012, proposto da:
Ruoppolo Giovanni, rappresentato e difeso dall’Avv. Mario Sanino, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale Parioli, 180; 
contro
Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente del Consiglio dei Ministri pro tempore, costituitosi in giudizio, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12; 
nei confronti di
Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa, in persona del suo Presidente pro tempore, costituitosi in giudizio, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12; 
per la riforma
della sentenza del T.A.R. per il Lazio, Roma, Sez. I, n. 3127 dd. 5 aprile 2012, resa tra le parti e concernente la nomina a Presidente aggiunto del Consiglio di Stato, con richiesta di risarcimento del danno discendente dagli atti impugnati.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Presidenza del Consiglio dei Ministri e di Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 16 aprile 2013 il Cons. Fulvio Rocco e uditi per il ricorrente Giovanni Ruoppolo l’Avv. Mario Sanino e per la Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa l’Avvocato dello Stato Giovanni Palatiello;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO
1.1. In data 1 luglio 2010 il Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa ha deliberato un interpello per la nomina con procedura d’urgenza del Presidente Aggiunto del Consiglio di Stato.
L’attuale appellante, dott. Giovanni Ruoppolo, Presidente di Sezione del Consiglio di Stato, ha fatto pervenire all’organo di autogoverno della magistratura amministrativa la propria disponibilità per tale nomina.
In adesione alla proposta della IV Commissione dell’organo di autogoverno medesimo, il Plenum del Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa ha deliberato in data 16 luglio 2010 la nomina del dott. Ruoppolo a Presidente Aggiunto del Consiglio di Stato e ha trasmesso gli atti alla Presidenza del Consiglio dei Ministri.
La proposta di nomina del dott. Ruoppolo è stata presentata in data 30 giugno 2010 per l’approvazione da parte del Consiglio dei Ministri.
L’argomento è stato peraltro rinviato per la sua trattazione alla seduta del Consiglio dei Ministri del 5 agosto 2010; e, con nota di pari data la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha chiesto all’organo di autogoverno medesimo di fornire “chiarimenti in ordine alla eventuale valutazione, all’atto della relativa delibera da parte del Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa, circa l’applicabilità o meno al caso di specie dell’articolo 21, comma 5, della L. 27 aprile 1982 n. 186”, in forza del quale, nel testo conseguente alla disciplina introdotta dall’art. 13 della L. 21 luglio 2000 n. 205, “La nomina a presidente di sezione del Consiglio di Stato e quella a presidente di tribunale amministrativo regionale comportano l'obbligo, per il nominato, di permanere nella sede di assegnazione per un periodo non inferiore a tre anni, salvo il caso di trasferimento d'ufficio disposto in applicazione delle norme in materia. Per lo stesso periodo non è consentito il collocamento fuori ruolo del magistrato. La nomina non può essere disposta nei confronti di magistrati il cui periodo di permanenza in servizio, fino al collocamento a riposo per raggiunti limiti di età, sia inferiore a tre anni dalla data di conferimento dell'incarico”.
In data 16 settembre 2010 sia la IV Commissione che il Plenum del Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa si sono espressi nel senso della non applicabilità della disciplina, e ciò in quanto “la qualifica di Presidente Aggiunto del Consiglio di Stato è stata introdotta dall’art. 6-bis, comma 2, del D.L. 24 dicembre 2003 n.354 conv. nella L. 26 febbraio 2004 n. 45, norma successiva e speciale rispetto a quella generale di cui all’art. 21, comma 5” anzidetto, “il quale non risulta esplicitamente richiamato in relazione alla nuova qualifica, che non è funzionalmente omogenea alla titolarità di un ufficio giurisdizionale”; pertanto, sempre lo stesso Organo di autogoverno ha reputato che “nulla si opponga all’ulteriore seguito della procedura di nomina del Presidente Giovanni Ruoppolo a Presidente aggiunto del Consiglio di Stato”.
Tale deliberato dell’Organo di autogoverno è stato comunicato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri in data 5 ottobre 2010.
Nel frattempo, con decorrenza 9 settembre 2010 il dott. Ruoppolo è stato collocato in quiescenza per raggiunti limiti di età, ed in data 7 ottobre 2010 il dott. Giancarlo Coraggio è stato nominato Presidente Aggiunto del Consiglio di Stato.
Il dott. Ruoppolo, rilevando che la Presidenza del Consiglio dei Ministri non aveva comunque adottato alcun provvedimento circa la sua nomina, ha diffidato la Presidenza medesima a portare a termine il procedimento di nomina.
Con nota prot. USG/USRI 0002591 P-4.2.15.8. dd. 19 novembre 2010 il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri ha significato al dott. Ruoppolo quanto segue: “Con riferimento all'atto in oggetto, i competenti Uffici della Presidenza del Consiglio, ai quali ho chiesto di riepilogare i termini della vicenda, hanno esposto quanto segue. Con decreti del Presidente della Repubblica in data 19 aprile 2004 e 19 gennaio 2007, sono stati nominati Presidenti aggiunti del Consiglio di Stato, rispettivamente, i dottori Mario Egidio Schinaia e Paolo Salvatore. In ambedue i casi è stata seguita la procedura di nomina prevista per i presidenti di sezione, che non prevede, come noto, l’esame dell'atto da parte del Consiglio dei Ministri. Successivamente, per la nomina a Presidente aggiunto del Consiglio di Stato dei dottori Corrado Calabrò e Pasquale de Lise, rispettivamente in data 29 dicembre 2007 e 23 giugno 2008, risulta essere stato seguito il procedimento previsto dall’art. 22 della L. 27 aprile 1982, n. !86, per la nomina a Presidente del Consiglio dì Stato, che si conclude con un decreto del Presidente della Repubblica, adottato su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, previa deliberazione del Consiglio medesimo, sentito il parere del Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa. A seguito della nomina a Presidente del Consiglio di Stato del dott. Pasquale de Lise, con delibera del Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministra del l° luglio 2010 è stato indetto interpello per la nomina a Presidente aggiunto del Consiglio di Stato, riproponendo una procedura propria per la nomina a Presidente di Sezione in luogo di quella specifica per la nomina del Presidente del Consiglio di Stato. Di conseguenza, gli uffici della Presidenza del Consiglio, ravvisandone l’opportunità, su mandato del Consiglio dei Ministri, hanno chiesto al Presidente del Consiglio di Stato chiarimenti in ordine all’applicabilità al caso di specie della disciplina di cui all’art. 21 della L. 27 aprile 1982 n. 186, con particolare riguardo al quinto comma, ovvero di quella, riservata alla nomina del Presidente del Consiglio di Stato, di cui all’art. 22, primo comma, della stessa legge n. 186. In data5 ottobre il Presidente del Consiglio di Stato ha fornito riscontro alla predetta richiesta trasmettendo l’estratto del verbale della seduta del 16 settembre 2010, nella quale il Consiglio di presidenza della Giustizia Amministrativa ha esaminato la questione, escludendo l’applicabilità dell’art 21, comma quinto, della L. 27 aprile 1982 n. 186, tenuto conto altresì del fatto che la qualifica di Presidente aggiunto del Consiglio di Stato non è funzionalmente omogenea alla titolarità di un ufficio giurisdizionale e ribadendo, così, un indirizzo già contenuto nella sentenza del Consiglio di Stato n. 5661 del 2009. Tale ultima nota perveniva a questa Presidenza dopo il collocamento a riposo per raggiunti limiti di età del dott. Ruoppolo (avvenuto 1’8 settembre 2010) e, pertanto, il Consiglio dei Ministri non avrebbe più potuto dar luogo alla sua nomina per esser venuta meno la legittimazione e per essere stata, conseguentemente, adottata una nuova proposta da parte del Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa, con deliberazione del 30 settembre u.s., per il citato posto da ricoprire . Pertanto, il Consiglio dei Ministri, al quale la questione è stata illustrata in data odierna, ha espresso l’avviso che non sussistano i presupposti per dare riscontro positivo all’istanza notificata a questa Presidenza dal dott. Giovanni Ruoppolo in data 4 novembre 2010”.
1.2.1. Con ricorso proposto sub R.G. 11505 del 2010 innanzi al T.A.R. per il Lazio, Sede di Roma, il dott. Ruoppolo ha pertanto chiesto l’annullamento della surriportata nota prot. USG/USRI 0002591 P-4.2.15.8.1 dd. 9 novembre 2010 della Presidenza del Consiglio dei Ministri, recante la comunicazione dell’insussistenza dei presupposti per dare riscontro positivo alla sua istanza volta ad ottenere la nomina a Presidente Aggiunto del Consiglio di Stato.
1.2.2. Il dott. Ruoppolo ha esteso tale impugnativa ad ogni altro atto presupposto e consequenziale, e ha – altresì – proposto sia azione di accertamento del proprio diritto ad essere nominato “ora per allora” Presidente Aggiunto del Consiglio di Stato, sia azione per ottenere il risarcimento del danno da lui subito e discendente dal provvedimento impugnato, da intendersi anche comprensivo al vulnus arrecato al prestigio della propria persona.
In tale primo grado di giudizio, il dott. Ruoppolo ha dedotto, con un primo ordine di censure, l’avvenuta violazione e falsa applicazione degli artt. 13, comma 2 n. 1 e comma 3; 21, comma 5; 22, comma 1, della L. 27 aprile 1982 n. 186 in relazione all’art. 6 bis del D.L. 24 dicembre 2003 n. 354 conv. in L. 26 febbraio 2004 n. 45, violazione e falsa applicazione degli artt. 87, 104 e 105 Cost., violazione e falsa applicazione degli artt. 11 e seguenti della legge 7 agosto 1990 e successive modifiche, eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche e - in particolare - irragionevolezza, illogicità, manifesta ingiustizia, contraddittorietà e sviamento, difetto di istruttoria, travisamento dei fatti.
In tal senso il dott. Ruoppolo ha censurato l’erroneità dell’applicazione dell’art. 22 della L. 186 del 1982, laddove viceversa avrebbe dovuto a suo dire applicarsi l’art. 13 della stessa legge, venendo in questione una promozione per la quale non dovrebbe essere a suo dire sentito il Consiglio dei Ministri, la cui interferenza sarebbe peraltro lesiva delle attribuzioni del Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa.
Lo stesso dott. Ruoppolo ha pure dedotto l’illegittimità del blocco procedimentale attuato mediante un aggravamento istruttorio da lui reputato incongruo e pretestuoso, posto che l’art. 21, comma 5, della L.186 del 1982 testualmente si riferirebbe alle sole nomine a Presidente di Sezione del Consiglio di Stato e a quelle a Presidente di Tribunale Amministrativo Regionale, in occasione della prima nomina.
Inoltre, sempre a suo dire, la Presidenza del Consiglio dei Ministri avrebbe nella specie fatto applicazione dell’art. 22 della L. 186 del 1982, essendo dal tutto a sua volta contraddittoria l’istruttoria inerente all’applicabilità dell’art. 21, comma 5, della stessa L. 186, posto che in altri casi sarebbe stato ritenuto non necessario un periodo di permanenza nell’incarico da parte del nominato.
1.2.3. Con un secondo ordine di censure, il dott. Ruoppolo ha dedotto, sotto ulteriore profilo, l’avvenuta violazione e falsa applicazione degli artt. 13, comma 2, n. 1 e comma 3; 21, comma 5; 22, comma 1, della L. 27 aprile 1982 n. 186 in relazione all’art. 6 bis del D.L. 24 dicembre 2003 n. 354 convertito in L. 26 febbraio 2004 n. 45, violazione e falsa applicazione degli artt. 87, 104 e 105 Cost., violazione e falsa applicazione dell’art. 11 e ss. della L. 7 agosto 1990 e successive modifiche, eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche e - in particolare - irragionevolezza, illogicità, manifesta ingiustizia, contraddittorietà e sviamento, difetto di istruttoria, nonché travisamento dei fatti.
Secondo la prospettazione del ricorrente in primo grado, poicéè l’istruttoria disposta dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri ha riguardato l’eventuale applicazione nei suoi confronti dell’art. 21, comma 5, della L. 186 del 1982 e il Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa ha affermato che la disciplina ivi contemplata si applica soltanto ai candidati al conferimento delle funzioni di Presidente di Sezione del Consiglio di Stato e di Presidente di T.A.R., la nota resa oggetto d’impugnativa non sarebbe idonea a giustificare il diniego di nomina e, pertanto, il medesimo dott. Ruoppolo reputa che d il procedimento avrebbe dovuto concludersi con la sua nomina “ora per allora” a Presidente Aggiunto del Consiglio di Stato.
Quanto all’affermazione, contenuta sempre nell’impugnata nota, secondo la quale sarebbe venuta meno, medio tempore, la sua legittimazione alla nomina, per essere stato collocato a riposo e per essere stato indetto un ulteriore interpello per la nomina medesima, il ricorrente in primo grado ha rappresentato la circostanza che nel periodo 6 luglio-8 settembre 2010 il posto medesimo è rimasto vacante, con conseguente irrilevanza dell’interpello successivamente indetto, come peraltro espresso nel verbale del 16 settembre 2010 del Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa, laddove – per l’appunto - si afferma che nulla si oppone all’ulteriore seguito della procedura di nomina.
Lo stesso ricorrente in primo grado, inoltre, ha dedotto l’avvenuta lesione dei principi di autonomia e di indipendenza della Magistratura amministrativa, posto che, segnatamente a tutela dei principi medesimi, è attribuita al Consiglio di Presidenza la competenza esclusiva a deliberare in materia di promozioni, conferimento di uffici direttivi e altri provvedimenti inerenti lo status giuridico dei magistrati amministrativi.
Il dott. Ruoppolo ha anche rimarcato il suo indiscusso possesso dei requisiti richiesti per la nomina in questione alla data della deliberazione del Consiglio di Presidenza adottata il 16 luglio 2010, censurando la pretestuosità dei rinvii effettuati dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e della disposta istruttoria, stante, come detto innanzi, la dovuta applicazione, per il caso di specie, dell’art. 13 della L.186 del 1982 e non già dell’art. 22, in quanto norma speciale non suscettibile di applicazione analogica in presenza di una norma generale.
Lo stesso dott. Ruoppolo ha anche evidenziato: che il Presidente Aggiunto del Consiglio di Stato svolge, in via primaria, funzioni di Presidente di Sezione e di generica collaborazione con il Presidente; che nella prassi sino a quel momento corrente la Presidenza del Consiglio si è limitata, al riguardo, ad un mero riscontro estrinseco e formale della proposta di nomina da parte del Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa, senza esercitare alcun controllo; e che, di fatto, il provvedimento impugnato violerebbe pure le attribuzioni del Presidente della Repubblica, al quale - per l’appunto - spetta il potere di provvedere alla nomina.
Da ultimo, il ricorrente in primo grado ha pure proposto domanda di risarcimento del danno, affermando la sussistenza in proposito di una colpa grave dell’Amministrazione, e ha chiesto la corresponsione delle retribuzioni da lui non percepite e la riliquidazione dei trattamenti di fine rapporto e previdenziali, oltre al risarcimento dei danni morali da lui asseritamente subiti.
1.3. Si sono costituiti, sempre nel primo grado di giudizio, la Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa, replicando puntualmente alle censure avversarie e concludendo per la reiezione del ricorso.
1.4. Con sentenza n. 3127 dd. 5 aprile 2012 la Sez. I dell’adito T.A.R. ha respinto il ricorso, compensando integralmente tra le parti le spese del medesimo primo grado di giudizio.
2.1. Con l’appello in epigrafe il dott. Ruoppolo chiede ora la riforma di tale sentenza, riproponendo, in sostanza, con maggiore dettaglio i motivi di ricorso già da lui dedotti in prime cure e riferendoli al contenuto della sentenza impugnata.
L’appellante ha – altresì – riproposto e illustrato ampiamente le proprie domande risarcitorie.
2.2. Si sono costituiti anche in questo grado di giudizio la Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa, replicando puntualmente alle censure avversarie e concludendo per la conferma della sentenza impugnata.
2.3.1. Con ordinanza collegiale n. 6013 dd. 28 novembre 2012 la Sezione ha “ritenuto necessario, al fine del decidere, acquisire una documentata relazione a firma del Segretario Generale della Presidenza del Consiglio dei Ministri in ordine all’articolazione di tutti i procedimenti da essa sin qui seguiti per la nomina sia del Presidente aggiunto del Consiglio di Stato, sia del Presidente aggiunto e del Procuratore generale aggiunto della Corte dei Conti, sia – ancora – dell’Avvocato Generale aggiunto dello Stato; tale relazione sarà supportata da copia degli atti dei procedimenti medesimi, ivi compreso quello per cui è causa”.
2.3.2. La Presidenza del Consiglio dei Ministri ha provveduto al sopradescritto incombente mediante relazione inoltrata alla Segreteria della Sezione con nota prot. USG/USRI 0002948 P-4.2.15.8.1 dd. 18 dicembre 2012.
Nella relazione medesima – che è stata corredata dalla documentazione richiesta - si legge quanto segue.
“Con decreti del Presidente della Repubblica in data 19 aprile 2004 e 19 gennaio 2007, sono stati nominati Presidente aggiunti del Consiglio di Stato, rispettivamente, i dottori Mario Egidio Schinaia e Paolo Salvatore. In ambedue i casi è stata seguita la procedura di nomina prevista per i Presidenti di sezione che non prevede, come noto, l’esame dell'atto da parte dei Consiglio dei Ministri (art. 21, comma quinto, della L. 27 aprile 1982, n. 186). Successivamente, per la nomina a Presidente aggiunto del Consiglio di Stato dei dottori Corrado Calabrò e Pasquale de Lise, rispettivamente in data 29 dicembre 2007 e 23 giugno 2008, risulta essere stato seguito il procedimento previsto dall’art. 22 della L. 27 aprile 1982, n. 186, per la nomina a Presidente del Consiglio di Stato, che si conclude con un decreto del Presidente della Repubblica, adottato su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, previa deliberazione del Consiglio medesimo, sentito il parere del Consiglio di Presidenza della Giustizia amministrativa. A seguito della nomina a Presidente dei Consiglio di Stato del dott. Pasquale de Lise, con delibera del Consiglio di Presidenza della Giustizia amministrativa del 1° luglio 2010 è stato indetto interpello per la nomina a Presidente aggiunto del Consiglio di Stato. Successivamente, il 16 luglio 2010, il Consiglio di Presidenza medesimo, ritenuto che alla nomina in esame si applichi il disposto dell'art. 22 della L. 186 del 1982, ha proposto la nomina del dott. Giovanni Ruoppolo e il “Plenum”, lo stesso giorno, ha deliberato in questo senso. Gli atti sono quindi stati trasmessi a questaPresidenza del Consiglio dei Ministri per i conseguenti provvedimenti. Con nota del 5 agosto 2010 la Presidenza medesima ha chiesto di fornire chiarimenti “in ordine alla eventuale valutazione, all'atto della relativa delibera da parte del Consiglio di Presidenza della Giustizia amministrativa, circa l’applicabilità o meno al caso di specie dell'articolo 21, comma 5 della legge 27 aprile 1982, n. 186”. In data 5 ottobre 2010 il Presidente del Consiglio di Stato ha fornito riscontro alla predetta richiesta trasmettendo l’estratto del verbale della seduta del 16 settembre 2010, nella quale il Consiglio di Presidenza della Giustizia amministrativa aveva esaminato la questione, escludendo l’applicabilità dell'art. 21, comma quinto, della L. 27 aprile 1982 n. 186, tenuto conto del fatto che la qualifica di Presidente aggiunto del Consiglio di Stato non è funzionalmente omogenea alla titolarità di un Ufficio giurisdizionale. Pervenuta tale ultima nota a questa Presidenza dopo il collocamento a riposo per raggiunti limiti di età del dott. Ruoppolo (9 settembre 2010), è stata conseguentemente attivata una nuova proposta, per il citato posto da ricoprire, da parte del Consiglio di Presidenza della Giustizia amministrativa, con deliberazione del 30 settembre 2010. Per quanto concerne la nomina del Presidente aggiunto della Corte dei Conti, il procedimento prevede un bando concorsuale indetto dal Consiglio di Presidenza della Corte per la copertura del predetto posto. Visti i fascicoli personali, le domande ed i curricula presentati dai candidati, nonché i punteggi spettanti a ciascun candidato in applicazione dei criteri previsti nel bando di concorso per la valutazione della anzianità nella qualifica, il Consiglio di Presidenza della Corte dei Conti, in una adunanza straordinaria, delibera sul candidato più idoneo a ricoprire il posto di Presidente aggiunto. La nomina ufficiale viene effettuata con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, sentito il parere del suddetto Consiglio di Presidenza. Per la nomina a Procuratore Generale aggiunto della Corte dei conti, il Consiglio di Presidenza delibera di bandire un interpello per la copertura del predetto posto di funzione, da attribuire tenuto conto del curriculum presentato dal candidato, nel quale risulti la capacità organizzativa dimostrata nell'esercizio delle funzioni direttive, nonché la capacità professionale acquisita dal candidato in tutta l'attività di magistrato della Corte stessa. La nomina ufficiale viene effettuata con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, sentito il parere del suddetto Consiglio di Presidenza.Per quanto riguarda infine la nomina dell’Avvocato Generale aggiunto dell’Avvocatura dello Stato, la procedura si articola con la proposta dell’Avvocato Generale dello Stato di nomina di un candidato che, per le doti di cultura, per le capacità umane e professionali, per l’esperienza acquisita nel patrocinio dinanzi alle giurisdizioni superiori e alla Corte Costituzionale, risulti possedere particolari idoneità e attitudine a svolgere le funzioni tipiche dell'incarico in questione.
La nomina ufficiale viene effettuata con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, tenuto conto della proposta dell'Avvocato Generale dello Stato”.
2.4. Successivamente al deposito di tale relazione, il patrocinio del dott. Ruoppolo ha depositato un’ulteriore memoria, insistendo per l’accoglimento dell’appello.
3. Alla pubblica udienza del 16 aprile 2013 la causa è stata trattenuta per la decisione.
4.1. Tutto ciò premesso, l’appello in epigrafe va accolto entro i limiti qui appresso specificati.
4.2. Il giudice di primo grado ha reputato che la questione centrale introdotta dal ricorso ivi proposto dal dott. Ruoppolo riguardasse l’individuazione della corretta procedura di nomina del Presidente aggiunto del Consiglio di Stato: e ciò “al fine di stabilire la legittimità del procedimento adottato con riferimento alla nomina del ricorrente, dalla cui soluzione discendono precise ricadute il ordine alle ulteriori questioni sollevate” (così, a pag. 10, la sentenza qui impugnata).
Secondo la prospettazione del ricorrente in primo grado, da lui ora ribadita nel presente grado di giudizio, andrebbe, infatti, innanzitutto censurata l’avvenuta applicazione nella specie, da parte della Presidenza del Consiglio dei Ministri, della disciplina contenuta di cui all’art. 22 della L. 186 del 1982, riguardante segnatamente la nomina a Presidente del Consiglio di Stato, in luogo della disciplina di cui all’art. 13 della medesima legge: e ciò in quanto con il procedimento di nomina a Presidente aggiunto del Consiglio di Stato verrebbe in rilievo un’ipotesi di promozione, in ordine alla quale la competenza risulterebbe materialmente attribuita al Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa, nel mentre il conseguente provvedimento di nomina andrebbe solo formalmente adottato con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, deputato al riguardo “ad un mero riscontro estrinseco e formale” (cfr. ibidem).
Secondo il ricorrente in primo grado ed attuale appellante, dall’individuazione della disciplina di cui all’art. 13 della L. 186 del 1982 come quella applicabile al caso di specie discenderebbe, pertanto, l’illegittimità del coinvolgimento del Consiglio dei Ministri nel procedimento di nomina, dovendosi quindi imputare al Consiglio dei Ministri medesimo il blocco procedimentale determinatosi per effetto di un incongruo aggravamento istruttorio, con la conseguenza della mancata sua nomina e dell’adozione del definitivo diniego a provvedere positivamente in ordine alla stessa per il sopravvenuto suo collocamento a riposo per raggiunti limiti di età.
Ciò posto, questo Collegio evidenzia – per contro – che dalla ricognizione del quadro normativo di riferimento il giudice di primo grado ha correttamente tratto la conclusione che la disciplina da applicare nel procedimento di nomina del Presidente aggiunto del Consiglio di Stato è proprio quella contenuta nell’art. 13 della L. 186 del 1982, e non già quella contemplata dal susseguente art. 22.
Va premesso che la qualifica di Presidente aggiunto del Consiglio di Stato è stata istituita per effetto dell’art. 6-bis, comma 2, del D.L. 24 dicembre 2003 n. 354, convertito con modificazioni in L. 26 febbraio 2004 n. 45, a completamento di quanto disposto dall’art. 14 della L. 186 del 1982, contemplante, fino a quel momento, l’ordine delle qualifiche del personale della magistratura amministrativa (cfr. ivi: “1) presidente del Consiglio di Stato; 2) presidenti di sezione del Consiglio di Stato; presidenti di tribunale amministrativo regionale; 3) consiglieri di Stato; 4) consiglieri di tribunale amministrativo regionale, primi referendari e referendari”).
Analoghe innovazioni ordinamentali sono state contestualmente introdotte dai commi 1, 3 e 4 dello stesso articolo, rispettivamente per la Corte di Cassazione, per la Corte dei Conti e per l’Avvocatura dello Stato, istituendo in tali plessi le qualifiche sub-apicali del Procuratore generale aggiunto presso la Corte di Cassazione (la qualifica di Presidente aggiunto della Corte medesima era stata, infatti, già istituita per effetto dell’art. 1 della L. 4 gennaio 1963 n. 1), del Presidente aggiunto della Corte dei Conti, del Procuratore generale aggiunto della Corte dei Conti e dell’Avvocato generale aggiunto dello Stato.
Per quanto qui segnatamente interessa, l’art. 6-bis, comma 2, testé citato così dispone: “Nell’ordinamento della magistratura amministrativa è istituito il posto di Presidente aggiunto del Consiglio di Stato, parificato a ogni effetto giuridico ed economico, escluso l'incremento retributivo di cui al presente comma, a quello del Presidente aggiunto della Corte suprema di cassazione, con conseguente incremento di una unità nella dotazione organica complessiva. La tabella A allegata alla legge 27 aprile 1982, n. 186, e successive modificazioni, è conformemente modificata. Il Presidente aggiunto del Consiglio di Stato, oltre a svolgere le funzioni di presidente di una sezione del Consiglio di Stato, sostituisce, nei casi di assenza o impedimento, il Presidente del Consiglio di Stato e lo coadiuva nei compiti affidatigli. Al Presidente del Consiglio di Stato è riconosciuto un incremento retributivo pari alla metà della differenza tra il trattamento economico previsto per il Presidente aggiunto della Corte suprema di cassazione e quello previsto per il Primo Presidente della stessa Corte”.
Tale disciplina istitutiva della nuova qualifica non reca, tuttavia, alcuna indicazione in ordine alla procedura da applicarsi per la nomina del Presidente aggiunto, con la conseguenza che – per l’appunto – necessita stabilire se debba essere seguita, al riguardo, quella di cui all’art. 22, ovvero quella di cui all’art. 13 della L. 186 del 1982.
L’art. 22 della L. 186 del 1982 dispone che “il presidente del Consiglio di Stato è nominato tra i magistrati che abbiano effettivamente esercitato per almeno cinque anni funzioni direttive, con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il parere del consiglio di presidenza”.
Diversamente, l’art. 13, comma 3, prima parte, della medesima L. 186 del 1982 dispone che in via, generale, e quindi anche per la nomina a Presidente di Sezione del Consiglio di Stato e a Presidente di T.A.R., “i provvedimenti riguardanti lo stato giuridico dei magistrati sono adottati con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri”.
Correttamente il giudice di primo grado ha rilevato che la riconduzione della procedura di nomina di Presidente aggiunto del Consiglio di Stato alla disciplina recata dall’art. 22 o a quella dettata dall’art. 13 della L. 186 del 1982 non può che avvenire, nel silenzio della legge, mediante “la ricognizione della fisionomia dell’incarico” (rectius: “qualifica”), al fine di stabilire la sua assimilabilità, o quanto meno la sua maggiore o minore vicinanza quanto a natura e funzioni, alla figura apicale di Presidente del Consiglio di Stato ovvero a quelle di Presidente di Sezione del Consiglio di Stato o di Presidente di T.A.R.
Come sempre correttamente evidenziato dallo stesso giudice di primo grado, tale questione è
stata peraltro già affrontata e risolta, “con argomentazioni da cui non si ravvisano valide ragioni per discostarsi” (cfr. ibidem, pag. 13), con la sentenza di T.A.R. Lazio, Roma, Sez. III, 9 febbraio 2009 n. 1333), confermata da Cons. Stato, Sez. IV, con decisione n. 5661 dd. 22 settembre 2009, nel senso dell’assimilazione del Presidente aggiunto alla figura del Capo dell’Istituto.
In particolare, nella decisione da ultimo citata si afferma – tra l’altro – che “il legislatore, con l’introduzione della nuova figura (così come avvenuto, del resto, anche per le altre giurisdizioni superiori) ha inteso non semplicemente istituzionalizzare le funzioni vicarie già esercitate, nell’assetto precedente, dal più anziano tra i Presidenti di Sezione, bensì prevedere una nuova figura apicale o subapicale, di livello superiore a quello dei Presidenti di Sezione, con compiti specifici di collaborazione nella gestione dell’Ufficio; ciò appare confermato … anche dalla scelta,contestuale alla previsione de qua, di aumentare di un posto l’organico della magistratura amministrativa. …. (La nuova) figura si caratterizza non già come meramente vicaria del Presidente del Consiglio di Stato (per il che non vi sarebbe stato bisogno di innovare l'ordinamento, essendo già previsto lo svolgimento di tali funzioni da parte del più anziano tra i Presidenti di Sezione), sibbene come compartecipe del vertice dell'Ufficio, con espresse funzioni di collaborazione alla sua gestione e direzione; non si tratta, in altri termini, di un primus inter pares tra i Presidenti di Sezione, ma di figura subapicale, che almeno in parte condivide prerogative e attribuzioni del vertice dell'Ufficio. Molti sono i dati che orientano verso tale conclusione: oltre ai rilievi logici già svolti (anche in ordine all’introduzione del nuovo posto in organico, in posizione distinta da quella dei Presidenti di Sezione e indipendentemente dalla vacanza di uno o più di essi), depongono in tal senso il dato positivo secondo cui il Presidente Aggiunto è nominato con D.P.R., e non con D.P.C.M. come i Presidenti di sezione, ma anche lo stesso elemento letterale, laddove l’uso dell'aggettivo “aggiunto” individua chiaramente un assetto di co-gestione dell’Ufficio, e non il mero esercizio di funzioni vicarie (così come avviene, nell'ambito della magistratura ordinaria, per gli uffici requirenti, in cui il Procuratore della Repubblica è coadiuvato da “Procuratori Aggiunti” e non da “Vice Procuratori”)”(così l’anzidetta decisione n. 5661 del 2009).
In tal senso, perciò, in tale precedente occasione questa stessa Sezione è già pervenuta alla conclusione di dover applicare analogicamente, con riferimento ai requisiti per la nomina, l’art. 22 della L. 186 del 1982, relativo alla nomina del Presidente del Consiglio di Stato, tenuto conto - mediante una scelta ermeneutica inevitabilmente sostanzialistica che attiene alle funzioni in concreto attribuite alla posizione del Presidente aggiunto, della peculiarità di tale figura - decisamente assimilabile – giova ribadire – sotto il profilo concettuale e sistematico a quella apicale del medesimo Presidente del Consiglio di Stato, avuto segnatamente riguardo alle sue intrinseche caratteristiche di sostituzione vicaria, di co-gestione, di ausilio e di rappresentanza dell’Istituto che collocano la figura medesima ad un livello superiore rispetto a quello dei Presidenti di Sezione del Consiglio di Stato, con ciò giustificando, oltre tutto, un trattamento retributivo diversificato.
Va condiviso anche il rilievo dello stesso giudice di primo grado secondo il quale l’asserita violazione al riguardo delle prerogative del Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa, circa la sua competenza generale in materia di provvedimenti di status del personale della magistratura amministrativa, non può ragionevolmente indurre ad una scelta interpretativa tale da obliterare la rilevata e del tutto particolare fisionomia della carica in questione, quasi assimilata a quella di vertice.
Né può indurre a diversa conclusione la circostanza che la proposta di nomina del dott. Ruoppolo, deliberata dal Plenum del Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa in adesione alla proposta della sua IV Commissione del 16 luglio 2010, facesse riferimento alla procedura di nomina prevista per la nomina a Presidente di Sezione, posto che la Presidenza del Consiglio dei Ministri nell’esercizio delle funzioni di propria spettanza non era per certo vincolata a confermare l’assunto dell’Organo di autogoverno, secondo il quale doveva applicarsi nella specie la procedura di cui all’art. 13 della L. 186 del 1982 piuttosto che quella di cui all’art.22 della legge stessa: infatti, a fronte dell’individuazione comunque fatta dall’Organo medesimo del magistrato idoneo a ricoprire la qualifica in questione, compete per certo al soggetto istituzionale investito della competenza alla sua nomina l’individuazione e l’applicazione della disciplina deputata a conseguire l’effetto della nomina medesima.
Semmai, va condivisa sul punto la notazione del T.A.R. secondo la quale il Consiglio di Presidenza ha, in effetti, sin qui posto in essere una prassi non lineare ed incerta, avendo fatto ricorso in occasione delle nomine a Presidente Aggiunto dei Presidenti Egidio Schinaia e Paolo Salvatore alla procedura di nomina prevista per i Presidenti di Sezione, nel mentre in occasione della nomina a Presidente Aggiunto dei Presidenti Calabrò e De Lise ha fatto applicazione della procedura di cui all’art. 22 della legge n. 186 del 1982, per poi di nuovo riproporre la procedura prevista per la nomina a Presidente di Sezione in occasione della designazione del Presidente Ruoppolo, con il conseguente auspicioda parte dello stesso giudice di primo grado, “rispetto a tale ondivago orientamento”, di “un più attento rigore nella maturazione di prassi maggiormente coerenti ed uniformi anche attraverso la predisposizione di regole certe, al fine di garantire la trasparenza delle procedure e la certezza delle regole applicabili” (cfr. pag. 17 e ss. della sentenza impugnata).
In dipendenza di tutto quanto sopra, e nella constatazione che nessun idoneo argomento è stato proposto dall’attuale appellante al fine di una riconsiderazione dell’interpretazione già resa al riguardo da questa stessa Sezione, deve dunque concludersi nel senso che la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha correttamente sottoposto la nomina del dott. Ruoppolo al Consiglio dei Ministri, ai fini della relativa deliberazione, dovendo nella fattispecie in esame trovare applicazione l’art. 22 della L. 186 del 1982.
4.3. Il Collegio, per contro, non condivide la conseguenza del tutto automatica che da tale assunto il giudice di primo grado ha tratto in ordine alla sorte della censura di ingiustificato aggravamento del procedimento che il dott. Ruoppolo ha dedotto in prime cure e qui puntualmente riproposto.
Al riguardo, nella sentenza resa dal T.A.R. si legge che “in ragione della correttezza del paradigma procedimentale adottato nella fattispecie in esame, devono conseguentemente disattendersi le censure ricorsuali volte a denunciare … l’ingiustificato aggravamento procedimentale per effetto della richiesta di chiarimenti istruttori rivolta dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri al Consiglio di Presidenza, non potendo disconoscersi la titolarità del potere di approfondimento delle questioni sulle quali il Consiglio dei Ministri è chiamato a deliberare. Quanto all’oggetto di tale richiesta istruttoria, concernente l’eventuale applicabilità alla fattispecie dell’art. 21, comma 5, della L. 186 del 1982, la circostanza che tale norma sia applicabile, per espressa previsione normativa, alle nomine a Presidente di Sezione del Consiglio di Stato e a Presidente di T.A.R., non si traduce in un vizio inficiante il relativo procedimento, né può ritenersi, in mancanza di ulteriori inequivocabili elementi, sintomatico di un atteggiamento pretestuosamente ostruzionistico tale da integrare un vizio della funzione. Fondendo le precedenti enunciazioni in una conclusiva delibazione in ordine alla questione sottoposta all’esame del Collegio, deve ritenersi che, con scelta immune dalle proposte censure, la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha correttamente sottoposto la nomina del ricorrente al Consiglio dei Ministri ai fini della relativa deliberazione, dovendo nella fattispecie in esame trovare applicazione il ricordato art. 22 della L. 186 del 1982. Quale ulteriore conseguenza della illustrata ricostruzione interpretativa, va altresì rilevato che, in ragione della concreta scansione temporale del procedimento, essendo nelle more intervenuto il collocamento a riposo del ricorrente, sono venuti meno, in capo allo stesso, i presupposti per la sua nomina a Presidente Aggiunto, come correttamente rilevato nella gravata nota, non potendo la Presidenza del Consiglio dei Ministri deliberare tale nomina successivamente al collocamento a riposo del ricorrente. Né, contrariamente a quanto affermato da parte ricorrente, può accedersi alla propugnata tesi della permanenza della legittimazione alla nomina successivamente al collocamento a riposo per raggiunti limiti di età, costituendo tale vicenda del rapporto lavorativo una preclusione ad ogni sviluppo della carriera ed alla modifica di status”.
Questo giudice d’appello, per parte propria, non disconosce per certo alla Presidenza del Consiglio dei Ministri la testé riferita “titolarità del potere di approfondimento delle questioni sulle quali il Consiglio dei Ministri è chiamato a deliberare”, tanto che – come si è visto innanzi, al § 4.2. della presente sentenza – in tale potere risulta naturalmente inclusa anche l’autoritativa sottoposizione del procedimento di nomina dell’interessato alla disciplina di cui all’art. 22 della L. 186 del 1982 in luogo di quella di cui all’art. 13 della stessa legge, reputata per contro applicabile dall’Organo di autogoverno.
Tuttavia, se la medesima Presidenza del Consiglio dei Ministri ha (giova ribadire, del tutto correttamente) reputato nella specie applicabile la disciplina contenuta nell’anzidetto art. 22, essa non poteva sottrarsi a due conseguenze concomitantemente scaturenti da tale sua scelta.
La prima conseguenza attiene all’assodata non applicazione alla nomina di cui trattasi dell’art.21, quinto comma, della L. 186 del 1982 come modificato dall’art. 13 della L. 21 luglio 2000 n. 205, in forza del quale “la nomina a Presidente di Sezione del Consiglio di Stato e quella a Presidente di Tribunale amministrativo regionale comportano l’obbligo, per il nominato, di permanere nella sede di assegnazione per un periodo non inferiore a tre anni, salvo il caso di trasferimento d’ufficio disposto in applicazione delle norme in materia. Per lo stesso periodo non è consentito il collocamento fuori ruolo del magistrato. La nomina può non essere disposta nei confronti di magistrati il cui periodo di permanenza in servizio, fino al collocamento a riposo per raggiunti limiti di età, sia inferiore a tre anni dalla data di conferimento dell'incarico”.
Al riguardo va evidenziato, infatti, che lo stesso dato letterale della disciplina ora riportata si riferisce alle sole nomine a Presidente di Sezione del Consiglio di Stato e a Presidente di T.A.R. e non, quindi, a quella di Presidente aggiunto del Consiglio di Stato; né la circostanza che la disciplina medesima risalga ad epoca antecedente all’entrata in vigore della legge istitutiva di quest’ultima giustifica una sua interpretazione adeguatrice rispetto allo ius novum,stante la già dianzi comprovata assimilazione della stessa qualifica di Presidente aggiunto del Consiglio di Stato a quella apicale dell’Istituto, per la quale nulla è disposto in ordine alla valutazione circa la possibilità di effettuare la relativa nomina in rapporto alla prossima collocazione in quiescenza dell’interessato.
Va opportunamente qui denotato che l’omessa previsione da parte del legislatore di una norma in tal senso non deve essere ricondotta ad un favor nei confronti di colui che si trova nella condizione di poter accedere alla qualifica apicale o sub-apicale dell’Istituto nell’imminenza della propria cessazione dal servizio per limiti di età, ma ad una consapevole e del tutto coerente conseguenza della valutazione - effettuata dapprima da parte dell’Organo di autogoverno e, poi, dal Consiglio dei Ministri - in ordine ai requisiti attitudinali e di carriera del candidato alla nomina, anche a prescindere da qualsivoglia limite costituito dalla sussistenza di una previsione ex lege che esplicitamente imponga (si badi, oltre a tutto all’Organo di autogoverno, e non già al Consiglio dei Ministri, che pur nella specie è chiamato ad esercitare una valutazione “piena” sul candidato alla nomina, a’ sensi del predetto art. 22) di motivare circa l’opportunità del conferimento dell’esercizio di una funzione comunque destinata ad esaurirsi prima di un triennio.
La seconda conseguenza attiene, invece, all’esigenza del rispetto, da parte della Presidenza del Consiglio dei Ministri, nonché da parte del Consiglio dei Ministri medesimo, sia della generale clausola del “sistema” che all’art. 1, comma 2, della L. 7 agosto 1990 n. 241, recante l’obbligo per tutte le pubbliche amministrazioni - senza eccezioni di sorta – di non aggravare il procedimento “se non per straordinarie e motivate esigenze imposte dallo svolgimento dell'istruttoria”, sia dell’ultimo comma dell’art. 22 anzidetto, laddove dispone che “la nomina del Presidente del Consiglio di Stato ha luogo entro e non oltre trenta giorni dalla vacanza del posto”.
L’analogia legis che assiste il procedimento di nomina del Presidente aggiunto dell’Istituto non consente, infatti, di prescindere dall’applicazione al caso di specie anche della norma che si ricava da quest’ultima disposizione, stante la sopra illustrata connotazione della qualifica di cui trattasi come non meramente vicaria del Presidente del Consiglio di Stato, ma quale compartecipe del vertice dell’Istituto, con espresse funzioni di collaborazione alla sua gestione e direzione.
Traendo, dunque, le dovute considerazioni dalle due conseguenze ora descritte, che inerivano alla consapevole e del tutto legittima applicazione dell’art. 22 della L. 186 del 1982 per il caso della nomina del dott. Ruoppolo, va innanzitutto denotato che, se potevano sussistere perplessità circa l’opportunità della sua nomina a Presidente aggiunto nell’imminenza del collocamento in quiescenza per limiti di età, queste dovevano essere liberamente e in via del tutto concludente affermate con deliberazione dello stesso Consiglio dei Ministri nell’esercizio della propria discrezionalità - a prescindere, quindi, dalla predetta disciplina contenuta nell’attuale testo dell’art.21, quinto comma, della L. 186 del 1982, ex se non applicabile alla qualifica apicale e semi-apicale dell’Istituto - e non già rimesse alla valutazione dell’Organo di autogoverno; e che, in secondo luogo, la trasgressione del termine di trenta giorni per la conclusione del procedimento di nomina non può, nella specie, risultare esente da sanzione in correlazione dell’intervenuta violazione del generale obbligo di non aggravamento del procedimento di cui all’art. 1, comma 2, della L. 7 agosto 1990 n. 241 “se non per straordinarie e motivate esigenze imposte dallo svolgimento dell'istruttoria”, nella specie assodatamente insussistenti e comunque in alcun modo esternate dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Il Collegio al riguardo non sottace che nella predetta decisione n. 5661 del 2009 questa stessa Sezione ha ritenuto che “quanto al ritardo nella definizione della procedura, a dire dell’appellante violativo dell'art. 22, comma 3, della L. 186 del 1982, è appena il caso di precisare che il termine di trenta giorni previsto da detta norma ha indubbiamente natura acceleratoria, essendo inteso a evitare il protrarsi eccessivo della scopertura dell'Ufficio, e pertanto non comporta illegittimità in caso di sua inosservanza; né merita positivo apprezzamento il rilievo di parte appellante secondo cui tale protrarsi dell'iter procedimentaleavrebbe favorito il verificarsi di illegittimità. Se, infatti, tali illegittimità sono quelle ipotizzate nei motivi di censura fin qui esaminati, se ne è già vista l’insussistenza; se, invece, ci si riferisce ai non meglio precisati interna corporis dell’Amministrazione cui si allude in varipassaggi del ricorso introduttivo del giudizio, trattasi di doglianza, ancorché allusiva, manifestamente generica e quindi inammissibile” (cfr. ivi).
Si impone quindi una verifica della conferenza di tali assunti al caso di specie, anche in dipendenza del contestuale rilievo qui assunto dalla dedotta violazione dell’art. 1, comma 2, della L. 241 del 1990.
Nonostante l’utilizzo, da parte del legislatore, della locuzione “entro e non oltre” (che, di per sé, potrebbe suggerire la sussistenza di un termine che non può in alcun modo essere superato) non può revocarsi in dubbio, come del resto già affermato dalla Sezione, che il termine di trenta giorni contemplato dal terzo comma dell’art. 22 ora in esame non assume nel contesto del procedimento di cui trattasi carattere perentorio (ossia, non inficia la validità del procedimento stesso, con conseguente illegittimità dei relativi atti: cfr. sull’argomento, in termini generali, ex plurimis, Cons. Stato, Sez. VI, 20 giugno 2012 n. 3592), ma ordinatorio, comportante pertanto una mera irregolarità della procedura, che non determina l’illegittimità del provvedimento tardivamente adottato (vitiatur sed non vitiat), ma effetti di altro genere, ossia responsabilità disciplinari, penali, contabili, risarcitorie per danni da ritardo, in presenza dei relativi presupposti (cfr.ibidem, nonché – sempre in termini generali – anche, ex plurimis, la decisione n. 4125 dd. 8 luglio 2011, resa sempre dalla predetta Sez. VI): il che, del resto, risulta del tutto coerente sia con la notazione per cui, in forza di un principio generale – traslabile dall’ordinamento processuale al procedimento amministrativo, a’ sensi dell’art. 152 cod. proc. civ. - l’esercizio dell’azione amministrativa, in difetto di espressa previsione di perentorietà o decadenza, è scandito da termini ordinatori (cfr. dec. 3592 del 2012 cit.), sia con la considerazione per cui risulterebbe ictu oculi fuori da ogni logica che la ritardata nomina del Presidente o del Presidente aggiunto dell’Istituto possa riguardarsi come intrinsecamente illegittima in dipendenza della sua tardività, non potendosi ragionevolmente sostenere che il Consiglio dei Ministri perda irrevocabilmente il proprio potere di provvedere al riguardo in dipendenza della consumazione del termine in questione.
Nella fattispecie considerata nella predetta decisione n. 5661 del 2009 resa dalla Sezione, la circostanza dell’avvenuto superamento del termine stesso non è stata ricondotta nella prospettazione della parte ivi ricorrente in primo grado ad una conseguenza sindacabile da questo giudice, quale è per certo il danno da ritardo, in quanto la relativa prospettazione è rimasta al di fuori di quel processo proprio in quanto il superamento dei 30 giorni era stato infondatamente (se non inammissibilmente) addotto come “genericamente sintomatico” dell’illegittimità degli atti impugnati.
Nella presente fattispecie – per contro – la circostanza del superamento dello stesso termine di 30 giorni non costituisce ritardo ex se valutabile come fattispecie generatrice di danno, ma va riguardata quale conseguenza che discende segnatamente da un aggravamento del procedimento – ossia da una violazione dell’art. 1, comma 2, della L. 241 del 1990 - puntualmente censurato già in primo grado dall’attuale appellante, alla quale va - per l’appunto - ascritta una lesione della posizione di interesse legittimo del medesimo dott. Ruoppolo, che determina il parziale accoglimento della domanda risarcitoria da lui proposta.
Come si è rilevato dianzi, a fronte della facoltà di una valutazione di competenza della Presidenza del Consiglio dei Ministri, nonché del Consiglio dei Ministri medesimo – giova ribadire, necessariamente a prescindere dall’attuale contenuto dell’art. 21, quinto comma, della L. 186 del 1982 – circa l’opportunità del conferimento al dott. Ruoppolo della nuova funzione in dipendenza del suo imminente pensionamento, l’Autorità Governativa ha – per contro - aggravato il procedimento determinandosi nel corso della sua seduta del 5 agosto 2010, nel senso di fuoriuscire dalla stessa logica del procedimento di cui all’art. 22 della L. 186 del 1982, mediante la propria ben incongrua richiesta all’Organo di autogoverno della Giustizia Amministrativa di esprimersi in proposito e in sua vece, a’ sensi di una norma non applicabile al caso di specie.
Da tale aggravamento è - per l’appunto -conseguita la circostanza per cui, allorquando, dopo la pausa estiva dei suoi lavori, il Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa si è a sua volta espresso sull’incongrua richiesta del Consiglio dei Ministri (16 settembre 2010), il Presidente Ruoppolo era già stato collocato in quiescenza per raggiunti limiti di età (9 settembre 2010), nel mentre è stato avviato un ulteriore procedimento per la nomina di altro Presidente aggiunto, comunque conclusosi il 7 ottobre 2010, ossia dopo il pensionamento dello stesso dott. Ruoppolo, mediante la nomina a tale carica del Presidente Coraggio.
Risulta altrettanto evidente che nulla impediva al Consiglio dei Ministri – nella riscontrata assenza di ulteriori riserve se non quella dell’imminente pensionamento, che, si ribadisce, non è stata illegittimamente formulata in via diretta dal Consiglio medesimo, ma sottoposta all’esame del Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa – di provvedere alla nomina del dott. Ruoppolo già nella sua seduta del 5 agosto 2010.
Né impedimenti di sorta sussistevano, dopo la ricezione della pur incongrua pronuncia richiesta all’Organo di autogoverno, per l’adozione di un provvedimento di nomina “ora per allora”, anche in adempimento alla parimenti generale clausola del “sistema” che comunque impone la conclusione del procedimento mediante un provvedimento espresso (cfr. art. 2, comma 1, della L. 241 del 1990 nel testo attualmente in vigore); senza sottacere poi che, per risalente, ma ancora attuale principio enunciato dalla giurisprudenza, il collocamento a riposo del pubblico dipendente non fa venir meno il suo l’interesse, morale e patrimoniale, ad ottenere il riconoscimento della sua eventuale promozione (così, ad es., Cons. Stato, Sez. VI, 24 ottobre 1978 n. 1083) e che, se è ben vero che l’erogazione retroattiva del trattamento economico corrispondente costituisce obbligazione sinallagmatica dovuta quale corrispettivo per la prestazione lavorativa effettivamente prestata e che – pertanto – compete al dipendente promosso “ora per allora” soltanto qualora questi abbia in concreto svolto la prestazione corrispondente alla sua nuova qualifica (così, ad es., Cons. Stato, Sez. III, 25 giugno 2012 n. 3716), non può obliterarsi la circostanza che il dott. Ruoppolo, sino alla data della sua collocazione in quiescenza, era il Presidente di Sezione del Consiglio di Stato più anziano in servizio e, quindi, comunque titolato ex lege a sostituire il Presidente del Consiglio di Stato in caso di vacanza di tale qualifica (cfr. art. 22, secondo comma, della L. 184 del 1982).
4.4. Comunque sia, dall’accoglimento della censura segnatamente relativa alla violazione della regola del divieto di aggravamento del procedimento consegue il risarcimento del danno patrimoniale subito dall’attuale appellante, stanti la ben evidente colpa in capo alla Presidenza del Consiglio dei Ministri per l’aggravamento medesimo e l’altrettanto evidente circostanza per cui, nella non evidenziata sussistenza, da parte della Presidenza medesima, di altri presupposti per non procedere alla nomina del dott. Ruoppolo alla qualifica di Presidente aggiunto del Consiglio di Stato, la nomina medesima doveva essere effettuata nella seduta del Consiglio dei Ministri del 5 agosto 2010 in luogo dell’adozione dell’anzidetto e del tutto illegittimo provvedimento di aggravamento del procedimento.
In dipendenza di ciò, la Presidenza del Consiglio dei Ministri è tenuta a corrispondere all’attuale appellante per il periodo 5 agosto 2010 – 8 settembre 2010, a titolo di risarcimento del danno, la differenza corrispondente tra il trattamento economico da lui goduto alla predetta data del 5 agosto 2010 e quello di Presidente aggiunto del Consiglio di Stato, maggiorata a’ sensi dell’attuale testo dell’art. 429, n. 3, cod. proc. civ. dell’interesse legale e della rivalutazione del credito sino al soddisfo, da effettuarsi sull’ammontare netto del credito stesso e non sulle somme lorde poste a base del prelievo fiscale e previdenziale (così Cons. Stato, Sez. III, 11 febbraio 2013 n. 748) e, comunque, con l’attribuzione degli interessi mediante computo non sulla somma complessiva rivalutata alla data della liquidazione, ma sulla somma originaria rivalutata anno dopo anno (così Cons. Stato, Sez. V, 8 novembre 2012 n. 5686).
Dalla rideterminazione del trattamento economico del dott. Ruoppolo consegue pure la revisione del suo trattamento previdenziale e di fine rapporto.
4.5. Non va viceversa accolta la domanda del dott. Ruoppolo di ristoro dei danni non patrimoniali da lui reputati discendenti dall’atto impugnato, posto che l’allegazione della circostanza secondo la quale la sua mancata nomina derivava da un veto imposto dall’allora Ministro dell’Economia e delle Finanze si fonda su generiche indiscrezioni giornalistiche; e, in tal senso, anche una liquidazione in via equitativa del danno non patrimoniale arrecato alla professionalità e alla vita di relazione comunque necessita di una prova rigorosa dei fatti specifici che lo hanno generato: prova che, nella specie, non appare idoneamente fornita.
4.6. Le spese e gli onorari del presente grado di giudizio possono essere integralmente compensati tra le parti, stante la peculiarità delle questioni trattate.

P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei limiti di cui in motivazione e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato e condanna la Presidenza del Consiglio dei Ministri a corrispondere all’appellante quanto descritto al § 4.4 della presente sentenza, con ogni utile conseguenza agli effetti della rideterminazione del trattamento pensionistico e di fine rapporto dell’appellante.
Compensa integralmente tra le parti le spese e gli onorari del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 16 aprile 2013 con l’intervento dei magistrati:
Paolo Numerico, Presidente
Diego Sabatino, Consigliere
Raffaele Potenza, Consigliere
Fulvio Rocco, Consigliere, Estensore
Umberto Realfonzo, Consigliere


L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 26/06/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)


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