lunedì 22 luglio 2013

ELEZIONI: specificità e precisione delle censure dedotte nei ricorsi elettorali (Cons. St., Sez. V, sentenza 15 luglio 2013, n. 3795).


ELEZIONI: 
specificità e precisione delle censure dedotte 
nei ricorsi elettorali 
(Cons. St., Sez. V, 
sentenza 15 luglio 2013, n. 3795)

Massima

1.  La giurisprudenza ha sottolineato che, ai sensi dell’art. 40 c.p.a., le censure dedotte con un ricorso giurisdizionale amministrativo devono, sin dal primo grado di giudizio, essere specifiche e precise a salvaguardia, tra l’altro, della effettiva garanzia del contraddittorio e del diritto di difesa, postulato dall’art. 24 della Costituzione, nonché della precisa ed univoca individuazione del thema decidendum, aggiungendo che tali esigenze risultano ancor più stringenti in materia elettorale, così che non possono attribuirsi valenza di motivi di ricorso ad espressioni che, senza integrare critiche di legittimità di senso compiuto, potrebbero essere considerate delle mere involute allusioni (C.d.S., sez. V, 24 gennaio 2013, n. 456).
2.  Sono pertanto da considerare inammissibili quei ricorsi elettorali che si limitino ad una formulazione di censure del tutto sfornite di qualsiasi riscontro attendibile, chiamando il giudice ad una verifica dell’intera operazione di scrutinio senza che sia offerto un serio e concreto principio di prova, trasformando impropriamente il ruolo del sindacato giurisdizionale in una mera funzione di ripetizione dello scrutinio elettorale (C.d.S., sez. V, 17 settembre 2012, n. 4919; 12 giugno 2009, n. 3704; 2 aprile 2009, n. 2079; 2 settembre 2004, n. 5742).
3.  D’altra parte la stessa giurisprudenza non ha mancato di evidenziare che nel giudizio elettorale il principio della specificità dei motivi di censura e dell’onere della prova deve considerarsi attenuato in considerazione della situazione di obiettiva difficoltà in cui si trova il soggetto che ha interesse a contestare le operazioni elettorali illegittime sulla base di dati informativi di carattere indiziario e della correlata esigenza di garantire l’effettività della tutela giurisdizionale di cui agli articoli 24 e 113 della Costituzione; così che, ai fini dell’ammissibilità del ricorso o delle singole censure, è da ritenersi necessario e sufficiente che l’atto introduttivo indichi, non in termini meramente astratti, ma con riferimento a fattispecie concrete, la natura dei vizi denunciati, il numero delle schede contestate e le sezioni cui si riferiscono, mentre sono inammissibili le azioni esplorative volte al mero riesame delle operazioni svolte (C.d.S., sez. V, 22 marzo 2012, n. 1630; 22 settembre 2011, n. 5345).


Sentenza per esteso

INTESTAZIONE
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 8557 del 2012, proposto da:
SGRO’ ALBERTO, rappresentato e difeso dagli avv. Pietro Adami e Carlo Contaldi La Grotteria, con domicilio eletto presso Pietro Adami in Roma, Corso D'Italia, n. 97; 
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del ministro in carica, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliato ope legis in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
UFFICIO ELETTORALE CENTRALE c/o Casa Comunale Di Ardea, non costituito in giudizio; 
nei confronti di
DI FIORI LUCA, rappresentato e difeso dall'avv. Ignazio Abrignani, con domicilio eletto presso Ignazio Abrignani in Roma, Piazzale delle Belle Arti, n. 8;
GIORDANI MASSIMILIANO, IOTTI RICCARDO, IACOANGELI MAURO, MARCUCCI FRANCO, LUCA FRANCO, ACQUARELLI FABRIZIO, CORSO FRANCESCO PAOLO, MONTESI ALBERTO, VOLANTE POLICARPO, QUARTUCCIO ALESSANDRO, ABATE ANTONINO, GIORDANI MAURO, LUDOVICI STEFANO, ROSSI GIANCARLO, TANTARI UMBERTO e CAPRARO CRISTINA, non costituiti in giudizio; 
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LAZIO – ROMA, Sez. II bis, n. 8832 del 26 ottobre 2012, resa tra le parti, concernente verbale di proclamazione degli eletti per il rinnovo della carica di sindaco e del consigliere comunale del Comune di Ardea delle elezioni svoltesi il 6 e 7 maggio 2012.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno e del sig. Luca Di Fiori;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 giugno 2013 il Cons. Carlo Saltelli e uditi per le parti gli avvocati Manzi, per delega di Adami, l’avvocato dello Stato Lumetti (per il collega Urbani Neri), Saragò, per delega dell’avv. Abrignani;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

FATTO
1. Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sez. II bis, con la sentenza n. 8832 del 26 ottobre 2012, nella resistenza del Ministero dell’Interno e del sig. Luca di Fiore (sindaco eletto), ha rigettato il ricorso proposto dal sig. Alberto Sgrò (che aveva partecipato alle elezioni del 6 e 7 maggio 2012 per il rinnovo del Consiglio Comunale di Ardea, quale candidato alla carica di consigliere comunale per la lista U.D.C.) per l’annullamento del verbale in data 11 maggio 2012 dell’Ufficio centrale (mod. 300AR) di proclamazione degli eletti alla carica di sindaco e di consigliere comunale, nella parte in cui egli non era risultato eletto, nonché dei verbali delle singole sezioni elettorali (sia con riferimento ai voti espressi in favore dei candidati della lista U.D.C., con richiesta di verificazione delle schede di voto, ivi comprese quelle dichiarate nulle, sia con riferimento ai verbali incompleti).
Secondo l’adito tribunale, le censure sollevate erano generiche e dai verbali di sezione non emergevano irregolarità nelle operazioni di scrutinio; inoltre il dedotto parziale o omesso conteggio di schede autenticate e non consegnate agli elettori non aveva potuto incidere sulle operazioni di voto, tanto più che la irregolarità di voti in misura minima non era tale da influenzare la posizione e il risultato elettorale del candidato ricorrente.
2. L’interessato ha proposto rituale e tempestivo appello avverso tale sentenza, lamentandone l’erroneità e l’ingiustizia per effetto dell’approssimativo e superficiale apprezzamento dei fatti e del mancato approfondimento delle censure sollevate in primo grado, respinte sbrigativamente con motivazione assolutamente lacunosa e contraddittoria, e chiedendone la riforma alla stregua di due motivi di gravame (il primo, rubricato “In via preliminare: sulla legittimazione al ricorso”, il secondo “Eccesso di potere per difetto dei presupposti; violazione dei principi di trasparenza e tassatività e correttezza in materia elettorale; violazione del principio della par condicio in materia elettorale; violazione dell’art. 48 e 51 della Costituzione e del principio di segretezza del voto; violazione del t.u. n. 570/1960; violazione artt. 47, 48 e 54 t.u. n. 570/1960; violazione art. 41 t.u. n. 570/1960; ingiustizia manifesta; violazione dei principi posti a base del sistema elettorale. Mancata corrispondenza tra schede scrutinate e numero dei votanti [violazione art. 68 co. 6 t.u. n. 570/1960]; mancata indicazione delle schede autenticate [violazione art. 47 t.u. n. 570/1960; violazione art. 41 t.u. n. 570/1960]. Omessa motivazione e contraddittorietà della sentenza appellata”), con cui sono state riproposte le doglianze sollevate in primo grado; l’appellante ha peraltro espressamente riproposto anche l’istanza istruttoria di acquisizione di atti attinenti ai fatti esposti nelle premesse del gravame, oltre che dell’acquisizione dei verbali di tutte le sezione, delle schede elettorali e della verifica dei calcoli delle preferenze.
Si sono costituiti in giudizio sia il Ministero dell’Interno, con mero atto formale, che il sig. Luca di Fiori che con puntuale memoria ha dedotto l’inammissibilità del ricorso di primo grado, inopinatamente non rilevata dai primi giudici, nonché l’inammissibilità e l’infondatezza del gravame, anche sotto il profilo dell’assoluto difetto di interesse a ricorrere del sig. Alberto Sgrò in relazione alla mancanza di elementi probatori circa il superamento della c.d. prova di resistenza.
3. All’udienza pubblica dell’11 giugno 2013, dopo la rituale discussione, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO
4. L’infondatezza dell’appello, in ragione della correttezza e della condivisibilità delle sia pur stringate conclusioni raggiunte dai primi giudici nella sentenza impugnata, esime la Sezione dall’esame di ogni questione pregiudiziale sulla carenza di legittimazione del Ministero dell’interno, nonché sull’inammissibilità del ricorso di primo grado e sul difetto di interesse al ricorso del sig. Albero Sgrò.
4.1. La giurisprudenza ha sottolineato che, ai sensi dell’art. 40 c.p.a., le censure dedotte con un ricorso giurisdizionale amministrativo devono, sin dal primo grado di giudizio, essere specifiche e precise a salvaguardia, tra l’altro, della effettiva garanzia del contraddittorio e del diritto di difesa, postulato dall’art. 24 della Costituzione, nonché della precisa ed univoca individuazione del thema decidendum, aggiungendo che tali esigenze risultano ancor più stringenti in materia elettorale, così che non possono attribuirsi valenza di motivi di ricorso ad espressioni che, senza integrare critiche di legittimità di senso compiuto, potrebbero essere considerate delle mere involute allusioni (C.d.S., sez. V, 24 gennaio 2013, n. 456).
Sono pertanto da considerare inammissibili quei ricorsi elettorali che si limitino ad una formulazione di censure del tutto sfornite di qualsiasi riscontro attendibile, chiamando il giudice ad una verifica dell’intera operazione di scrutinio senza che sia offerto un serio e concreto principio di prova, trasformando impropriamente il ruolo del sindacato giurisdizionale in una mera funzione di ripetizione dello scrutinio elettorale (C.d.S., sez. V, 17 settembre 2012, n. 4919; 12 giugno 2009, n. 3704; 2 aprile 2009, n. 2079; 2 settembre 2004, n. 5742).
D’altra parte la stessa giurisprudenza non ha mancato di evidenziare che nel giudizio elettorale il principio della specificità dei motivi di censura e dell’onere della prova deve considerarsi attenuato in considerazione della situazione di obiettiva difficoltà in cui si trova il soggetto che ha interesse a contestare le operazioni elettorali illegittime sulla base di dati informativi di carattere indiziario e della correlata esigenza di garantire l’effettività della tutela giurisdizionale di cui agli articoli 24 e 113 della Costituzione; così che, ai fini dell’ammissibilità del ricorso o delle singole censure, è da ritenersi necessario e sufficiente che l’atto introduttivo indichi, non in termini meramente astratti, ma con riferimento a fattispecie concrete, la natura dei vizi denunciati, il numero delle schede contestate e le sezioni cui si riferiscono, mentre sono inammissibili le azioni esplorative volte al mero riesame delle operazioni svolte (C.d.S., sez. V, 22 marzo 2012, n. 1630; 22 settembre 2011, n. 5345).
4.2. Ciò posto, la Sezione è dell’avviso che la sentenza impugnata non meriti le censure che le sono state appuntate e che anche i provvedimenti impugnati in primo grado siano esenti dai vizi denunciati.
E’ infatti priva di qualsiasi elemento probatorio, anche a livello meramente indiziario, l’affermazione in fatto, su cui sostanzialmente si fonda l’azione intentata dal ricorrente, secondo cui vi sarebbe stata nei confronti della sua posizione di candidato della lista U.D.C. un’alterazione dello scrutinio, tanto che le preferenze originariamente attribuitegli, pari a circa 220 (quasi alla fine delle operazioni di scrutinio), si sarebbero ingiustificatamente dissolte, riducendosi a sole 128, come sarebbe emerso dalla rilevazione definitiva del giorno successivo allo scrutinio e dal verbale dell’Ufficio centrale elettorale.
Manca invero qualsiasi riscontro serio, obiettivo, grave, preciso e concordante in ordine a tali fatti, in particolare sia in ordine all’iniziale attribuzione in suo favore di 220 preferenze, sia circa errori o comportamenti scorretti dei singoli uffici elettorali di sezione che avrebbero determinato l’asserita ingiustificata diminuzione delle preferenze a sole 128, così le deduzioni dell’interessato finiscono per integrare gli estremi di mere affermazioni di principio, di per sé del tutto inidonee a supportare il pur articolato motivo di censura e tanto meno a sollecitare il potere ufficioso istruttorio del giudice adito.
Sotto tale profilo è significativo che l’interessato non ha neppure indicato in quali sezioni e quali sarebbero le illegittimità che si sarebbero verificate, essendosi limitato ad affermare, in modo assolutamente generico, come correttamente stigmatizzato dai primi giuridici, che “in gran parte” delle sezioni vi sarebbero state gravi ed insanabili irregolarità e che in “svariate sezioni” non vi sarebbe corrispondenza tra il numero delle schede scrutinate ed il numero dei votanti, mentre in “altre” non sarebbe riportato il numero delle schede consegnate dagli uffici comunali ed in “altre sezioni ancora” non sarebbe stato riportato il numero delle schede vidimate e non utilizzate; né alcun elemento idoneo a suffragare l’ammissibilità del ricorso, secondo il ricordato indirizzo giurisprudenziale, può desumersi dallo schema esemplificativo inserito nel testo del ricorso stesso, trattandosi all’evidenza di dati asseritamente estratti dai verbali, secondo un’intenzione ed una finalità evidentemente soggettive, laddove sarebbe stato necessario indicare i pretesi errori o irregolarità puntualmente risultanti dai singoli verbali, errori ed irregolarità obiettivamente idonei a far quanto meno dubitare della correttezza e della legittimità delle operazioni elettorali dei singoli uffici sezionali e successivamente dell’Ufficio Centrale Elettorale.
Sotto altro concorrente profilo, come pur puntualmente rilevato dai primi giudici, le asserite discordanze tra numero di schede consegnate, vidimate e riconsegnate ovvero tra il numero dei votanti (20725) e quello definitivo rilasciato dal Comune (20701) ovvero ancora tra quelli attribuiti al sindaco (20017 o 20038), così come rappresentate integrano gli estremi di mere irregolarità, non essendo stato fornito adeguato e diverso elemento di valutazione.
Né a diverse conclusioni può condurre l’irregolarità denunciata in ordine all’ammissione al voto nella sezione n. 18 di un solo elettore non vedente con un accompagnatore, atteso che anche la eventuale fondatezza di tale censura, limitata ad un solo voto, non sarebbe in grado di alterare sostanzialmente i risultati elettorali.
Alla stregua delle osservazioni svolte non può trovare ingresso neppure la richiesta istruttoria, potendo il giudice amministrativo esercitare i suoi poteri istruttori solo quando ciò occorra per verificare la sussistenza dei vizi denunciati dal ricorrente con un sufficiente grado di precisione e ragionevole presunzione di attendibilità (ipotesi che non ricorre nel caso di specie, come si è già avuto modo di sottolineare) e non anche in caso di prospettazione di vizi generici o ipotetici ovvero di censure formulate esclusivamente su di una soggettiva valutazione (C.d.S., sez. V, 25 maggio 2010, n. 3305).
Per completezza è appena il caso di rilevare che la denuncia presentata dall’appellante ai competenti organi giudiziari circa presunte irregolarità che si sarebbero verificate nel corso dello scrutinio delle schede non costituisce di per sé elemento idoneo a supportare i motivi di appello o ad escludere o attenuare la loro genericità.
5. In conclusione l’appello deve essere respinto.
La peculiarità delle questioni trattate giustifica la compensazione tra le parti costituite delle spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sul ricorso in appello proposto dal sig. Alberto Sgrò avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sez. II bis, n. 8832 del 26 ottobre 2012, lo respinge.
Dichiara interamente compensate tra le parti costituite le spese del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 giugno 2013 con l'intervento dei magistrati:
Carmine Volpe, Presidente
Vito Poli, Consigliere
Francesco Caringella, Consigliere
Carlo Saltelli, Consigliere, Estensore
Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere


L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 15/07/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)


Nessun commento:

Posta un commento