ELEZIONI:
specificità e precisione delle censure dedotte
nei ricorsi elettorali
(Cons. St., Sez. V,
sentenza 15 luglio 2013, n. 3795)
Massima
1. La giurisprudenza ha sottolineato che, ai sensi dell’art. 40 c.p.a., le censure dedotte con un ricorso giurisdizionale amministrativo devono, sin dal primo grado di giudizio, essere specifiche e precise a salvaguardia, tra l’altro, della effettiva garanzia del contraddittorio e del diritto di difesa, postulato dall’art. 24 della Costituzione, nonché della precisa ed univoca individuazione del thema decidendum, aggiungendo che tali esigenze risultano ancor più stringenti in materia elettorale, così che non possono attribuirsi valenza di motivi di ricorso ad espressioni che, senza integrare critiche di legittimità di senso compiuto, potrebbero essere considerate delle mere involute allusioni (C.d.S., sez. V, 24 gennaio 2013, n. 456).
2. Sono pertanto da considerare inammissibili quei ricorsi elettorali che si limitino ad una formulazione di censure del tutto sfornite di qualsiasi riscontro attendibile, chiamando il giudice ad una verifica dell’intera operazione di scrutinio senza che sia offerto un serio e concreto principio di prova, trasformando impropriamente il ruolo del sindacato giurisdizionale in una mera funzione di ripetizione dello scrutinio elettorale (C.d.S., sez. V, 17 settembre 2012, n. 4919; 12 giugno 2009, n. 3704; 2 aprile 2009, n. 2079; 2 settembre 2004, n. 5742).
3. D’altra parte la stessa giurisprudenza non ha mancato di evidenziare che nel giudizio elettorale il principio della specificità dei motivi di censura e dell’onere della prova deve considerarsi attenuato in considerazione della situazione di obiettiva difficoltà in cui si trova il soggetto che ha interesse a contestare le operazioni elettorali illegittime sulla base di dati informativi di carattere indiziario e della correlata esigenza di garantire l’effettività della tutela giurisdizionale di cui agli articoli 24 e 113 della Costituzione; così che, ai fini dell’ammissibilità del ricorso o delle singole censure, è da ritenersi necessario e sufficiente che l’atto introduttivo indichi, non in termini meramente astratti, ma con riferimento a fattispecie concrete, la natura dei vizi denunciati, il numero delle schede contestate e le sezioni cui si riferiscono, mentre sono inammissibili le azioni esplorative volte al mero riesame delle operazioni svolte (C.d.S., sez. V, 22 marzo 2012, n. 1630; 22 settembre 2011, n. 5345).
Sentenza per esteso
INTESTAZIONE
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello iscritto al numero di registro
generale 8557 del 2012, proposto da:
SGRO’ ALBERTO, rappresentato e difeso dagli avv. Pietro Adami e Carlo Contaldi La Grotteria, con domicilio eletto presso Pietro Adami in Roma, Corso D'Italia, n. 97;
SGRO’ ALBERTO, rappresentato e difeso dagli avv. Pietro Adami e Carlo Contaldi La Grotteria, con domicilio eletto presso Pietro Adami in Roma, Corso D'Italia, n. 97;
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del ministro in
carica, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i
cui uffici è domiciliato ope legis in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
UFFICIO ELETTORALE CENTRALE c/o Casa Comunale Di Ardea, non costituito in giudizio;
UFFICIO ELETTORALE CENTRALE c/o Casa Comunale Di Ardea, non costituito in giudizio;
nei confronti di
DI FIORI LUCA, rappresentato e difeso dall'avv.
Ignazio Abrignani, con domicilio eletto presso Ignazio Abrignani in Roma,
Piazzale delle Belle Arti, n. 8;
GIORDANI MASSIMILIANO, IOTTI RICCARDO, IACOANGELI MAURO, MARCUCCI FRANCO, LUCA FRANCO, ACQUARELLI FABRIZIO, CORSO FRANCESCO PAOLO, MONTESI ALBERTO, VOLANTE POLICARPO, QUARTUCCIO ALESSANDRO, ABATE ANTONINO, GIORDANI MAURO, LUDOVICI STEFANO, ROSSI GIANCARLO, TANTARI UMBERTO e CAPRARO CRISTINA, non costituiti in giudizio;
GIORDANI MASSIMILIANO, IOTTI RICCARDO, IACOANGELI MAURO, MARCUCCI FRANCO, LUCA FRANCO, ACQUARELLI FABRIZIO, CORSO FRANCESCO PAOLO, MONTESI ALBERTO, VOLANTE POLICARPO, QUARTUCCIO ALESSANDRO, ABATE ANTONINO, GIORDANI MAURO, LUDOVICI STEFANO, ROSSI GIANCARLO, TANTARI UMBERTO e CAPRARO CRISTINA, non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LAZIO – ROMA, Sez. II bis, n.
8832 del 26 ottobre 2012, resa tra le parti, concernente verbale di
proclamazione degli eletti per il rinnovo della carica di sindaco e del
consigliere comunale del Comune di Ardea delle elezioni svoltesi il 6 e 7
maggio 2012.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del
Ministero dell'Interno e del sig. Luca Di Fiori;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 giugno
2013 il Cons. Carlo Saltelli e uditi per le parti gli avvocati Manzi, per
delega di Adami, l’avvocato dello Stato Lumetti (per il collega Urbani Neri),
Saragò, per delega dell’avv. Abrignani;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto
segue.
FATTO
1. Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio,
sez. II bis, con la sentenza n. 8832 del 26 ottobre 2012, nella resistenza del
Ministero dell’Interno e del sig. Luca di Fiore (sindaco eletto), ha rigettato
il ricorso proposto dal sig. Alberto Sgrò (che aveva partecipato alle elezioni
del 6 e 7 maggio 2012 per il rinnovo del Consiglio Comunale di Ardea, quale
candidato alla carica di consigliere comunale per la lista U.D.C.) per
l’annullamento del verbale in data 11 maggio 2012 dell’Ufficio centrale (mod.
300AR) di proclamazione degli eletti alla carica di sindaco e di consigliere
comunale, nella parte in cui egli non era risultato eletto, nonché dei verbali
delle singole sezioni elettorali (sia con riferimento ai voti espressi in
favore dei candidati della lista U.D.C., con richiesta di verificazione delle
schede di voto, ivi comprese quelle dichiarate nulle, sia con riferimento ai
verbali incompleti).
Secondo l’adito tribunale, le censure sollevate erano
generiche e dai verbali di sezione non emergevano irregolarità nelle operazioni
di scrutinio; inoltre il dedotto parziale o omesso conteggio di schede
autenticate e non consegnate agli elettori non aveva potuto incidere sulle
operazioni di voto, tanto più che la irregolarità di voti in misura minima non
era tale da influenzare la posizione e il risultato elettorale del candidato
ricorrente.
2. L’interessato ha proposto rituale e tempestivo
appello avverso tale sentenza, lamentandone l’erroneità e l’ingiustizia per
effetto dell’approssimativo e superficiale apprezzamento dei fatti e del
mancato approfondimento delle censure sollevate in primo grado, respinte
sbrigativamente con motivazione assolutamente lacunosa e contraddittoria, e
chiedendone la riforma alla stregua di due motivi di gravame (il primo,
rubricato “In via preliminare: sulla legittimazione al ricorso”, il secondo
“Eccesso di potere per difetto dei presupposti; violazione dei principi di
trasparenza e tassatività e correttezza in materia elettorale; violazione del
principio della par condicio in materia elettorale; violazione dell’art. 48 e
51 della Costituzione e del principio di segretezza del voto; violazione del
t.u. n. 570/1960; violazione artt. 47, 48 e 54 t.u. n. 570/1960; violazione
art. 41 t.u. n. 570/1960; ingiustizia manifesta; violazione dei principi posti
a base del sistema elettorale. Mancata corrispondenza tra schede scrutinate e
numero dei votanti [violazione art. 68 co. 6 t.u. n. 570/1960]; mancata
indicazione delle schede autenticate [violazione art. 47 t.u. n. 570/1960;
violazione art. 41 t.u. n. 570/1960]. Omessa motivazione e contraddittorietà
della sentenza appellata”), con cui sono state riproposte le doglianze
sollevate in primo grado; l’appellante ha peraltro espressamente riproposto
anche l’istanza istruttoria di acquisizione di atti attinenti ai fatti esposti
nelle premesse del gravame, oltre che dell’acquisizione dei verbali di tutte le
sezione, delle schede elettorali e della verifica dei calcoli delle preferenze.
Si sono costituiti in giudizio sia il Ministero
dell’Interno, con mero atto formale, che il sig. Luca di Fiori che con puntuale
memoria ha dedotto l’inammissibilità del ricorso di primo grado, inopinatamente
non rilevata dai primi giudici, nonché l’inammissibilità e l’infondatezza del
gravame, anche sotto il profilo dell’assoluto difetto di interesse a ricorrere
del sig. Alberto Sgrò in relazione alla mancanza di elementi probatori circa il
superamento della c.d. prova di resistenza.
3. All’udienza pubblica dell’11 giugno 2013, dopo la
rituale discussione, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
4. L’infondatezza dell’appello, in ragione della
correttezza e della condivisibilità delle sia pur stringate conclusioni
raggiunte dai primi giudici nella sentenza impugnata, esime la Sezione
dall’esame di ogni questione pregiudiziale sulla carenza di legittimazione del
Ministero dell’interno, nonché sull’inammissibilità del ricorso di primo grado
e sul difetto di interesse al ricorso del sig. Albero Sgrò.
4.1. La giurisprudenza ha sottolineato che, ai sensi
dell’art. 40 c.p.a., le censure dedotte con un ricorso giurisdizionale
amministrativo devono, sin dal primo grado di giudizio, essere specifiche e
precise a salvaguardia, tra l’altro, della effettiva garanzia del
contraddittorio e del diritto di difesa, postulato dall’art. 24 della
Costituzione, nonché della precisa ed univoca individuazione del thema
decidendum, aggiungendo che tali esigenze risultano ancor più stringenti in
materia elettorale, così che non possono attribuirsi valenza di motivi di
ricorso ad espressioni che, senza integrare critiche di legittimità di senso
compiuto, potrebbero essere considerate delle mere involute allusioni (C.d.S.,
sez. V, 24 gennaio 2013, n. 456).
Sono pertanto da considerare inammissibili quei
ricorsi elettorali che si limitino ad una formulazione di censure del tutto
sfornite di qualsiasi riscontro attendibile, chiamando il giudice ad una
verifica dell’intera operazione di scrutinio senza che sia offerto un serio e
concreto principio di prova, trasformando impropriamente il ruolo del sindacato
giurisdizionale in una mera funzione di ripetizione dello scrutinio elettorale
(C.d.S., sez. V, 17 settembre 2012, n. 4919; 12 giugno 2009, n. 3704; 2 aprile
2009, n. 2079; 2 settembre 2004, n. 5742).
D’altra parte la stessa giurisprudenza non ha mancato
di evidenziare che nel giudizio elettorale il principio della specificità dei
motivi di censura e dell’onere della prova deve considerarsi attenuato in
considerazione della situazione di obiettiva difficoltà in cui si trova il
soggetto che ha interesse a contestare le operazioni elettorali illegittime
sulla base di dati informativi di carattere indiziario e della correlata
esigenza di garantire l’effettività della tutela giurisdizionale di cui agli
articoli 24 e 113 della Costituzione; così che, ai fini dell’ammissibilità del
ricorso o delle singole censure, è da ritenersi necessario e sufficiente che
l’atto introduttivo indichi, non in termini meramente astratti, ma con
riferimento a fattispecie concrete, la natura dei vizi denunciati, il numero
delle schede contestate e le sezioni cui si riferiscono, mentre sono inammissibili
le azioni esplorative volte al mero riesame delle operazioni svolte (C.d.S.,
sez. V, 22 marzo 2012, n. 1630; 22 settembre 2011, n. 5345).
4.2. Ciò posto, la Sezione è dell’avviso che la
sentenza impugnata non meriti le censure che le sono state appuntate e che
anche i provvedimenti impugnati in primo grado siano esenti dai vizi
denunciati.
E’ infatti priva di qualsiasi elemento probatorio,
anche a livello meramente indiziario, l’affermazione in fatto, su cui
sostanzialmente si fonda l’azione intentata dal ricorrente, secondo cui vi
sarebbe stata nei confronti della sua posizione di candidato della lista U.D.C.
un’alterazione dello scrutinio, tanto che le preferenze originariamente
attribuitegli, pari a circa 220 (quasi alla fine delle operazioni di scrutinio),
si sarebbero ingiustificatamente dissolte, riducendosi a sole 128, come sarebbe
emerso dalla rilevazione definitiva del giorno successivo allo scrutinio e dal
verbale dell’Ufficio centrale elettorale.
Manca invero qualsiasi riscontro serio, obiettivo,
grave, preciso e concordante in ordine a tali fatti, in particolare sia in
ordine all’iniziale attribuzione in suo favore di 220 preferenze, sia circa
errori o comportamenti scorretti dei singoli uffici elettorali di sezione che
avrebbero determinato l’asserita ingiustificata diminuzione delle preferenze a
sole 128, così le deduzioni dell’interessato finiscono per integrare gli
estremi di mere affermazioni di principio, di per sé del tutto inidonee a
supportare il pur articolato motivo di censura e tanto meno a sollecitare il
potere ufficioso istruttorio del giudice adito.
Sotto tale profilo è significativo che l’interessato
non ha neppure indicato in quali sezioni e quali sarebbero le illegittimità che
si sarebbero verificate, essendosi limitato ad affermare, in modo assolutamente
generico, come correttamente stigmatizzato dai primi giuridici, che “in gran
parte” delle sezioni vi sarebbero state gravi ed insanabili irregolarità e che
in “svariate sezioni” non vi sarebbe corrispondenza tra il numero delle schede
scrutinate ed il numero dei votanti, mentre in “altre” non sarebbe riportato il
numero delle schede consegnate dagli uffici comunali ed in “altre sezioni
ancora” non sarebbe stato riportato il numero delle schede vidimate e non
utilizzate; né alcun elemento idoneo a suffragare l’ammissibilità del ricorso,
secondo il ricordato indirizzo giurisprudenziale, può desumersi dallo schema
esemplificativo inserito nel testo del ricorso stesso, trattandosi all’evidenza
di dati asseritamente estratti dai verbali, secondo un’intenzione ed una
finalità evidentemente soggettive, laddove sarebbe stato necessario indicare i
pretesi errori o irregolarità puntualmente risultanti dai singoli verbali,
errori ed irregolarità obiettivamente idonei a far quanto meno dubitare della
correttezza e della legittimità delle operazioni elettorali dei singoli uffici
sezionali e successivamente dell’Ufficio Centrale Elettorale.
Sotto altro concorrente profilo, come pur puntualmente
rilevato dai primi giudici, le asserite discordanze tra numero di schede
consegnate, vidimate e riconsegnate ovvero tra il numero dei votanti (20725) e
quello definitivo rilasciato dal Comune (20701) ovvero ancora tra quelli
attribuiti al sindaco (20017 o 20038), così come rappresentate integrano gli
estremi di mere irregolarità, non essendo stato fornito adeguato e diverso
elemento di valutazione.
Né a diverse conclusioni può condurre l’irregolarità
denunciata in ordine all’ammissione al voto nella sezione n. 18 di un solo
elettore non vedente con un accompagnatore, atteso che anche la eventuale
fondatezza di tale censura, limitata ad un solo voto, non sarebbe in grado di
alterare sostanzialmente i risultati elettorali.
Alla stregua delle osservazioni svolte non può trovare
ingresso neppure la richiesta istruttoria, potendo il giudice amministrativo
esercitare i suoi poteri istruttori solo quando ciò occorra per verificare la
sussistenza dei vizi denunciati dal ricorrente con un sufficiente grado di
precisione e ragionevole presunzione di attendibilità (ipotesi che non ricorre
nel caso di specie, come si è già avuto modo di sottolineare) e non anche in
caso di prospettazione di vizi generici o ipotetici ovvero di censure formulate
esclusivamente su di una soggettiva valutazione (C.d.S., sez. V, 25 maggio 2010,
n. 3305).
Per completezza è appena il caso di rilevare che la
denuncia presentata dall’appellante ai competenti organi giudiziari circa
presunte irregolarità che si sarebbero verificate nel corso dello scrutinio
delle schede non costituisce di per sé elemento idoneo a supportare i motivi di
appello o ad escludere o attenuare la loro genericità.
5. In conclusione l’appello deve essere respinto.
La peculiarità delle questioni trattate giustifica la
compensazione tra le parti costituite delle spese del presente grado di
giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione
Quinta, definitivamente pronunciando sul ricorso in appello proposto dal sig.
Alberto Sgrò avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il
Lazio, sez. II bis, n. 8832 del 26 ottobre 2012, lo respinge.
Dichiara interamente compensate tra le parti
costituite le spese del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita
dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del
giorno 11 giugno 2013 con l'intervento dei magistrati:
Carmine Volpe, Presidente
Vito Poli, Consigliere
Francesco Caringella, Consigliere
Carlo Saltelli, Consigliere, Estensore
Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere
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L'ESTENSORE
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IL PRESIDENTE
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 15/07/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3,
cod. proc. amm.)
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