IMMIGRAZIONE:
lo straniero irregolare che impugna
il diniego di emersione
ha diritto al gratuito patrocinio
(Cons. St., Sez. III, sentenza 18 luglio 2013, n. 3917)
Sentenza di civiltà prima che di diritto (amministrativo).
Massima
1. Deve ritenersi ammissibile l'ammissione al
patrocinio a spese dello Stato per il ricorrente che abbia
impugnato il diniego di emersione (v., per una rassegna dei diversi
orientamenti, la nota dell’Ufficio studi pubblicata sul sito istituzionale).
2. L'art. 119 del d.P.R. n. 115/02 (T.U. spese di giustizia), invero, letteralmente
riconosce il beneficio dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, oltre
che al cittadino italiano, al solo “straniero
regolarmente soggiornante sul territorio nazionale al momento del sorgere del
rapporto o del fatto oggetto del processo” – nel senso che l’impugnazione del diniego di
emersione non rientra tra le ipotesi, giudicate eccezionali, che sole
consentono di ammettere lo straniero al patrocinio a spese dello Stato, come
nel caso in cui lo straniero sia destinatario di un provvedimento di espulsione
3. Alla base dell'orientamento
"estensivo" della predetta norma vi sono giustificazioni diverse che possono
peraltro ritenersi concorrenti e non alternative e che, in buona parte, muovono
dalla considerazione, persino ovvia, che il mancato accoglimento dell’istanza
di emersione comporta, quale conseguenza finale di una vicenda sostanzialmente
unitaria sebbene si snodi in atti distinti e incomprensibilmente riservati alla
cognizione di giudici appartenenti a giurisdizioni differenti, l’espulsione
dello straniero dal territorio italiano.
Sulla base di tale rilievo di fondo, da un
lato si sottolinea come nelle more del procedimento di emersione, destinato
peraltro spesso a non concludersi in tempi brevi, lo straniero interessato
beneficia della sospensione dei procedimenti amministrativi avviati nei suoi
confronti e non può essere espulso; dall’altro, valorizzando proprio il nesso
di presupposizione tra l’eventuale diniego di emersione ed il successivo
provvedimento di espulsione, si teorizza la possibilità, e per quanto sarà
detto tra breve la doverosità, di una lettura estensiva dell’art. 142 del
d.p.r. 115/2002 così da ricomprendere, ai fini dell’ammissione al patrocinio a
spese dello Stato, nella fattispecie dell’espulsione anche il diniego di
emersione che ne rappresenta, in questo caso, l’antecedente logico ed il
presupposto giuridico.
Sentenza per esteso
INTESTAZIONE
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 10066 del
2011, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Bouazza Bouhachim, rappresentato e difeso dall'avv. Eugenia Trunfio, con domicilio eletto presso la Segreteria di questa Sezione in Roma, piazza Capo di Ferro, 13;
Bouazza Bouhachim, rappresentato e difeso dall'avv. Eugenia Trunfio, con domicilio eletto presso la Segreteria di questa Sezione in Roma, piazza Capo di Ferro, 13;
contro
Ministero Dell'Interno, in persona del Ministro pro
tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato,
presso i cui uffici è domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti di
Annunziatino Foti;
per la riforma
della sentenza breve n. 789/2011 e del decreto n.
246/2012 del T.A.R. CALABRIA - sez. staccata di REGGIO CALABRIA, resi tra le
parti, concernenti rispettivamente il diniego di emersione dal lavoro
irregolare e l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato
Visti il ricorso in appello, i motivi aggiunti e i
relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero
dell'Interno;
Viste le memorie difensive;
Vista la sentenza non definitiva n. 3523/2013;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 giugno
2013 il Cons. Hadrian Simonetti, presenti per le parti l’Avvocato Trunfio e
l’Avvocato dello Stato Maria Luisa Spina;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto
segue.
FATTO e DIRITTO
1. Il Sig. Annunziatino Foti ha presentato domanda di
emersione dal lavoro irregolare a favore e nell’interesse del cittadino di
nazionalità marocchina Bouhachim Buoazza.
2. Proposto ricorso da quest’ultimo avverso il
silenzio serbato dall’amministrazione e successivi motivi aggiunti avverso il
sopravvenuto diniego espresso, il Tar Calabria, sezione di Reggio Calabria, ha
dichiarato il primo improcedibile, sul rilievo che medio tempore l’amministrazione
si era pronunciata sebbene in senso negativo, e ha respinto la seconda
impugnazione in ragione della sentenza di condanna alla pena di mesi sei per il
delitto di resistenza a pubblico ufficiale, da considerarsi ostativa siccome
rientrante nella previsione di cui all’art. 381 c.p.p. cui fa rinvio l’art.
1-ter, co. 13, lett. c) del d.l. 78/2009 convertito in l. 102/2009.
3. Il Sig. Bouhachim Buoazza ha presentato appello
avverso la sentenza di primo grado, sia riproponendo una serie di vizi
procedimentali e deducendo di nuovo la carenza di motivazione, che renderebbero
illegittimo il provvedimento di diniego, sia sottolineando come la sentenza penale
non potrebbe essere causa ostativa alla regolarizzazione in quanto con essa era
stato concesso il beneficio della sospensione condizionale della pena, ai sensi
e agli effetti dell’art. 166 c.p.
3.1. Con successivi motivi aggiunti all’atto di
appello, ha chiesto inoltre la riforma del decreto n. 247/2012 adottato sempre
dal Giudice di primo grado e recante il rigetto dell’istanza di ammissione al
patrocinio a spese dello Stato, ammissione esclusa dal Tar facendo applicazione
dell’art. 119 d.p.r. 115/2002 che limiterebbe il beneficio nei confronti dei
soli stranieri regolarmente soggiornanti nel territorio nazionale.
3.2. Si sono costituite le amministrazioni appellate,
chiedendo la conferma della sentenza.
3.3. Accolta la domanda cautelare nella camera di consiglio
del 20.1.2012, all’udienza pubblica del 7.6.2013 la causa è passata in
decisione.
3.4. Con sentenza non definitiva del 27.6.2013, n.
3523, la Sezione ha ritenuto che l’impugnazione avverso il diniego fosse
fondata, in applicazione della sentenza della Corte costituzionale 2.7.2012, n.
172 che ha dichiarato illegittima, per violazione dell’art. 3 Cost. ovvero per
manifesta irragionevolezza, la disposizione di cui all’art. 1-ter, co. 13,
lett. c) del d.l. 78/2009 convertito in l. 102/2009, laddove prevedeva che la
condanna penale, anche non definitiva, per uno qualunque dei reati previsti
dall’art. 381 c.p.p. fosse automaticamente di ostacolo alla regolarizzazione.
Ciò sul fondamentale rilievo che non necessariamente e comunque non tutti i
reati di cui all’art. 381 c.p.p. sono sintomatici di una effettiva pericolosità
sociale di chi li ha commessi (v., soprattutto, il punto 7.2. della
motivazione).
3.5. Il Collegio ha accertato come, nel caso di
specie, il diniego impugnato si basasse unicamente sul dato di fatto
dell’intervenuto procedimento penale, senza che si fosse proceduto ad una
valutazione in ordine alla condotta complessiva dell’interessato, alle sue
condizioni personali e lavorative, sussistendo quindi la dedotta carenza di
istruttoria e di motivazione.
3.6. Infine il Collegio si è riservato di decidere con
separato provvedimento le questioni relative all’ammissione del ricorrente al
patrocinio a spese dello Stato, peraltro senza ulteriore discussione e quindi
senza rimessione ad altra udienza.
4. A scioglimento della riserva contenuta nella
presetta sentenza non definitiva, si deve ora esaminare la questione
concernente l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato del ricorrente, sia
per quanto attiene al giudizio di primo grado che a quello di appello.
4.1. Con riferimento al primo, parte ricorrente con
motivi aggiunti ha infatti avanzato una sorta di reclamo avverso il decreto
collegiale del Tar Calabria 26.5.2012, n. 247, con cui è stata respinta la
domanda di riesame dell’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello
Stato, istanza in origine respinta dall’apposita commissione costituita presso
il Tar sulla base dell’art. 119 d.p.r. 115/2002 che escluderebbe dal beneficio
lo straniero che non sia regolarmente soggiornante sul territorio nazionale.
4.2. La stessa identica questione si pone comunque
anche in questa sede, se è vero che l’ammissione disposta dalla Commissione
presso il Consiglio di stato, con decreto 17/2012 - apparentemente senza porsi
il problema dell’art. 119 - ha carattere provvisorio ed è assoggettata al
controllo del “magistrato competente per il giudizio”, come si ricava dall’art.
126, comma 3, del citato d.p.r. 115/2002.
4.3. Ciò posto, deve darsi atto di come una parte
della giurisprudenza di primo grado interpreti la disposizione di cui al citato
art. 119 - che letteralmente riconosce il beneficio dell’ammissione al
patrocinio a spese dello Stato, oltre che al cittadino italiano, al solo
“straniero regolarmente soggiornante sul territorio nazionale al momento del sorgere
del rapporto o del fatto oggetto del processo” – nel senso che l’impugnazione
del diniego di emersione non rientra tra le ipotesi, giudicate eccezionali, che
sole consentono di ammettere lo straniero al patrocinio a spese dello Stato,
come nel caso in cui lo straniero sia destinatario di un provvedimento di
espulsione (art. 142 d.p.r. 115/2002) o sia, appunto, regolarmente soggiornante
in Italia (v. Tar Sicilia, Catania, sez. IV, 17.3.2013, n. 631; Tar Emilia
Romagna, Parma, sez. I, 27.3.2008, n. 171). Senza quindi che le misure di
salvaguardia di cui all’art. 1 ter, comma 9, del d.l. 78/2009, convertito in
legge 102/2009 - che prevedono nelle more del procedimento di emersione, la
sospensione dei procedimenti penali ed amministrativi nei confronti del datore
di lavoro e del lavoratore, nonché per quest’ultimo l’impossibilità di essere
espulso – possano essere interpretate, come suggerito dalla difesa di parte
appellante, nel senso di equiparare la condizione dello straniero lavoratore
irregolare “emerso” a quella dello straniero regolarmente soggiornante sul
territorio italiano (Tar Piemonte, sez. I, 9.1.2013, n. 20; Tar Campania,
Napoli, sez. IV, 4.8.2005, n. 10621).
4.4. Sul presupposto di una simile interpretazione ed
evidenziando le conseguenze che tale esclusione finirebbe per determinare in
danno dello straniero “irregolare”, il Tar Umbria in ben due occasioni ha
sollevato la questione di costituzionalità, assumendo la violazione degli artt.
3, 24 e 113 della Costituzione; questione dichiarata peraltro inammissibile
dalla Corte costituzionale, con sentenza n. 317 del 20.07.2007, senza entrare
nel merito ma fermandosi al solo controllo sulla sua rilevanza, valutata in
termini negativi in quanto, in presenza dell'art. 79, comma 2, del d.p.r. n.
115 del 2002 – a norma del quale «per i redditi prodotti all'estero, il
cittadino di Stati non appartenenti all'Unione europea correda l'istanza con
una certificazione dell'autorità consolare competente, che attesta la
veridicità di quanto in essa indicato» – il giudice rimettente non avrebbe
fatto menzione di questa certificazione, necessaria al fine dell'accertamento
delle condizioni per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato,
limitandosi ad affermare che l'istante aveva dichiarato esclusivamente di non possedere
né immobili, né redditi di sorta nello Stato di appartenenza.
4.5. Questa Sezione, pur non ignorando l’indirizzo
appena richiamato, osserva tuttavia come, sempre in primo grado, in particolare
dinanzi alle Commissioni per il gratuito patrocinio istituite presso ciascuno
dei Tribunali amministrativi regionali, sia andato maturando ed affermandosi un
orientamento favorevole invece ad ammettere al patrocinio a spese dello Stato
il ricorrente che abbia impugnato il diniego di emersione (v., per una rassegna
dei diversi orientamenti, la nota dell’Ufficio studi pubblicata sul sito
istituzionale).
4.6. Questo orientamento di massima - che trova
implicita ma significativa conferma anche in appello, dove non consta che
domande di ammissione al patrocinio a spese dello Stato nei giudizi avverso il
diniego di emersione siano mai state respinte in forza dell’art. 119 - ha alla
base giustificazioni diverse che possono peraltro ritenersi concorrenti e non
alternative e che, in buona parte, muovono dalla considerazione, persino ovvia,
che il mancato accoglimento dell’istanza di emersione comporta, quale
conseguenza finale di una vicenda sostanzialmente unitaria sebbene si snodi in
atti distinti e incomprensibilmente riservati alla cognizione di giudici
appartenenti a giurisdizioni differenti, l’espulsione dello straniero dal
territorio italiano.
Sulla base di tale rilievo di fondo, da un lato si
sottolinea come nelle more del procedimento di emersione, destinato peraltro
spesso a non concludersi in tempi brevi, lo straniero interessato beneficia
della sospensione dei procedimenti amministrativi avviati nei suoi confronti e
non può essere espulso; dall’altro, valorizzando proprio il nesso di
presupposizione tra l’eventuale diniego di emersione ed il successivo provvedimento
di espulsione, si teorizza la possibilità, e per quanto sarà detto tra breve la
doverosità, di una lettura estensiva dell’art. 142 del d.p.r. 115/2002 così da
ricomprendere, ai fini dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, nella
fattispecie dell’espulsione anche il diniego di emersione che ne rappresenta,
in questo caso, l’antecedente logico ed il presupposto giuridico.
4.7.Questa conclusione sembra poter trovare un
fondamento anche nella Direttiva 2008/115/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio
del 16 dicembre 2008, laddove prevede forme di assistenza legale gratuita
nell’11° “considerando” ed all’art. 13, comma 4. Ciò sul rilievo che tali forme
di assistenza legale gratuita, sebbene letteralmente riguardino le procedure di
rimpatrio (id est: decreti di espulsione), siano estensibili, nella materia qui
in esame, al presupposto diniego di emersione e di soggiorno.
5. Altrimenti opinando, la mancata considerazione
della impugnazione del diniego di regolarizzazione, ai fini dell’ammissione al
patrocinio a spese dello Stato, si porrebbe in apparente contrasto con i
precetti costituzionali, sotto diversi profili.
6.1. Con l’art. 3 della Costituzione:
a) per violazione del principio di ragionevolezza, in
quanto scelta irragionevole, che determinerebbe un grave pregiudizio alle
concrete possibilità di difesa in giudizio;
b) per violazione del principio di uguaglianza, poiché
determinerebbe un’ingiustificata disparità di trattamento nei confronti dei
cittadini extracomunitari i quali si trovino a dover contrastare provvedimenti
negativi incidenti sulla possibilità di permanere nel territorio italiano
(impugnazione dei dinieghi di rilascio o di rinnovo, nonché di revoca del
permesso di soggiorno), giovandosi di una situazione di soggiorno regolare.
Sotto il primo profilo, oltre alla condizione di
disagio sociale e difficoltà economica che rappresenta la normalità per gli
aspiranti alla regolarizzazione e rende per essi fondamentale la possibilità di
giovarsi di un patrocinio non oneroso, occorre considerare che l’espulsione
consegue quale provvedimento pressoché vincolato al diniego di
regolarizzazione, e che quindi è soltanto mediante l’impugnazione di tale
ultimo provvedimento che nella maggior parte dei casi può essere fatta valere
tempestivamente la sussistenza dei presupposti utili al rilascio di un titolo
di soggiorno.
Pertanto, alla luce della tutela apprestata
dall’articolo 142, predetto, nei giudizi concernenti i provvedimenti di
espulsione – espressione di un principio di assistenza e tutela della
condizione degli stranieri, ancorché non in regola con le disposizioni in
materia di ingresso e soggiorno - la mancata estensione alle impugnazioni del
provvedimento presupposto e condizionante darebbe luogo ad una palese
irragionevolezza, anche perché in tal modo la stessa tutela in materia di
espulsione in molti casi risulterebbe inefficace.
Quanto alla disparità di trattamento, la situazione di
clandestinità degli stranieri legittimati ad impugnare il diniego di
regolarizzazione non sembra impedire il confronto con la posizione degli
stranieri regolarmente soggiornanti, poiché sarebbe del tutto irragionevole una
scelta normativa che, dopo aver consentito (per finalità di interesse pubblico)
la sanatoria dei clandestini occupati in attività lavorative (decreto-legge
78/2009, convertito con modificazioni in legge 102/2009), abbandonasse l’esito
dei procedimenti di regolarizzazione a fattori casuali (quali la possibilità
dei singoli di tutelare concretamente le proprie ragioni, sostenendo l’onere
del patrocinio), anziché legarlo in ogni caso ad una seria verifica, anche
giurisdizionale, della effettiva sussistenza dei presupposti.
6.2. Sarebbe poi in violazione degli artt. 24 e 113
della Costituzione, perché in queste norme il diritto alla difesa, declinato
tanto in generale quanto in particolare dinanzi agli organi della giustizia
amministrativa, è riconosciuto, testualmente, a “tutti”, laddove altre
disposizioni costituzionali riconoscono altri diritti fondamentali (solo) al
“cittadino”. Si prescinde qui dall’affrontare il problema se i diritti
costituzionali che hanno per soggetto il “cittadino” debbano essere
riconosciuti, integralmente o almeno in qualche misura, anche allo straniero.
Certo è che il testo dell’art. 24, in parte qua, appare inequivoco nel senso
che nei confronti del diritto alla difesa non sono ammesse discriminazioni
fondate sullo status civitatis.
Ma se questo è vero, ne consegue che, se il
legislatore ha ritenuto che l’approntamento di una forma di sostegno economico
al non abbiente sia un complemento indispensabile del diritto alla difesa,
identico trattamento deve essere assicurato allo straniero.
Deve quindi ritenersi che il legislatore nel
riferirsi, con il disposto dell’art. 142 del t.u., ai giudizi promossi avverso
decreti di espulsione, abbia comunque ricompreso nel beneficio anche le
controversie aventi ad oggetto atti presupposti, come in questo caso il diniego
di emersione.
Tanto chiarito, non è questa la sede per valutare la
congruità della disposizione sotto altri profili e applicata ad altre
fattispecie, non potendosi escludere che lo straniero legittimamente espulso
sia comunque parte di controversie civili o amministrative che per lui
rivestono vitale importanza (es.: azioni civili per crediti di lavoro o di
risarcimento del danno) senza avere i mezzi per sostenerle. In tale ipotesi,
anzi, la norma tornerebbe ad ingiustificato vantaggio della controparte (che
potrebbe essere un debitore inadempiente).
7. Come già osservato, vi sono quindi sufficienti
ragioni per accogliere una soluzione interpretativa idonea a superare i
prospettati dubbi di costituzionalità, conformemente a quanto più volte
indicato dalla Corte costituzionale (v. ord. 312/2012; 175/2008), non essendo
consentito demandare al Giudice delle leggi la scelta tra due opzioni
ermeneutiche tra loro alternative (v. ord. 209/2006).
8. Si può pertanto ritenere in linea generale che
l’impossibilità di espulsione dello straniero in pendenza del procedimento di
emersione valga ad attribuirgli, sebbene attraverso una fictio iuris,
una condizione di provvisoria regolarità destinata a sfociare, all’esito di
quel procedimento e dell’eventuale fase processuale, o in una definitiva
regolarità oppure in una non meno definitiva irregolarità. Con la precisazione
che, nel caso di specie, l’accoglimento della domanda di annullamento
presentata avverso il diniego, sebbene sia stata determinata da un vizio
procedimentale e non abbia potuto spingersi ad accertare anche la spettanza
della pretesa sostanziale, determina pur sempre l’obbligo in capo
all’amministrazione di riesaminare l’originaria istanza di emersione, al lume
della motivazione della sentenza, e quindi a vale a ripristinare la pendenza
del procedimento e con essa la condizione di provvisoria regolarità che,
unitamente al divieto di espulsione, ad essa si accompagna.
9. Nel caso in esame sussistono gli altri presupposti
richiesti dalla legge per l’ammissione al beneficio, avendo il richiedente
dichiarato un reddito mensile pari a 500 euro e di non possedere beni immobili
o mobili registrati, tutti dati non contestati dall’Autorità finanziaria cui il
decreto di ammissione è stato comunicato. E’ inoltre evidente la non manifesta
inammissibilità o infondatezza del ricorso che, anzi, è stato accolto con la
ricordata sentenza n. 3523/2013.
9. Conclusivamente, in riforma del decreto qui
impugnato e a conferma del provvedimento della Commissione presso il Consiglio
di Stato, il ricorrente va ammesso al patrocinio a spese dello Stato per
entrambi i gradi di giudizio.
10. Procedendo alla liquidazione dei compensi
professionali, esaminata la nota spese depositata dal difensore, si ritiene
che, in relazione al valore ed alla natura della controversia, all’impegno
professionale richiesto ed all’attività processuale espletata, sia congrua la determinazione
in complessivi euro 3.200,00 della somma spettante all’Avvocato istante, a
titolo di compenso professionale per entrambi i gradi di giudizio, oltre
rimborso spese forfettarie, c.p.a. e IVA, detratte le ritenute di legge.
11. Sussistono infine giustificati motivi per
compensare le spese di lite tra le parti, tenuto conto che la sentenza della
Corte costituzionale n. 172/2012 è successiva al provvedimento impugnato.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione
Terza),
definitivamente pronunciando sull'appello, a
scioglimento della riserva contenuta nella sentenza non definitiva n.
3523/2013, accoglie anche l’impugnazione avverso il decreto del Tar n. 246/2012
e, per l’effetto, dispone l’ammissione di Bouazza Bouhachim al patrocinio a
spese dello Stato, per entrambi i gradi di giudizio, liquidando in favore
dell’avv. Eugenia Trunfio la somma complessiva di euro 3.200,00 a titolo di
compensi professionali, oltre rimborso spese forfettarie, c.p.a. e IVA,
detratte le ritenute di legge.
Spese compensate tra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita
dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nelle camere di consiglio dei
giorni 7 giugno e 8 luglio 2013 con l'intervento dei magistrati:
Pier Giorgio Lignani, Presidente
Roberto Capuzzi, Consigliere
Hadrian Simonetti, Consigliere, Estensore
Massimiliano Noccelli, Consigliere
Alessandro Palanza, Consigliere
|
||
|
||
L'ESTENSORE
|
IL PRESIDENTE
|
|
|
||
|
||
|
||
|
||
|
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 18/07/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3,
cod. proc. amm.)
Nessun commento:
Posta un commento