martedì 23 luglio 2013

IMMIGRAZIONE: lo straniero irregolare che impugna il diniego di emersione ha diritto al gratuito patrocinio (Cons. St., Sez. III, sentenza 18 luglio 2013, n. 3917).


IMMIGRAZIONE: 
lo straniero irregolare che impugna
 il diniego di emersione 
ha diritto al gratuito patrocinio 
(Cons. St., Sez. III, sentenza 18 luglio 2013, n. 3917)


Sentenza di civiltà prima che di diritto (amministrativo).


Massima

1.  Deve ritenersi ammissibile l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato per il ricorrente che abbia impugnato il diniego di emersione (v., per una rassegna dei diversi orientamenti, la nota dell’Ufficio studi pubblicata sul sito istituzionale).
2. L'art. 119 del d.P.R. n. 115/02 (T.U. spese di giustizia), invero,  letteralmente riconosce il beneficio dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, oltre che al cittadino italiano, al solo “straniero regolarmente soggiornante sul territorio nazionale al momento del sorgere del rapporto o del fatto oggetto del processo” – nel senso che l’impugnazione del diniego di emersione non rientra tra le ipotesi, giudicate eccezionali, che sole consentono di ammettere lo straniero al patrocinio a spese dello Stato, come nel caso in cui lo straniero sia destinatario di un provvedimento di espulsione
3.  Alla base dell'orientamento "estensivo" della predetta norma vi  sono giustificazioni diverse che possono peraltro ritenersi concorrenti e non alternative e che, in buona parte, muovono dalla considerazione, persino ovvia, che il mancato accoglimento dell’istanza di emersione comporta, quale conseguenza finale di una vicenda sostanzialmente unitaria sebbene si snodi in atti distinti e incomprensibilmente riservati alla cognizione di giudici appartenenti a giurisdizioni differenti, l’espulsione dello straniero dal territorio italiano.
Sulla base di tale rilievo di fondo, da un lato si sottolinea come nelle more del procedimento di emersione, destinato peraltro spesso a non concludersi in tempi brevi, lo straniero interessato beneficia della sospensione dei procedimenti amministrativi avviati nei suoi confronti e non può essere espulso; dall’altro, valorizzando proprio il nesso di presupposizione tra l’eventuale diniego di emersione ed il successivo provvedimento di espulsione, si teorizza la possibilità, e per quanto sarà detto tra breve la doverosità, di una lettura estensiva dell’art. 142 del d.p.r. 115/2002 così da ricomprendere, ai fini dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, nella fattispecie dell’espulsione anche il diniego di emersione che ne rappresenta, in questo caso, l’antecedente logico ed il presupposto giuridico.


Sentenza per esteso 

INTESTAZIONE
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 10066 del 2011, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Bouazza Bouhachim, rappresentato e difeso dall'avv. Eugenia Trunfio, con domicilio eletto presso la Segreteria di questa Sezione in Roma, piazza Capo di Ferro, 13; 
contro
Ministero Dell'Interno, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, 12; 
nei confronti di
Annunziatino Foti; 
per la riforma
della sentenza breve n. 789/2011 e del decreto n. 246/2012 del T.A.R. CALABRIA - sez. staccata di REGGIO CALABRIA, resi tra le parti, concernenti rispettivamente il diniego di emersione dal lavoro irregolare e l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato

Visti il ricorso in appello, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;
Viste le memorie difensive;
Vista la sentenza non definitiva n. 3523/2013;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 giugno 2013 il Cons. Hadrian Simonetti, presenti per le parti l’Avvocato Trunfio e l’Avvocato dello Stato Maria Luisa Spina;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO
1. Il Sig. Annunziatino Foti ha presentato domanda di emersione dal lavoro irregolare a favore e nell’interesse del cittadino di nazionalità marocchina Bouhachim Buoazza.
2. Proposto ricorso da quest’ultimo avverso il silenzio serbato dall’amministrazione e successivi motivi aggiunti avverso il sopravvenuto diniego espresso, il Tar Calabria, sezione di Reggio Calabria, ha dichiarato il primo improcedibile, sul rilievo che medio tempore l’amministrazione si era pronunciata sebbene in senso negativo, e ha respinto la seconda impugnazione in ragione della sentenza di condanna alla pena di mesi sei per il delitto di resistenza a pubblico ufficiale, da considerarsi ostativa siccome rientrante nella previsione di cui all’art. 381 c.p.p. cui fa rinvio l’art. 1-ter, co. 13, lett. c) del d.l. 78/2009 convertito in l. 102/2009.
3. Il Sig. Bouhachim Buoazza ha presentato appello avverso la sentenza di primo grado, sia riproponendo una serie di vizi procedimentali e deducendo di nuovo la carenza di motivazione, che renderebbero illegittimo il provvedimento di diniego, sia sottolineando come la sentenza penale non potrebbe essere causa ostativa alla regolarizzazione in quanto con essa era stato concesso il beneficio della sospensione condizionale della pena, ai sensi e agli effetti dell’art. 166 c.p.
3.1. Con successivi motivi aggiunti all’atto di appello, ha chiesto inoltre la riforma del decreto n. 247/2012 adottato sempre dal Giudice di primo grado e recante il rigetto dell’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, ammissione esclusa dal Tar facendo applicazione dell’art. 119 d.p.r. 115/2002 che limiterebbe il beneficio nei confronti dei soli stranieri regolarmente soggiornanti nel territorio nazionale.
3.2. Si sono costituite le amministrazioni appellate, chiedendo la conferma della sentenza.
3.3. Accolta la domanda cautelare nella camera di consiglio del 20.1.2012, all’udienza pubblica del 7.6.2013 la causa è passata in decisione.
3.4. Con sentenza non definitiva del 27.6.2013, n. 3523, la Sezione ha ritenuto che l’impugnazione avverso il diniego fosse fondata, in applicazione della sentenza della Corte costituzionale 2.7.2012, n. 172 che ha dichiarato illegittima, per violazione dell’art. 3 Cost. ovvero per manifesta irragionevolezza, la disposizione di cui all’art. 1-ter, co. 13, lett. c) del d.l. 78/2009 convertito in l. 102/2009, laddove prevedeva che la condanna penale, anche non definitiva, per uno qualunque dei reati previsti dall’art. 381 c.p.p. fosse automaticamente di ostacolo alla regolarizzazione. Ciò sul fondamentale rilievo che non necessariamente e comunque non tutti i reati di cui all’art. 381 c.p.p. sono sintomatici di una effettiva pericolosità sociale di chi li ha commessi (v., soprattutto, il punto 7.2. della motivazione).
3.5. Il Collegio ha accertato come, nel caso di specie, il diniego impugnato si basasse unicamente sul dato di fatto dell’intervenuto procedimento penale, senza che si fosse proceduto ad una valutazione in ordine alla condotta complessiva dell’interessato, alle sue condizioni personali e lavorative, sussistendo quindi la dedotta carenza di istruttoria e di motivazione.
3.6. Infine il Collegio si è riservato di decidere con separato provvedimento le questioni relative all’ammissione del ricorrente al patrocinio a spese dello Stato, peraltro senza ulteriore discussione e quindi senza rimessione ad altra udienza.
4. A scioglimento della riserva contenuta nella presetta sentenza non definitiva, si deve ora esaminare la questione concernente l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato del ricorrente, sia per quanto attiene al giudizio di primo grado che a quello di appello.
4.1. Con riferimento al primo, parte ricorrente con motivi aggiunti ha infatti avanzato una sorta di reclamo avverso il decreto collegiale del Tar Calabria 26.5.2012, n. 247, con cui è stata respinta la domanda di riesame dell’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, istanza in origine respinta dall’apposita commissione costituita presso il Tar sulla base dell’art. 119 d.p.r. 115/2002 che escluderebbe dal beneficio lo straniero che non sia regolarmente soggiornante sul territorio nazionale.
4.2. La stessa identica questione si pone comunque anche in questa sede, se è vero che l’ammissione disposta dalla Commissione presso il Consiglio di stato, con decreto 17/2012 - apparentemente senza porsi il problema dell’art. 119 - ha carattere provvisorio ed è assoggettata al controllo del “magistrato competente per il giudizio”, come si ricava dall’art. 126, comma 3, del citato d.p.r. 115/2002.
4.3. Ciò posto, deve darsi atto di come una parte della giurisprudenza di primo grado interpreti la disposizione di cui al citato art. 119 - che letteralmente riconosce il beneficio dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, oltre che al cittadino italiano, al solo “straniero regolarmente soggiornante sul territorio nazionale al momento del sorgere del rapporto o del fatto oggetto del processo” – nel senso che l’impugnazione del diniego di emersione non rientra tra le ipotesi, giudicate eccezionali, che sole consentono di ammettere lo straniero al patrocinio a spese dello Stato, come nel caso in cui lo straniero sia destinatario di un provvedimento di espulsione (art. 142 d.p.r. 115/2002) o sia, appunto, regolarmente soggiornante in Italia (v. Tar Sicilia, Catania, sez. IV, 17.3.2013, n. 631; Tar Emilia Romagna, Parma, sez. I, 27.3.2008, n. 171). Senza quindi che le misure di salvaguardia di cui all’art. 1 ter, comma 9, del d.l. 78/2009, convertito in legge 102/2009 - che prevedono nelle more del procedimento di emersione, la sospensione dei procedimenti penali ed amministrativi nei confronti del datore di lavoro e del lavoratore, nonché per quest’ultimo l’impossibilità di essere espulso – possano essere interpretate, come suggerito dalla difesa di parte appellante, nel senso di equiparare la condizione dello straniero lavoratore irregolare “emerso” a quella dello straniero regolarmente soggiornante sul territorio italiano (Tar Piemonte, sez. I, 9.1.2013, n. 20; Tar Campania, Napoli, sez. IV, 4.8.2005, n. 10621).
4.4. Sul presupposto di una simile interpretazione ed evidenziando le conseguenze che tale esclusione finirebbe per determinare in danno dello straniero “irregolare”, il Tar Umbria in ben due occasioni ha sollevato la questione di costituzionalità, assumendo la violazione degli artt. 3, 24 e 113 della Costituzione; questione dichiarata peraltro inammissibile dalla Corte costituzionale, con sentenza n. 317 del 20.07.2007, senza entrare nel merito ma fermandosi al solo controllo sulla sua rilevanza, valutata in termini negativi in quanto, in presenza dell'art. 79, comma 2, del d.p.r. n. 115 del 2002 – a norma del quale «per i redditi prodotti all'estero, il cittadino di Stati non appartenenti all'Unione europea correda l'istanza con una certificazione dell'autorità consolare competente, che attesta la veridicità di quanto in essa indicato» – il giudice rimettente non avrebbe fatto menzione di questa certificazione, necessaria al fine dell'accertamento delle condizioni per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato, limitandosi ad affermare che l'istante aveva dichiarato esclusivamente di non possedere né immobili, né redditi di sorta nello Stato di appartenenza.
4.5. Questa Sezione, pur non ignorando l’indirizzo appena richiamato, osserva tuttavia come, sempre in primo grado, in particolare dinanzi alle Commissioni per il gratuito patrocinio istituite presso ciascuno dei Tribunali amministrativi regionali, sia andato maturando ed affermandosi un orientamento favorevole invece ad ammettere al patrocinio a spese dello Stato il ricorrente che abbia impugnato il diniego di emersione (v., per una rassegna dei diversi orientamenti, la nota dell’Ufficio studi pubblicata sul sito istituzionale).
4.6. Questo orientamento di massima - che trova implicita ma significativa conferma anche in appello, dove non consta che domande di ammissione al patrocinio a spese dello Stato nei giudizi avverso il diniego di emersione siano mai state respinte in forza dell’art. 119 - ha alla base giustificazioni diverse che possono peraltro ritenersi concorrenti e non alternative e che, in buona parte, muovono dalla considerazione, persino ovvia, che il mancato accoglimento dell’istanza di emersione comporta, quale conseguenza finale di una vicenda sostanzialmente unitaria sebbene si snodi in atti distinti e incomprensibilmente riservati alla cognizione di giudici appartenenti a giurisdizioni differenti, l’espulsione dello straniero dal territorio italiano.
Sulla base di tale rilievo di fondo, da un lato si sottolinea come nelle more del procedimento di emersione, destinato peraltro spesso a non concludersi in tempi brevi, lo straniero interessato beneficia della sospensione dei procedimenti amministrativi avviati nei suoi confronti e non può essere espulso; dall’altro, valorizzando proprio il nesso di presupposizione tra l’eventuale diniego di emersione ed il successivo provvedimento di espulsione, si teorizza la possibilità, e per quanto sarà detto tra breve la doverosità, di una lettura estensiva dell’art. 142 del d.p.r. 115/2002 così da ricomprendere, ai fini dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, nella fattispecie dell’espulsione anche il diniego di emersione che ne rappresenta, in questo caso, l’antecedente logico ed il presupposto giuridico.
4.7.Questa conclusione sembra poter trovare un fondamento anche nella Direttiva 2008/115/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 16 dicembre 2008, laddove prevede forme di assistenza legale gratuita nell’11° “considerando” ed all’art. 13, comma 4. Ciò sul rilievo che tali forme di assistenza legale gratuita, sebbene letteralmente riguardino le procedure di rimpatrio (id est: decreti di espulsione), siano estensibili, nella materia qui in esame, al presupposto diniego di emersione e di soggiorno.
5. Altrimenti opinando, la mancata considerazione della impugnazione del diniego di regolarizzazione, ai fini dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, si porrebbe in apparente contrasto con i precetti costituzionali, sotto diversi profili.
6.1. Con l’art. 3 della Costituzione:
a) per violazione del principio di ragionevolezza, in quanto scelta irragionevole, che determinerebbe un grave pregiudizio alle concrete possibilità di difesa in giudizio;
b) per violazione del principio di uguaglianza, poiché determinerebbe un’ingiustificata disparità di trattamento nei confronti dei cittadini extracomunitari i quali si trovino a dover contrastare provvedimenti negativi incidenti sulla possibilità di permanere nel territorio italiano (impugnazione dei dinieghi di rilascio o di rinnovo, nonché di revoca del permesso di soggiorno), giovandosi di una situazione di soggiorno regolare.
Sotto il primo profilo, oltre alla condizione di disagio sociale e difficoltà economica che rappresenta la normalità per gli aspiranti alla regolarizzazione e rende per essi fondamentale la possibilità di giovarsi di un patrocinio non oneroso, occorre considerare che l’espulsione consegue quale provvedimento pressoché vincolato al diniego di regolarizzazione, e che quindi è soltanto mediante l’impugnazione di tale ultimo provvedimento che nella maggior parte dei casi può essere fatta valere tempestivamente la sussistenza dei presupposti utili al rilascio di un titolo di soggiorno.
Pertanto, alla luce della tutela apprestata dall’articolo 142, predetto, nei giudizi concernenti i provvedimenti di espulsione – espressione di un principio di assistenza e tutela della condizione degli stranieri, ancorché non in regola con le disposizioni in materia di ingresso e soggiorno - la mancata estensione alle impugnazioni del provvedimento presupposto e condizionante darebbe luogo ad una palese irragionevolezza, anche perché in tal modo la stessa tutela in materia di espulsione in molti casi risulterebbe inefficace.
Quanto alla disparità di trattamento, la situazione di clandestinità degli stranieri legittimati ad impugnare il diniego di regolarizzazione non sembra impedire il confronto con la posizione degli stranieri regolarmente soggiornanti, poiché sarebbe del tutto irragionevole una scelta normativa che, dopo aver consentito (per finalità di interesse pubblico) la sanatoria dei clandestini occupati in attività lavorative (decreto-legge 78/2009, convertito con modificazioni in legge 102/2009), abbandonasse l’esito dei procedimenti di regolarizzazione a fattori casuali (quali la possibilità dei singoli di tutelare concretamente le proprie ragioni, sostenendo l’onere del patrocinio), anziché legarlo in ogni caso ad una seria verifica, anche giurisdizionale, della effettiva sussistenza dei presupposti.
6.2. Sarebbe poi in violazione degli artt. 24 e 113 della Costituzione, perché in queste norme il diritto alla difesa, declinato tanto in generale quanto in particolare dinanzi agli organi della giustizia amministrativa, è riconosciuto, testualmente, a “tutti”, laddove altre disposizioni costituzionali riconoscono altri diritti fondamentali (solo) al “cittadino”. Si prescinde qui dall’affrontare il problema se i diritti costituzionali che hanno per soggetto il “cittadino” debbano essere riconosciuti, integralmente o almeno in qualche misura, anche allo straniero. Certo è che il testo dell’art. 24, in parte qua, appare inequivoco nel senso che nei confronti del diritto alla difesa non sono ammesse discriminazioni fondate sullo status civitatis.
Ma se questo è vero, ne consegue che, se il legislatore ha ritenuto che l’approntamento di una forma di sostegno economico al non abbiente sia un complemento indispensabile del diritto alla difesa, identico trattamento deve essere assicurato allo straniero.
Deve quindi ritenersi che il legislatore nel riferirsi, con il disposto dell’art. 142 del t.u., ai giudizi promossi avverso decreti di espulsione, abbia comunque ricompreso nel beneficio anche le controversie aventi ad oggetto atti presupposti, come in questo caso il diniego di emersione.
Tanto chiarito, non è questa la sede per valutare la congruità della disposizione sotto altri profili e applicata ad altre fattispecie, non potendosi escludere che lo straniero legittimamente espulso sia comunque parte di controversie civili o amministrative che per lui rivestono vitale importanza (es.: azioni civili per crediti di lavoro o di risarcimento del danno) senza avere i mezzi per sostenerle. In tale ipotesi, anzi, la norma tornerebbe ad ingiustificato vantaggio della controparte (che potrebbe essere un debitore inadempiente).
7. Come già osservato, vi sono quindi sufficienti ragioni per accogliere una soluzione interpretativa idonea a superare i prospettati dubbi di costituzionalità, conformemente a quanto più volte indicato dalla Corte costituzionale (v. ord. 312/2012; 175/2008), non essendo consentito demandare al Giudice delle leggi la scelta tra due opzioni ermeneutiche tra loro alternative (v. ord. 209/2006).
8. Si può pertanto ritenere in linea generale che l’impossibilità di espulsione dello straniero in pendenza del procedimento di emersione valga ad attribuirgli, sebbene attraverso una fictio iuris, una condizione di provvisoria regolarità destinata a sfociare, all’esito di quel procedimento e dell’eventuale fase processuale, o in una definitiva regolarità oppure in una non meno definitiva irregolarità. Con la precisazione che, nel caso di specie, l’accoglimento della domanda di annullamento presentata avverso il diniego, sebbene sia stata determinata da un vizio procedimentale e non abbia potuto spingersi ad accertare anche la spettanza della pretesa sostanziale, determina pur sempre l’obbligo in capo all’amministrazione di riesaminare l’originaria istanza di emersione, al lume della motivazione della sentenza, e quindi a vale a ripristinare la pendenza del procedimento e con essa la condizione di provvisoria regolarità che, unitamente al divieto di espulsione, ad essa si accompagna.
9. Nel caso in esame sussistono gli altri presupposti richiesti dalla legge per l’ammissione al beneficio, avendo il richiedente dichiarato un reddito mensile pari a 500 euro e di non possedere beni immobili o mobili registrati, tutti dati non contestati dall’Autorità finanziaria cui il decreto di ammissione è stato comunicato. E’ inoltre evidente la non manifesta inammissibilità o infondatezza del ricorso che, anzi, è stato accolto con la ricordata sentenza n. 3523/2013.
9. Conclusivamente, in riforma del decreto qui impugnato e a conferma del provvedimento della Commissione presso il Consiglio di Stato, il ricorrente va ammesso al patrocinio a spese dello Stato per entrambi i gradi di giudizio.
10. Procedendo alla liquidazione dei compensi professionali, esaminata la nota spese depositata dal difensore, si ritiene che, in relazione al valore ed alla natura della controversia, all’impegno professionale richiesto ed all’attività processuale espletata, sia congrua la determinazione in complessivi euro 3.200,00 della somma spettante all’Avvocato istante, a titolo di compenso professionale per entrambi i gradi di giudizio, oltre rimborso spese forfettarie, c.p.a. e IVA, detratte le ritenute di legge.
11. Sussistono infine giustificati motivi per compensare le spese di lite tra le parti, tenuto conto che la sentenza della Corte costituzionale n. 172/2012 è successiva al provvedimento impugnato.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza),
definitivamente pronunciando sull'appello, a scioglimento della riserva contenuta nella sentenza non definitiva n. 3523/2013, accoglie anche l’impugnazione avverso il decreto del Tar n. 246/2012 e, per l’effetto, dispone l’ammissione di Bouazza Bouhachim al patrocinio a spese dello Stato, per entrambi i gradi di giudizio, liquidando in favore dell’avv. Eugenia Trunfio la somma complessiva di euro 3.200,00 a titolo di compensi professionali, oltre rimborso spese forfettarie, c.p.a. e IVA, detratte le ritenute di legge.
Spese compensate tra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nelle camere di consiglio dei giorni 7 giugno e 8 luglio 2013 con l'intervento dei magistrati:
Pier Giorgio Lignani, Presidente
Roberto Capuzzi, Consigliere
Hadrian Simonetti, Consigliere, Estensore
Massimiliano Noccelli, Consigliere
Alessandro Palanza, Consigliere


L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 18/07/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)


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